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IL PATRIMONIUM BEATI PETRI ALLA FINE DEL XII SECOLO

LA RIVOLUZIONE AMMINISTRATIVA: IL CARTULARIO COME STRUMENTO OPERATIVO

3.2 IL PATRIMONIUM BEATI PETRI ALLA FINE DEL XII SECOLO

“L’insistenza su Innocenzo III ha spesso indotto a sottovalutare il grande cammino compiuto in campo temporale dall’istituzione pontificia, a partire dalla Riforma e per tutto il XII secolo, se non sul concreto piano delle prerogative di governo, almeno a livello dottrinale e di rivendicazione. Dall’altro lato, si è creato un forte contrasto fra la concentrazione delle ricerche su questa imponente figura di fondatore-restauratore e la sconfortante pochezza di studi relativi alla politica temporale degli altri papi del XII secolo e in particolare del XII secolo107.” Così, nel 1998, Carocci evidenziava un “vuoto” storiografico di grande rilevanza a cui, tuttavia, negli ultimi anni si sta ponendo rimedio, mettendo in luce l’operato non solo di alcuni pontefici della metà del XII secolo (Eugenio III, Adriano IV) ma anche di Celestino III e, conseguentemente, del suo camerario Cencio108. Questo capitolo vuole fornire un contributo, attraverso l’analisi incrociata del Liber Censuum e delle lettere papali del periodo, ad una maggiore comprensione del ruolo giocato dai predecessori di Innocenzo III nella costruzione territoriale dello Stato della Chiesa che, fino ai pontificati di Onorio III e Gregorio IX, è però ancora definito nelle fonti papali come Patrimonium

Ecclesie o beati Petri109.

Il pontificato di Celestino III si pone, per quanto riguarda la costruzione del Patrimonium, come anticipatore e base per i risultati ottenuti dal successore Innocenzo III. Il lavoro di Cencio in questo senso, tanto nella gestione della politica patrimoniale del papato quanto nella redazione del

Liber Censuum sono una testimonianza quantomeno della volontà programmatica di impostare gli

strumenti minimi necessari per affrontare il problema, per dare un ordine alle rivendicazioni, per definire con precisione quell’insieme frammentario che era sempre stato il Patrimonium beati Petri. Un elemento della politica territoriale di Celestino III è quello del richiamo all’opera di due suoi predecessori, Eugenio III e Adriano IV e il Liber Censuum è lo specchio di questa attenzione. Eugenio III e Adriano IV avevano comprato o acquisito terre in altra maniera allo scopo di rafforzare il proprio controllo sulla via Tiburtina, ad esempio a Ponte Lucano vicino Tivoli 110.

107 S. Carocci, “Patrimonium beati Petri” e “fidelitas”: continuità e innovazione nella concezione innocenziana dei

dominii pontifici in Innocenzo III urbs et orbis: atti del Congresso Internazionale: Roma 9-15 settembre 1998 pp.668-90 anche in Id., Vassalli del papa: potere pontificio, aristocrazie e città nello Stato della Chiesa (12-15 sec.), Roma 2010 pp.81-99;

108 B.BOLTON, Celestine III and the Defence of the Patrimony in Pope Celestine III, 1191-1198: diplomat and pastor

cur. J.Doran-D.J. Smith, Farnham-Burlington 2008 pp. 317-353; P.PARTNER, The land of St. Peter: the papal state in the middle ages and early renaissance, London 1972; S.CAROCCI, “Patrimonium beati Petri” (cit.)

109 Ibid.p.86. A partire dalla seconda metà del XIII secolo “Patrimonium” verrà esclusivamente utilizzato per indicare

una delle provincie di quello che, nel frattempo, era diventato lo Stato della Chiesa, ovvero il Patrimonium Sancti Petri in Tuscia. Su questo è possibile confrontare i diversi registri: Regesta Honorii III papae ed. P. Pressutti, Roma 1888- 1895, poi Hildesheim 1978; Les registres de Grégoire IX.: recueil des bulles de ce Pape, ed. L. Auvrey, Paris 1896; Les *Registres d'Innocent 4 ed. E. Berger, Paris 1911; oggi è possibile accedere a queste fonti anche attraverso il sito internet http://apps.brepolis.net.ezproxy.unibo.it/litpa/Pontificates.aspx;

Celestino III seguì questa stessa strategia nel 1191, quando fece in modo di assicurarsi le fortificazioni di Vicovaro e Burdella, punti strategici principali sulla strada degli Abruzzi, insieme a Cantalupo in Sabina. Controllare le vie d’accesso al Patrimonio era diventato un obiettivo all’ordine del giorno fin dalla prima discesa in Italia di Enrico VI nel 1186 e nuovamente nel maggio del 1191 quando, contravvenendo ad un espresso divieto di Celestino III, l’imperatore era entrato nel

Patrimonium nel suo tentativo di conquista del Regnum111.

Vicovaro, situato su un alto promontorio a nord di Tivoli, era strategicamente piazzato per dominare sia la via tiburtina che la valle del fiume Aniene e Celestino III pose il castrum sotto la protezione papale112. Non lontanto da Vicovaro, Burdella permetteva di controllare il movimento lungo la via Valeria alla confluenza dei fumi Aniene e Licenza. Oltre Vicovaro e Burdella, la Valeria conduceva ad un cruciale passo verso gli Abruzzi e allo stesso tempo formava un confine che separava la diocesi di Tivoli da quella della Marsica. Le forze imperiali che viaggiano dalle Marche e dalla Romagna avrebbero dovuto approcciare Roma attraverso questa strada chiave ben definita.

Cantalupo in Sabina, appena a nord del Tevere, faceva parte di una serie di castra di proprietà della Chiesa di Roma fin dall’XI secolo e che includevano Roccantica113 e Castrum Lori.

Ancora una volta Celestino seguì le orme dei suoi predecessori, non solo garantendo un privilegio agli uomini del Castrum Lori114 ma anche, nel 1191 e ancora nel 1193, prendendo sotto la

protezione apostolica le proprietà della chiesa di S. Valentino a Roccantica, confermando così le azioni del suo predecessore Anastasio IV115.

111 “Tunc imperator ipse regnum intrat mense Madii papa proibente et contradicente” Annales Casinensium continuatio

ed. G.H.Pertz, MGH, Scriptores 19, Hannover 1856 pp.302-320 in particolare 314-15; Riccardo di San Germano, Chronica priora ed. A. Gaudenzi, Napoli 1888 p.65

112 La protezione apostolica che veniva concessa a monasteri, chiese ma anche regni e domini laici in genere, fu

accompagnata, per tutto il XII secolo, da una terminologia ambigua che indicava quegli enti “pertinere ad ius et proprietatem beati Petri”, e ancora fino a tutto il pontificato di Innocenzo III non vi è una distinzione chiara nel lessico pontificio tra un protettorato e un reale diritto di proprietà. “La incertezza della terminologia aveva il pregio della flessibilità. Le varie espressioni formulari sopra ricordate, diffuse soprattutto per indicare una speciale subordinazione alla suprema potestà della Chiesa romana, potevano sostenere la generica affermazione di una superiorità pontificia del tutto eminente ed espressa magari in forma feudale; oppure poiché all’epoca ovunque operavano ampiamente nozioni patrimoniali della sovranità, erano usate anche per rivendicare più concreti diritti e prerogative” S. Carocci,

“Patrimonium” (cit.). E’ esattamente questo che si verifica alla fine del XII secolo per l’eredità di Matilde di Canossa e, in forma più sfumata, per il Regno di Sicilia ma anche per tanti beni di minore rilevanza come i castra e i territori su cui, a vario titolo, il papato rivendicava una sovranità eminente. Questo utilizzo della terminologia illustra in parte la presenza e l’utilizzo di questa documentazione all’interno del Liber Censuum, che raccoglie al suo interno il materiale che era possibile utilizzare per rivendicazioni di questo tipo.

113 Italia pontificia vol. 2 p. 72 nn.3-4 114 Italia Pontificia (cit.) vol. 2. p. 73 n.1 115 Italia Pontficia (cit.) vol. 2 p. 72 nn. 2-3-4

Tra agosto e settembre 1192, il pontefice innalzò Viterbo al rango di civitas, elevandola così allo stato diocesano e unendola con la Tuscania. Inoltre, per fornire i viterbesi sia di protezione che di risorse, Celestino concesse loro il castrum di Monte Monastero e la terra di Barbarano116.