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La portata del principio nei principali Paesi europei e nell’ordinamento anglo-americano (cenni).

Dopo aver osservato come il principio del ne bis in idem viene interpretato a livello sovranazionale, e prima di analizzare più a fondo le complesse dinamiche del dialogo tra Corti relative agli aspetti fondamentali del principio in esame e ai rapporti di quest’ultimo con i sistemi sanzionatori interni, vale la pena soffermarsi sullo studio dell’istituto in un’ottica comparatistica, illustrando brevemente quale sia la portata che il ne bis in idem assume nei principali Paesi europei nonché nell’ordinamento anglo-americano. Ciò al fine di dimostrare come la pluralità di soluzioni previste dai singoli ordinamenti nazionali vada a scalfire, in un certo senso, quella unitarietà e convergenza dei sistemi giuridici suggerita dallo sviluppo del diritto sovranazionale325.

La differente fisionomia e incidenza che il principio assume all’interno dei diversi ordinamenti dipende in gran parte dalla circostanza per cui, come osservato in precedenza, non tutti i Paesi membri hanno ratificato il Protocollo n.7 CEDU: in determinati Paesi, infatti, è possibile notare come le tradizioni giuridiche tendano a prendere il sopravvento, evitando l’allineamento con le posizioni espresse in ambito sovranazionale dalla Corte di Strasburgo326.

La prima grande distinzione che ci sembra doveroso operare è quella tra i Paesi appartenenti alla tradizione di civil law e quelli invece di derivazione anglosassone, facenti parte della famiglia giuridica di common law: in questi ultimi ordinamenti, che pongono il “fair trial” a cardine della struttura processuale, è decisamente                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           diventato impervio (…) il terreno del diritto penale «europeo», chiamato a confrontarsi con vincoli comunitari sempre più stringenti, sciatti legislatori nazionali, autorità di vigilanza gelose dei propri poteri inquisitori e Corti sovranazionali, garanti dell’applicazione del diritto dell’Unione oppure custodi dei diritti umani fondamentali, sovente in contrasto tra loro”. 325 Cfr. P. PASSAGLIA (et al.), Il principio del ne bis in idem (servizio studi Corte

Costituzionale) a cura di P. PASSAGLIA, in www.cortecostituzionale.it, 2016, p. 9.

326 Ibid., che specifica: “l’alternativa tra la ratifica e la mancata ratifica ha un’incidenza decisiva sulla stessa impostazione della tematica, non fosse altro perché, da un lato, la vigenza di una regolamentazione di matrice europea impone, agli ordinamenti in cui la ratifica si è avuta, di confrontarsi costantemente con l’evoluzione della giurisprudenza sovranazionale (…), mentre, dall’altro lato, l’assenza di una specifica normativa sovranazionale che sia direttamente applicabile nell’ordinamento interno consente di mantenere un impianto più legato alla tradizione del sistema, valorizzandone le peculiarità” riferendosi in quest’ultimo caso, come vedremo, all’Inghilterra.

avvertita l’esigenza di consacrare il ne bis in idem quale principio naturalmente inerente al processo “giusto”, ed è proprio in ragione della prevalente logica della fairness che il principio in questione ha trovato riconoscimento ed espressa consacrazione anche a livello costituzionale327.

Focalizzando, dapprima, l’analisi sui principali Paesi rientranti nel sistema di civil law, più vicini al nostro ordinamento nazionale in quanto appartenenti alla stessa tradizione giuridica, un primo sguardo può essere posto sulla Francia: nell’ordinamento francese, il principio del ne bis in idem è sancito, nella sua dimensione nazionale, dall’art. 368 del Codice di procedura penale ed è codificato anche nella sua dimensione esterna, che prevede l’applicazione del principio stesso in caso di cumulo di procedimenti in due Stati differenti328.

E’ interessante osservare come la regolamentazione del ne bis in idem, di matrice originariamente penalistica, sia stata inoltre estesa anche all’ambito amministrativo tramite la decisione del Conseil d’Ètat del 23 aprile 1958, in cui il divieto di bis in idem è stato riconosciuto dalla giurisdizione amministrativa francese quale principio generale di diritto, in forza del quale risulta preclusa l’irrogazione di una nuova sanzione amministrativa per fatti che siano già stati sanzionati (sempre in via amministrativa)329.

Come abbiamo notato in relazione all’ordinamento italiano, però, anche in Francia il principio in esame non ha ricevuto espresso riconoscimento a livello costituzionale, e nemmeno il Conseil constitutionnel sembra essersi mai espresso in                                                                                                                

327 Cfr. N. GALANTINI, Il divieto di doppio processo come diritto della persona, cit., p. 101 ss. che opera il riferimento alla Costituzione americana, “dove il quinto emendamento consacra il divieto della double jeopardy, inteso come diritto, per il soggetto, di non veder posta due volte in pericolo (rectius, rischio) la sua vita o la sua persona per uno stesso reato”, specificando anche come l’istituto trovi la sua origine nel diritto canonico inglese della fine del XII secolo.

328 Cfr. C. TORRISI, Francia, in P. PASSAGLIA (et al.), Il principio del ne bis in idem

(servizio studi Corte Costituzionale) a cura di P. PASSAGLIA, in www.cortecostituzionale.it, 2016, p. 14. L’art. 368 del Codice di procedura penale francese stabilisce che “nessuna persona assolta legalmente può essere rinviata a giudizio o accusata per gli stessi fatti, anche se con una diversa qualificazione dei fatti”; per quanto riguarda la dimensione esterna del principio, invece, questo è disciplinato dagli artt. 113-9 del Codice penale e 962 del Codice di procedura penale, a norma dei quali “nessun procedimento può essere iniziato nei confronti di una persona che dà conto di essere stata giudicata in via definitiva all’estero per gli stessi fatti, e, in caso di condanna, che la pena è stata scontata o prescritta”.

favore di tale conferimento di valore: siffatta assenza ha fatto sì che all’interprete francese fosse lasciato un ampio margine di discrezionalità nella delimitazione dell’ambito di applicazione dell’istituto, e che quest’ultimo fosse individuato in via tendenzialmente ristretta330.

Anzitutto, ponendo il divieto di instaurare un procedimento per fatti già oggetto di un procedimento divenuto definitivo, il ne bis in idem non preclude, secondo la giurisprudenza francese, la possibile plurima qualificazione di un medesimo fatto come reato: in altri termini, il concorso ideale di reati non è considerato incompatibile con la regola che vieta l’instaurazione di un doppio procedimento nei confronti di un soggetto già condannato o assolto in via definitiva331.

Inoltre, l’operatività del ne bis in idem è rimasta per lungo tempo confinata al procedimento penale o al procedimento amministrativo, considerati autonomamente e, dunque, senza che il principio potesse incidere ed esplicare il suo effetto preclusivo in caso di cumulo di procedimenti di diversa natura: una concezione restrittiva, questa, che ha costituito il motivo della riserva posta dalla Francia all’art 4 Protocollo n.7 CEDU332. In altre parole, anche in Francia veniva data prevalenza alla qualificazione formale dei procedimenti e delle relative sanzioni, posto che il

                                                                                                               

330C. TORRISI, op. cit., pp. 15-16, che specifica come il Conseil constitutionnel francese non abbia mai conferito valore costituzionale al principio, nonostante numerosi casi abbiano invocato il ne bis in idem (in particolare il riferimento è ai casi Wildenstein e Cahuzac, nn. 2016-545 QPC e 2016-546 QPC). Viene sottolineato inoltre come lo stesso Consiglio sembra aver avuto una prima inflessione con la decisione n. 2014-453/454 QPC e 2015-462 QPC del 18 marzo 2015, M. John L. et autres, consultabile in http://www.conseil- constitutionnel.fr/conseil-constitutionnel/francais/les-decisions/acces-par-date/decisions- depuis-1959/2015/2014-453/454-qpc-et-2015-462-qpc/decision-n-2014-453-454-qpc-et- 2015-462-qpc-du-18-mars-2015.143440.html, in cui il ne bis in idem è stato definito per la prima volta quale “principio” e non quale “regola”: nonostante ciò, però, il Conseil non ha specificato niente di più e non ha elevato il divieto di bis in idem a principio autonomo suscettibile di essere costituzionalizzato.

331 C. TORRISI, op. cit., p. 16 in cui si specifica che il Conseil constitutionnel, con la decisione n. 2010-604 DC del 25 febbraio 2010, ha stabilito che il principio del ne bis in idem non osta a che il legislatore preveda che alcuni fatti possano dare luogo a plurime qualificazioni come reato.

332 Sul punto, v. C. TORRISI, op. cit., p. 13: la riserva proposta dallo Stato francese all’articolo della Convenzione che sancisce il ne bis in idem prevede che “solo le infrazioni che, nell’ordinamento francese, sono di competenza dei tribunali penali, devono essere considerate come infrazioni ai sensi degli articoli 2 a 4 del presente Protocollo”. Tale riserva, si specifica, risulterà indebolita dopo la sentenza “Grande Stevens”.

concetto di “criminal proceedings”, così come individuato dalla Convenzione, era considerato strettamente radicato all’ambito penale333.

Pertanto, il cumulo di procedimenti e di sanzioni caratterizzate da una diversa qualificazione ma concernenti il medesimo fatto illecito è sempre stato ammesso dal diritto francese: questo risultava accettabile alla luce del principio di proporzionalità delle pene, tanto che le sole questioni di legittimità costituzionale accolte dal Conseil constitutionnel, riguardanti il cumulo di sanzioni amministrative e penali, avevano imposto delle limitazioni a siffatto cumulo per salvaguardare l’esclusiva esigenza di evitare il rischio di sanzioni sproporzionate rispetto ai fatti, trascurando del tutto il riferimento al principio del ne bis in idem334. La giurisprudenza francese è così stata a lungo determinata e coerente nel limitare significativamente l’operatività del ne bis in idem, riconoscendo ampiamente diverse tipologie di cumulo sanzionatorio335.

Tale coerenza giurisprudenziale ha resistito a lungo nonostante l’orientamento contrario che cominciava a farsi strada nelle Corti europee, cominciando però a vacillare dopo la sentenza “Grande Stevens” della Corte di Strasburgo: quest’ultima,                                                                                                                

333 Cfr. N. NEAGU, op. cit., p. 656: evidentemente, la Francia rientra nella categoria di quei Paesi che hanno adottato una concezione ristretta di “materia penale”, sulla base della quale due procedimenti o due sanzioni inerenti allo stesso fatto, di cui una non formalmente qualificata come penale, non violano il divieto di bis in idem.

334 Così, C. TORRISI, op. cit., pp. 17-18, che descrive con ampi particolari la situazione giurisprudenziale francese inerente al cumulo sanzionatorio, prima delle censure poste in essere a livello sovranazionale: con la decisione Thépaz del Tribunal des conflits (14 gennaio 1935) venne stabilita per la prima volta la possibilità di sottoporre la condotta di un dipendente pubblico ad un doppio procedimento, penale e disciplinare, e conseguentemente ad una doppia sanzione; mentre la possibilità di cumulare sanzioni penali e amministrative è stata invece riconosciuta dalla decisione Sieur Haye del 9 marzo 1951, pronunciata dal Conseil d’Ètat. Il cumulo era ritenuto compatibile con il principio di proporzionalità delle pene: significativa è infatti la decisione del Conseil constitutionnel n. 89-260 DC del 28 luglio 1989 con cui lo stesso Consiglio, pur rifiutandosi di qualificare le sanzioni pecuniarie erogate dalla COB (Commission des opérations de bourse) come sanzioni di natura penale, ha ammesso che le stesse fossero “sanzioni afflittive”, accogliendo la questione di legittimità costituzionale e stabilendo che “se l’eventualità di un doppio procedimento può condurre ad un cumulo di sanzioni, il principio di proporzionalità implica che, in ogni caso, l’importo globale delle sanzioni eventualmente erogate non superi l’importo più elevato di una delle sanzioni cui si sia soggetti”. Il Conseil non ha dunque mai voluto contrapporsi al cumulo delle sanzioni penali e amministrative, preoccupandosi solo di mitigare l’eventuale asprezza delle sanzioni stesse.

335 A dimostrazione di ciò, si richiamano sentenze che sanciscono il cumulo, oltre che tra sanzioni penali ed amministrative (Cass., crim., 01-03-2000, n.99-86299), anche tra sanzioni penali e disciplinari (Conseil d’Ètat, 27-01-2006, n.265600) e tra sanzioni penali e fiscali (Cass., crim., 04-06-1998, n.97-8062): le pronunce sono richiamate da C. TORRISI, op. cit., p. 18.

infatti, costituendo la prima grande censura a livello sovranazionale del sistema del cumulo sanzionatorio, ebbe un forte impatto anche sull’evoluzione dello stesso istituto nell’ordinamento francese336.

Una vera svolta nell’orientamento giurisprudenziale delle Corti francesi ebbe luogo, così, con la decisione del 18 marzo 2015 del Conseil constitutionnel, la cosiddetta sentenza EADS: le questioni concernevano il reato di insider trading, punibile sia dal giudice penale sia dalla commissione delle sanzioni dell’Autorità dei mercati finanziari, e dunque possibile oggetto di doppia sanzione337. L’importanza della pronuncia appena menzionata risiede nel fatto che, tramite la stessa, il Conseil ha riaffermato l’ammissibilità del cumulo di procedimenti in ordine alla stessa condotta (ritenuto sempre compatibile con il principio di necessità e proporzionalità delle pene), ma ha ridefinito, allo stesso tempo, i limiti entro cui lo stesso cumulo possa considerarsi realmente accettabile: affinché il doppio procedimento e la doppia sanzione per lo stesso fatto non determinino una violazione del ne bis in idem, non devono- secondo il Conseil francese- sussistere congiuntamente l’identità dei fatti, l’identità del bene giuridico tutelato, l’identità della natura delle sanzioni e l’identità dell’organo giudicante, essendo sufficiente anche la mancanza di uno solo di tali criteri perché il cumulo possa ritenersi illegittimo338.

                                                                                                               

336 Sul punto, C. TORRISI, op. cit., p. 19 ss. in cui viene illustrato con precisione l’orientamento giurisprudenziale francese anteriore alla sentenza “Grande Stevens”: tra il 2010 e il 2014, infatti, nonostante le prime censure mosse dalla Corte di Strasburgo (pronuncia “Zolotoukhine c. Russia”) e da quella di Lussemburgo (pronuncia “Bonda”), la Corte di cassazione francese e il Conseil d’Ètat erano fermi nel non voler devolvere le questioni di costituzionalità relative al cumulo dei procedimenti e delle sanzioni al Conseil constitutionnel: esempio di ciò è la decisione dell’8 luglio 2010 (Cour de cassation, Assemblée plénière, 08-07-2010, 10-10.965), con cui la Corte di cassazione ha disatteso la censura riguardante l’instaurazione di un procedimento amministrativo suscettibile di cumularsi con un procedimento penale, sull’assunto che il cumulo riguardava due procedimenti di natura diversa. Siffatta interpretazione è stata confermata anche in seguito (Conseil constitutionnel, decisione n.2012-289 QPC, 17-01-2013, M. Laurent D.) e confermata ancora dalla Corte di cassazione nel 2014 (sentenza del 22 gennaio 2014, n.12- 83.579 che, come specifica l’Autrice, è stata oggetto di numerose critiche in dottrina). 337C. TORRISI, op. cit., p. 21: la decisione (QPC del 18 marzo 2015, M. John L. et autres) fu pronunciata in risposta a una questione di legittimità costituzionale trasmessa per la prima volta al Conseil dalla Corte di cassazione, in relazione alla possibilità di cumulo tra sanzioni erogate dall’AMF e le sanzioni penali concernenti il medesimo fatto.

338 V. C. TORRISI, op. cit., p. 22 ss.: l’Autrice specifica dettagliatamente ognuno dei criteri individuati dal Conseil constitutionnel: interessante, in particolare, è notare come l’organo francese abbia seguito la posizione della Corte EDU e della Corte di Giustizia in relazione

Sebbene l’innegabile novità apportata dall’elaborazione di siffatti parametri abbia fatto sì che le disposizioni sanzionatorie oggetto della sentenza fossero dichiarate contrarie alla Costituzione, occorre osservare come il ragionamento del Conseil non possa dirsi di portata generale e come, di conseguenza, gli effetti della decisione EADS siano da considerarsi piuttosto limitati, in quanto strettamente inerenti ai reati di mercato e non esplicabili nei confronti delle varie situazioni di cumulo tra due procedimenti di natura diversa339. La posizione della giurisprudenza francese in merito alla compatibilità tra il cumulo di sanzioni e il principio del ne bis in idem rimane dunque aperta, anche se le Corti sembrano ancora restie ad adeguare del tutto il proprio sistema sanzionatorio in direzione degli input sovranazionali340.

Muovendo adesso l’analisi su un altro ordinamento europeo affine alla nostra tradizione giuridica, vale la pena analizzare il valore e l’efficacia che il ne bis in idem assume in Spagna.

Nell’ordinamento spagnolo il ne bis in idem è riconosciuto quale diritto fondamentale, nonostante la mancata esistenza di un articolo che lo sancisca espressamente nella Costituzione: viene infatti, secondo il Tribunale costituzionale, tutelato implicitamente dall’art. 25, comma 1, Cost. e in particolare dal principio di legalità, sancito dalla stessa disposizione341.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          alla nozione di “natura delle sanzioni”, ritenendo che la differenza debba essere individuata considerando la severità della sanzione.

339 Per un’ampia ricostruzione degli effetti che la decisione EADS ha comportato nell’ordinamento francese, e per numerosi riferimenti dottrinali, v. C. TORRISI, op. cit., p. 26 ss: in particolare, si specifica come la questione si sia in seguito estesa anche all’ambito dei reati fiscali, spesso oggetto di doppio procedimento (penale e fiscale). Nonostante la trasmissione della questione di legittimità costituzionale, il Conseil ha dichiarato il cumulo di procedimenti penali e fiscali conforme a costituzione: “Il Conseil, nella decisione, non ha dunque riservato al principio del ne bis in idem un ruolo centrale, sia perché l’argomentazione si è dipanata essenzialmente sulla base del principio di necessità delle pene e del principio di proporzionalità, sia perché (…) ha riaffermato la sua posizione di tendenziale equidistanza tra la necessità di rispondere alle esigenze poste dalla Corte EDU e la volontà di proteggere il regime interno di applicazione delle doppie sanzioni”.

340 Cfr. C. TORRISI, op. cit., p. 32 ss. Per uno sguardo sulle recenti posizioni della giurisprudenza francese in merito al cumulo di sanzioni penali e fiscali, D. VILLEMOT, Non bis in idem n’est pas français, in GFP, 2017, p. 101, consultabile in http://www.cvna- avocats.com/assets/le-cumul-des-sanctions-fiscales-et-pénales-est-constitutionnel-mais- encadré-gfp-n02-2017.pdf.

341 Cfr. C. GUERRERO-PICÓ, Spagna, in P. PASSAGLIA (et al.), Il principio del ne bis in idem (servizio studi Corte Costituzionale) a cura di P. PASSAGLIA, in

L’interpretazione del Tribunale costituzionale in merito al fondamento giuridico del ne bis in idem non è stata accolta in via unanime dalla dottrina spagnola, la quale ha invece spesso ricondotto siffatto principio a quello di proporzionalità, o di certezza del diritto, o ancora a quello di colpevolezza o di tutela giurisdizionale effettiva342: ebbene, lo stesso Tribunale, dimostrando come i principi costituzionali siano collegati tra loro e volti tutti alla promozione dei valori superiori dell’ordinamento giuridico, ha evidenziato in pronunce successive la riconducibilità del ne bis in idem anche ai menzionati principi, in un’ottica di massima tutela del cittadino343. Occorre in ogni caso specificare, prima di approfondire l’analisi circa la                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           www.cortecostituzionale.it, 2016, p. 73 ss., in cui si specifica come nell’anteproyecto della Costituzione spagnola del 1978 fosse in realtà prevista l’esclusione della doppia sanzione per gli stessi fatti. In particolare viene richiamato, alla nota 3, l’intervento del 9 maggio 1978 del Ministro della Giustizia, Lavilla Alsina, secondo cui il ne bis in idem meritava esplicita consacrazione in quanto “sottostante ad un’ida elementare di giustizia”, anche se di difficile formulazione. Nonostante le discussioni siano state poi monopolizzate da altri temi, e il ne bis in idem sia rimasto escluso dal testo costituzionale, tale omissione non è mai stata interpretata in senso escludente dal Tribunale costituzionale, il quale nel 1981 ha dichiarato che “il principio generale del non bis in idem presuppone, in una delle sue più note manifestazioni, che non sussista una duplicità di sanzioni (…) nei casi in cui si individua un’identità di soggetto, fatto e fondamento, senza che esista una relazione di c.d. supremazia speciale con l’amministrazione (…). Nonostante [il principio] non sia stato sancito espressamente negli artt. Da 14 a 30 Cost. (…), non si può tacere il fatto che (…) [il ne bis in idem] sia intimamente legato ai principi di legalità e di tipicità delle sanzioni sanciti principalmente dall’art.25 Cost. D’altra parte, bisogna evidenziare la tendenza attuale della legislazione spagnola recente, che è quella di accogliere esplicitamente suddetto principio” (STC 2/1981, del 30 gennaio, FJ 4).

342 Sul punto, C. GUERRERO-PICÓ, op. cit., p. 76 (nota 5); in particolare, cfr. L. ARROYO ZAPATERO, Principio de legalidad y reserva de ley en materia penal, in Revista española de Derecho Consititucional, 1983, pp. 19-20 in cui l’Autore, sottolinea come il fondamento giuridico del ne bis in idem non debba essere individuato nel principio di legalità, neanche necessariamente in quello di certezza del diritto e nemmeno (se la doppia sanzione non risulta arbitraria e sproporzionata) nel principio di motivazione, bensì vada ritrovato, in realtà, nel requisito della razionalità e nel divieto di arbitrarietà dei poteri pubblici: “Sin embargo, el ne bis in idem en los fundamentos materiales del principio de legalidad no resulta sencillo. (…) Tampoco contradice necesariamente el principio de certeza, pues ambos ilìcitos pueden estar clara y terminantemente formulados por la ley (…). Por ùltimo, si la doble sanciòn no resulta arbitraria y desproporcionada tampoco afectarìa al principio de motivaciòn. (…) En definitiva, entiendo quel el ne bis in idem encuentra su màs directo fundamento en la exigència de racionalidad e interdicciòn de arbitrariedad de los poderes pùblicos establecida en el artìculo 9.3.”.

343 Così, C. GUERRERO PICÒ, op. cit., pp. 76-77 che richiama, sul punto (alla nota 7), la STC 27/1981, del 20 luglio, nonché la STS, Sala de lo Contencioso, 23-03-2012, ric. N.989/2011, FD 4, in cui il Tribunale costituzionale ha sostenuto che “il principio di legalità dell’art. 25, comma 1, Cost., abbia molteplici sfaccettature ed in esso restino assimilati altri principi, garanzie e regole di portata diversa, come sono il principio di garanzia formale o la