• Non ci sono risultati.

Il parto pretermine (PTL) rappresenta la maggior causa di mortalità e mor-bosità neonatale.

Definizione

• Parto pretermine: il parto che si manifesta tra la 22ae la 37asettimana di gestazione con contrazioni uterine regolari (ogni 5-8 minuti) e accompagnato da modificazioni cervicali

• Incontinenza cervicale: modificazioni cervicali in assenza di attività uterina Fattori di rischio per il parto pretermine

• Precedenti parti pretermine (recidive nel 17-37% dei casi)

• Gravidanze multiple (10% di tutti i parti pretermine)

• Età < 18 o > 40 anni

• Infezioni cervico-vaginali (Streptococco β-emolitico di gruppo B, gonorrea, Chlamydia, Trichomonas vaginalis, Ureaplasma urealitico, sifilide, vaginosi batteriche)

• Corionamnionite

• Batteriuria asintomatica

• Razza non bianca

• Basso stato socio-economico

• Precedente morte fetale nel secondo trimestre

• Poliidramnios

• Malformazioni uterine

• Abuso di droghe, tabacco

• P-PROM

• Incontinenza cervico-istmica

• Lavoro fisicamente pesante

• Gravidanza con feto maschio Storia

• Contrazioni (durata e intensità)

• Fattori di rischio per PTL

• Fonti di infezione

• Recenti rapporti sessuali

• Rottura prematura delle membrane

10

4. Parto pretermine 11 Esame obiettivo

• Segni vitali (febbre e tachicardia)

• Valutazione fondo uterino e consistenza

• Esame speculare

• Esame cervicale (dilatazione, raccorciamento) Valutazioni diagnostiche

• Il raccorciamento cervicale valutato ecograficamente predice il rischio di PTL. Una lunghezza cervicale < 15 mm prima della 32asettimana è associata ad un alto rischio di parto pretermine

• Fibronectina fetale (fFN): glicoproteina coinvolta nell’adesione della matrice cellulare. La fFN si ottiene dal secreto vaginale attraverso l’esame speculare (prima dell’esplorazione). Una fFN negativa predi-ce, con probabilità > 99%, che il parto pretermine non avverrà nelle 2 settimane successive. Risultati positivi di fFN sono utili ma il valore predittivo positivo varia dal 20 al 69% a seconda che la gestante sia sin-tomatica o asinsin-tomatica e a seconda che si consideri il parto entro 48 ore o entro le 34 settimane

• Il monitoraggio domiciliare o ospedaliero delle contrazioni uterine è inefficace nella prevenzione del parto pretermine

• Laboratorio: emocromo completo, urinocoltura, ricerca di farmaci nelle urine, tamponi vaginali e cervicali completi, PCR

• Valutazione fetale: cardiotocografia e/o profilo biofisico, stima del peso fetale, indice del liquido amniotico (AFI)

Prevenzione

• Progesterone micronizzato (ovuli 100 mg due volte al giorno oppure gel 80 mg una volta alla sera) o 17-idrossiprogesterone caproato (1 fl i.m. due volte alla settimana) nei casi in cui ci sia anamnesi positiva per precedente parto pre-termine o qualora ci sia una cervicometria < 2,0 cm, somministrati fino alla 34a settimana consentono di ridurre del 50% il parto pretermine. Esistono incertezze sulla sicurezza dell'uso dell'idrossiprogesterone caproato, il cui uso prolungato è stato associa-to ad un aumenassocia-to nell'incidenza di diabete gestazionale e di morte improvvisa fetale

Trattamento

• Il trattamento mira a procrastinare il parto almeno fino alla 34ª settima-na di età gestaziosettima-nale

• Idratazione della paziente con fisiologica

• Monitorare i fluidi nelle pazienti in terapia tocolitica (prevenire l’edema polmonare)

I. Ostetricia – Assistenza antepartum

Tab. 4-1. Schema terapeutico di somministrazione dell’atosiban.

Stadio Regime Dose Modalità Durata

1 0,9 ml ev 6,75 mg bolo 1 min

2 ev 18 mg/ora 24 ml/ora 3 ore

3 ev 6 mg/ora 8 ml/ora fino a 45 ore

Le indicazioni terapeutiche sono:

• Epoca gestazionale compresa tra 24 e 34 settimane

• Presenza di almeno 4 contrazioni regolari in 30 minuti, della durata di almeno 30 secondi

• Dilatazione cervicale fino a 3 cm e raccorciamento cervicale del 50%

• Normale attività cardiaca fetale

Gli effetti collaterali materni dell’atosiban possono essere: nausea, mal di testa, vertigini, tachicardia, ipertensione, iperglicemia, reazioni allergi-che. Gli effetti a carico del feto non sono significativi.

Gli agonisti β-adrenergici, utilizzati come tocolitici da trent’anni, comprendono: isoxuprina, esoprenalina, fenoterolo, orciprenalina, ritodri-na, salbutamolo, terbutalina. La loro azione è mediata dall’adenosina monofosfato ciclico che inibisce la kinasi delle catene leggere della miosi-na impedendo, quindi, la contrazione della miocellula uterimiosi-na.

Per la corretta utilizzazione di tali farmaci, si riportano parti del testo della Gazzetta Ufficiale G.U.R.I. n. 166, 19 Luglio 2003:

“Specialità medicinali β2stimolanti ad azione tocolitica a base di rito-drina e isoxuprina nelle forme farmaceutiche iniettabili”

Una volta ottenuto l’arresto delle contrazioni uterine è possibile pro-seguire il trattamento d’attacco per 12-48 ore in modo da consentire l’attuazione di altre misure che potrebbero migliorare lo stato di salute del nascituro.

12 Tocolitici

Itocolitici sono spesso usati prima della 34asettimana, sebbene questi non garantiscano un miglioramento dello stato fetale.

Il tocolitico di prima scelta è l’atosiban (Tractocile), un analogo di sintesi dell’ossitocina endogena in grado di bloccare i recettori per l’ossitocina sia miometriali che deciduali, competendo con l’ossitocina stessa. L’atosiban è caratterizzato da un’azione rapida, utero-specifica, dose-dipendente ed è indicato per ritardare il parto pretermine. Tale farmaco dovrebbe essere somministrato immediatamente dopo la diagnosi (Tab. 4-1).

4. Parto pretermine 13 L’impiego di ritodrina o isoxuprina è controindicato prima della 20a settimana di gravidanza e nei casi in cui il prolungamento della gravidan-za può essere pericoloso per la madre o per il feto. Inoltre, è controindi-cato nei seguenti casi: emorragie vaginali, eclampsia conclamata e grave preeclampsia, malattie cardiovascolari, ipertensione polmonare, ipertiroi-dismo, diabete mellito, distacco placentare, preesistenti condizioni clini-che nelle quali influirebbe negativamente un β-mimetico, morte intraute-rina del feto, corionamnionite.

Il trattamento con ritodrina o isoxuprina dovrebbe essere effettuato esclusivamente in strutture attrezzate per il monitoraggio continuo delle condizioni di salute sia della madre sia del feto e dovrebbe essere sempre preceduto da un’accurata valutazione dei rischi e dei benefici. Prima di decidere se intraprendere la terapia bisognerà attentamente vagliare la presenza di potenziali problemi cardiovascolari. Si richiede, infatti, un più attento monitoraggio per quelle pazienti in cui si sospetti una cardiopatia.

Il farmaco non dovrebbe essere somministrato a pazienti con preeclamp-sia, ipertensione o ipertiroidismo, a meno che il medico non ritenga che i benefici siano tali da giustificare i rischi. Durante il trattamento con rito-drina o isoxuprina è necessario controllare la pressione sanguigna ed il battito cardiaco materno e fetale, inizialmente ogni 5-15 min ed in segui-to, quando le condizioni della paziente si siano stabilizzate, ad intervalli sempre più distanziati (15-60 min); inoltre dovrebbe essere eseguito l’esame del torace e dovrebbero essere monitorati glicemia, urea ed elet-troliti. Le donne con diabete necessitano di aggiustamenti dei livelli ema-tici di glucosio e devono quindi essere monitorate con particolare atten-zione. La somministrazione di β-adrenergici può aumentare la frequenza del battito cardiaco materno in maniera progressiva, a volte fino a deter-minare l’insorgenza di palpitazioni. L’insorgenza di una tachicardia materna di grado elevato può essere controllata mediante la riduzione della dose o tramite la cessazione della somministrazione del farmaco;

bisogna valutare caso per caso se l’entità della tachicardia possa essere considerata accettabile, ma di regola si raccomanda di non lasciare che nei soggetti sani la frequenza cardiaca superi i 140 b/min. Per ridurre al minimo il rischio di ipotensione associato alla terapia con ritodrina o iso-xuprina durante l’infusione, la paziente dovrebbe rimanere coricata in decubito laterale sinistro, in modo da evitare la compressione della vena cava. Sono stati segnalati casi di edema polmonare in pazienti trattate con β-stimolanti, particolarmente se sottoposte nel contempo a terapia corti-sonica. Un attento monitoraggio dello stato di idratazione della paziente è essenziale; inoltre, il volume dei liquidi somministrati dovrebbe essere mantenuto entro i livelli minimi. In caso di edema polmonare, interrompe-re il trattamento ed istituiinterrompe-re idonee misuinterrompe-re terapeutiche.

I. Ostetricia – Assistenza antepartum

• Gli effetti collaterali più frequentemente segnalati o riportati nella let-teratura internazionale sono: tachicardia, ipotensione arteriosa, tre-more, nausea, vomito, senso di calore, cefalea ed eritema.

• Occasionalmente sono stati segnalati: palpitazioni, nervosismo, agita-zione, irrequietezza, labilità emotiva, ansietà, vertigine, sudoraagita-zione, arrossamento cutaneo, febbre, rush o malessere generale.

• Altri effetti collaterali, meno frequenti, ma a volte gravi, sono: effet-ti cardiovascolari quali angina pectoris, ischemia miocardica o senso di oppressione toracica (con o senza alterazioni ECGgrafiche o aritmie).

Un’altra classe di tocolitici è rappresentata dai calcio-antagonisti. I più recenti calcio-antagonisti sono stati presi in considerazione per un uso tocolitico, per l’importante ruolo che il calcio libero citoplasmatico riveste nella contrattilità della muscolatura liscia. Farmaci come la nife-dipina si pensa agiscano inibendo il flusso di ioni calcio attraverso la membrana cellulare, soprattutto interferendo con i canali voltaggio-dipendenti per il calcio.

Come agenti tocolitici sono state studiate sia la nifedipina che la nicar-dipina. La nifedipina raggiunge il picco plasmatico dopo 30-60 minuti dalla somministrazione orale e, in meno tempo, dopo somministrazione sublinguale. L’emivita è di 1-2 ore e viene eliminata attraverso il rene e l’intestino. Il blocco dei canali del calcio è reversibile con l’interruzione della terapia. Si è visto che la nifedipina attraversa la placenta ma la cine-tica del trasporto e il metabolismo nel feto non sono noti.

Si somministra una prima dose di 10 o 20 mg di nifedipina per via orale, da ripetersi dopo 20 minuti se le contrazioni persistono. La sommi-nistrazione sublinguale non deve essere utilizzata per il potenziale effetto ipotensivo. La terapia orale viene eseguita per 10-20 minuti ogni 4-6 ore.

La durata del trattamento non è prestabilita. Sono stati riportati tuttavia diversi effetti avversi dei calcio-antagonisti sia sulla gestante (cefalea, ipo-tensione, edema polmonare), che sul feto (morte improvvisa, bradicardia, alterazioni emodinamiche cerebrali, acidosi).

Controindicazioni dei tocolitici: persistente distress fetale, corioamnioni-te, distacco di placenta, preeclampsia severa, maturità polmonare fetale accertata, morte fetale intrauterina

Corticosteroidi

• I corticosteroidi tra la 24ae la 34asettimana diminuiscono la mortali-tà neonatale, la sindrome da distress respiratorio e l’emorragia intra-ventricolare

14

4. Parto pretermine 15

• Betametasone 12 mg im × 2 (a distanza di 24 ore) da preferirsi a desa-metasone (6 mg im × 4 volte a distanza di 12 ore) (da evitare sommi-nistrazioni ripetute)

Antibiotici

• Gli antibiotici non sono indicati a meno che la minaccia di PTL sia accompagnata da PROM

• Se il parto appare imminente effettuare profilassi contro lo streptococ-co β-emolitico di gruppo B

Terapie non validate

• Riposo a letto

• Evitare rapporti sessuali

• Cerchiaggio cervicale profilattico (solo con anamnesi positiva per incontinenza cervicale)

• Trattamento delle vaginosi batteriche

Box 4-1. Prevenzione dei danni neurologici nel neonato pretermine (< 30 settimane).

Si è dimostrata efficace la seguente terapia che associata per almeno 48 ore ai corticosteroidi riduce drasticamente l’incidenza dell’emorragia intraventricola-re di alta gravità:

Aminofillina 240 mg in 500 cc di soluzione fisiologica ogni 12 ore +

Solfato di magnesio 4 g

S E Z I - O S T E T R I C I A — A s s i s t e n z a a n t e p a r t u m

Documenti correlati