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Nel primo capitolo si è fatto cenno alla diversa “fortuna” delle operazioni di garanzia sugli IPRs nel sistema anglo-americano da un lato ed europeo-continentale dall’altro: in generale è stato osservato che le distanze tra i due sistemi creditizi si comprendono nell’ottica di una differenza culturale1 che si è sviluppata nel tempo. Ora, il dato che si potrebbe dare per assodato è che <<the practice of using intellectual property as secured collateral in commercial transactions is slowly becoming more and more prevalent and important>>: si riscontra infatti a livello internazionale2 una maggiore consapevolezza del valore della proprietà intellettuale <<in corporate finance transactions>>3. Per quanto riguarda il contesto italiano, è emerso nei capitoli precedenti che le garanzie reali sui diritti IP si collocano in un quadro normativo per certi versi scarno, anche se non sembra comunque potersi parlare di un vero e proprio <<disinteresse del legislatore>>4 riguardo a questo tema: si pensi ad esempio al d.lgs. 1075/1947, alla legge bancaria del 1993 e al più recente “decreto banche”

1 H. KNOPF, Security Interests, cit., pp. 3 ss.

2 Rilevante è l’attenzione che alcuni Paesi emergenti stanno dedicando al fenomeno in questione. La Malesia in particolare ha “lanciato” nel 2007 la National Intellectual Property Policy, avendo come obiettivo <<the review of current laws and regulations in company law, securities regulations as well as banking and finance law in general to ensure that business, banking and financial infrastructure in Malaysia can support IP-based transactions>>. Sul punto J.E. CHUAH, Intellectual property financing in the field of Trademarks: a Malaysian perspective, in Information meeting on IP Financing organized by WIPO, Geneva, March 10, 2009, p. 47.

3 H. KNOPF, Security Interests, cit., p. 4. L’Autore riporta l’aneddoto dei cosiddetti “Bowie Bonds” i quali <<were secured by the revenues from his considerable copyright portfolio>> (H. KNOPF, Security Interests, cit., p. 5). In generale, comunque, si consideri che almeno il 90% del valore di società come Microsoft è costituito dagli intangibles.

4 M. MAGGI, Pegno e garanzie bancarie sui diritti di proprietà industriale e intellettuale: le modalità operative, in C. Galli (a cura di), Guida alle garanzie sui diritti di proprietà industriale e intellettuale, Filodiritto, Bologna, 2011, p. 132.

112 del 2016. A questo si aggiunge il retaggio di una prassi bancaria nazionale di stampo “tradizionale”5 che preferisce appoggiarsi a forme “classiche” di garanzia e che solo in tempi recenti, secondo una parte della dottrina, ha iniziato a mostrare interesse all’erogazione di credito garantito da diritti IP6. Si può inoltre affermare che la proprietà intellettuale, oltre ai proventi che derivano dalla sua utilizzazione, valorizza indirettamente il patrimonio dell’impresa, <<ad esempio con riferimento alla sua quotazione in borsa>>7: si coglie in tal senso la “apprezzabilità” dei diritti IP in operazioni di finanziamento. In ogni caso, non è possibile comprendere le reali dimensioni del fenomeno senza avere delle statistiche di riferimento: queste, in effetti, mancano al momento, o

comunque se sono state realizzate non sono state rese pubbliche. È stata invece svolta un’indagine nel 2011 che consisteva in una serie di interviste

rivolte ai funzionari dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi incaricati delle trascrizioni di garanzie reali8. La ricerca non può definirsi esaustiva, soprattutto per il limitato periodo per cui è stata condotta, ma è senza dubbio indicativa del trend che sta assumendo il fenomeno in Italia: il dato “numerico” indica che in media le trascrizioni nel 2011 sono state circa quindici al mese. Non sembra azzardato immaginare che il fenomeno negli anni successivi sia ancora aumentato, anche se di poco, quantomeno per effetto delle “attenzioni” dottrinali che ha ricevuto nell’ultimo decennio9 (oltre a una prassi che, stando ai dati riportati, potrebbe nel frattempo avere acquisito una certa “familiarità” con questo genere

di operazioni).

Analizzando invece il dato per così dire “qualitativo”, emerge che l’80% delle garanzie in questione ha avuto ad oggetto marchi, e solo il 20% brevetti. La

5 Al riguardo si veda diffusamente il primo capitolo.

6 M. MAGGI, Pegno e garanzie bancarie sui diritti di proprietà industriale e intellettuale, cit., pp. 132 ss.

7 G. PIEPOLI, Autonomia privata, cit., p. 290.

8 Per l’analisi dei dati ricavati si veda M. MAGGI, Pegno e garanzie bancarie sui diritti di proprietà industriale e intellettuale, cit., pp. 132 ss.

9 Già prima della crisi, in generale, i diritti di proprietà intellettuale come elementi dell’attivo patrimoniale assumevano un rilievo fondamentale per la valutazione della stabilità economica e finanziaria dell’impresa richiedente credito (G. CAPO, I finanziamenti bancari garantiti da IP, cit., pp. 17 ss.).

113 maggiore fortuna dei primi si può spiegare in ragione del fatto che il marchio in quanto tale è uno strumento di comunicazione ed è quindi un asset il cui valore economico è <<spesso percepibile ictu oculi>>10. Il brevetto, invece, rappresenta un diritto di esclusiva che non si presta ad una percepibilità così immediata, e il suo apprezzamento economico si coglie nell’ambito tecnico in cui esso si colloca. Le differenze ontologico-strutturali tra brevetti e marchi, che sembrano portare a preferire questi ultimi nelle operazioni di garanzia, possono ancora essere

analizzate sotto due profili.

In primo luogo, il brevetto ha una <<durata limitata rispetto al marchio…la cui vita è potenzialmente perpetua>>11: diversamente che per il marchio, quindi, il finanziatore sarà portato ad escludere tutti i brevetti che possano scadere durante il periodo di finanziamento. In secondo luogo, considerato che di frequente il finanziato si limita a procurare un elenco dei titoli su cui costituire garanzia senza fornire ulteriori informazioni, si ritiene che il finanziatore, in particolare nel caso di brevetti, incontrerebbe difficoltà nel procedere ad un’accurata attività di due diligence pre-closing, o comunque dovrebbe affrontare costi transattivi molto elevati12, rendendo in partenza il finanziamento meno conveniente13.

In generale, poi, non si può sottovalutare il fatto che i diritti basati su tecnologie e sullo sviluppo delle stesse <<potrebbero diventare obsoleti anche prima della loro scadenza naturale>>14, in quanto soppiantati da tecnologie più avanzate.

Infine, una spinta in favore della concessione di finanziamenti garantiti da marchi

10 M. RIVA, I brevetti come oggetto di diritti di garanzia reale: dalla teoria del diritto alla realtà, in C. Galli (a cura di), Guida alle garanzie sui diritti di proprietà industriale e intellettuale, Filodiritto, Bologna, 2011, p. 36.

11 M. RIVA, I brevetti come oggetto di diritti di garanzia reale, cit., p. 47.

12 I costi transattivi, considerati a tutti i livelli, sono costantemente visti dalla Guida dell’UNCITRAL come uno degli ostacoli principali a tutte le operazioni di finanziamento.

13 Sul punto M. RIVA, I brevetti come oggetto di diritti di garanzia reale, cit., pp. 47 ss., ove si riportano, tra le altre problematicità, anche quella legata al reperire informazioni circa l’effettivo sfruttamento industriale del brevetto (con le inevitabili ricadute sulla valutazione del suo effettivo valore economico).

114 potrebbe venire dallo sviluppo di tecniche di valutazione monetaria più precise e affinate: affinché queste garanzie costituiscano un’alternativa concreta di finanziamento alle imprese, sarebbe necessario che la stima del valore dei marchi avvenisse periodicamente, nell’ottica di rendere la valutazione quanto più possibile affidabile e verificabile.

In ogni caso, come emergerà in seguito, questo favor di cui godono i marchi non significa che le difficoltà legate alla costituzione di garanzie sugli stessi siano limitate alle operazioni di stima del loro valore economico: il dato che si sta profilando come certo, comunque, è che in questo ambito le questioni prettamente giuridiche si intrecciano con rilievi propriamente finanziari. Per estendere la riflessione sulla portata e sulle prospettive del fenomeno oltre il panorama nazionale, si può ora aprire una finestra sui sistemi di Common Law, con particolare riguardo al Regno Unito ove, è stato affermato, la costituzione di security interests su marchi e brevetti <<appears to be relatively straightforward>>15. A tal proposito bisogna considerare che, a norma del Companies Act16 (che è stato oggetto di recenti modifiche)17, ogni garanzia (charge o mortgage) costituita su un diritto di proprietà intellettuale che sia “owned by a company”, <<must be registered on the Companies Registry (CR)>>18 entro ventun giorni dalla sua creazione. Si tratterebbe di un vero e proprio mandatory requirement, in assenza

del quale la garanzia <<simply cannot come into existence>>19. Un’ipotesi di conflitto può emergere a causa dell’esistenza di due diversi

registration regimes tra loro non armonizzati. Si consideri il caso in cui un “soggetto X” registri un valido security interest su un marchio nel CR, ma non nello specialist IP register e, in seguito, un altro “soggetto Y” acquisisca una nuova garanzia sullo stesso marchio e proceda alla registrazione sia nello specifico registro sia nel CR: il problema che si intende risolvere è <<which of the security

15 A. TOSATO, Security interests, cit., p. 99.

16 Che ricomprende Inghilterra e Galles, Scozia e Irlanda del nord.

17 Modifiche che, pur avendo riorganizzato le Parti n. 24 e 25, non risultano aver mutato i contenuti qui considerati.

18 A. TOSATO, Security interests, cit., p. 99.

19 Ibidem. L’Autore osserva che un security interest <<recorded on the specialist register alone may be effectively void due to lack of registration on the CR>>, generando confusione.

115 interests has priority>>20. La soluzione sembrerebbe dover essere questa: la priority è regolata dalle norme dello specialist IP register, sulla scorta del fatto che la legge relativa a specifiche materie prevale, in caso di conflitto, rispetto alla “legge generale” (si tratta di un’applicazione del principio lex specialis derogat legi generali). Si conviene quindi che <<the IP statutes establish a specific priority rule for security interests created over trade marks and patents, thus overriding the

general rule established for other types of assets owned by a company>>21. Al termine di questa breve analisi può essere utile considerare che l’insistenza

degli organi sovra-nazionali da un lato (si pensi al ruolo giocato dal corpus di documenti delineato dall’UNCITRAL), gli studi accademici volti a superare i problemi tecnici e interpretativi nei vari Stati dall’altro, stanno di fatto creando una maggiore familiarità con il tema22, il che può spingere a ritenere che queste operazioni di finanziamento aumenteranno progressivamente nel corso del tempo.