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Dalla parte degli avversari 1 Musulmani vs cristiani; musulmani = cristian

III. E SSENZA DEL MALE MORALE

III. 2 Dalla parte degli avversari 1 Musulmani vs cristiani; musulmani = cristian

Come si è detto in precedenza, il sistema di contrapposizioni presente nella Liberata è garante della fluidità diegetica dell’opera che procede verso il suo telos in maniera tanto più avvincente quanto maggiormente è in grado di accogliere al suo interno l’azione di forze contrastanti e ostacolanti. Sul piano storico-orizzontale si è potuto osservare come tale dialettica si esplicita nello scontro irriducibile tra cristiani e musulmani, espressione di due realtà

Daniela Marredda, Il problema del male nella «Gerusalemme Liberata» di Torquato Tasso, Tesi di Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli Studi di Sassari.

culturalmente e moralmente antitetiche. Tradotto in termini pronominali,40 al

“noi”, emblema dell’ordine, della pietà e dell’unità,41 si contrappone il “loro”,

l’“altro”, il nemico, specchio del molteplice e della disunità, icona profonda del male. Si è potuto ulteriormente osservare, come la concezione dualistico- manichea che sottende l’organizzazione delle diverse forze agenti nel poema, perseguita dal poeta, venga proprio da questo continuamente minacciata e destrutturata, raggiungendo risultati che prevedono, più che una dialettica oppositiva, una compenetrazione tra i termini contrari. Questo è riscontrabile, appunto, anche nel binomio musulmano-cristiano per cui, sebbene il punto di vista privilegiato è quello cattolico ortodosso di Goffredo, l’Eremita e il Mago di Ascalona, teso a orientare una lettura testuale in senso dicotomico e manicheo, il poeta tende, comunque, a lasciare spazio, attraverso scelte stilistiche e narrative, a quelle che sono le “ragioni dei vinti”, la loro umanità, portando il lettore a nutrire sentimenti di solidarietà e simpatia nei confronti degli avversari.42 Abbandonare per un istante il punto di vista cristiano,

porterebbe a comprendere che le ragioni che sottendono le azioni dei pagani sono le stesse dei cristiani, per cui il tentativo di demonizzazione dell’altro, che si esprime attraverso l’equazione musulmano=malvagio, è destinato a essere percepito, alla fine del poema, incredibilmente inadeguato. Se in più parti del testo la religione islamica viene presentata come menzognera rispetto all’unica vera fede cristiana, dall’altra occorre notare che l’adesione da parte dei musulmani al loro credo riposa (e qua torna utile il concetto espresso da Taylor) su una valutazione errata del bene. È utile al riguardo, osservare come la relazione che lega le forze luciferine al popolo pagano sia sostanzialmente

40 Si prende spunto dal capitolo Noi, io, loro, l’altro in F.FERRETTI, Narratore notturno…, 108- 20.

41 Cfr. A. PAOLELLA, La ‘Gerusalemme liberata’ e il mondo islamico, «Studi tassiani sorrentini»,

(2008), 32-46: 39.

Daniela Marredda, Il problema del male nella «Gerusalemme Liberata» di Torquato Tasso, Tesi di Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli Studi di Sassari.

unilaterale. I musulmani sono in qualche modo prescelti da Plutone e figurano poi nel corso del poema come miles diaboli ma, a ben guardare, in maniera del tutto inconsapevole. La prima attestazione testuale proviene dal settimo canto della Liberata quando, immediatamente dopo il duello tra Argante e Raimondo, che già registra l’importante intervento delle forze divine e luciferine, l’esercito cristiano a un passo dalla vittoria viene, invece, ostacolato da una potentissima tempesta scatenata proprio dalla «schiera infernal» (Gl VII 114 5) che lascia indenni, di contro, i guerrieri musulmani. Tale prodigio non sfugge a uno sguardo attento come quello di Clorinda che lo interpreta, però, come un segno favorevole del Cielo:

Ella gridava a i suoi: “Per noi combatte, compagni, il Cielo, e la giustizia aita; da l’ira sua le faccie nostre intatte sono, e non è la destra indi impedita, e ne la fronte solo irato ei batte de la nemica gente impaurita, e la scote de l’arme, e de la luce

la priva: andianne pur, ché ’l fato è duce.” (Gl VII 117)

L’errata valutazione dell’eroina pagana, è indirettamente rettificata dal narratore, nell’ottava seguente, attraverso il complemento di specificazione, «l’impeto d’inferno» (118 2), che definisce, ulteriormente, la natura demoniaca

della turbolenza metereologica. La voce narrante interviene, sempre con parsimonia, ma efficacemente, quando è necessario ristabilire una chiarezza etico-ideologica nel testo, minacciata dalle parole dei personaggi.43 Si prenda

come esempio il momento in cui, nel canto XI, le donne musulmane si recano nella moschea per scongiurare, attraverso le preghiere rivolte al loro Dio,

43 Di un inganno simile è vittima Idraote che pensa erroneamente che l’esercito crociato per volere di Dio sia destinato a fallire la sua missione. Anche in questo caso la precisazione del narratore compare in inciso a sottolineare la fallacia dei suoi pensieri: «giudicò questi (ahi, cieca umana mente, | come i giudizi tuoi son vani e torti!) | ch’a l’essercito invitto d’Occidente | apparecchiasse il Ciel ruine e morti» (Gl IV 21 1-4).

Daniela Marredda, Il problema del male nella «Gerusalemme Liberata» di Torquato Tasso, Tesi di Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli Studi di Sassari.

l’assalto crociato alle mura di Gerusalemme. Il narratore, prima di lasciare la parola alle anonime figure femminili, mette in guardia il lettore specificando che queste si rivolgono a un «nume bugiardo ed empio» (XI 29 8).

Decontestualizzando le invocazioni delle donne musulmane, a stento potremmo riconoscervi le parole di un infedele:

“Deh! spezza tu del predator francese l’asta, Signor, con la man giusta e forte; e lui, che tanto il tuo gran nome offese, abbatti e spargi sotto l’alte porte.”

Se, come ricorda Zatti, Gerusalemme è uno spazio che da «proprio» è divenuto «alieno» per volere di Satana attraverso l’azione degli infedeli,44 e va

necessariamente ricondotto, tramite la conquista, nell’ambito della sacralità cattolica, questo è vero non in assoluto, ma solo da una prospettiva cristiana. L’azione di resistenza dei musulmani, infatti, appare del tutto legittima, in quanto, è finalizzata semplicemente a difendere un territorio ormai da tempo in loro possesso e divenuto, dunque, da “alieno”, “proprio”. Da questo punto di vista sono assolutamente comprensibili le preghiere delle donne musulmane, le quali ritengono giusta e buona la sconfitta di quello che per i pagani è solo un popolo di predatori e invasori. Come si può osservare, la loro richiesta d’aiuto non è rivolta a Plutone ma al «Signor», un Dio che dalla «man giusta e forte» è certamente buono. Ed è sconcertante, invece, che le loro preghiere, presumibilmente rivolte al Cielo, siano fatte precipitare, dallo stesso narratore, inascoltate, nelle profondità luciferine:

Così dicean, né fur le voci intese là giù tra ’l pianto de l’eterna morte. Or mentre la città s’appresta e prega,

44 S. ZATTI, L’ombra del Tasso. Epica e romanzo nel Cinquecento, Milano, Mondadori,

Daniela Marredda, Il problema del male nella «Gerusalemme Liberata» di Torquato Tasso, Tesi di Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli Studi di Sassari. le genti e l’arme il pio Buglion dispiega.

(Gl XI 30)

Tale contrasto tra quanto creduto dai personaggi e la realtà comunicataci dal narratore conferma lo stato di inconsapevolezza e ignoranza vissuto dalla gran parte dei protagonisti tassiani. Tra gli esempi più significativi, ricordati tra l’altro da studiosi come Erspamer e Gorni, che per primi hanno parlato di «pensiero debole»45 e di «crisi della gnosi»46 in riferimento proprio a questo

collasso delle certezze conoscitive, di cui la Liberata è drammatico documento, vi è quello di Arsete. L’eunuco, tutore di Clorinda fin dalla nascita, è intimato a battezzare la guerriera, in realtà di origini cristiane, da San Giorgio, che gli compare in sogno con aspetto minaccioso. La realtà onirica non ha la forza di persuadere appieno il servo pagano, perché, come ricorda Erspamer, questa può essere veicolo non solo di verità divine ma anche di seduzioni luciferine, come nel caso della visione notturna di Argillano.47 Così, non sorprendono le

parole che Arsete rivolge a Clorinda, motivando la sua scelta di educarla secondo la religione pagana: «ma perché mia fé vera e l’ombre false | stimai, di tuo battesmo non mi calse» (Gl XII 37 7-8). Anche in questo caso, come per l’Allegoria, la voce verbale stimai introduce nell’ambito di un’operazione intellettiva che precede la decisione finale. Arsete, in base ai dati di realtà a sua disposizione, formula un giudizio definitivo che lo porta a compiere la scelta da lui ritenuta migliore: perseguire la fede musulmana, nonostante i continui dubbi suscitati dalle apparizioni oniriche del Santo (XII 40 5). Analogamente,

anche Clorinda, dopo aver ascoltato con attenzione il racconto retrospettivo del vecchio, non esita a respingere come infondate le sue preoccupazioni:

45 F. ERSPAMER, Il «pensiero debole» di Torquato Tasso, in La menzogna, a cura di F. Cardini, Firenze, Ponte delle Grazie, 1989, 120-136.

46 G.GORNI, Il «gran Sepolcro»…, 78.

Daniela Marredda, Il problema del male nella «Gerusalemme Liberata» di Torquato Tasso, Tesi di Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli Studi di Sassari.

«quella fé seguirò che vera or parmi | che tu co ’l latte già de la nutrice | sugger mi fèsti e che vuoi dubbia or farmi» (41 2-4). Quella di Clorinda e Arsete

sembra essere davvero la condizione che accomuna la maggior parte dei musulmani, spinti a invocare Maometto e non Cristo, per semplici e comprensibili ragioni educative e culturali, 48 più che per una scelta

premeditata di perseguire ciò che è male. Tale aspetto è riscontrabile ancora nelle parole di Emireno in due importanti momenti. Il primo, quando riceve dal califfo egiziano il comando dell’esercito e scongiura una possibile sconfitta voluta dal Ciel: «Ben prego il Ciel che, s’ordinato male | (ch’io già no ’l credo) di là su minaccia, | tutta sul capo mio quella fatale | tempesta accolta di sfogar gli piaccia» (Gl XVII 40 1-4); il secondo, nel discorso conclusivo che rivolge al

suo esercito poco prima della battaglia finale contro i cristiani. Emireno incita in vari modi, e con diversi discorsi, i suoi guerrieri fino a simulare un’ipotetica preghiera formulata dalla patria stessa:

«Credi» dicea «che la tua patria spieghi per la mia lingua in tai parole i preghi: “Guarda tu le mie leggi e i sacri tèmpi fa’ ch’io del sangue mio non bagni e lavi; assecura le vergini da gli empi,

e i sepolcri e le ceneri de gli avi.” A te, piangendo i lor passati tempi, mostran la bianca chioma i vecchi gravi, a te la moglie le mammelle e ’l petto, le cune e i figli e ’l marital suo letto.»

(Gl XX 25 7-8; 26)

Queste parole veicolano tutto il senso della battaglia condotta dai musulmani. Una guerra tesa a difendere la religione, i sacri templi, i sepolcri

48 Molto raffinate le osservazioni fatte dalla Prosperi in merito ad alcuni passi dei Discorsi

dell’Arte Poetica da cui deduce che: «le religioni sono frutto di accidente; il relativismo è totale. Il

determinarsi di particolari circostanze ha convinto gli uomini dell’epoca di Tasso della verisimiglianza di un’“opinione”; altre circostanze convinsero gli uomini di un’altra epoca della verisimiglianza di un’altra opinione» (V.PROSPERI, «Di soavi licor gli orli del vaso»…, 235).

Daniela Marredda, Il problema del male nella «Gerusalemme Liberata» di Torquato Tasso, Tesi di Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli Studi di Sassari.

degli avi, la purezza delle donne minacciate dall’aggressione esterna dei soldati crociati, visti come empi e «barbari ladroni» (27 3), che non mancheranno,

come si è visto in precedenza, di dar prova, nelle battute finali del poema, della loro violenza e barbarie proprio contro gli indifesi. Le ragioni che spingono i musulmani a intraprendere una guerra contro i cristiani sono, dunque, rispettabili e legittime quanto quelle degli stessi crociati. Se è vero che l’ideologia del poema riconosce unicamente alla religione cristiana lo statuto di verità e di bene, confinando nell’ambito del menzognero e del male tutto quanto vi si oppone, è altrettanto vero che, come dimostrano certe sezioni testuali, l’adesione da parte dei pagani alla religione musulmana è determinata da un’inesatta conoscenza del bene che, pur agognato, viene identificato erroneamente con Maometto e non con Cristo. Le forze luciferine approfittano di tale debolezza e coadiuvano i guerrieri musulmani pur senza un loro consensuale riconoscimento.49

III. 2. 2 «Ecco io ti seguo ove m’inviti»: la scelta del male. Due

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