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DEL TERZO SETTORE

2. LA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

2.1.1 IL POSSIBILE INTERVENTO REGIONALE

Le Regioni hanno, nel quadro della riforma, un ruolo delicato.

La recente sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 2018 ha confer- mato come la disciplina del Terzo settore sia attratta all’interno dell’area di competenza legislativa esclusiva statale «ordinamento civile», di cui all’art. 117, comma secondo, lett. l), Cost., in quanto dà corpo ad una fondamentale esigenza di uniformità nella disciplina dei rapporti tra privati preordinata ad assicurare il godimento delle libertà costituzionali in maniera omogenea sul territorio dello Stato (esigenza già evidenziata nella importante sentenza n. 75 del 1992).

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SECONDO RAPPORTO SUL TERZO SETTORE IN TOSCANA - ANNO 2019

Gli spazi di “regionalizzazione”

della Riforma

propri e sui tributi, istituiti dalla legge dello Stato, ma il cui gettito sia attribuito alle Regioni e rispetto ai quali quest’ultime abbiano competenza di carattere meramente attuativo, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 119 Cost.

Altro titolo competenziale nel quale si radica l’intervento legislativo è la tutela della concorrenza (art. 117, comma secondo, lett. e), Cost.) in special modo, tutte le disposizioni legate ai rapporti con la Pubblica amministrazione e, ancora, quelle fiscali.

Eppure, residuano spazi assai estesi di intervento regionale.

Alcuni di essi sono richiamati direttamente dal Codice del Terzo settore, che affida spazi di autonomia a ciascuna Regione (art. 69 CTS, in tema di accesso al fondo sociale europeo; art. 70 CTS, strutture e autorizzazioni tem- poranee per manifestazioni pubbliche; art. 71, c.1 CTS, concessione in como- dato di beni immobili e mobili di proprietà regionale e enti locali; art. 71, c.2 CTS, Concessione di beni culturali immobili di proprietà regionale; art. 82, c, 7 CTS, riduzione ed esenzione del pagamento di tributi nei confronti degli enti del Terzo settore che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale; art. 82, c.8 CTS, riduzione o esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive; art. 89, c.17 CTS, forme speciali di partena- riato con enti del Terzo settore che svolgono le attività indicate all’articolo 5, comma 1, lettere f), i), k) o z), individuati attraverso le procedure semplificate di cui all’articolo 151, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dirette alla prestazione di attività di valorizzazione di beni culturali immobili di appartenenza pubblica).

L’ambito di intervento più ampio della fonte regionale non viene espres- samente evocato, ma è legato alla circostanza che tanto il Codice quanto il decreto legislativo sull’impresa sociale, nell’individuare le attività di interesse generale degli ETS, precisa che tali attività sono svolte «in conformità alle

norme particolari che ne disciplinano l’esercizio» (art. 5, Codice del Terzo

settore; specularmente l’art. 2 del d.lgs. n. 112 del 2017). È possibile ipotizzare, quindi, una disciplina regionale del Terzo settore che, nell’ambito delle proprie competenze legislative, assuma caratteri “promozionali” di determinate attivi- tà di interesse generale. In questo senso, ciascuna Regione potrebbe davvero esprimere la propria “vocazione” specifica, valorizzando determinate espe- rienze sul territorio: dalle attività socio-sanitarie (si pensi all’attuazione della legge n. 112 del 2016 sul c.d. dopo-di-noi), alla tutela del paesaggio ed alle attività culturali, alle nuove forme di imprenditoria di comunità, ecc.

Indubbiamente, uno dei terreni di elezione è rappresentato dalla discipli- na dei rapporti fra la Regione e gli ETS, in attuazione degli articoli 55 e 56

2. LA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

del Codice in tema di coinvolgimento degli ETS nella co-programmazione e co-progettazione di servizi di interesse generale.

Ciascun ente pubblico «nell’esercizio delle proprie funzioni di programma- zione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5» deve assicurare il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-pro- gettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché delle norme che disciplinano specifici procedimenti ed in particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona.

È noto che, su questo punto, a seguito di un orientamento espresso dal Consiglio di Stato (parere 28 agosto 2018, n. 2052), vi sia un non trascurabile problema interpretativo dal quale occorre uscire, con celerità, al fine di non disperdere un patrimonio di feconde relazioni fra Terzo settore e pubblica amministrazione.

A giudizio del Consiglio di Stato, infatti, il Codice dei contratti pubblici (d. lgs. n. 50 del 2016), in quanto fonte di derivazione europea sui rapporti giuridici fra soggetti pubblici e soggetti privati per l’acquisto di beni o lo svolgimento di servizi, prevarrebbe sulla disciplina Codice del Terzo settore in tema di rap- porti fra enti del Terzo settore e pubblica amministrazione. Gli istituti di “colla- borazione” fra ETS e P.A. prefigurati dal Codice del Terzo settore sfuggirebbe- ro all’applicazione della disciplina europea sulla tutela della concorrenza solo se l’espletamento delle attività avvenga in modo completamente “gratuito” (cioè, copertura delle sole spese effettivamente sostenute e documentate). In tutti gli altri casi, essi dovrebbero ritenersi attratti in toto nella disciplina del Codice dei contratti pubblici.

Rinviando al contributo specifico sul tema contenuto in questo Rapporto, in questa sede conviene notare che, per il diritto dell’Unione europea, ciascuno Stato è abilitato a definire speciali modalità di relazione con soggetti qua- lificati espressivi di particolari istanze sociali. Nel nostro caso, gli ETS sono enti connotati da finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale convergenti con quelle della P.A., che male si acconciano ad essere trattati alla stregua di soggetti for profit e ad essere messi “in competizione” fra di loro. Gli ETS, pur essendo enti privati costituiti autonomamente (senza, cioè, alcuna im- posizione da parte dei pubblici poteri) non perseguono finalità dissimili da

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É dunque importante che il laboratorio regionale si muova lungo l’asse di valorizzazione degli artt. 55 e 56 CTS, disciplinando, nell’ambito della propria autonomia, i modelli di co-programmazione, co-progettazione e convenzio- namento nelle attività di interesse generale. Analogamente possono fare gli altri enti territoriali (Comuni, Province) ed enti pubblici (Società della Salute, Aziende sanitarie, Agenzie regionali, ecc.).

Nella Regione Toscana, l’art. 14 della legge regionale 31 ottobre 2018, n. 58 in tema di cooperazione sociale, già costituisce un primo quadro regolativo intervenuto dopo la riforma e guarda sia alla platea delle cooperative sociali sia a quella degli altri enti del Terzo settore. Approfondire questa prospetti- va costituisce oggi come una delle frontiere “strategiche” della disciplina del Terzo settore.