2. VALUTAZIONE E PARTECIPAZIONE: LA CORNICE DI ANALISI
2.2 Politiche sociali e approcci valutativi
Per inquadrare le accezioni di valutazione e le implicazioni metodologiche che derivano dai diversi approcci teorici, e in questo modo restringere il campo a quella che ci interessa per la realizzazione di questo lavoro, è convincente la ricostruzione storica che propone Stame. Essa ci interessa non solo e non tanto per la ricostruzione storica, ma perché nel trentennio precedente agli anni'90-2000 si sviluppano, di pari passo con il dibattito delle scienze sociali, le teorie valutative che fanno da cornice teorica e sono da riferimento all'attuale dibattito valutativo, pur nella discontinuità degli approcci. Per quanto universalmente conosciute, è utile qui richiamarle a sommi capi.
Nicoletta Stame53 riconduce lo sviluppo della valutazione allo sviluppo del welfare e delle politiche sociali in nord America e in Europa, e distingue tre grandi periodi, che vanno dagli anni '60 agli anni '90:
1) GLI APPROCCI POSITIVISTA-SPERIMENTALE E PRAGMATISTA (ANNI ’60-'70)
Tra la metà degli anni '60 e la metà dei '70 si sviluppa con la presidenza Johnson in U.S.A. la “War on Poverty”, un programma di riforme e sperimentazioni sociali che ha segnato un periodo di ottimismo positivista nella programmazione sociale e nelle scienze sociali. In questo periodo nell'ambito della ricerca sociale si sviluppa il dibattito attorno al tema della valutazione e della ricerca valutativa, la valutazione riceve una spinta ed un riconoscimento istituzionale all'interno della programmazione politica; è in questo quadro che si sviluppano parallelamente gli approcci positivista e pragmatista.
L'APPROCCIO POSITIVISTA SPERIMENTALE
L'approccio positivista-sperimentale è concepito secondo una logica da azione razionale, scompone i programmi in obiettivi da raggiungere, mezzi tramite cui raggiungerli, risultati attesi, e li colloca in un ciclo politico circolare e consecutivo che va da decisione a implementazione a valutazione a nuova decisione. Il compito della valutazione consiste nel verificare e misurare se gli obiettivi sono stati raggiunti: gli obiettivi sono l’elemento rispetto al quale avviene il confronto con il risultato ottenuto. L'approccio positivista-sperimentale si avvale del metodo sperimentale o quasi sperimentale, e utilizza strumenti dell'analisi quantitativa. Alla base dell'approccio positivista-sperimentale sta la fiducia positivista nella scienza sociale e quindi la centralità del metodo e la scientificità del giudizio valutativo. A questo approccio corrisponde un’idea di utilizzazione “strumentale” della valutazione: la valutazione dovrebbe fornire input di informazione e raccomandazioni che i politici trasformano in decisioni, per dirla con Herbert Hyman “la valutazione è l’accompagnamento metodologico dell’azione sociale 53 Stame N.,Valutazione pluralista, Franco Angeli, Milano 2016
pianificata”, la valutazione cioè come operazione di verifica e generalizzazione di esperimenti sociali innovativi. In questo contesto viene pubblicato nel 1967 il primo manuale di ricerca valutativa: Evaluation Research: Principles and Practice in Public Service and Social Action Program ( di Edward Suchman, New York, 1967). L'APPROCCIO PRAGMATISTA
L’approccio “pragmatista” riunisce due scuole: l’elaborazione teorica di Michael Scriven e gli approcci manageriali della qualità, che hanno in comune l’impostazione “valoriale” del giudizio valutativo, che mette al centro dell'attività di ricerca i valori, e si basa sulla concezione dell’azione basata sul modello della razionalità processuale, per cui la razionalità della decisione si basa su un processo di apprendimento, che si realizza in continui aggiustamenti tra mezzi e fini. Scriven definisce la valutazione come “una ricerca sistematica sul merito intrinseco (merit), sul merito estrinseco (worth) e sull’importanza (significance) di un determinato oggetto (o evaluando)”. Compito della valutazione è dunque giudicare un programma in base a un’idea di merito, ovvero uno standard definito all’esterno del programma. In questo senso è una valutazione “goal free” (in contrapposizione all'approccio positivista che ha gli obiettivi al centro del processo valutativo), che tende all'oggettività del giudizio e vuole andare a stimare l’efficienza e l’efficacia di un programma. L'approccio pragmatista inquadra il ruolo del valutatore come esperto esterno, il cui compito è dare un giudizio al programma in base alle proprie competenze e a valori “oggettivi” (standard) e propri alla situazione e al programma.
2) L'APPROCCIO COSTRUTTIVISTA (ANNI ’70)
Dalla seconda metà degli anni '70 negli U.S.A. e in Europa si sperimenta il “pessimismo” delle politiche sociali e dei programmi di welfare, si hanno le prime reazioni negative a quelli che vengono chiamati “effetti perversi” delle politiche di welfare, si fa molta più attenzione al processo di implementazione e alle influenze del contesto. In questo periodo l’approccio positivista-sperimentale si rinnova, e nasce quello “costruttivista”, tra i due approcci vi è uno scontro aperto. La crisi
dello stato sociale evidenzia gli effetti perversi delle politiche di welfare, e parallelamente nel campo della valutazione si pongono dei ripensamenti teorici e metodologici. Si affermano le pratiche qualitative anche in base alla convinzione che se i programmi vanno male è anche perché il metodo usato nella valutazione è sbagliato. Si presta attenzione alle implementazioni dei programmi /progetti e ai fattori di contesto, in base all’idea che ogni programma si modifica a seconda del contesto in cui viene sviluppato. Il costruttivismo prende spunto dalla discussione epistemologica sui paradigmi avviata con Guba e Lincoln, che contrappongono al metodo “positivista sperimentale” il loro “metodo naturalistico”: le conoscenze sono il frutto del rapporto tra conoscente e conosciuto, quindi non generalizzabili, e i valori sono al centro della ricerca valutativa. La valutazione diventa un processo sociale e politico, collaborativo, con esiti imprevedibili, in cui il valutatore assume un ruolo di negoziatore e facilitatore, a stretto contatto con gli attori. L’approccio costruttivista è finalizzato ad un uso “formativo” della valutazione, nel senso che esso tende a favorire un processo di apprendimento tra gli attori stessi.
3) IL PLURALISMO DELLA VALUTAZIONE sviluppo dei mixed methods (DAGLI ANNI ’80)
Dall’inizio degli anni 80 in poi, con la crisi di legittimazione degli apparati amministrativi, si concentra l'attenzione sulla partecipazione dei cittadini e la valutazione delle politiche sociali accentua la sua funzione utilitaristica, essa cioè acquisisce di senso tanto più è utilizzabile dagli attori: stakeholders, amministratori e beneficiari. Ai fini della valutazione i programmi vengono scomposti, non si valuta in blocco il programma, dato l'aumento della complessità, ma parti di esso e si apre al pluralismo della valutazione. Si privilegia la teoria soggiacente al programma piuttosto che il metodo valutativo utilizzato per l'analisi, e si creano disegni di ricerca con metodi misti. L’approccio pragmatista viene integrato con l’attenzione alla “qualità” mentre l’approccio “costruttivista” dialoga con filoni provenienti dall’analisi dell’implementazione delle politiche.
Agli approcci individuati da Stame se ne aggiungono altri, sviluppatisi negli ultimi 20 anni, derivati dal dibattito attorno alle tre correnti principali di pensiero:
positivista, pragmatista, costruttivista, alla luce del mutamento dello stato sociale e delle politiche sociali, e avvalendosi anche del contributo degli stimoli emergenti da altre discipline che utilizzano la valutazione come strumento di verifica e programmazione.