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Le performance dell’economia italiana

CAPITOLO 2 – TEORIE ED EVIDENZE EMPIRICHE SUL LEGAME

2.3 Le performance dell’economia italiana

Nel periodo post-bellico, l’Italia ha registrato tassi di crescita elevati e si è sviluppata in modo significativo verso le economie più ricche sfruttando la sua base produttiva decentralizzata e i distretti manifatturieri altamente specializzati che hanno sviluppato e coltivato competenze tecniche e professionali. Negli ultimi quindici anni, tuttavia, la performance economica dell’Italia è stata lenta.

La produttività del lavoro aumenta di un punto percentuale l’anno meno che nella media dei Paesi dell’OCSE. Questo fenomeno è alla radice della crisi di crescita e di competitività che il Paese vive. Il rapido aumento dell’occupazione degli ultimi anni, favorito dalla moderazione salariale, dalla legalizzazione di parte dell’immigrazione, dalle riforme del mercato del lavoro, ha portato a un fisiologico e atteso rallentamento nella dinamica della produttività. Vi si è aggiunto però un deterioramento delle condizioni di efficienza complessiva del sistema economico.

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Lo sintetizza la recente riduzione del livello di produttività totale dei fattori, caso unico tra i paesi industriali. Ciò appare ancor più inquietante alla luce degli scenari demografici per i prossimi decenni. Secondo le proiezioni disponibili, anche tenuto conto di cospicui flussi migratori, la popolazione in età da lavoro è destinata a ridursi in maniera rilevante, frenando ulteriormente la crescita potenziale dell’economia italiana. In particolar modo, per l’Italia negli ultimi anni il problema si è aggravato, anche perché non ha affrontato tempestivamente il problema dell’invecchiamento demografico e del suo impatto negativo sull’espansione economica. La crisi ha ampliato le disparità per i gruppi demografici più svantaggiati. Individui che vivono nel sud del paese, giovani e meno istruiti, hanno visto la loro situazione peggiorare in modo sproporzionato rispetto ad altri gruppi174. Inoltre, i giovani che entrano nel mercato del lavoro in Italia potrebbero dover aspettare molto prima di ottenere un occupazione, e specialmente nel sud del paese, molti laureati dell’istruzione terziaria lottano per trovare un lavoro175

. Ad esempio, tre anni dopo la laurea, solo il 37% dei laureati terziari è stato impiegato nel Mezzogiorno nel 2015, rispetto al 69% nel Centro-Nord del paese e al 70% nell’Unione Europea (28 paesi)176

. La mancanza di opportunità di lavoro nel sud dell’Italia stimola anche la migrazione netta di laureati terziari dal sud del Paese alle regioni del nord e, più recentemente, all’estero, dove i lavoratori italiani in possesso di un diploma universitario possono spesso ottenere rendimenti reali più elevati. La realtà degli ultimi anni evidenzia una partecipazione al mercato del lavoro in Italia ancora molto inferiore alla media europea, in particolare per le donne, i giovani e le classi di età più elevate. Una maggiore istruzione tende a ridurre questi divari177. La maggiore probabilità di essere occupate delle persone più istruite riflette la più alta propensione a partecipare al mercato del lavoro e il minor rischio di disoccupazione. Il tasso di disoccupazione è iniziato a scendere nel 2015, ma i giovani ne soffrono di più, con quasi il 40% della popolazione giovane

174

Adda, J. e A. Triggari, "Disuguaglianze del mercato del lavoro nei gruppi demografici italiani: focus sui giovani e disoccupati di lungo periodo", Policy No 1, IGER, Università Bocconi, Milano 2016.

175

SVIMEZ, Rapporto Svimez 2016 sull’economia del Mezzogiorno, SVIMEZ, Roma 2016. 176 OECD (2017), Territorial reviews: Italy; OECD Publishing, Paris.

177

Dagum C, Lo vaglio P.G., Vittadini G., Il capitale umano in Italia: analisi della distribuzione, in Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea (a cura di), Lavorare dopo la laurea. Caratteristiche e percorsi

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economicamente attiva disoccupata178. Casi di disoccupazione da più di un anno rappresentavano il 60% della disoccupazione totale (10,9%)179. L’Italia ha la seconda più alta percentuale di giovani che non frequentano corsi di istruzione, impiego o formazione nell’OCSE, solo la Turchia fa peggio (cfr. Tabella 14)180.

Tabella 14: NEET (%)

Oltre il 30% dei giovani tra i 15 e i 29 anni spende più di un anno non in educazione ed è disoccupato o inattivo, uno dei più alti tempi di attesa tra Paesi dell’OCSE. C’è anche un ampio divario tra il Nord e il Sud del Paese, particolarmente elevato nelle regioni meridionali dove i tassi di non partecipazione sono superiori al 50%. Le barriere all’occupazione sono legate ad un rapporto di insufficiente capacità nel lavoro, mancanza di incentivi finanziari per cercare un lavoro (ad esempio, basso potenziale salariale o relativamente generosi benefici extra-lavorativi) o scarse opportunità di lavoro181.

I problemi più comuni includono l’istruzione bassa e le scarse competenze professionali, affrontate ciascuna da almeno la metà degli individui senza lavoro o con un debole inserimento nel mercato del lavoro, evidenziando la necessità di migliorare le competenze. Stime del Servizio Studi della Banca d’Italia indicano che, a parità di ogni altra circostanza, nel nostro Paese la probabilità di partecipare al

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OECD (2018), Youth unemployment rate (indicator). doi: 10.1787/c3634df7-en (Accessed on 29 May 2018).

179

OECD (2018), Long-term unemployment rate (indicator). doi: 10.1787/76471ad5-en (Accessed on 29 May 2018).

180 Fonte: OECD (2018), Youth not in employment, education or training (NEET) (indicator). Doi 10.178772d1033a-en (in %, giovani tra i 15 e 29 anni).

181

Browne, J. and D. Pacifico, “Faces of Joblessness: results for Italy”, Cooperation with the OECD 2016 on Assessing Activating and Enabling Benefits and Services in the EU Policy Analysis Note (PAN) for Italy.

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mercato del lavoro aumenta di 2,4 punti percentuali per ogni anno di scuola frequentato. Nelle regioni meridionali questo valore sale a 3,2 punti percentuali, indice di una maggiore scarsità relativa di lavoratori qualificati. I vantaggi della maggiore istruzione si accentuano nelle aree più deboli del Paese e per i gruppi più svantaggiati. Ciò mostra in tutta evidenza lo speciale beneficio per il superamento del dualismo territoriale che si otterrebbe da politiche che curino l’innalzamento del grado di istruzione al Sud. Nel Mezzogiorno, nel 2015 erano nelle forze di lavoro il 74% dei laureati, il 63% dei diplomati e solo il 51% delle persone con un diploma di scuola media182. Possedere un elevato livello di istruzione costituisce inoltre il migliore strumento per ridurre i rischi insiti in percorsi di carriera frammentari e quelli connessi con la perdita dell’occupazione, oggi più elevati che in passato a causa del crescente ricorso a rapporti di lavoro a tempo determinato. Infatti, la maggior parte dei giovani ottiene contratti a tempo determinato, il 60% di questi contratti è detenuto da lavoratori di età compresa tra i 15 e i 24 anni183. Lavoratori temporanei di solito subiscono una penalizzazione salariale, una crescita degli utili più debole e una stabilità del lavoro inferiore. Il 70% della creazione di posti di lavoro ha assunto nel 2014, secondo i dati dell’INPS, la forma di contratti temporanei, e le transizioni dallo stato temporaneo a permanente sono limitate. Ciò implica che i contratti temporanei non sono utilizzati come porta d’ingresso ai contratti a tempo indeterminato, ma come forma alternativa di impiego utilizzata dai datori di lavoro per aumentare la flessibilità. All’aumentare della qualificazione professionale cresce invece l’incentivo per l’impresa a investire in rapporti stabili e duraturi, diventa maggiore la possibilità per il lavoratore di ritrovare pronta collocazione nel caso di rapporti di lavoro insoddisfacenti o di eventi sfavorevoli che coinvolgano il posto di lavoro. Più elevati livelli di istruzione favoriscono guadagni di produttività. Una misura imperfetta di questa relazione è desumibile dal legame tra titolo di studio e reddito da lavoro, o dai rendimenti privati dell’istruzione184.

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Fonte: http://www.worldbank.org/ 183

Hijzen, A. and B. Menyhert, “Measuring labour market security and its implications for individual well-being”, OECD Social, Employment and Migration Working Papers 175, OECD Publishing, Paris 2016. http://dx.doi.org/10.1787/5jm58qvzd6s4-en.

184

Nella maggioranza dei paesi dell’OCSE, la remunerazione delle persone con un titolo equivalente alla nostra laurea specialistica supera di almeno il 50% quella dei lavoratori con diploma di scuola secondaria.

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In Italia il rendimento privato dell’istruzione è inferiore alla media dei paesi dell’OCSE185

; ciò nonostante, un dato ammontare di risorse finanziarie investite in istruzione, anche tenendo conto dei costi sostenuti, rende molto di più di impieghi alternativi. In particolare, i dati raccolti dall’OCSE mostrano l’eterogeneità dei premi di guadagno poiché i laureati dei programmi universitari che forniscono una formazione professionale di alta qualità sono ben ricompensati nel mercato del lavoro e sono suscettibili di passare rapidamente a posti di lavoro di alta qualità. I premi comparativamente più bassi per gli studi terziari in Italia rispetto ad altri Paesi OCSE sono evidenti nella maggior parte dei campi di studio, ad eccezione della salute e del benessere.

L’Italia, tra i paesi a più elevato livello di sviluppo, è finora caratterizzata per l’anomalia e la staticità del suo modello di specializzazione, in cui spiccano proprio i comparti caratterizzati da medio-bassa intensità di capitale umano: è un modello coerente con una scarsa dotazione relativa di manodopera a elevata qualifica. Nel nuovo contesto tecnologico e competitivo tale modello penalizza la nostra economia, ostacolandone l’inserimento nei comparti innovativi oggi più dinamici ed esponendola alla inasprita concorrenza dei Paesi emergenti. Secondo l’OCSE, l’Italia è seconda solo alla Turchia con il 10,9% dei ragazzi e l’11,4% delle ragazze tra i 15 e i 19 anni che non vanno né a scuola né lavorano186 e i coetanei che frequentano una scuola certo non brillano se paragonati agli altri studenti dei maggiori Paesi come annualmente confermano i test di PISA che vedono i liceali italiani nelle ultime posizioni (sui 35 Paesi OCSE) per abilità e conoscenze187. L’Italia, del resto, non appare all’altezza neppure negli investimenti nella conoscenza avanzate (con poco più del 2% del PIL) né per numero di ricercatori (27esima su 35 Paesi)188.

2.3.1 Skills

Il livello di abilità degli italiani è in ritardo rispetto agli altri paesi dell’OCSE e la variazione regionale in Italia delle competenze è molto grande. Il centro e le regioni

185 Vedi Tabella 13 186

Vedi Tabella 14 187

OECD (2018), Adult education level (indicator). doi: 10.1787/36bce3fe-en (Accessed on 29 May 2018).

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settentrionali italiane tendono a sovraperformare le regioni meridionali in Italia, ma scendono al di sotto della media. L’eccezione è costituita da italiani con istruzione terziaria nelle regioni settentrionali e centrali, che si comportano in modo simile alla media in altri paesi dell’OCSE.

I bassi livelli di competenze sono un ostacolo a una maggiore produttività e agli standard di vita materiali, in relazione all’OCSE o ad altri paesi europei. L’istruzione, la formazione e l’apprendimento permanente favoriscono un virtuoso cerchio di maggiore produttività e più occupazione, che migliora la qualità della vita, aumenta il reddito e riduzione della disparità di reddito in quanto l’istruzione superiore e le competenze sono un prerequisito per migliorare le opportunità di lavoro. I governi e l’autorità pubbliche hanno preso atto dell’importanza di questo ambito e intervengono in maniera rilevante nell’organizzazione (e nel finanziamento) del sistema scolastico e d’istruzione.

Solo un significativo aumento della partecipazione al mercato del lavoro e una ripresa della crescita della produttività potranno contrastare l’andamento dell’Italia. Un aumento dell’istruzione media della popolazione e della sua qualità è condizione necessaria per entrambi. Aumentare le competenze è quindi la priorità, ma le competenze disponibili devono corrispondere ai bisogni del datore di lavoro, perché alti e persistenti disallineamenti di competenze sono costosi per quest’ultimi, i lavoratori e la società. Il mismatch (mancata corrispondenza) di competenze emerge quando i lavoratori sono troppo abili per i loro lavori attuali in quanto non sono in grado di utilizzare appieno le proprie capacità e abilità nel lavoro, oppure quando sono sottoutilizzati per il loro attuale lavoro, mancano delle competenze normalmente necessarie per il loro lavoro.

L’indagine dell’OCSE di Abilità degli adulti (PIAAC) mostra che circa il 10% dei lavoratori italiani è troppo qualificato e il 22% è sottoqualificato. Mentre la quota dei lavoratori sovraqualificati è la più bassa tra i paesi dell’OCSE, la quota di lavoratori sottovalutati è il massimo, che è un riflesso del basso livello di abilità nella forza lavoro189. Abilità, sotto o eccesso di competenze, richiedono politiche per migliorare l’efficienza dell’assegnazione delle competenze promuovendo la mobilità del lavoro e rendendo il sistema di istruzione e formazione più rispondente alle

189

Pisu, M.,“Promoting a private investment renaissance in Italy”, OECD Economics Department Working

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esigenze del mercato del lavoro. Bisogna ascoltare le richieste di politiche sul lato della domanda per incoraggiare le imprese a ottenere un valore aggiunto più elevato di prodotti, come incentivi all’innovazione e strategie di sviluppo economico basate sulla conoscenza, per aumentare la domanda di posti di lavoro altamente qualificati. Migliorare l’ambiente di lavoro e fare le retribuzioni più flessibili consentirebbero anche una migliore corrispondenza tra offerta e domanda di competenze, con una migliore remunerazione per i lavoratori altamente qualificati. Tutte queste politiche potrebbero contribuire a ridurre l’alta percentuale di giovani italiani altamente istruiti che scelgono di emigrare. Avere raggiunto l’istruzione secondaria superiore o terziaria implica il 15% di probabilità in più di subire una pena maggiore o sovra- qualificazione rispetto ai coetanei meno istruiti190. Questo mette in evidenza un sistema educativo che non fornisce le competenze effettivamente richieste dalle imprese, insieme a un struttura produttiva caratterizzata da una bassa domanda di lavoratori altamente qualificati. I lavoratori che hanno contratti a tempo indeterminato hanno una minore probabilità di essere sottovalutati e più alti probabilità di essere troppo qualificato. Questo potrebbe riflettere che i lavoratori per ottenere contratti a tempo indeterminato sacrificano posti di lavoro che corrispondono meglio alle loro qualifiche. Le competenze disponibili devono corrispondere a quelle richieste dai datori di lavoro. Altrimenti, i disallineamenti delle abilità possono avere effetti negativi sulla crescita economica e sul benessere dell’individuo.

L’Italia potrebbe aumentare il suo livello di produttività del lavoro del 10% se riuscisse a ridurre il suo livello di disallineamento all’interno di ciascun settore a

quello corrispondente alle migliori pratiche dell’OCSE191. Un maggiore

disallineamento delle competenze è associato a una minore produttività del lavoro attraverso una minore allocazione efficiente delle risorse. Una quota più elevata di lavoratori non qualificati è collegata a entrambi i livelli: inferiori efficienza allocativa e minore produttività all’interno dell’azienda. A livello individuale, i disallineamenti delle qualifiche e delle competenze comportano costi economici e

190 OECD SKILLS STRATEGY DIAGNOSTIC REPORT: ITALY OECD 2017 191

Adalet McGowan, M. and D. Andrews, “Labour Market Mismatch and Labour Productivity: Evidence from PIAAC Data”, OECD Economics Department Working Papers, No. 1209, OECD Publishing, Paris 2015, http://dx.doi.org/10.1787/5js1pzx1r2kb-en.

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sociali significativi per gli individui. In Italia, come anticipato, i lavoratori sovraqualificati e iper-qualificati subiscono una significativa penalità sul salario rispetto ai lavoratori meno istruiti, inoltre implicano aspettative non realizzate e rendimenti inferiori all’investimento fatto nell’istruzione. I lavoratori sottoqualificati ricevono salari più alti e godono di maggiore soddisfazione lavorativa di lavoratori altamente qualificati. Ciò potrebbe essere spiegato dai processi di assunzione, dalla gestione delle risorse umane e meccanismi di fissazione dei salari che impediscono ai datori di lavoro di adattare i compiti e i livelli salariali dei lavoratori ai loro titoli di studio. La legislazione sulla protezione dell’occupazione deve sostenere mercati del lavoro flessibili, mentre la ricerca di lavoro e le misure di formazione devono sostenere le persone in cerca di lavoro migliorando la loro occupabilità e aiutandole a trovarle lavoro appropriato. La regolamentazione flessibile del mercato del lavoro insieme alla risoluzione delle norme e dei regolamenti che forniscono i disincentivi a cambiare lavoro e ubicazione potrebbero potenzialmente migliorare la corrispondenza tra le competenze delle persone in cerca di lavoro e quelle competenze richieste dai posti di lavoro. Ciò potrebbe aumentare la produttività e il benessere, promuovendo al contempo un maggiore mercato del lavoro inclusivo. Questo è quanto emerge dalle statistiche diffuse dall’OCSE nel 2017, che rappresenta l’Italia come un Paese a “velocità ridotta”192

. Fondamentale nel superare la staticità di questo modello è anche la diffusione di capacità manageriali che sappiano ridisegnare i processi produttivi, sfruttare le tecnologie, riallocare le risorse193.

Il sistema economico italiano deve quindi affrontare diverse sfide, oltre ad aumentare i livelli di occupazione, soprattutto per donne e giovani, migliorando le competenze per soddisfare le esigenze del mercato del lavoro e ridurre le disparità regionali. Se i problemi strutturali che hanno generato la crisi economica, tra cui anche la qualità dell’istruzione, non verranno risolti continueranno a determinare una scarsa o assente crescita economica, almeno fino a quando eventuali nuove turbolenze nel sistema economico europeo o internazionale non daranno la spallata definitiva all’economia italiana.

192

OCSE (2008), Education at a Glance, OECD, Paris. 193

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Economia; Istruzione e crescita economica,

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CAPITOLO 3 – STRATEGIE E COMPETENZE NECESSARIE: IL CASO