2. Elementi di co-marketing turistico, intersettoriale e industriale
2.7. La partnership: ruolo e importanza
Gli approcci alla partnership e le relative definizioni sono aggregabili attorno a due posizioni classiche nelle scienze economico-sociali: la prima è di tipo cognitivo e assegna più importanza alla volontà che ai comportamenti delle persone, mentre la seconda è di tipo comportamentista e privilegia i segni esteriori di un fenomeno, ossia le attività concrete.
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Gli esperti Anderson e Narus (1990) definiscono una partnership fra imprese da un punto di vista cognitivo come segue:
«un atteggiamento mentale determinato dalla consapevolezza reciproca che il successo di un’impresa dipende da un’altra impresa».
Il Dizionario Treccani offre invece una definizione generale di tipo comportamentista della partnership quale la seguente:
«l’azione comune data dalla cooperazione tra organismi di diversi paesi per affrontare specifiche tematiche d'interesse comune in campo politico, economico, sociale, ecc».
Un’ultima definizione che integra i due approcci in una visione più dinamica viene da Tennyson e Wilde (2000), per i quali la partnership è:
«una collaborazione intersettoriale in cui le organizzazioni lavorano insieme in modo trasparente, equo e reciprocamente vantaggioso per raggiungere l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile e in cui i partner
‘convengono’ di conferire risorse e condividere i rischi, così come suddividere i benefici associati alla partnership».
Si può sostenere in sintesi come la partnership richieda un atteggiamento mentale, una decisione razionale e un impegno concreto dei partner, elementi che ci portano a unire la concezione cognitivista e quella comportamentista.
Cooperare per competere ha rappresentato per lungo tempo un'apparente contraddizione in termini, un ossimoro e questo spiega, in parte la diversità degli approcci esistenti. La partnership è un soggetto relativamente nuovo sulla scena economica, ma ha accompagnato la storia dell’uomo. L’economista inglese Alfred Marshall ha studiato per primo il fenomeno delle concentrazioni produttive nella forma dei «distretti industriali» (1891). Arthur Stinchcombe (1965), precursore del filone delle popolazioni organizzative ha proposto da tempo di considerare come oggetto di studio non tanto la singola organizzazione - economica o meno - ma
«l’insieme delle organizzazioni omogenee rispetto a determinati criteri quali ad esempio il settore in cui queste operano, la regione o il tipo di utenti a cui queste si rivolgono». Il filone di studi sulla co-operazione d’impresa come strumento competitivo prende vita a metà degli anni ’70 del secolo scorso, ossia circa dieci
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anni dopo il contributo di Stinchcombe.6 Freeman e Hannan (1977), sulla base delle indicazioni fornite da quest’ultimo, dimostrano ad esempio come numerose imprese siano capaci di adattamento (nel breve periodo), ma non sopravvivano alla selezione operata dal mercato e dai competitori nel medio periodo. La presenza di competitori che operano senza rispettare le più elementari norme di tutela ambientale, i cui sistemi contributivi sono più leggeri del nostro o inesistenti, ossia la globalizzazione ha accentuato l’attenzione al fenomeno della partnership. Gli studi di Anna Grandori (1984) hanno permesso di capire come sia proprio l’aumento della competizione e la crescente instabilità del mercato ad aumentare la necessità di co-operare per sopravvivere sia nelle organizzazioni che stipulano grandi numeri di contratti subito assolvibili e sia in quelle che stringono pochi contratti, ma di lunga durata. Il concetto di partnership si è poi sviluppato specialmente dalla seconda metà degli anni ’80 sotto numerose dimensioni tra cui le seguenti:
strategico, o delle ‘strategic alliances’: si concentra sugli aspetti manageriali;
si veda Harrigan (1985, 1986, 1987), Ohmae (1985, 1989), Porter (1985, 1986), Porter e Fuller (1987), Lorange e Roos (1987) e altri;
territoriale: è il filo conduttore degli studi condotti in Italia a partire dai distretti industriali; si veda anche: Lorenzoni, (1983, 1990), Marcati (1995), Grandinetti (1993), Varaldo, Lai (1990) e altri;
dell’integrazione: sviluppa il tema della joint-venture; si veda anche Schillaci (1988), Propersi (1992), Bernardini (1997), Galetti (1995), Campaner (1995), Di Rosa (1998);
dell’associazione: si concentra sull’assenza di lucro e sulla liberalità della partecipazione all’interno di consorzi e associazioni di categoria; si veda anche Ciurnelli (1991), Propersi-Rossi (1994), Ruisi, (1999), Califano (1999), Massari (1987), Depperu (1996) e altri;
inter-settoriale: affronta gli aspetti legati alla sostenibilità ambientale dello sviluppo; si veda anche Tennyson, Wilde (2000).
Gli studi sulla partnership nel turismo esaminano le continuità e le differenze dei raggruppamenti di settore sotto due punti di vista quali i seguenti:
descrittivo: si concentra sugli aspetti territoriali e generali; si veda la biblioteca UNWTO. Singoli autori ne esaminano motivazioni, funzionamento e risultati particolari tra cui: Go, Pine (1995), Arcari (1996), Rispoli e Tamma (1995), Lazzaretti (1993), Confalonieri (2001) et al.;
metodologico: sviluppa il metodo di facilitazione ad-hoc; si veda anche: Droli, (2007).
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La partnership, in quanto frutto di uno o di più accordi può essere di più tipi:
diadica: se formata da due operatori o multipla, se costituita da più di due soggetti;
operativa: se il fine dichiarato della partnership è di tipo promozionale e/o commerciale; tattica se con finalità competitive; strategica se finalizzata a realizzare una strategia individuale e/o di gruppo;
industriale: se i partner sono costituiti in prevalenza da compagnie ad esempio di trasporto aereo, alberghiere, dell’intermediazione, ecc. grandi; medio-industriale medie; piccolo-medio-industriale piccole e piccolissime; micro-industriale, di tipo micro-imprenditoriale;
logica: se formata da operatori della stessa ‘natura’ (ad esempio: economica, pubblica o no-profit); interlogica, se creata da operatori di natura diversa;
settoriale: se formata da operatori attivi nello stesso settore economico (ad es.:
turismo, agricoltura, commercio, servizi auto, tecnologia, moda, casa, ecc.);
intersettoriale, se creata da operatori attivi in settori diversi;
orizzontale o rete (network): se formata da operatori dello stesso ‘livello’ quali ad esempio imprese, enti pubblici, associazioni di categoria, ecc.; verticale, se formata da operatori che configurano un ordine gerarchico tipo comuni-province, province-regioni, regioni-nazioni, nazioni-organismi internazionali,;
diagonale, se costituita da operatori di entrambe i tipi;
territoriale: se formata da operatori attivi nell’ambito di un territorio amministrativo preciso; di mercato, se ingloba operatori senza preclusioni circa la località in cui questi operano;
razionale: se i partner presentano il rendiconto circa il ritorno sugli investimenti nella partnership; non razionale, non dotata di sistemi di monitoraggio in grado di produrre dati affidabili.
Partnership diadiche, logiche, industriali e razionali tendono a essere meno complesse, mentre le stesse di tipo multiplo, strategico, interlogico, intersettoriale e non razionali, per l’aumento delle necessità da soddisfare, l’orizzonte temporale traguardato di medio periodo e le diverse culture in gioco comportano di norma un’incertezza maggiore. Il profilo finale assunto dalla partnership rispetto a questi punti determina la complessità e quindi la difficoltà del coordinamento tecnico delle attività. E’ possibile definire la partnership in termini generali attraverso la lente costituita dalla prospettiva dei ‘costi di transazione’ (Coase 1937, Williamson 1975 et al.) come: il meccanismo di regolazione delle transazioni tra mercato e risorse, complementare rispetto all’organizzazione, accessibile da due o da più operatori, realizzabile nei paesi occidentali e d’importanza equivalente al clan nelle società asiatiche.
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La partnership di co-marketing rappresenta nello specifico il meccanismo attraverso cui un operatore regola le transazioni tra il mercato e le risorse di cui dispone attraverso le 4P del marketing. Si tratta di un meccanismo il cui ruolo strategico è decisivo, sia nel favorire la nascita di nuove imprese e sia nel facilitare l’avvento sulla scena di supercompetitori, ossia, nel creare operatori adatti a reggere la sfida del mercato globale. Così afferma l’Amministratore delegato di Business Breaktrought, Kenichi Ohmae,7 riguardo sia ai supercompetitori che si tratta di creare (da lui denominati ‘aziende Godzilla’) e sia al ruolo della partnership-rete:
«Le aziende Godzilla hanno organizzazioni disegnate a misura di rete che sono flessibili, produttive e capaci di decidere rapidamente.
Lasciano soltanto pochi avanzi su cui accapigliarsi alle rigide e indecise organizzazioni di tipo tradizionale».
Aggressività delle aziende e struttura a rete costituiscono un tutt’uno. La partnership turistica, intersettoriale e industriale diventa così lo strumento nelle mani degli operatori che vogliono integrare il proprio modello di business (mutare) a seguito dei cambiamenti strutturali (mutazioni) in atto nel mercato e nei competitori. L’importanza della partnership fra operatori privati aumenta inoltre al crescere del numero degli accordi ai quali questa aderisce e laddove questa diviene d’interesse pubblico, ossia persegue obiettivi d’interesse collettivo.