Definizione.
In generale “le politiche giovanili si possono considerare un sotto-ambito di politiche pubbliche volto ad affrontare i problemi specificatamente legati alla gioventù.”1 Per politiche pubbliche si intendono tutte
le azioni o al contrario le astensioni dall’agire, in capo ad un’autorità pubblica. Queste possono includere gli interventi concreti ed intenzionali (regolamentazioni, atti repressivi, etc.), ma anche la retorica, ovvero i discorsi e l’esplicitazione dei valori, delle intenzioni e finalità, in sintesi del programma politico.2
Si tratta cioè, come illustra Regonini3, del processo messo in atto nel tempo da un’autorità pubblica e
caratterizzato dall’interazione di molteplici protagonisti. L’obiettivo è quello di rispondere ad un problema di interesse collettivo, attraverso l’attivazione di risorse pubbliche o, all’opposto, di non intervenire, negando quindi il carattere prioritario della questione.
Fare politiche giovanili significa, in termini generali, programmare interventi in grado di rispondere ai bisogni e migliorare le condizioni di vita di questa fascia della popolazione. Tali azioni hanno come
1 Mesa D., Le politiche giovanili in Italia: attori, prospettive e modelli di intervento, in “Autonomie locali e servizi sociali”, n. 2, 2010,
p. 261
2 Mény Y., Thoenig J.C., Le politiche pubbliche, Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 105-107 3 Regonini G., Capire le politiche pubbliche, Bologna, Il Mulino, 2001, pp. 21-23
36
priorità l’individuo, nella sua globalità ed interessano quindi i diversi ambiti che vedono coinvolti, direttamente o indirettamente, i giovani.4
Campagnoli5 definisce in maniera più completa quello che sono le politiche giovanili, ovvero
“(…) quel sistema di azioni ed interventi a valenza pubblica, con la finalità generale di fornire ai giovani opportunità, mezzi, possibilità e percorsi per vivere in modo positivo la fase di transizione alla vita adulta. Quindi adultità intesa come condizione di maggiore autonomia e consapevolezza, status di piena cittadinanza, sinonimo di reale fruibilità dei diritti (e non solo titolarità).”6
Le politiche sviluppate e promosse nell’ambito della gioventù possono essere classificate secondo due criteri. Si dicono “settoriali” quegli interventi e provvedimenti pubblici elaborati nello specifico per la fascia di popolazione giovanile, cioè per rispondere ai relativi bisogni e per migliorarne le condizioni di vita. Più generali e trasversali sono invece le azioni intraprese in quei settori, come per esempio l’istruzione, l’occupazione, la salute e lo sport, che interessano la vita dei giovani e che prevedono al loro interno delle attenzioni particolari in relazione alle condizioni di questa fascia di popolazione. 7
I destinatari.
Come abbiamo visto nel primo capitolo, in ogni società ed epoca vi è una specifica definizione di “gioventù”. Oggi, al contrario di quanto avveniva in passato, le fasi che segnano il passaggio dall’infanzia alla vita adulta non sono contraddistinte da confini netti e si stanno sempre più dilazionando. I giovani continuano gli studi in numero maggiore e per un periodo di tempo più lungo, entrano in ritardo nel mondo del lavoro, conquistano l’indipendenza economica e abitativa, di conseguenza formano propri nuclei familiari ad un’età più avanzata.8 Si può affermare, perciò, che si sta verificando un
prolungamento di questa fase della vita.9 In conseguenza a ciò risulta difficile delineare con precisione i
4 Rota S. (2012), Op. cit., p. 12
5 Campagnoli G., Verso un “new deal” delle politiche giovanili, in Bazzanella A. (a cura di), Op. cit. 6 Ivi, p.79
7 Ivi, pp. 79-80
8 Cavalli A., Giovani, in Op. cit. 9 Sciolla L. (a cura di), Op. cit., p.255
37
confini della classe d’età, nella quale possono rientrare coloro che sono definiti come “giovani”.10
Se il concetto di gioventù varia a seconda dell’epoca, lo stesso vale anche per quanto riguarda la società. Ogni Paese europeo, ad esempio, presenta una propria specifica concezione e definizione della giovinezza e del relativo rapporto con la fase precedente, dell’infanzia e quella successiva, dell’adultità. Ciò è legato alla cultura, al contesto nazionale e si riflette all’interno dell’ordinamento giuridico e della
policy dello stato.11
Nello specifico le differenti definizioni, che emergono tra i diversi Paesi membri, si sviluppano su due livelli. Innanzitutto varia l’età anagrafica presa in riferimento generalmente dai legislatori nazionali nei provvedimenti indirizzati ai giovani: dai 13 ai 30/34 anni in Stati come Italia e Danimarca; dagli 11/13 ai 25 anni ad esempio in Norvegia e nel Regno Unito; dalla nascita ai 25/30 anni in Austria, Germania, Finlandia. Il secondo fattore di differenziazione è rappresentato dall’approccio con cui i Paesi si rapportano ai giovani. Questi sono considerati come una risorsa ad esempio in Finlandia, Svezia e Belgio, come un problema sociale, invece, in Statu come Regno Unito e Austria. In altri Paesi, come Italia e Germania, convivono contemporaneamente entrambe le prospettive.12
Il percorso di transizione verso l’età adulta sta diventando sempre più complesso e imprevedibile. I giovani di oggi, infatti, si trovano ad affrontare “la molteplicità, la poliedricità, la reversibilità, la pluralizzazione delle esperienze di vita, dei significati del vivere e delle identità sociali”13 e una maggiore
varietà di possibilità per il loro futuro. Si può comprendere, perciò, come possano oggi differire e variare le condizioni e le traiettorie dei giovani e quanto sia difficile, o meglio impossibile, definirli all’interno di una categoria omogenea.14
Se il processo di passaggio alla fase adulta si può definire di per sé un “percorso ad ostacoli”15, negli
ultimi anni le difficoltà sono ulteriormente aumentate. Gli effetti della globalizzazione e insieme della crisi economica e finanziaria interessano, infatti, in maniera particolare le fasce di popolazione più giovani. Queste stanno affrontando un peggioramento delle proprie condizioni e un accrescimento dei
10 IARD, Study on the State of Young People and Youth Policy in Europe, Final Reports, Vol. 1: Executive Summary and Comparative
Reports, Milan, IARD, 2001, p. 1
11 Chisholm L., Kosacheva S., Merico M. (eds.), Op. cit., pp. 26-27 12 Mesa D. (2010), Op. cit., pp. 261-262
13 Bazzanella A., Buzzi C. (a cura di), Op. cit., p. 175
14 Prandini R., Melli S. (a cura di), I giovani capitale sociale della futura Europa, Milano, Franco Angeli, 2004, p. 97
38
rischi di esclusione dal contesto socio-economico.16 Le istituzioni, di conseguenza, mostrano una
particolare attenzione nei confronti dei giovani e inseriscono i provvedimenti indirizzati a questo target tra le priorità delle agende politiche, con l’obiettivo di investire nel futuro e nella crescita degli Stati e dell’Europa.17
Livelli di intervento.
L’art. 6 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)18 definisce le politiche per
l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport uno degli ambiti in cui le istituzioni dell’Unione Europea hanno la competenza di sostenere, coordinare e completare l’azione degli Stati membri. Queste svolgono perciò una funzione di supporto allo sviluppo delle politiche giovanili nazionali, dei Paesi europei, fissando degli obiettivi comuni e favorendo lo scambio di best practices.19 Per concretizzare
questa funzione, l’Unione Europea si avvale del “Metodo Aperto di Coordinamento (MAC)”. Si tratta di uno strumento, in grado di promuovere tra gli Stati lo scambio di buone pratiche, il reciproco apprendimento e la convergenza verso finalità e obiettivi politici comuni, rispettando sempre le specificità nazionali.20 L’argomento verrà approfondito nelle pagine seguenti.
“Gli obiettivi delle politiche giovanili, come quelli di tutte le politiche sociali europee, vengono raggiunti attraverso un sistema di soft law”21, composto ovvero da “disposizioni non giuridicamente vincolanti”22.
Le istituzioni europee non hanno poteri vincolanti nei confronti delle legislazioni dei Paesi membri in materia di gioventù, anche se possono intervenire con atti vincolanti a sostegno degli Stati. Non è però prevista l’armonizzazione dei relativi regolamenti e leggi nazionali.23 Ciò implica che le raccomandazioni,
le decisioni e i documenti adottati dal Consiglio d’Europa e dall’Unione Europea suggeriscono alle istituzioni degli Stati europei delle linee d’azione, ad esempio quali indicatori e criteri osservare e quali aree di intervento sviluppare, nei programmi d’azione indirizzati ai giovani.24 La definizione degli
16 Martelli A., Op. cit., pp. 373-374 17 Rota S. (2012), Op. cit., p. 11 18 http://eur-lex.europa.eu
19 https://europa.eu/european-union 20 Rota S. (2012), Op. cit., p. 14 21 Ibid.
22 Ronzitti N., Introduzione al diritto internazionale, 3. ed., Torino, Giappichelli, 2009, p. 178 23 Rota S. (2012), Op. cit., pp. 13-15
39
strumenti e delle modalità di attuazione delle politiche giovanili rimane, tuttavia, di competenza nazionale. Lo sviluppo di tali politiche avviene perciò in linea con le specificità, il contesto socio- economico e le priorità di ogni Stato europeo.25