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Sezione II. Relazione al Capo II del Titolo II, concernente i trattamenti penali ed

C. Le pene accessorie

Rispetto al fine che si considera dell’inserimento sociale e in particolare di quello lavorativo, vi sono due aspetti negativi discendenti dalle pene accessorie. Il primo aspetto è che tali sanzioni sono incapacitanti, riducono o limitano, cioè, le possibilità del condannato di accedere a determinate attività o di svolgerle. Il secondo aspetto negativo è che, in buona parte dei casi, le pene accessorie vanno eseguite al termine della esecuzione della pena principale, proprio nel momento, cioè, in cui si deve attuare o si deve consolidare, se già avviato, il problema dell’inserimento sociale e in specie di quello lavorativo della persona.

1. Revisione del sistema delle pene accessorie: chiarimenti o soppressioni.

Le pene accessorie problematiche, in termini di effetti incapacitanti sui percorsi di reinserimento, sono due fra quelle previste in generale dal Codice penale, nonché quelle previste per le violazioni delle norme penali del DPR 309/90 (Legge stupefacenti). E cioè:

la interdizione dai pubblici uffici: art. 28 C.p.; la interdizione legale: art. 32 C.p.;

il divieto di espatrio e il ritiro delta patente di guida: art. 85 T.U. 309/90.

Si possono solo sottolineare sommariamente gli effetti specifici di tali sanzioni ai fini che interessano e vedere quali interventi siano possibili. Si limita la nostra riflessione alle pene accessorie indicate, mentre non sembra possibile intervenire su altre.

L’interdizione dai pubblici uffici

Ci si sofferma su un aspetto di tale pena accessoria: sull’effettivo contenuto del n. 2 dell’art. 28 C.p.. Interpretata correttamente, tale norma non preclude la assunzione presso pubbliche amministrazioni per attività lavorative che comportano semplici mansioni d’ordine o prestazioni d’opera meramente materiali. Basta al riguardo, leggere, come è necessario, la norma citata alla luce di quanto disposto dal comma 2 dell’art. 358, C.p., che dispone: “Per pubblico servizio deve intendersi una attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.”

E’ indubbio, pertanto, che le attività ora indicate non sono affatto precluse dalla pena accessoria in questione. Si noti che vi sono amministrazioni comunali che prevedevano l’assunzione di detenuti come operatore ecologico in genere o come inserviente in servizi sanitari e simili. Al riguardo, però, molte amministrazioni ritengono precluse le assunzioni dalla interdizione dai pubblici uffici. Si è creata, quindi, una situazione di incertezza interpretativa che va chiarita con una esplicita previsione di modifica dell’art. 28. Si noti che la possibilità di tali inserimenti lavorativi è uno strumento prezioso per avviare o anche concludere l’inserimento sociale di una persona.

Art. 94 della proposta: è aggiunto, all’art. 28 del codice penale, il comma 6, che contiene il chiarimento indicato.

La interdizione legale

La stessa preclude tutte quelle attività che presuppongono il compimento di atti giuridici: che possono andare da uno specifico atto contrattuale per la costituzione di un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo, alla partecipazione ad atti, come la costituzione di una società, particolarmente di una società cooperativa, che possono porre le condizioni per un successivo inserimento lavorativo. Quindi, anche questa pena accessoria certamente non agevola, ma più spesso ostacola il percorso di reinserimento del condannato nella società.

Qui si tratta di riflettere sulla ammissibilità della incapacitazione della persona nell’ambito sociale (sembra presente una carica antica di messa al bando del colpevole), che risulta segnata da una filosofia di esclusione sociale del condannato, propria di una concezione della pena esattamente opposta a quella oggi affermata dalla Costituzione e richiamata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. Si noti che qui non vi è un nesso specifico con il reato commesso, ma soltanto con la pena irrogata.

Si ritiene che, dinanzi a tale norma, l’unico intervento possibile sia quello della soppressione. E’ ciò che viene fatto all’art. 95 della proposta.

Nulla vieta, invece che sopravvivano le interdizioni specifiche previste dagli artt. 32bis a 32 quinquies, che hanno contenuto limitato e sono giustificate dalla connessione con i particolari reati commessi.

Le pene accessorie dell’art. 85 del DPR 309/90 (Legge stupefacenti): divieto di espatrio e ritiro della patente di guida

Sempre all’art. 95 della proposta è inserita anche la soppressione di altre pene accessorie: quella previste dall’art. 85 del DPR 309/90 per i condannati per delitti previsti dal DPR citato.

Il divieto di espatrio impedisce non solo il lavoro all’estero (ed è una possibilità tutt’altro che irrilevante), ma anche il lavoro in Italia che preveda lo svolgimento di prestazioni all’estero (caso dell’autotrasporto, della navigazione, di lavori comunque che si svolgano alle dipendenze di imprese italiane, ma in parte o in toto all’estero).

Il ritiro della patente di guida è un handicap assoluto o relativo: assoluto nelle attività di lavoro in cui la patente è necessaria e relativo in tutte quelle in cui l’uso della stessa è più o meno indispensabile per raggiungere il luogo di lavoro. Non disporre della patente di guida è oggi una forma di grave incapacitazione della persona. E’ chiaro che la sanzione è stata voluta, in ragione dei suoi effetti dissuasivi, proprio per questo, ma è anche chiaro che, per il risultato incapacitante che produce e, in particolare, per il ritardo nel tempo di produzione dello stesso (alla fine della pena principale), tale sanzione ostacola e riduce fortemente le possibilità di inserimento al lavoro.

C’è anche da chiedersi quale efficacia abbiano tali interventi nei confronti del condannato: non sarà certo ostacolato se intenda tornare a delinquere, mentre sarà ostacolato se intenda seguire un percorso di riabilitazione e di lavoro. Teniamo conto che il tutto avverrebbe quando si è ormai conclusa la esecuzione delle parti restanti della pena e, quindi, il condannato ha pagato il suo debito con la giustizia.

Una soluzione potrebbe essere quella di prevedere forme di disapplicazione di tali norme, rimesse eventualmente ad un provvedimento dell’A.G. che, previo accertamento della sua situazione attuale, agevoli il processo di inserimento sociale e lavorativo in corso del condannato. Potrebbero essere previste forme di sospensione e successiva revoca, una volta verificato l’uso corretto che è stato fatto della sospensione della sanzione.

Si ritiene, però, che sia preferibile la soluzione più netta della soppressione di tali pene accessorie, proprio in considerazione delle ragioni di questa disposizione normativa: che sono quelle di fare pesare la condanna, di non farne perdere il ricordo, di perseguire ancora il condannato dopo che la parte essenziale della condanna è stata sofferta. Tutto ciò, come detto fin dalla relazione generale, è contrario alla nuova finalizzazione della pena affermata dalla Corte Costituzionale e la risposta più logica a tali pene accessorie è quella della loro soppressione.

Tale soluzione è prevista all’art. 96 di questa proposta.

2. Le pene accessorie in relazione alla esecuzione della pena detentiva

Precisata la portata della pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici e rimosse le altre pene accessorie indicate, si tratta di esaminare la sorte di quelle restanti a seguito e in relazione alla esecuzione della pena detentiva.

Anche qui, richiamando in linea generale quanto detto per le pene pecuniarie, possiamo considerare separatamente i casi di coloro che sono stati ammessi all’affidamento in prova e alla liberazione condizionale e li hanno conclusi positivamente dai casi di coloro che hanno espiato la pena in misura alternativa diversa o in carcere senza ammissione a misure alternative.

Esecuzione della pena detentiva conclusa in affidamento in prova al servizio sociale o in liberazione condizionale

Al proposito, si deve indicare un argomento decisivo di carattere testuale e sistematico. L’art. 20 C. p. dispone: “Le pene principali sono inflitte dal giudice con sentenza di condanna; quelle accessorie conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali di essa.” Ora, il testo attuale dell’ultimo comma dell’art. 47 sull’affidamento in prova al servizio sociale dispone testualmente che “l’esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale”. Pertanto, non vi è dubbio che, quali effetti penali, siano soggette ad estinzione anche le pene accessorie.

Analogamente a quanto si è detto per le pene pecuniarie, la soluzione indicata per l’affidamente in prova vale anche per la liberazione condizionale, il cui contesto interpretativo, come si è osservato per le pene pecuniarie, è molto simile a quello dell’affidamento in prova e consente analoghe conclusioni.

D’altronde, si può osservare che una misura casuale e generalizzata come il condono della pena principale, anche se parziale, comporta, il venire meno delle pene accessorie: quantomeno nei provvedimenti di condono recenti, anche se la regola dell’art. 174, comma 1, C.p., è opposta.

E’ utile ricordare che il comma 12 dell’art. 47 dell’Ordinamento penitenziario si applica anche all’affidamento in prova in casi particolari: v, comma 6 dell’art. 94 D.P.R. 309/90. Restano estinte pertanto anche le pene accessorie eventualmente applicate ai sensi art. 85 del DPR predetto.

Le modifiche normative conseguenti a quanto ora osservato sono le stesse predisposte per la pena pecuniaria e già introdotte, per l’affidamento in prova, nel nuovo testo del comma 13 dell’art. 58 e, per la liberazione condizionale, nel comma 3 dell’art. 73.

A tali modifiche si rinvia.

Esecuzione della pena conclusa in semilibertà o in detenzione domiciliare, anche speciale, o in espiazione della pena in carcere

Se non vi è stata ammissione alle misure alternative dell’affidamento in prova e della liberazione condizionale, si deve, comunque, tenere presente l’esito della revisione fatta in materia di pene accessorie, con il chiarimento sulla portata della interdizione dai pubblici uffici e con la soppressione della interdizione legale e delle pene accessorie previste dall’art. 85 del DPR 309/90.

Non sembra si possa andare oltre e prevedere effetti estintivi sulle altre pene accessorie, ma sarà utile però chiarire i tempi e i periodi di esecuzione delle stesse, curando quindi di evitare la imprevedibilità degli uni e degli altri.

A questo si provvede all’art. 96 della proposta, aggiungendo due commi all’articolo 662 del codice di procedura penale. Nel comma 3 si dispone che la esecuzione delle pene accessorie sia immediatamente successiva al momento del passaggio in giudicato: pertanto deve essere contemporanea alla esecuzione delle parti eseguibili della sentenza di condanna. Quindi, non potranno essere poste in esecuzione successivamente. Al comma 4. si definisce anche la decorrenza del periodo di esecuzione della pena accessoria.