δAaµ = (Dµca) , δca = −1 2gfabcc bcc, δ¯ca = −1 ξ∂ µAa µ, δψf = igta(ca)ψf, δ ¯ψf = −ig ¯ψfta(ca), (2.124)
dove il parametro è un numero di Grassmann. Questa è detta simme- tria BRST, ed è un residuo dell’invarianza di gauge iniziale, dopo il gauge fixing. Notiamo che le trasformazioni dei campi di ghost ca e ¯ca sono mol-
to diverse tra loro: ca e ¯ca non devono perciò essere pensati come uno il coniugato complesso dell’altro. Sono campi completamente indipendenti.
2.4
Potenziale Q ¯Q
Una delle attese che si hanno per la cromodinamica quantistica è che essa sia in grado di spiegare il fenomento del confinamento, cioè l’assenza di quark e gluoni liberi, che si pensa sia una conseguenza della natura non abeliana dell’interazione di gauge della QCD. Comunemente questo è detto confinamento nel senso debole [6]. Con confinamento forte invece ci si riferisce al caso in cui il potenziale tra due sorgenti statiche con carica di colore non nulla cresce indefinitamente con la loro separazione. Immaginando una coppia quark-antiquark neutra in colore, se il potenziale crescesse con la distanza l’energia dei quark isolati sarebbe conseguentemente infinita, per cui non potrebbero essere presenti nello spettro della teoria.
Mentre in QED le linee di campo che collegano due cariche opposte si espandono, risultando in un campo intenso anche lontano da esse, in QCD ci si aspetta [5] che il flusso del campo cromoelettrico avente per sorgente quark e antiquark si concentri in sottili tubi di flusso (stringhe) che collegano le particelle.
Poiché l’energia resta ivi concentrata, all’aumentare della separazione in un sistema di quark e antiquark il potenziale crescerà, posto che effetti di polarizzazione del vuoto non schermino le cariche. Per una data distanza l’energia accumulata sarà però sufficiente a creare una nuova coppia quark- antiquark (q ¯q), e il sistema transiterà in un nuovo stato dividendosi in due adroni distinti. Le interazioni che rimarranno fra le cariche dei quark schermate saranno di tipo Wan der Waals, che sono le tipiche forze a corto raggio osservate tra adroni (che hanno carica di colore neutra).
Dunque propriamente in QCD non si ha confinamento forte. Tuttavia nella teoria di Yang-Mills, in assenza di fermioni, se si inserisce una coppia di sorgenti statiche nella rappresentazione fondamentale di SU (3) (“quark pesanti”) si ritiene [6] che la schermatura non possa avere luogo, perché i campi gluonici (in rappresentazione aggiunta) da soli non sarebbero in grado di formare un oggetto “colorato” (nella rappresentazione fondamentale di SU (3)) che possa schermare le sorgenti. Si ritiene, e le simulazioni puntano a confermare quest’ipotesi, che in questo caso il potenziale fra le due cariche cresca linearmente con la distanza che le separa.
Mostriamo ora come il potenziale di una coppia di sorgenti statiche, ciascuna delle quali dotata di carica di colore, può essere estratto da un integrale di cammino.
Per iniziare facciamo l’esempio un sistema quantistico formato da una particella non relativistica di massa m in un potenziale V (x), in una sola dimensione spaziale. L’hamiltoniana è H = p2/(2m)+V (x), e il propagatore è
K(x0, t0; x, 0) = hx0| e−iHt|xi.
(2.125) Consideriamo ora il limite statico di quest’espressione: per m → ∞ il termine cinetico in H diventa trascurabile e l’hamiltoniana viene sostituita dal semplice potenziale. Perciò la (2.125) assume la froma
K(x0, t0; x, 0) −−−→
m→∞ δ(x − x
0
) e−iV (x)t. (2.126) Continuando l’espressione a tempi immaginari vediamo che il potenziale si può determinare dal decadimento esponenziale della (2.125) a grandi tempi euclidei. Dalla presenza della delta vediamo che una particella di massa infinita non si propaga nello spazio: la sua funzione d’onda assume solo una fase dipendente dal punto attraverso il potenziale, e la soluzione è data da:
ψ(x, t) = e−iV (x)tψ(x, 0). (2.127)
Generalizziamo ora al caso di una teoria di gauge. Ci basiamo su [15] e [5]. In questo paragrafo avremo:
x = (~x, 0), y = (~y, 0),
x0 = (~x0, t), y0 = (~y0, t). (2.128)
Consideriamo un quark Q e un antiquark ¯Q “pesanti”, introdotti nello stato fondamentale di un sistema governato dall’azione della cromodinamica (2.30). Studiamo l’energia di questa coppia di particelle, la cui massa consideriamo
2.4. POTENZIALE Q ¯Q 35 tendente ad infinito, immaginando che il sistema si trovi in uno stato singoletto di colore, come segue dal postulato del confinamento. Per farlo scegliamo uno stato con i suoi stessi numeri quantici (uno “stato interpolante”), che ci servirà per selezionare lo stato di energia più bassa della coppia. Perciò utilizziamo la seguente combinazione invariante di gauge:
|φαβ(~x, ~y)i = ¯Ψ(Q)α (~x, 0) U (~x, 0; ~y, 0)Ψ (Q)
β (~y, 0) |Ωi, (2.129)
dove |Ωi denota lo stato di vuoto e U (~x, 0; ~y, 0) è il trasporto parallelo finito U (~x0, t; ~y0, t) = P eigR y0
C x0Aµ(z) dz µ
, (2.130)
in cui scegliamo come curva C la linea retta che congiunge i due punti. Abbiamo posto i due quark nei punti x e y al tempo 0, e indicato i loro campi con l’apice (Q) per distinguerli dagli altri fermioni di massa finita (quindi “leggeri” e responsabili degli effetti di polarizzazione menzionati sopra).
Lo stato (2.129) non è un autostato dell’hamiltoniana H, ma lo abbiamo scelto come stato di prova per estrarre la minima energia degli autostati di H aventi una proiezione non nulla su di |φαβi. Questa quantità è quella a cui
siamo interessati, e dipenderà dalla distanza fra quark e antiquark. Così come nell’esempio della particella non relativistica potremo estrarre questa grandez- za dalla propagazione di (2.129); tuttavia c’è una differenza: qui |φαβi non
diventa un autostato dell’hamiltoniana nel limite in cui M → 0. Per questo motivo dobbiamo considerare la scomposizione spettrale del propagatore
Gα0β0,αβ(~x0, ~y0; ~x, ~y; t) ≡ D Ω T ¯Ψ (Q) β0,j0(~y0, t) · (2.131) · U (~y0, t; ~x0, t)Ψ(Q) α0,i0(~x0, t) ¯Ψ (Q) α,i(~x, 0) U (~x, 0; ~y, 0)Ψ (Q) β,j(~y, 0) Ω E
che sarà del tipo:
Gα0β0,αβ(~x0, ~y0; ~x, ~y; t) = X
n
hφ0|EnihEn|φi e−iEnt, (2.132)
per cui passando a tempi euclidei (t = −iτ ) possiamo estrarre l’energia dello stato più basso:
Gα0β0,αβ(~x0, ~y0; ~x, ~y; −iτ ) −−−→
τ →∞ hφ 0|E
0ihE0|φi e−E0τ. (2.133)
Notiamo qui che l’ordine in cui si prendono i limiti è importante: prima consideriamo la propagazione nel limite di massa infinita, e solo a quel punto ne studiamo il comportamento asintotico a tempi infiniti. Poiché quark e
antiquark nel limite di massa infinita non si propagheranno nello spazio ci aspettiamo allora che la (2.133) assuma la forma:
Gα0β0,αβ(~x0, ~y0; ~x, ~y; −iτ ) −−−−→ MQ→∞ τ →∞ δ(3)(~x0 − ~x) δ(3)(~y0− ~y) C α0β0,αβ(~x, ~y) e−E(R)τ, (2.134)
in cui MQ è la massa dei quark, C è un il fattore che tiene conto della
sovrapposizione tra lo stato di prova |φαβi e lo stato fondamentale di H in
presenza della coppia Q ¯Q, ed E(R) è l’energia dello stato fondamentale della coppia Q ¯Q separata dalla distanza R ≡ |~x − ~y|.
Il propagatore (2.131) ha la seguente rappresentazione in termini di integrali di cammino: G|φ0i←|φi = 1 Z Z DADψD ¯ψDψ(Q)Dψ(Q) ¯ψ(Q) β0,j0(~y0, t) . . . ψ (Q) β,j(~y, 0) eiS, (2.135) in cui l’espressione tra parentesi corrisponde ai campi determinati dalla (2.131) ed S è l’azione che governa la dinamica dei quark, leggeri e pesanti, e del campo di gauge
S = SG(A) + SF(ψ, ¯ψ, A) + S (Q) F (ψ
(Q), ¯ψ(Q), A), (2.136)
ottenuta sommando i contributi di pura gauge e delle diverse specie fermio- niche. Poiché l’azione S(Q) è quadratica, ossia della forma ¯ψ(Q)·K(Q)·ψ(Q),
dove
Kαβ(Q)[A](x, y) = [iγµ(∂µ+ igAµ(x)) − MQ]αβ δ(4)(x − y), (2.137)
si può integrare sulle variabili di Grassmann ψ(Q) e ¯ψ(Q), ottenendo:
Gα0β0,αβ = − 1 Z
Z
DADψD ¯ψ [Sββ0,jj0(y, y0; A)Sα0α,i0i(x0, x; A) − Sα0β0, i0j0(x0, y0; A)Sβα,ji(y, x; A)] ·
· Uj0i0(~y0, t; ~x0, t)Uij(~x, 0; ~y, 0) det K(Q)[A] eiSG+SF, (2.138) in cui S(z, z0; A) è il propagatore di un quark nel campo esterno Aµ, cioè si ha:
K(Q)[A](z, z00) · S(z00, z0) = δ(4)(z − z0) 1D1C. (2.139)
Dove 1D è l’identità sugli indici di Dirac e 1C quella sugli indici di colore.
Il determinante det K(Q)[A] diveta indipendente da A
2.4. POTENZIALE Q ¯Q 37 ed è cancellato da un termine analogo peresente in Z al denominatore. Per questo possiamo da ora porre det K(Q)[A] = 1.
Cerchiamo dunque un’espressione valida per Gα0β0,αβ nel limite MQ → ∞. Seguendo [15] trascuriamo la propagazione spaziale nella (2.139), riscrivendola:
iγ0 (∂0+ igA0(z)) − MQ · S(z, z0; A) = δ(4)(z − z0) 1D1C. (2.140) Con l’ansatz : S(z, z0; A) = P eig R z00 Cz0A0(~z,t) dyS(z − z˜ 0) (2.141) troviamo che ˜S(z − z0) soddisfa un’equazione che non dipende più da Aµ:
iγ0∂0− MQ
˜
S(z − z0) = δ(4)(z − z0) 1D. (2.142)
La soluzione si può trovare facilmente ([15], [5]): come nel caso della particella non relativistica l’evoluzione temporale per la coppia di quark pesanti include solo un cambio di fase in ogni punto. Usando questa soluzione nella (2.138) il secondo termine, prodotto di due S, non contribuisce perché coinvolge punti distinti, e passando nella formulazione euclidea (t = −iτ ) si ottiene:
Gα0β0, αβ(~x0, ~y0; ~x, ~y; −iτ ) −−−−→ MQ→∞ (2.143) δ(3)(~x − ~x0)δ(3) (~y − ~y0)P + α0αP− ββ0e−2MQτ D Tr P e−igHCAµ(ξ)d µξE , in cui P± = 1 2(1 ± γ 0) (2.144)
e l’integrale di linea è eseguito lungo un percorso chiuso C nello spazio euclideo tra i punti elencati nella (2.128), rettangolare e di lati R ≡ |~x − ~y| e τ . Le parentesi angolate h i indicano il valore di aspettazione sullo stato fondamentale in assenza della coppia Q ¯Q, calcolato quindi con l’azione SQCD
(2.30). Riconosciamo il loop di Wilson (2.15) che indicheremo qui con WC[A].
Possiamo confrontare quanto trovato con la (2.134): il fattore e−2MQτ tiene conto dell’energia a riposo della coppia Q ¯Q, mentre per hWC[A]i ci
aspettiamo, per τ → ∞:
W (R, τ ) ≡ hWC[A]i −−−→
τ →∞ f (R) e −E(R)τ
, (2.145)
in cui f è determinata dalla sovrapposizione tra il nostro stato di prova (2.129) e il fondamentale del sistema in presenza della coppia Q ¯Q, mentre E(R) è l’energia di interazione di quest’ultima. Dunque per ottenerla basta calcolare:
E(R) = − lim τ →∞ 1 τ ln hWC[A]i . (2.146)
La nostra analisi non ha riguardato le interazioni dipendenti dallo spin dei quark statici, per la quale si deve considerare anche la loro propagazione spaziale. Per dettagli al riguardo si può consultare ad esempio [32].
Nel calcolare il valore di aspettazione hWC[A]i si può integrare anche la
parte di azione dei fermioni SF della (2.136), che è della froma ¯ψ ·K[A]·ψ. Si
ottiene allora:
hWC[A]i =
R DA WC[A] e−Sef f
R DA e−Sef f (2.147)
in cui
Sef f[A] = SG[A] − ln det K[A], (2.148)
e (nello spazio euclideo):
Kαβ[A](x, y) = [γµ(∂µ+ igAµ(x)) + M ]αβ δ(4)(x − y). (2.149)
A questo punto si può procedere con un approccio perturbativo, espandendo ln det K[A]. Si ottengono così diagrammi di Feynman costituiti da un singolo loop fermionico, a cui sono collegate un numero arbitrario di linee gluoniche. Considerare solo il primo termine di quest’espansione corrisponde a porre ln det K[A] = 1: questa si indica col nome di approssimazione quenched. Si trascurano in essa gli effetti di polarizzazione del vuoto dovuti ai fermioni, e così ci si aspetta che il potenziale tra due quark statici cresca al crescere della loro distanza. La determinazione di tale potenziale si effettua comunemente tramite simulazioni su reticolo, alle quali faremo cenno nel prossimo capitolo, che consentono di calcolarlo non perturbativamente.
Capitolo 3
Introduzione alla QFT su reticolo
Per calcolare gli integrali di cammino utili a ricavare informazioni fisiche su una teoria di nostro interesse procedere per via analitica è nella maggior parte dei casi impossibile. Siamo portati allora a discretizzare lo spaziotempo, introducendo un reticolo su cui calcolare gli integrali: si tratta di una regola- rizzazione della teoria. Dovremo poi procedere a rimuovere questo reticolo. Si tratta di un compito delicato, che coinvolge la definizione di un processo di limite al continuo, definendo il modo in cui scalano le grandezze del sistema al diminuire della spaziatura tra i siti.
Questo è quanto ci accingiamo a descrivere nel presente capitolo.
3.1
Campo Scalare su Reticolo
L’equazione del moto per un campo scalare libero è, nello spazio di Minkowski:
+ M2 φ(x) = 0, (3.1)
che si ricava dall’azione
S = −1
2 Z
φ(x) + M2 φ(x) d4x. (3.2)
Nello spazio euclideo l’azione viene sostituita da: SE =
1 2
Z
φ(x) − + M2 φ(x) d4x. (3.3)
Ci dedichiamo ora al problema di portare su un reticolo, adatto a una simulazione numerica, l’integrale di cammino (2.69). Sia la spaziatura del reticolo a, e indichiamo con n ≡ (n1, n2, n3, n4) le coordinate del reticolo, con
nµ interi e n4 tempo euclideo.
Sostituiamo così nelle formule: xµ−→ nµa, φ(x) −→ φ(na), Z d4x −→ a4X n , φ(x) −→ 1 a2 φ(na),ˆ Dφ −→Y n dφ(na),
in cui sul reticolo è definito l’operatore ˆ: ˆ
φ(na) = X
µ
(φ(na + ˆµa) + φ(na − ˆµa) − 2φ(na)) , (3.4)
in cui per comodità ˆµ ≡ ˆeµ, il versore nella direzione µ.
Vogliamo ottenere un’espressione adimensionale per l’integrale, per cui ri- scaliamo la massa M e il campo φ con le rispettive dimensioni, servendoci di a:
ˆ
φn = aφ(na),
ˆ
M = aM. (3.5)
Otteniamo così dalla (2.69):
h ˆφn1. . . ˆφnki = R ˆ φn1. . . ˆφnke −SE[ ˆφ]Q rd ˆφr R e−SE[ ˆφ]Q rd ˆφr , (3.6)
in cui (la somma su µ comprende sia direzioni negative che positive):
SE = − 1 2 X n,µ ˆ φnφˆn+ˆµ+ 1 2 8 + ˆM 2ˆ φnφˆn. (3.7)
L’azione ovviamente è adimensionale, per cui non vi compare la spaziatura a. È di fondamentale importanza [5] il fatto che la forma dell’azione discre- tizzata (3.7) non è unica. Noi abbiamo scelto la più semplice, ma l’unica richiesta perché l’azione sia accettabile è che riproduca l’azione classica nel limite al continuo a → 0, fatto scalando opportunamente le grandezze con la loro dimensione. Vedremo nel prossimo paragrafo che già l’azione della teoria di Dirac non si presta a un trattamento tanto naïve, e che la scelta dell’azione richiede particolare cura.
3.1. CAMPO SCALARE SU RETICOLO 41 Calcoliamo ora l’integrale di cammino (3.6). Ci interessa il caso di h ˆφnφˆmi.
Riscriviamo SE come: SE = 1 2 ˆ φ · K · ˆφ, (3.8)
in cui la matrice Knm è data da
Knm = −
X
[δ(n + ˆµ, m) + δ(n − ˆµ, m) − 2δnm] + ˆM2δnm. (3.9)
Sono ancora valide le (2.60) e (2.62). Quest’ultima ha ora la forma: Z0[J ] = (2π)N/2 √ detK e −1 2J ·K −1· J (3.10) da cui, differenziando, otteniamo:
h ˆφnφˆmi = Knm−1. (3.11)
K−1 si calcola facilmente da K · K−1 = 1, passando in trasformata di Fourier1:
Knm= Z π −π d4kˆ (2π)4 K(ˆ˜ k)e iˆk·(n−m) , (3.12) con ˜ K(ˆk) = 4X µ sin2 ˆ kµ 2 + ˆM . (3.13)
K−1 così si ottiene facilmente lavorando in trasformata di Fourier: Knm−1 = h ˆφnφˆmi = a2 Z π/a −π/a d4k (2π)4 eik·(x−y) ˜ k2+ ˆM , (3.14)
dove abbiamo già riscalato con a e definito: ˜ kµ = 2 asin kµa 2 . (3.15)
Oltre che dai siti n ed m la funzione a due punti dipende anche da ˆm:
G(n, m; ˆM ) = h ˆφnφˆmi. (3.16)
Se adesso volessimo ricavare il limite continuo di quest’espressione calcolata attraverso la (3.14) il modo corretto di farlo [5] sarebbe, dopo aver riscalato ˆφ
1In trasformata è δnm= Z π −π d4ˆk (2π)4e iˆk·(n−m)
ed ˆM tramite la (3.5), quello di fare il limite a → 0 tenendo fisse le quantità fisiche, ossia φ, M , x = na e y = na. Questo pone il problema di sapere quali sono le quantità fisiche da considerare come fisse durante il limite. Nel caso del campo scalare non ci sono particolari attenzioni da porre: il limite naïve
h ˆφnφˆmi = lim a→0 1 a2G x a, y a; M a (3.17) è quello corretto.
Nell’integrale (3.14) l’intervallo di integrazione è −πa,πa, per cui sarà dominato dagli impulsi piccoli rispetto a 1/a: possiamo allora approssimare ˜
k con k. Facendo il limite è evidente che il risultato è il consueto propagatore per un campo scalare.
In questo caso abbiamo potuto calcolare il limite analiticamente. Se ciò non fosse stato possibile e avessimo avuto solo un integrale di cammino calcolato numericamente per procedere al limite avremmo dovuto riscalare opportunamente le grandezze del sistema, ad esempio scalandole in modo da ridurre la lunghezza di correlazione ˆξ misurata in unità del reticolo. Per il campo scalare ˆξ = 1/M a, per cui vediamo che facendo il limite a → 0 la lunghezza di correlazione diverge, e, vedendola dal punto di vista della meccanica statistica, il limite è ottenuto ad un punto critico della teoria. È evidente allora che il limite non potrà mai effettivamente essere raggiunto in una simulazione. Il modo di superare questo problema è di riuscire a rendere il reticolo tanto fine da rendere le quantità fisiche insensibili alla sua struttura, o comunque da permettere una estrapolazione dei risultati al limite a → 0 abbastanza affidabile. Siccome potremo calcolare solo quantità adimensionali sul reticolo, considereremo rapporti di grandezze fisiche. Si può studiare nel nostro esempio h ˆφnφˆmi/ ˆM2 per ˆM piccoli, tenendo fisso ˆM |n − m|. Quando il
rapporto diventerà costante saremo nella zona utile ad estrarre direttamente la fisica del continuo.