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Monopoli termici abeliani in full QCD su reticolo

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Academic year: 2021

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(1)

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Magistrale in Fisica

Tesi di Laurea

Monopoli Termici Abeliani in Full

QCD su Reticolo

Candidato:

Relatore:

Andrea Pasqui

Prof. Massimo D’Elia

(2)
(3)

Indice

Indice 3

Notazioni e convenzioni 5

1 Introduzione 7

2 Cromodinamica Quantistica 9

2.1 La cromodinamica come teoria di gauge . . . 9

2.1.1 Trasporto parallelo . . . 11

2.1.2 Lagrangiana classica della cromodinamica . . . 15

2.2 Integrali di cammino . . . 16

2.2.1 Integrale di cammino per campi bosonici . . . 17

2.2.2 Integrale di cammino per campi fermionici . . . 23

2.3 Quantizzazione e procedura di Fadeev-Popov . . . 28

2.4 Potenziale Q ¯Q . . . 33

3 Introduzione alla QFT su reticolo 39 3.1 Campo Scalare su Reticolo . . . 39

3.2 Fermioni su Reticolo . . . 42

3.2.1 Il raddoppiamento fermionico . . . 43

3.2.2 Fermioni staggered . . . 49

3.3 Campi di Gauge e QCD su Reticolo . . . 51

3.4 Limite al Continuo . . . 57

4 QCD a temperatura finita 61 4.1 Funzione di partizione a temperatura finita . . . 61

4.2 Integrale di cammino per le funzioni di partizione fermioniche 62 5 Confinamento 65 5.1 Superconduttività . . . 65

5.1.1 Considerazioni generali . . . 65

5.1.2 Modello di London . . . 67 3

(4)

5.1.3 Teoria di Landau-Ginzburg . . . 69

5.2 Superconduttività Duale . . . 73

5.3 Superconduttività Duale su Reticolo . . . 78

5.3.1 MAG per SU(2) su reticolo . . . 80

5.3.2 MAG per SU(3) e SU(N) su reticolo . . . 82

5.4 Condensazione di Bose-Einstein . . . 87

5.5 Monopoli Termici . . . 90

6 Analisi della Simulazione 93 6.1 Dettagli della Simulazione . . . 93

6.2 Analisi dei Dati . . . 95

6.3 Risultati . . . 102

7 Conclusioni 103 7.1 Sviluppi futuri . . . 104

(5)

Notazioni e convenzioni

La segnatura della metrica per lo spazio di Minkowski è

ηµν = diag(+1, −1, −1, −1). (1)

Useremo unità naturali, in cui ~ = c = 1.

Nel testo indicheremo comunemente le densità lagrangiane usate per descrivere i sistemi studiati semplicemente come “lagrangiane”, seguendo l’uso comune in teoria di campo.

Propriamente la lagrangiana L di un sistema si ottiene dalla densità lagrangiana L tramite l’integazione

L = Z

d3x L. (2)

Matrici gamma di Dirac. Le matrici gamma di Dirac in dimensione

D = 4 soddisfano:

{γµ, γν} = 2ηµν. (3)

Per le matrici gamma sceglieremo la rappresentazione standard:

γ0 =1 −1  γi =  σi −σi  γ5 =  1 1  , (4) cosìcché γ5 = iγ0γ1γ2γ3.

Passando allo spazio euclideo sceglieremo: γEi = −iγi, γE4 = γ0. Così γ5

E = γ1EγE2γE3γE4.

In questo modo:

µE, γνE} = 2δµν. (5)

Useremo la notazione “slash” di Feynman, per cui dato un quadrivettore pµ abbiamo /p = γ

µpµ.

(6)

Elettrodinamica. Indichiamo con e la carica dell’elettrone, con e < 0. Come consueto in teoria di campo quantistica seguiamo il sistema di unità di misura di Haeviside-Lorentz, per cui la costante di struttura fine è

α = e 2 4π~c = e2 4π ≈ 1 137 (6)

(7)

Capitolo 1

Introduzione

Una delle questioni ancora aperte nello studio della cromodinamica quanti-stica è come avviene precisamente il cosiddetto “confinamento” delle particelle fondamentali della teoria, i quark, che non vengono mai osservati isolati. Una derivazione analitica del fenomeno non è stata ancora trovata, tuttavia è stato proposto un modello con cui è possibile descriverlo, in analogia con la superconduttività. Si tratta del modello del superconduttore duale [46], in cui il campo cromoelettrico assume il ruolo proprio del campo magnetico nei superconduttori di tipo II, ossia viene confinato in sottili tubi di flusso, che collegano fra loro i quark. Questa proposta è stata a lungo oggetto di indagini svolte nelle simulazioni su reticolo, prima per la sola teoria di Yang-Mills, poi, più recentemente, anche con la presenza di fermioni dotati di massa finita. Il presente lavoro rientra in quest’ultima categoria: utilizzando i dati delle configurazioni del campo di gauge ricavati tramite una simulazione Monte Carlo abbiamo potuto analizzare i monopoli cromomagnetici ricavabili dalla parte abeliana del campo, ottenuta mediante un procedimento noto come “proiezione abeliana”. Con essa si è in grado di isolare dei sottogruppi U (1) che consentono una più immediata ed evidente analogia col caso elettromagnetico.

Uno dei fenomeni in cui i monopoli così individuati dovrebbero essere coinvolti è quella di condensare come avviene per un gas di bosoni che

formano un condensato di Bose-Einstein. La temperatura TBEC a cui ciò

avviene potrebbe coincidere o meno con quella del deconfinamento della teoria, Tc. Lo scopo principale del nostro lavoro è ricavare questa temperatura e

determinare se il processo di condensazione dei monopoli può quindi essere messo in relazione con il passaggio dalla fase confinata a quella deconfinata della QCD.

I capitoli 2-5 sono per la maggior parte una traduzione, parzialmente rielaborata, del materiale presentato in [2, 5, 6] e [12, 21]. I contenuti originali del lavoro di tesi sono esposti e riassunti nei capitoli 6 e 7.

(8)
(9)

Capitolo 2

Cromodinamica Quantistica

La cromodinamica quantistica (in inglese quantum chromodynamics, ab-breviato in “QCD”) è la teoria oggi comunemente accettata per descrivere le interazioni forti [6], e fa parte del cosiddetto modello standard delle interazioni fondamentali. Si tratta di una teoria di gauge rinormalizzabile con gruppo di simmetria non abeliano SU(3). Descrive le interazioni che coinvolgono campi fermionici detti quark mediante lo scambio di bosoni di gauge, chiamati gluoni.

La QCD è avvalorata dalla sua capacità di riprodurre quantitativamente i risultati ottenuti nei numerosi esperimenti eseguiti agli acceleratori di particelle fino ad oggi. Sperimentalmente si conoscono sei specie (sei sapori ) differenti di quark. La teoria è asintoticamente libera: la costante di accoppiamento, e quindi l’intensità dell’interazione, decresce ad alte energie e piccole distanze. Questa caratteristica rende possibile lo studio della cromodinamica tramite la teoria delle perturbazioni solo per le alte energie, lasciando aperto il problema di determinarne il comportamento a basse energie, e in particolare di fornire una spiegazione esaustiva del fenomeno del confinamento.

In questo capitolo esponiamo gli elementi fondamentali della cromodi-namica che ci saranno utili nel testo. Esclusivamente nel primo paragrafo di questo capitolo useremo uno stile più formale per esporre alcuni concetti matematici delle teorie di gauge.

2.1

La cromodinamica come teoria di gauge

Presentiamo in questo paragrafo la costruzione della lagrangiana classica della cromodinamica a partire da una visione geometrica delle teorie di gauge [6]. Restiamo nel caso classico, rimandando il momento di quantizzare la teoria a quando avremo presentato gli integrali di cammino.

(10)

L’approccio geometrico consente di ricavare in modo naturale tutti gli elementi di una teoria di gauge, come la derivata covariante, il tensore di campo e il potenziale di gauge. Si tratta dunque di un metodo generale, valido per ogni teoria di gauge e in particolare per la cromodinamica.

Consideriamo inizialmente la lagrangiana dell’elettrodinamica in pre-senza di fermioni con spin 12, massa m e carica q:

Led = −

1 4FµνF

µν + ¯ψ(i /D − m)ψ, (2.1)

in cui Fµν = ∂µAν− ∂νAµè il tensore di campo e Dµ= ∂µ+ iqAµè la derivata

covariante per ψ.

La lagrangiana (2.1) è invariante sotto le trasformazioni di gauge dell’elet-tromagnetismo:

Aµ(x) 7→ Aµ(x) −

1

|e|∂µθ(x),

ψ(x) 7→ eiqθ(x)ψ(x). (2.2)

Queste trasformazioni locali formano il gruppo abeliano ad un parametro U(1). Il nostro obiettivo è generalizzare questa idea al caso di un gruppo di Lie arbitrario G, ottenendo così una trattazione valida anche per il caso non abeliano di interesse per la cromodinamica, SU(3).

Immaginiamo di porre una copia Gx del gruppo G in ogni punto x dello

spaziotempo, e definiamo una funzione U scegliendo per ogni x ∈ R4 un

elemento di Gx. Nel caso abeliano avremo U (x) = eiα(x). Possiamo scegliere

il valore di U in ogni punto in modo arbitrario, ad esempio potremmo poi decidere di moltiplicare U (x) per un altro elemento del gruppo, che chiamiamo Ω(x), ottenendo U0(x). Nel caso abeliano questo si traduce nel moltiplicare per Ω(x) = eiθ(x): in altre parole moltiplicare per Ω(x) corrisponde ad effettuare una trasformazione di gauge.

In termini matematici1 abbiamo definito un fibrato principale su R4 avente

per fibra il gruppo G. Abbiamo così assegnato una copia del gruppo ad ogni punto dello spaziotempo. La funzione U si chiama sezione del fibrato. Come abbiamo appena visto una trasformazione di gauge per U (x) si scrive adesso:

U (x) 7→ Ω(x) · U (x), (2.3)

con Ω(x) ∈ Gx e in cui il prodotto è quello del gruppo.

1Per una trattazione più rigorosa e approfondita dal punto di vista matematico si veda

ad esempio [1]. In particolare per rendere semplice l’esposizione abbiamo qui definito un fibrato pricipale prodotto di R4e G, che è un caso particolare di fibrato principale.

(11)

2.1. LA CROMODINAMICA COME TEORIA DI GAUGE 11 Se indichiamo con P ∼= R4× G il fibrato principale, con proiezione su R4

data da π : P → R4, e identificando ogni G

x con G, è evidentemente definita

un’azione di G su P , data dalla (2.3) prendendo Ω costante.

Gli automorfismi di P sono i suoi diffeomorfismi f come varietà differen-ziabile tali che preservano l’azione di G e che sono proiettati a diffeomor-fismi di R4, ossia sono le f ∈ Diff(P ) | ∀g ∈ G, p ∈ P, f (g · p) = g · f (p) e π(f (p)) = ¯f (π(p)), con ¯f diffeomorfismo di R4.

Le trasformazioni di gauge di P sono i suoi automorfismi verticali, cioè quelli che lasciano invariate le fibre Gx:

G(P ) = {Ω ∈ Aut(P ) | π ◦ Ω = π}. (2.4)

Ora che abbiamo definito in astratto le trasformazioni di gauge possiamo servircene per farle agire sui campi presenti nel sistema. Finora infatti Ω non era riferita ad alcuna rappresentazione specifica di G. Per definire in modo appropriato una teoria di gauge, però, ogni campo ψ dovrà appartenere ad una data rappresentazione del gruppo di gauge G.

La specifica rappresentazione prescriverà come tradurre Ω in una trasfor-mazione del campo ψ. Ciò vuol dire che sarà definita un’azione ρ di Gxsu ψ(x):

ρ : Ω(x) ∈ Gx7→ ρ(Ω(x)), così sotto Ω avremo ψ(x) 7→ ψ0(x) = ρ(Ω(x)) ψ(x).

Continueremo per comodità a indicare ρ(Ω(x)) con Ω(x):

ψ(x) 7→ ψ0(x) = Ω(x) ψ(x), (2.5)

esplicitando il valore di Ω(x) nel modo appropriato al campo ψ, quando richiesto.

Torneremo sulla definizione di campo nel paragrafo sul trasporto parallelo finito, dove preciseremo alcuni dettagli.

2.1.1

Trasporto parallelo

Trasporto parallelo infinitesimo

Il significato geometrico del campo di gauge Aµ diventa chiaro definendo

l’operazione di trasporto parallelo.

Iniziamo introducendo un trasporto parallelo infinitesimo. Per ogni punto definiamo

U⇒x+dx(x) = W (x + dx, x)U (x) ≡ e−igA

a

µ(x)TadxµU (x), (2.6) dove Ta sono i generatori di G nella rappresentazione a cui appartiene U (x),

e fanno parte dell’algebra di Lie g del gruppo G. Assumeremo nel seguito che G sia unitario, caso in cui le Ta sono matrici hermitiane.

(12)

Il campo Aµ dunque è:

Aµ(x) ≡ Aaµ(x)Ta (2.7)

dove Ta sono i generatori di G nella rappresentazione a cui appartiene U , e si

sottintende la somma su tutti gli indici. 2

Concettualmente U⇒x+dx(x) è il campo U calcolato nel punto x e poi

trasporatato in x + dx tramite W (x + dx, x).

Richiediamo che U⇒x+dx(x) trasformi allo stesso modo di U (x + dx) sotto

Ω, per cui abbiamo:

W (x + dx, x) 7→ Ω(x + dx)W (x + dx, x)Ω(x). (2.8)

Sostituendo la (2.6) se ne ricava la legge si trasformazione del campo Aµsotto

la trasformazione di gauge Ω: Aµ(x) 7→ Ω(x)Aµ(x)Ω†(x) + i g[∂µΩ(x)]Ω † (x). (2.9)

Esplicitamente parametrizziamo Ω con Ω(x) = eiθ(x)≡ eiθa(x)Ta. Nel caso di trasformazione infinitesima Ω(x) ≈ 1 + iθ(x) la (2.9) diventa

Aµ(x) 7→ Aµ(x) −

1

g∂µθ(x) + i[θ(x), Aµ(x)] (2.10)

Nel caso del gruppo abeliano G = U (1) riotteniamo dunque la trasformazione (2.2). Il nuovo termine presente nel caso generale coinvolge il commutatore

nell’algebra di Lie g, nullo nel caso abeliano. Trasporto parallelo finito

Nella definizione seguente usiamo il concetto di fibrato vettoriale N su cui sia definita un’azione3 del gruppo G: ai nostri fini si può concepire come una

varietà differenziabile N ottenuta ponendo in ogni punto x dello spaziotempo (R4) una copia V

x di uno spazio vettoriale V (detto fibra), su cui sia stata

fissata una rappresentazione R di G.

Un campo ψ non sarà altro che una sezione di questo fibrato, ossia una funzione ψ : R4 7→ N | ψ(x) ∈ Vx.

2A

µ dipende dalla rappresentazione, come i Ta, mentre Aaµ ne è indipendente[3]. 3Precisamente l’azione sulle fibre V

xdeve essere libera, ossia ogni trasformazione non

banale g ∈ G non deve avere punti fissi (x ∈ Vz, g · x = x ⇒ g = e ∈ G), e transitiva, cioè

(13)

2.1. LA CROMODINAMICA COME TEORIA DI GAUGE 13 Definizione 2.1. Sia ψ(x) ∈ Vx, dove lo spazio vettoriale Vx è una fibra del

fibrato vettoriale N. Il trasporto parallelo di ψ(x) lungo la curva C di estremi x e y è una funzione WC : Vx 7→ Vy che goda delle seguenti proprietà:

i. W0 = 1 (dove 0 indica la curva nulla);

ii. WC2◦ C1 = WC2 ◦ WC1 (con C1, C2 curve con un estremo in comune); iii. W−C = WC−1

iv. Sotto una trasformazione di gauge Ω sia:

ψ(x)7−→ Ω(x)ψ(x),Ω ∀x ∈ R4 (2.11)

Allora WC trasforma nel modo seguente:

WC(y, x) Ω

7−→ Ω(y)WC(y, x)Ω†(x) (2.12)

Talvolta per comodità continueremo a indicare tra parentesi i punti iniziale e finale del trasporto parallelo: WC(y, x). Si noti l’ordine invertito in parentesi.

L’espressione per un trasporto parallelo lungo una curva finita si può ricavare dalla (2.6). Sia C una curva parametrizzata da τ ∈ [0; ¯τ [ e sia Cτ la

sua restrizione a [0, τ ]. Consideriamo i trasporti paralleli WCτ(C(τ ), C(0)). Dall’espressione del trasporto parallelo infinitesimo ricaviamo

dWCτ

dτ = −igAµ(C(τ )) ˙C

µ(τ )W

Cτ. (2.13)

Quest’equazione è risolta dalla formula di Dyson WCτ = P exp  −ig Z τ 0 Aµ(C(τ )) ˙Cµ(τ )dτ  , (2.14)

in cui compare l’esponenziale P-ordinato a causa della natura in generale non abeliana di G. Si vede facilmente che la (2.14) rispetta la definizione 2.1. Essa è anche detta integrale di linea di Schwinger.

Il trasporto parallelo di un campo ψ(x) dipende dalla curva seguita e non coincide in generale con ψ(y). Tuttavia la proprietà (iv) della definizione 2.1 ci dice che trasforma come ψ(y) sotto trasformazioni di gauge.

Il trasporto parallelo lungo un percorso chiuso C è gauge invariante nel caso abeliano. Per G non abeliano questo non è più vero, e, detto x il punto di partenza e arrivo del percorso, si ha WC 7→ Ω(x)WCΩ†(x). Tuttavia

la traccia è un invariante di gauge, e viene chiamata loop di Wilson: WL(C) = Tr P exp  −ig I C Aµ(ξ)dµξ  . (2.15)

(14)

Per definire il tensore di campo non abeliano Fµν consideriamo il

tra-sporto parallelo W attorno a un piccolo quadrato di lato a, che chiameremo placchetta. Per il caso abeliano si trova:

W µν = exp−iga2Fµν + o(a2). (2.16)

Volendo generalizzare al caso non abeliano usiamo questa formula come definizione di Fµν. Scegliamo la rappresentazione fondamentale del gruppo G,

per cui Ta≡ ta e Aµ= Aaµta. Otteniamo:

Fµν = ∂µAν − ∂νAµ+ ig[Aµ, Aν]. (2.17)

Come per Aµ, si ha Fµν = Fµνa ta, per cui F è un tensore a valori nell’algebra

di Lie g. Esplicitando le componenti troviamo: Fµνa = ∂µAaν − ∂νAaµ− gfabcAbµA

c

ν, (2.18)

dove fabc sono le costanti di struttura di G.

Sotto trasformazione di gauge

Fµν(x) 7→ Ω(x)Fµν(x)Ω†(x). (2.19)

A questo punto possiamo vedere un’analogia con la relatività generale: il trasporto parallelo di ψ(x) nel fibrato N è l’analogo del trasporto parallelo dei vettori su una superficie di Riemann curva. Il potenziale di gauge Aµ

svolge il ruolo dei simboli di Christoffel, mentre il tensore di campo Fµν è

l’analogo della curvatura di Riemann.

Per completare l’analogia si può definire anche nel nostro caso una derivata covariante: nµDµψ(x) ≡ lim →0 ψ(x + n) − ψ⇒x+n(x)  = n µ (∂µ+ igAµ(x))ψ(x). (2.20)

Quindi per confrontare il campo col suo valore in un punto diverso si deve prima trasportare parallelamente il campo nel nuovo punto. In questo senso i trasporti paralleli costituiscono il modo di collegare punti diversi nel fibrato, da cui il nome di “connessione” per il potenziale Aµ. Abbiamo dunque

Dµ= ∂µ+ igAµ, (2.21)

e sotto trasformazione di gauge Ω:

Dµψ(x) 7→ Ω(x)Dµψ(x). (2.22)

Con questa definizione vediamo anche che Fµν =

1

(15)

2.1. LA CROMODINAMICA COME TEORIA DI GAUGE 15

2.1.2

Lagrangiana classica della cromodinamica

Abbiamo ora gli strumenti utili per scrivere la lagrangiana classica della cromodinamica. Iniziamo notando che dalla (2.19) deriva l’invarianza di gauge della quantità Tr{FµνFµν}: questo sarà il termine di pura gauge. Otteniamo

così la lagrangiana di Yang-Mills per una teoria con gruppo di gauge SU (Nc):

LYM = − 1 2Tr{FµνF µν} = −1 4F a µνF µν a . (2.24)

Il caso della cromodinamica si ottiene per Nc = 3 (indicheremo il gruppo

di gauge con SUc(3)). Abbiamo scelto la costante di normalizzazione per

analogia con l’elettrodinamica in presenza di soli fotoni. Notiamo però che in questo caso la teoria è interagente, a causa dei termini cubici e quartici in Aµ

dati dai commutatori.

Veniamo ora alla parte fermionica della lagrangiana. Ogni quark, trovan-dosi nella rappresentazione fondamentale di SUc(3), avrà tre componenti. In

assenza di interazioni, quindi, la lagrangiana libera di un singolo quark avrà la forma: L(quark)0 = Nc=3 X a=1 ¯ ψa(i /∂ − m)ψa= ¯ψ(i /∂ − m)ψ (2.25) avendo definito: ψ =    ψ1 .. . ψNc    (2.26)

La (2.25) è invariante sotto trasformazioni di SUc(3) globali. Per renderla

invariante sotto trasformazioni di gauge effettuiamo l’accoppiamento minimale, sostituendo la derivata covariante alla derivata parziale:

L(quark) = ¯ψ i /D − m ψ. (2.27)

Il termine di interazione è

L(quark)I = −g ¯ψ /Aψ. (2.28) Includendo la presenza dei quark otteniamo infine la lagrangiana completa della cromodinamica: LQCD = − 1 4F a µνF µν a + Nf X f =1 ¯ ψf i /D − mf ψf. (2.29)

(16)

Il numero di sapori dei quark noti è Nf = 6.

Esiste un altro termine invariante di gauge che avremmo potuto inclu-dere nella lagrangiana, µνρσTr{FµνFρσ}, ma lo abbiamo escluso perché non

è invariante sotto trasformazioni di parità e sotto trasformazioni di parità e coniugazione di carica. In natura infatti non c’è evidenza che la cromo-dinamica rompa esplicitamente la simmetria CP. Questo termine è anche chiamato termine “theta”: escluderlo significa infatti porre uguale a zero un parametro caratteristico della teoria, il cosiddetto “angolo theta” [6], che è una costante della teoria. Porre θ = 0 è in effetti una regola di superselezione per la QCD, necessaria per definire la teoria così come la osserviamo negli esperimenti. Termini con potenze più alte di F comporterebbero invece la non rinormalizzabilità della teoria.

Data la lagragiana (2.29) l’azione corrispondente è dunque

SQCD = − 1 4 Z Fµνa Faµνd4x + Z Nf=6 X f =1 ¯ ψf i /D − mf ψfd4x. (2.30)

2.2

Integrali di cammino

Nel formalismo degli integrali di cammino le quantità fisiche vengono rappresentate come medie su un insieme di cammini pesati opportunamente.

Essi costituiscono uno degli strumenti più utili in teoria di campo quanti-stica. Consentono uno studio di tipo non perturbativo, fornendo informazioni non accessibili tramite la teoria delle perturbazioni. Consentono inoltre di impostare su reticolo simulazioni di carattere non perturbativo. Sebbene col loro impiego sia possibile anche formulare la meccanica quantistica non relativistica, i loro vantaggi diventano evidenti per i sistemi dotati di infiniti gradi di libertà.

La formulazione che utilizza tempi immaginari, detta euclidea, è quella utile a costruire simulazioni su reticolo [5]: per questo motivo ricaviamo gli integrali di cammino direttamente nello spazio euclideo. Il procedimento per ricavarli nello spazio di Minkowski è analogo, si veda ad esempio [6].

Il passaggio dallo spazio di Minkowski a quello euclideo si effettua con-tinuando analiticamente tutte le espressioni nel tempo, ed effettuando la rotazione t → −iτ. In questo modo vettori e covettori euclidei si ottengono dalle loro controparti minkowskiane xµ e k

µ con le sostituzioni:

x ≡ (x0, x) −→ xE = (−ix0, x)

(17)

2.2. INTEGRALI DI CAMMINO 17 In questo modo il prodotto scalare è invariato: xµkµ = (xE)µ(kE)µ, dove

(xE)µ(kE)µ ≡ (xE)µ(kE)νδµν.

Per ricavare le espressioni degli integrali di cammino giocano un ruolo fondamentale due proprietà: l’evoluzione di tipo markoviano del sistema e la località dell’hamiltoniana. Quest’ultima proprietà, tuttavia, è assicurata quando l’hamiltoniana è un polinomio in p e q, che è il caso di nostro interesse [8].

2.2.1

Integrale di cammino per campi bosonici

Formuleremo gli integrali di cammino prima per una particella che evolve in un sistema quantistico determinato dall’hamiltoniana non relativistica H (un operatore limitato sullo spazio di Hilbert degli stati del sistema). Il passaggio alla teoria di campo bosonica, di cui ricaveremo le funzioni di correlazione, non presenterà particolari complicazioni.

L’operatore di evoluzione temporale del sistema tra due tempi τ0 e τ1 è

dunque, nella formulazione euclidea:

U (τ1, τ0) = e−H(τ1−τ0) (2.32)

Esso gode di un’importante proprietà (di evoluzione markoviana nel tempo): i) U (τ2, τ1)U (τ1, τ0) = U (τ2, τ0) per τ2 > τ1 > τ0

ii) U (τ0, τ0) = 1. (2.33)

Questa proprietà significa che l’evoluzione temporale non ha memoria, ossia dipende solo dallo stato del sistema al tempo iniziale.

Sia Q l’operatore posizione della particella e siano |qi i suoi autostati:

Qa|qi = qa|qi per a ∈ 1, . . . , n, (2.34)

in cui n è la dimensione dello spazio. La funzione di Green che descrive la propagazione di uno stato del sistema a tempi successivi è:

G(q0, t0; q, t) = hq0|U (τ0, τ )|qi, (2.35) per t = −iτ, t0 = −iτ0. Questo si verifica facilmente passando in rappresenta-zione di Heisenberg per tempi reali:

|q, ti ≡ eiHt|qi

(18)

e inserendo una base di autostati dell’energia in hq0, t0|q, ti = G(q0, t0; q, t),

passando poi a tempi immaginari.

Per ricavare una rappresentazione mediante integrali di cammino della funzione di Green (2.35) usiamo la proprietà (2.33) suddividendo l’intervallo di tempi (euclidei) [τ0, τ ] in N segmenti di lunghezza  = (τ0− τ )/N . Siano τN −1 > · · · > τ1 i tempi intermedi, con τN = τ0 e τ0 = τ . Inserendo ad ogni

passo una base completa di autostati di Q otteniamo:

hq0|U (τ0, τ )|qi = Z N −1 Y r= 0 hq(r+1)| e−H|q(r)i N −1 Y r=1 dq(r). (2.37)

Nei passaggi seguenti è importante la forma dell’hamiltoniana H in esame. Sia:

H = 1 2 n X a=1 P2+ V (Q) (2.38)

Consideriamo il limite in cui  → 0 ed n → ∞. Usando la formula di Campbell-Baker-Hausdorff possiamo scrivere:

e−H ≈ e−12

P

aPa2e−V (Q) (2.39) trascurando i termini di ordine 2. Così:

hq(r+1)| e−H|q(r)i ≈ hq(r+1)| e−1 2

P

aPa2|q(r)i e−V(q(r)). (2.40) Introduciamo ora due insiemi completi di autostati dell’impulso a destra e a sinistra di e−12 P aPa2, ottenendo4: hq(r+1)| e−H|q(r)i ≈ e−V(q(r))

Z

exp  − 1 2p (r)2 − ip(r)· q(r+1)− q(r)   dp(r) 2π Sostituiamo ora in (2.37) per ottenere:

hq0| e−H(τ0−τ )|qi ≈ Z e−H(p(r), q(r))+ip(r)·(q(r+1)−q(r)) N −1 Y r=1 dq(r) N −1 Y r=0 dp(r) 2π (2.41) 4Ricordiamo che hq|pi = √1 2πe ip·q

(19)

2.2. INTEGRALI DI CAMMINO 19 dove q0 = q(N ) e q = q(0).

Questo procedimento è corretto per hamiltoniane nella forma H(p, q) = T (p) + V (q). Nel caso più generale di un’hamiltoniana classica che sia un polinomio generico in p e q, l’integrale di cammino si può definire [7][8, §10.2] in modo non ambiguo considerando l’hamiltoniana quantistica ottenuta con l’ordinamento di Weyl5 (somma dell’ordinamento normale e del suo opposto),

che presenta termini simmetrici in p e q. La (2.41) resta allora valida usando ¯

q(r) = 1 2 q

(r+1)+ q(r) come argomento di H al posto di q(r).

Facendo a questo punto il limite  → 0 si otterrebbe l’integrale di cammino nello spazio delle fasi. Se però H è al più quadratica negli impulsi, l’integrale sulle p è gaussiano e si può svolgere in forma chiusa. Se il termine quadratico in p è indipendente da q le costanti ottenute dall’integrazione non dipendono dal potenziale e si possono riassorbire nella misura di integrazione.

Il risultato è l’integrale di cammino che cercavamo: hq0, t0|q, ti =

Z

q(τ ) = q q(τ0) = q0 Dq exp  − Z d¯τ LE(q(¯τ ), ˙q(¯τ ))  , (2.42)

dove abbiamo definito la lagrangiana euclidea: LE(q(τ ), ˙q(τ )) =

1 2q˙

2(τ ) + V (q(τ )) . (2.43)

Definendo l’azione euclidea del cammino q: SE[q] = Z τ0 τ d¯τ LE(q(¯τ ), ˙q(¯τ )) (2.44) e la notazione: (q0, τ0|q, τ ) ≡ hq0, t0|q, ti, (2.45) possiamo riscrivere la (2.42) come

(q0, τ0|q, τ ) =

Z

q(τ ) = q q(τ0) = q0

Dq e−S[q] (2.46)

5Questa hamiltoniana si può ottenere da quella classica tramite una trasformazione di

Weyl [7]: H(P, Q) ≡ Z dx 2π dk 2πe ixP+ikQ Z dp dq e−ixp−ikqH(p, q)

(20)

L’integrale è ottenuto sommando per ogni percorso q che la particella può percorrere classicamente il peso e−SE[q], con le condizioni al contorno q(τ ) = q e q(τ0) = q0. A causa di questo peso i contributi più importanti nell’integrando saranno dati dai cammini in un intorno6 della soluzione classica del moto, per cui vale

δSE[q] = 0. (2.47)

Nel caso dello spazio di Minkowski il fattore e−SE[q] negli integrali viene sostituito da eiS[q], con S[q] l’azione classica.

Nota. Nella misura di integrazione abbiamo assorbito un fattore di

normalizzazione N =  1 2π nN/2 (2.48) che diverge per N → ∞ ma non dipende dal potenziale. Ciò non costituirà un problema perché quando useremo un integrale di cammino lo divideremo sempre per un altro integrale di cammino di riferimento.

Ricaviamo ora una semplice generalizzazione della (2.46). Consideriamo per esempio (q0, τ0|Qa(τ1)|q, τ ), con τ0 > τ1 > τ . È:

(q0, τ0|Qa(τ1)|q, τ ) = hq0| e−H(τ

0−τ 1)Q

ae−H(τ1−τ )|qi. (2.49)

Nella formula dell’integrale di cammino, l’operatore Qa inserito al tempo τ1

si tradurrà semplicemente in un fattore qa(τ1):

(q0, τ0|Qa(τ1)|q, τ ) =

Z

Dq qa(τ1) e−SE[q]. (2.50)

Viceversa, l’espressione R Dq qa(τ1)qb(τ2)e−SE[q] richiederà certamente gli

ope-ratori Qa(τ1) e Qb(τ2), ma il loro ordine dipenderà da che sia τ1 > τ2 piuttosto

che τ1 < τ2. Dunque abbiamo:

Z

Dq qa(τ1)qb(τ2)e−SE[q] = (q0, τ0|T [Qa(τ1)Qb(τ2)] |q, τ ) , (2.51)

in cui T è l’operatore di ordinamento temporale. In generale sarà: (q0, τ0|T [Qa1(τ1) . . . Qak(τk)]|q, τ ) =

Z

Dq qa1(τ1) . . . qak(τk)e

−SE[q] (2.52)

6I contributi principali all’integrale sono dati da cammini continui ma non differenziabili,

(21)

2.2. INTEGRALI DI CAMMINO 21 Possiamo finalmente dedicare la nostra attenzione al caso di un campo quantistico. Pensiamo a un campo scalare φ. Le informazioni fisiche sul campo sono contenute nei valori di aspettazione sul vuoto di prodotti T-ordinati del campo in rappresentazione di Heisenberg.

Dunque vorremmo calcolare le funzioni di Green

G(x1, . . . , xk) = hΩ |T [φ(x1) . . . φ(xk)]| Ωi. (2.53)

Il loro analogo euclideo nel caso della particella visto finora è:

Ga1,...,ak(t1, . . . , tk) = hE0|T [Qa1(τ1) . . . Qak(τk)]| E0i. (2.54) Ci basterà dunque mostrare che questo valore di aspettazione si può estrarre dalla (2.52).

Inserendo un insieme completo di autostati dell’energia a destra e a sinistra otteniamo: (q0, τ0|T [Qa1(τ1) . . . Qak(τk)]|q, τ ) = (2.55) X m,m0 e−Em0τ0eEmτψ m0(q0)ψ∗ m(q)hE 0 m|T [Qa1(τ1) . . . Qak(τk)]| Emi. Assumendo l’esistenza di un gap finito tra lo stato fondamentale e il primo stato eccitato troviamo che

(q0, τ0 |T [Qa1(τ1) . . . Qak(τk)]|q, τ ) (2.56) −−−−→ τ0→∞ τ →−∞ e−E0(τ0−τ )ψ 0(q0)ψ0∗(q)hE0|T [Qa1(τ1) . . . Qak(τk)]| E0i. Da quest’ultima formula ricaviamo (confrontando il caso con k generico col caso k = 0): (q0, τ0|T [Qa1(τ1) . . . Qak(τk)]|q, τ ) (q0, τ0|q, τ ) −−−−→τ0→∞ τ →−∞ hE0|T [Qa1(τ1) . . . Qak(τk)]| E0i. (2.57) Usando le espressioni note per gli integrali di cammino otteniamo così: hE0|T [Qa1(τ1) . . . Qak(τk)]| E0i =

R Dq qa1(τ1) . . . qak(τk)e

−SE[q]

R Dq e−SE[q] , (2.58)

(22)

Introduciamo ora il funzionale generatore. Sia: Ia1,...,ak = Z qa1. . . qake −1 2q ·M · qdq, (2.59) dove M è una matrice N × N reale e definita positiva. Definendo:

Z0[J ] = Z e−12q ·M · q + J · qdq (2.60) si ha: Ia1,...,ak =  ∂k ∂a1. . . ∂ak  Z0[J ] J =0 (2.61) La forma esplicita della (2.60) si trova facilmente con un cambio di variabili che diagonalizzi la matrice M :

Z0[J ] = (2π)N/2 √ detM e −1 2J ·M −1·J . (2.62) Sia ora: Ka1,...,ak = Z qa1. . . qake −S[q]dq, (2.63) in cui S[q] = 1 2q · M · q + SI[q], (2.64)

con SI[q] polinomio in q. Definendo

Z[J ] = Z

e−S[q]+ J· qdq (2.65) l’integrale Ka1,...,ak si calcola ancora come nella (2.61), applicando a Z[J ] l’operatore differenziale lì definito. Z[J ] si ottiene da Z0[J ] nel modo seguente:

Z[J ] = ∞ X k=0 (−1)k k!  SI  ∂ ∂J k Z0[J ]. (2.66)

Facciamo ora un’osservazione. Il metodo degli integrali di cammino esposto finora consente di fare un parallelo con la fisica statistica. Le funzioni di correlazione potranno essere calcolate come medie su ensemble con fattore di distribuzione di Boltzmann dato da exp(−SE[q]).

Definiamo infine: Z =

Z

Dq e−S[q]. (2.67) Così la (2.58) si riscrive hqa1(τ1) . . . qak(τk)i = 1 Z Z Dq qa1(τ1) . . . qak(τk) e −SE[q]. (2.68)

(23)

2.2. INTEGRALI DI CAMMINO 23 Concludiamo il paragrafo esplicitando il formalismo introdotto finora per i campi bosonici. Le funzioni di Green (2.53) usando la (2.58) si scrivono:

hΩ |T [φ(x1) . . . φ(xk)]| Ωi =

R Dφ φ(x1) . . . φ(xk) e−SE[φ]

R Dφ e−SE[φ] . (2.69)

2.2.2

Integrale di cammino per campi fermionici

La descrizione della natura basata sulla teoria dei campi quantistica fa uso, oltre che di campi bosonici, anche di campi fermionici dotati di spin semintero. Nel limite ~ → 0 essi anticommutano, perciò sono rappresentabili con elementi di un’algebra di Grassmann. Ci aspettiamo dunque che gli integrali di cammino che coinvolgono dei fermioni saranno costruiti con integrazioni su variabili anticommutanti, parte di una tale algebra.

Algebre di Grassmann. Un’algebra esterna o di Grassmann è

un’al-gebra associativa dotata di elemento neutro, generata da n suoi elementi η1, . . . , ηn tali che

∀i, j ∈ {1 . . . , n} {ηi, ηj} ≡ ηiηj+ ηjηi = 0, (2.70)

da cui segue η2

i = 0. Il prodotto è quindi anticommutativo, da cui segue che

la dimensione dell’algebra è 2n.

Immaginando di scegliere le ηi come coordinate, un elemento generico

dell’algebra di Grassmann si può immaginare come serie di potenze nelle ηi.

Tuttavia per la (2.70) questa serie avrà un numero finito di termini: f (η) = f0+ X i fiηi+ X i,j fijηiηj + · · · + f12 ...nη1η2. . . ηn. (2.71)

Come esempio consideriamo la funzione

g (η) = e−Pi,jηiAijηj, (2.72)

definita dalla solita espansione in serie dell’esponenziale. Dato che i termini della somma nell’esponente commutano tra loro, essendo prodotto di un numero pari di variabili, possiamo anche scrivere:

g (η) =Y

i,j

e−ηiAijηj, (2.73)

che si può ovviamente anche riscrivere come:

g (η) =Y

i,j i6=j

(24)

Consideriamo ora la seguente funzione delle 2n variabili η1, . . . , ηn, ¯η1, . . . , ¯ηn:

p (η, ¯η) = e−Pi,jη¯iAijηj = Y

i,j

(1 − ¯ηiAijηj) . (2.75)

In questo caso sono inclusi anche gli elementi diagonali Aii.

Integrali per variabili di Grassmann. Per definire gli integrali di

cammino ci servirà un metodo di integrazione per funzioni f come la (2.71).

Dato che ogni ηi potrà comparire al massimo alla prima potenza in f per

definire l’integrale basteranno le regole: Z

dηi = 0, (2.76)

Z

dηiηi = 1. (2.77)

Per integrali multipli serve introdurre anche le regole di anticommutazione: {dηi, dηj} = {dηi, ηj} = 0 ∀i, j ∈ { . . . , n}. (2.78)

Come esempio calcoliamo l’integrale I[A] = Z Y r d¯ηrdηre− P i,jη¯iAijηj . (2.79)

Scriviamo l’integrando come: e−Pi,jη¯iAijηj = n Y i=1 e−¯ηiPjAijηj = n Y i=1 1 − ¯ηi X j Aijηj ! . (2.80)

Ora, date le regole di integrazione (2.76), l’unico termine che conta nell’inte-grando è quello che contiene il prodotto di tutte le η ed ¯η, cioè:

K (η, ¯η) = X

i1,...,in

ηi1η¯1. . . ηinη¯nA1i1. . . Anin (2.81) dove abbiamo usato ¯ηkηik = −ηikη¯k eliminando i segni meno. La sommatoria include ovviamente solo i termini per cui gli indici i1, . . . , in sono tutti diversi,

e data l’anticommutatività delle variabili di Grassmann notiamo che ogni scambio di un ηik con un altro ηik0 nella (2.81) produce un segno meno. Questo è sufficiente per riscrivere K (η, ¯η) come:

(25)

2.2. INTEGRALI DI CAMMINO 25 Otteniamo così che:

I[A] = n Y i=1 Z d¯ηidηiηiη¯i  det A = det A. (2.83) Ponendo D[¯ηη] =Qn

r=1d¯ηrdηr abbiamo dunque dimostrato la proprietà:

Z

D[¯ηη] e−Pi,jη¯iAijηj = det A. (2.84)

Vogliamo ora stabilire un metodo per calcolare integrali della forma: Ii1,...,ir,i01,...,i0r[A] =

Z

D[¯ηη] η1. . . ηirη¯i01. . . ηi0re

−P

i,jη¯iAijηj (2.85) che sono l’analogo degli integrali (2.59) presentati per il caso bosonico. Introduciamo anche qui un funzionale generatore:

Z[ρ, ¯ρ] = Z

D[¯ηη] e−Pi,jη¯iAijηj+Pi(¯ηiρi+ ¯ρiηi) (2.86) dove le sorgenti ρi, ¯ρi sono elementi dell’algebra di Grassmann generata da

{ηi, ¯ηi, ρi, ¯ρi}. Per le regole di integrazione (2.76), (2.77), la misura è invariante

sotto la trasformazione: ηi0 = ηi+ X k A−1ik ρk, ¯ ηi0 = ¯η0i+Xρ¯kA−1ki . (2.87)

Sostituendo nell’integrale otteniamo subito:

Z[ρ, ¯ρ] = det A e− ¯ρ ·A−1· ρ. (2.88)

Confrontando con la (2.62) vediamo che per i fermioni il funzionale generatore è proporzionale a det A invece che a (det A)−1/2.

Differenziazione di variabili di Grassmann. Per le funzioni f del

tipo (2.71) è definita una derivata sinistra secondo le seguenti regole: • ∂/∂ηi 1 ≡ 0. Quindi se f (η) non dipende da ηi allora ∂ηif (η) = 0. • ∂/∂ηi ηj ≡ δij, e ∂/∂ηi anticommuta con gli elementi dell’algebra e con

le altre derivate ∂/∂ηj. Quindi se f (η) dipende da ηi prima si porta la

variabile ηi a sinistra di tutte le altre, e poi si applica la regola ∂ηiηi = 1. Si può anche indicare la derivata sinista con−→∂ /∂ηi.

(26)

Dalla definizione è evidente che derivazione (a sinistra) e integrazione sono equivalenti per le variabili di Grassmann. Si definisce una derivata destra sostituendo la seconda regola con ηj

←−

∂ /∂ηi ≡ δij.

Applichiamo la derivazione a una funzione di nostro interesse. Abbiamo: ∂ ∂ ¯ρi ePjρ¯jηj = ∂ ∂ ¯ρi Y j (1 + ¯ρjηj) = ∂ ∂ ¯ρi ηi Y j6=i (1 + ¯ρjηj) (2.89) Poiché η2

i = 0 ripristiniamo nella produttoria il termine j = i e ricaviamo:

∂ ∂ ¯ρi ePjρ¯jηj = ∂ ∂ ¯ρi ηi Y j (1 + ¯ρjηj) = ηie P jρ¯jηj, (2.90) che ha la stessa forma del risultato per funzioni di variabile reale. Qui però l’ordine dei fattori all’esponente è importante. Analogamente per la derivata destra si trova: ePjη¯jρj ←− ∂ ∂ρi = ¯ηie P jρ¯jηj. (2.91)

Con quanto esposto finora possiamo esprimere l’integrale (2.85) come:

Ii1,...,ir,i01,...,i0r[A] = " ∂ ∂ ¯ρi1 . . . ∂ ∂ ¯ρir Z[ρ, ¯ρ] ←− ∂ ∂ρi01 . . . ←− ∂ ∂ρi0 r # ρ= ¯ρ=0 . (2.92)

Usando l’espressione esplicita (2.88) per Z[ρ, ¯ρ] calcoliamo il risultato. La (2.88) si può riscrivere come:

Z[ρ, ¯ρ] = (det A) Y i ∈{i1,...,ir}  1+ ¯ρi X k A−1ik ρk  Y i /∈{i1,...,ir}  1+ ¯ρi X k A−1ik ρk  . (2.93)

Dato che alla fine verrà posto ρ = ¯ρ = 0 la seconda produttoria può essere sostituita con 1. L’unico termine rilevante per calcolare la (2.92) è:

Z0[ρ, ¯ρ] = det AX {ki}0 ¯ ρi1A −1 i1k1ρk1. . . ¯ρirA −1 irkrρkr, (2.94) in cui i ki assumono solo i valori dell’insieme {i01, . . . , i

0 r}. Questa si può riscrivere come: Z0[ρ, ¯ρ] = det A X σ " r Y k=1 A−1i ki0σkρ¯ikρi 0 σk # = det AX σ (σ) r Y k=1 A−1i ki0σkR i01,...,i0r i1,...,ir (2.95)

(27)

2.2. INTEGRALI DI CAMMINO 27 in cui σ sono le permutazioni dell’insieme {1, . . . , r} e

Ri 0 1,...,i 0 r i1,...,ir ≡ ¯ρi1ρi10 . . . ¯ρirρi0r. (2.96) Possiamo finalmente applicare le derivate della (2.92), trovando così:

Z D[¯ηη] ηi1. . . ηirη¯i01. . . ηi0re −P i,jη¯iAijηj = ξrdet A X σ (σ) r Y k=1 A−1i ki0σk (2.97)

dove ξr = (−1)r(r−1)/2. Come caso particolare abbiamo:

Z

D[¯ηη] ηiη¯je− P

k,l¯ηkAklηl = (det A) A−1

ij . (2.98)

Definiamo ora le funzioni di correlazione per i fermioni hηi1. . . ηirη¯i01. . . ηi0ri ≡

R D[¯ηη] ηi1. . . ηirη¯i01. . . ηi0re

−P

k,lη¯kAklηl

R D[¯ηη] e−Pk,lη¯kAklηl . (2.99) Per la funzione a due punti otteniamo dunque:

hηiη¯ji = A−1ij , (2.100)

e così le altre funzioni di correlazione si possono scrivere come: hηi1. . . ηirη¯i01. . . ηi0ri = ξr X σ (σ) r Y k=1 A−1i ki0σk= ξr X σ (σ) r Y k=1 hηiη¯ji. (2.101)

Fermioni e integrali di cammino. Possiamo a questo punto scrivere

gli integrali di cammino per le funzioni di correlazione dei campi fermionici. Consideriamo un campo di Dirac libero, con azione:

SF =

Z

d4xd4y ¯ψα(x)Kαβ(x, y)ψβ(y), (2.102)

in cui

Kαβ(x, y) = (iγµ∂µ− M )αβδ(4)(x − y). (2.103)

Nella teoria quantistica la funzione a due punti è: hΩ

T Ψα(x) ¯Ψβ(y)



(28)

in cui i campi Ψ e ¯Ψ sono trattati come anticommutanti. Abbiamo però visto come calcolare l’inverso di una matrice mediante integrali su un’algebra di Grassmann. Dalle (2.98) e (2.100) otteniamo così:

iKαβ−1(x, y) = R D ¯ ψψ ψα(x) ¯ψβ(y) eiSF[ψ, ¯ψ] R D¯ ψψ eiSF[ψ, ¯ψ] , (2.105)

con ψ e ¯ψ campi di Grassmann.

Per teorie in cui l’azione è una funzione bilineare dei campi ψ e ¯ψ, come la cromodinamica, le funzioni di Green per i campi fermionici si potranno scrivere come: hΩ T Ψα1(x1) . . . Ψαr(xr) ¯Ψβ1(y1) . . . ¯Ψβr(yr)  Ωi = R D¯ ψψ ψα1(x1) . . . ψαr(xr) ¯ψβ1(y1) . . . ¯ψβr(yr) e iSF[ψ, ¯ψ] R D¯ ψψ eiSF[ψ, ¯ψ] . (2.106)

Quest’espressione dà le funzioni di Green calcolate in un campo bosonico di gauge esterno, nel caso in cui la parte fermionica dell’azione dipenda dai campi di gauge.

Come definizione non perturbativa delle funzioni di correlazione delle teorie di campo quantistiche in generale si impiega quella basata sugli integrali di cammino.

La formulazione euclidea degli integrali di cammino fermionici sarà breve-mente esposta all’inizio del paragrafo 3.2, dove mostreremo come una teoria con fermioni si possa discretizzare.

2.3

Teorie di gauge. Procedura di Fadeev-Popov

Dopo aver discusso come costruire una funzione di partizione per teorie di campo che includano fermioni e bosoni possiamo ora scrivere la funzione di partizione della cromodinamica quantistica, utilizzando l’azione (2.30). Nello spazio di Minkowski questa è:

ZQCD =

Z

DAD ¯ψDψ eiSQCD (2.107)

con SQCD = SYM[A] + SF[A, ψ, ¯ψ]. La (2.107) è invariante di gauge.

Per trattare perturbativamente la QCD (o una qualsiasi teoria di gauge) è necessario assicurarsi che le fluttuazioni dei campi attorno allo stato di vuoto siano piccole. Ciò non avviene nell’integrale di cammino (2.107), perché in

(29)

2.3. QUANTIZZAZIONE E PROCEDURA DI FADEEV-POPOV 29 esso, con una trasformazione di gauge che lascia invariato l’integrando, il valore dei campi può cambiare in modo rilevante. La teoria ha perciò modi zero di gauge. Tutti questi valori di A, appartenenti a una stessa orbita di gauge, nello spazio funzionale non sono necessariamente vicini tra di loro o al vuoto perturbativo A = 0, ma contribuiscono tutti allo stesso modo nell’integrale. Per eliminare queste “copie” del campo si può fissare una gauge, in modo da scegliere un solo rappresentante da ogni orbita.

Sono possibili molte scelte di gauge. Quelle che considereremo in questo paragrafo saranno invarianti di Lorentz, e in particolare useremo come esempio la gauge di Lorentz (detta anche di Landau):

∂µAaµ = 0. (2.108)

A questo punto è presente una complicazione [6] per il caso non abeliano. Né la gauge di Lorentz, né altre tra quelle spesso utilizzate (come la gauge di Coulomb ∂iAai = 0) sono sufficienti a sezionare nel modo corretto le orbite di gauge, scegliendo per ciascuna un solo rappresentante. Ci sono in realtà più campi che soddisfano la (2.108) e che sono collegati da una trasformazione di gauge: essi sono chiamati copie di Gribov. Tuttavia si può vedere che il vuoto perturbativo Aa

µ = 0 e la sua copia di Gribov, a cui è collegato da

una trasformazione di gauge, sono distanti nello spazio funzionale. Questo significa che le copie potranno essere rilevanti per la dinamica non perturbativa, ma non quando si effettuano sviluppi perturbativi. Infatti lo spazio delle configurazioni in un intorno del vuoto è sezionato nel modo desiderato dalla condizione (2.108), e la presenza delle copie non ha effetto.

I primi a trovare un metodo corretto per fissare la gauge all’interno di un integrale di cammino per teorie non abeliane furono Fadeev e Popov: da loro prende il nome la procedura che esponiamo di seguito.

Per esporla consideriamo inizialmente il caso della teoria di Yang-Mills, con azione ottenuta integrando (2.24):

SYM = Z  −1 4F µν a Fµνa  d4x. (2.109)

Il procedimento fa uso di due passaggi non banali. Il primo consiste nell’inserire all’interno della funzione di partizione l’unità scritta come:

1 = Z DΩ δR AΩ det δR AΩ δΩ , (2.110)

in cui AΩ è il campo ottenuto da A mediante la trasformazione di gauge Ω, ed R (A) è una funzione di gauge-fixing. La gauge di Lorentz corrisponde a

(30)

scegliere R (A) = ∂µAµ. R (A) è un funzionale dipendente da Aaµ e la delta è

intesa in senso funzionale. La misura utilizzata è D Ω =Q

x0dΩ x0, in cui ogni dΩ x0 è la misura di Haar sul gruppo di gauge7. L’integrazione è fatta dunque su tutte le trasformazioni di gauge.

Poiché la funzione di partizione originaria era invariante di gauge lo è anche la nuova espressione:

ZYM = Z DΩ δR AΩ det δR AΩ δΩ DA eiSYM[A]. (2.112)

Grazie a quest’invarianza e a quella dell’azione SYM possiamo effettuare un

cambio di variabile AΩ → A nell’integrale e ottenere:

ZYM = Z DΩ Z DA δ[R (A)] det δR (Aχ) δχ χ=0 eiSYM[A] = Z

DA δ[R (A)] det kMR(A)k eiSYM[A].

(2.113)

L’integrale nella (2.112) è eseguito su tutti8 i campi di gauge A. Per

ciascuno di essi la delta seleziona una trasformazione Ω tale che R AΩ = 0.

Perciò il contributo di ogni campo appartenente a una data orbita di gauge sarà lo stesso (grazie al determinante) e possiamo sopprimere l’integrale sull’orbita DΩ. L’integrazioneR DΩ infatti porta solo una costante perché l’integrando non dipende più da Ω, perciò l’abbiamo omessa.

7Dato un gruppo topologico localmente compatto G, una misura sinistra di Haar su G

è una misura tale che ∀ U0∈ G, dU = d(U0U ), cosicché, data una funzione f : G → G, si

ha Z dU f (U0U ) = Z d(U0U ) f (U0U ) = Z dU f (U ).

In modo analogo si definisce una misura destra di Haar. Per SU (N ) le due misure destra e sinistra coincidono a meno di una costante di normalizzazione, e si parla semplicemente di misura di Haar o misura invariante.

Più tecnicamente, essa è definita come una misura µ invariante sinistra per traslazioni sugli elementi (detti insiemi boreliani) della σ-algebra generata dagli aperti di G, cioè come una µ tale che ∀S ⊆ G boreliano, ∀g ∈ G si ha:

µ(gS) = µ(S). (2.111)

8Per la precisione, l’integrale nella (2.112) è equivalente a quello iniziale,

ZYM =R DA eiSYM, solo in contesto perturbativo. Stiamo trascurando le copie di Gribov,

cioè assumiamo che Aa

µ(x) sia piccolo e che Ω(x) sia vicino all’unità. Queste sono le

(31)

2.3. QUANTIZZAZIONE E PROCEDURA DI FADEEV-POPOV 31 MR(A) è detta matrice di Fadeev-Popov, e per la gauge di Lorentz vale:

[MR(A)]ab(x, y) = " δRa Aχ(θ)(x) δθb(y) # θ=0 = (2.114) − 1 g δab∂ 2 x + gfabc∂xµA c µ(x) δ (4) (x − y) (2.115)

dove abbiamo posto χ(θ) = exp [iθaT

a], e l’operatore derivata agisce su tutto

ciò che sta alla sua destra. Vediamo così che, in questa gauge:

MR(A) = −

1 g∂

µD(agg)

µ (2.116)

in cui Dµ(agg) è la derivata covariante per un campo in rappresentazione

aggiunta.

L’integrando in (2.113) non contiene più modi zero di gauge. Il secondo passaggio non banale del procedimento di Fadeev e Popov, che ora esponiamo, è utilizzato per eliminare il determinante al suo interno.

Esprimiamo det [MR(A)] come un integrale fermionico, introducendo nuovi

campi di Grassmann ca e ¯ca: det [(−ig)MR(A)] =

Z D¯c Dc exp  − Z d4xd4y ¯ca(x)(−ig)[MR(A)]ab(x, y) c b (y)  = Z D¯c Dc exp  i Z d4x ¯ca(x) − ∂µDµ(agg)abcb(x)  , (2.117)

in cui nell’ultimo passaggio abbiamo usato l’espressione (2.116) trovata per la gauge di Lorentz. Il fattore costante (−ig) è stato inserito per comodità e non influisce sull’integrale di cammino.

Il prodotto del determinante e di eiSYM[A] nella funzione di partizione si potrà ora scrivere come ei ˜SYM[A], dove ˜S

YM include i nuovi campi di ghost

scalari fermionici ca e ¯ca: ˜ SYM = Z d4x  −1 4F a µF µ a − ¯c a µD(agg) µ  abc b  . (2.118)

I campi di ghost non sono reali: se lo fossero violerebbero il teorema di spin e statistica poiché sono fermioni con spin intero (nullo), e si perderebbe l’unitarietà della teoria [6].

Resta da eliminare la delta nell’integrale: possiamo farlo come segue. Utilizziamo una famiglia di gauge, che generalizzano la gauge di Lorentz:

(32)

dove ωa sono delle funzioni scalari assegnate, il che corrisponde a scegliere R0(A; ω) = ∂µA

µ − ω. La matrice di Fadeev-Popov resta la stessa che

avevamo per la gauge di Lorentz, e il valore di ZYM è indipendente dalla

scelta di ωa. Per questo possiamo anche utilizzare una combinazione lineare opportunamente normalizzata di ZYM per diverse scelte di ωa. In particolare

consideriamo l’integrale con peso gaussiano:

ZYM = N (ξ) Z Dω exp  − i 2ξ Z ω2(x) d4x  ZYM = N (ξ) Z Dω exp  − i 2ξ Z ω2(x) d4x Z DA δ[∂µA µ− ω] ei ˜SYM[A]= N (ξ) Z DA ei ˜SYM[A]exp  − i 2ξ Z (∂µAµ)2(x) d4x  . (2.120)

N (ξ) è un fattore di normalizzazione. La gauge di Lorentz si trova per ξ → 0. L’argomento del fattore esponenziale all’ultima riga in (2.120) si aggiunge come nuovo termine alla lagrangiana. Al termine della procedura di gauge fixing di Fadeev-Popov otteniamo così una nuova lagrangiana:

L(F P )YM = −1 4F a µF µ a − 1 2ξ (∂ µA µ)2− ¯ca ∂µDµ(agg)  abc b (2.121)

Includendo i fermioni, per i quali non sono necessari particolari accorgimenti, abbiamo la lagrangiana per la cromodinamica, dopo il gauge fixing:

L(F P )QCD = L(F P )YM + Nf X f =1 ¯ ψf i /D − mf ψf. (2.122)

Dunque mediante la seguente funzione di partizione:

ZQCD(F P ) = Z DAD ¯ψDψD¯c Dc exp  i Z d4x L(F P )QCD  (2.123)

si possono calcolare i valori di aspettazione di tutte le quantità invarianti di gauge della teoria, con la possibilità di eseguire sviluppi perturbativi. Questo è perciò il punto di partenza per ricavare le regole di Feynman, che includeranno ora anche vertici e propagatori dei ghost.

Facciamo una breve osservazione: l’integrale di cammino (2.123) è equi-valente a (2.107), invariante di gauge. Tuttavia questa invarianza non è più manifesta. La lagrangiana (2.122) è però ancora invariante sotto la

(33)

2.4. POTENZIALE Q ¯Q 33 traformazione globale che modifica i campi nel modo seguente:

δAaµ =  (Dµca) , δca = −1 2gfabcc bcc, δ¯ca = −1 ξ∂ µAa µ, δψf = igta(ca)ψf, δ ¯ψf = −ig ¯ψfta(ca), (2.124)

dove il parametro  è un numero di Grassmann. Questa è detta simme-tria BRST, ed è un residuo dell’invarianza di gauge iniziale, dopo il gauge fixing. Notiamo che le trasformazioni dei campi di ghost ca e ¯ca sono

mol-to diverse tra loro: ca e ¯ca non devono perciò essere pensati come uno il coniugato complesso dell’altro. Sono campi completamente indipendenti.

2.4

Potenziale Q ¯

Q

Una delle attese che si hanno per la cromodinamica quantistica è che essa sia in grado di spiegare il fenomento del confinamento, cioè l’assenza di quark e gluoni liberi, che si pensa sia una conseguenza della natura non abeliana dell’interazione di gauge della QCD. Comunemente questo è detto confinamento nel senso debole [6]. Con confinamento forte invece ci si riferisce al caso in cui il potenziale tra due sorgenti statiche con carica di colore non nulla cresce indefinitamente con la loro separazione. Immaginando una coppia quark-antiquark neutra in colore, se il potenziale crescesse con la distanza l’energia dei quark isolati sarebbe conseguentemente infinita, per cui non potrebbero essere presenti nello spettro della teoria.

Mentre in QED le linee di campo che collegano due cariche opposte si espandono, risultando in un campo intenso anche lontano da esse, in QCD ci si aspetta [5] che il flusso del campo cromoelettrico avente per sorgente quark e antiquark si concentri in sottili tubi di flusso (stringhe) che collegano le particelle.

Poiché l’energia resta ivi concentrata, all’aumentare della separazione in un sistema di quark e antiquark il potenziale crescerà, posto che effetti di polarizzazione del vuoto non schermino le cariche. Per una data distanza l’energia accumulata sarà però sufficiente a creare una nuova coppia quark-antiquark (q ¯q), e il sistema transiterà in un nuovo stato dividendosi in due adroni distinti. Le interazioni che rimarranno fra le cariche dei quark schermate saranno di tipo Wan der Waals, che sono le tipiche forze a corto raggio osservate tra adroni (che hanno carica di colore neutra).

(34)

Dunque propriamente in QCD non si ha confinamento forte. Tuttavia nella teoria di Yang-Mills, in assenza di fermioni, se si inserisce una coppia di sorgenti statiche nella rappresentazione fondamentale di SU (3) (“quark pesanti”) si ritiene [6] che la schermatura non possa avere luogo, perché i campi gluonici (in rappresentazione aggiunta) da soli non sarebbero in grado di formare un oggetto “colorato” (nella rappresentazione fondamentale di SU (3)) che possa schermare le sorgenti. Si ritiene, e le simulazioni puntano a confermare quest’ipotesi, che in questo caso il potenziale fra le due cariche cresca linearmente con la distanza che le separa.

Mostriamo ora come il potenziale di una coppia di sorgenti statiche, ciascuna delle quali dotata di carica di colore, può essere estratto da un integrale di cammino.

Per iniziare facciamo l’esempio un sistema quantistico formato da una particella non relativistica di massa m in un potenziale V (x), in una sola dimensione spaziale. L’hamiltoniana è H = p2/(2m)+V (x), e il propagatore è

K(x0, t0; x, 0) = hx0| e−iHt|xi.

(2.125) Consideriamo ora il limite statico di quest’espressione: per m → ∞ il termine cinetico in H diventa trascurabile e l’hamiltoniana viene sostituita dal semplice potenziale. Perciò la (2.125) assume la froma

K(x0, t0; x, 0) −−−→

m→∞ δ(x − x

0

) e−iV (x)t. (2.126) Continuando l’espressione a tempi immaginari vediamo che il potenziale si può determinare dal decadimento esponenziale della (2.125) a grandi tempi euclidei. Dalla presenza della delta vediamo che una particella di massa infinita non si propaga nello spazio: la sua funzione d’onda assume solo una fase dipendente dal punto attraverso il potenziale, e la soluzione è data da:

ψ(x, t) = e−iV (x)tψ(x, 0). (2.127)

Generalizziamo ora al caso di una teoria di gauge. Ci basiamo su [15] e [5]. In questo paragrafo avremo:

x = (~x, 0), y = (~y, 0),

x0 = (~x0, t), y0 = (~y0, t). (2.128)

Consideriamo un quark Q e un antiquark ¯Q “pesanti”, introdotti nello stato fondamentale di un sistema governato dall’azione della cromodinamica (2.30). Studiamo l’energia di questa coppia di particelle, la cui massa consideriamo

(35)

2.4. POTENZIALE Q ¯Q 35 tendente ad infinito, immaginando che il sistema si trovi in uno stato singoletto di colore, come segue dal postulato del confinamento. Per farlo scegliamo uno stato con i suoi stessi numeri quantici (uno “stato interpolante”), che ci servirà per selezionare lo stato di energia più bassa della coppia. Perciò utilizziamo la seguente combinazione invariante di gauge:

|φαβ(~x, ~y)i = ¯Ψ(Q)α (~x, 0) U (~x, 0; ~y, 0)Ψ (Q)

β (~y, 0) |Ωi, (2.129)

dove |Ωi denota lo stato di vuoto e U (~x, 0; ~y, 0) è il trasporto parallelo finito U (~x0, t; ~y0, t) = P eigR y0

C x0Aµ(z) dz µ

, (2.130)

in cui scegliamo come curva C la linea retta che congiunge i due punti. Abbiamo posto i due quark nei punti x e y al tempo 0, e indicato i loro campi con l’apice (Q) per distinguerli dagli altri fermioni di massa finita (quindi “leggeri” e responsabili degli effetti di polarizzazione menzionati sopra).

Lo stato (2.129) non è un autostato dell’hamiltoniana H, ma lo abbiamo scelto come stato di prova per estrarre la minima energia degli autostati di H aventi una proiezione non nulla su di |φαβi. Questa quantità è quella a cui

siamo interessati, e dipenderà dalla distanza fra quark e antiquark. Così come nell’esempio della particella non relativistica potremo estrarre questa grandez-za dalla propagazione di (2.129); tuttavia c’è una differengrandez-za: qui |φαβi non

diventa un autostato dell’hamiltoniana nel limite in cui M → 0. Per questo motivo dobbiamo considerare la scomposizione spettrale del propagatore

Gα0β0,αβ(~x0, ~y0; ~x, ~y; t) ≡ D Ω T ¯Ψ (Q) β0,j0(~y0, t) · (2.131) · U (~y0, t; ~x0, t)Ψ(Q) α0,i0(~x0, t) ¯Ψ (Q) α,i(~x, 0) U (~x, 0; ~y, 0)Ψ (Q) β,j(~y, 0)  Ω E

che sarà del tipo:

Gα0β0,αβ(~x0, ~y0; ~x, ~y; t) = X

n

hφ0|EnihEn|φi e−iEnt, (2.132)

per cui passando a tempi euclidei (t = −iτ ) possiamo estrarre l’energia dello stato più basso:

Gα0β0,αβ(~x0, ~y0; ~x, ~y; −iτ ) −−−→

τ →∞ hφ 0|E

0ihE0|φi e−E0τ. (2.133)

Notiamo qui che l’ordine in cui si prendono i limiti è importante: prima consideriamo la propagazione nel limite di massa infinita, e solo a quel punto ne studiamo il comportamento asintotico a tempi infiniti. Poiché quark e

(36)

antiquark nel limite di massa infinita non si propagheranno nello spazio ci aspettiamo allora che la (2.133) assuma la forma:

Gα0β0,αβ(~x0, ~y0; ~x, ~y; −iτ ) −−−−→ MQ→∞ τ →∞ δ(3)(~x0 − ~x) δ(3)(~y0− ~y) C α0β0,αβ(~x, ~y) e−E(R)τ, (2.134)

in cui MQ è la massa dei quark, C è un il fattore che tiene conto della

sovrapposizione tra lo stato di prova |φαβi e lo stato fondamentale di H in

presenza della coppia Q ¯Q, ed E(R) è l’energia dello stato fondamentale della coppia Q ¯Q separata dalla distanza R ≡ |~x − ~y|.

Il propagatore (2.131) ha la seguente rappresentazione in termini di integrali di cammino: G|φ0i←|φi = 1 Z Z DADψD ¯ψDψ(Q)Dψ(Q) ¯ψ(Q) β0,j0(~y0, t) . . . ψ (Q) β,j(~y, 0)  eiS, (2.135) in cui l’espressione tra parentesi corrisponde ai campi determinati dalla (2.131) ed S è l’azione che governa la dinamica dei quark, leggeri e pesanti, e del campo di gauge

S = SG(A) + SF(ψ, ¯ψ, A) + S (Q) F (ψ

(Q), ¯ψ(Q), A), (2.136)

ottenuta sommando i contributi di pura gauge e delle diverse specie fermio-niche. Poiché l’azione S(Q) è quadratica, ossia della forma ¯ψ(Q)·K(Q)·ψ(Q),

dove

Kαβ(Q)[A](x, y) = [iγµ(∂µ+ igAµ(x)) − MQ]αβ δ(4)(x − y), (2.137)

si può integrare sulle variabili di Grassmann ψ(Q) e ¯ψ(Q), ottenendo:

Gα0β0,αβ = − 1 Z

Z

DADψD ¯ψ [Sββ0,jj0(y, y0; A)Sα0α,i0i(x0, x; A) − Sα0β0, i0j0(x0, y0; A)Sβα,ji(y, x; A)] ·

· Uj0i0(~y0, t; ~x0, t)Uij(~x, 0; ~y, 0) det K(Q)[A] eiSG+SF, (2.138) in cui S(z, z0; A) è il propagatore di un quark nel campo esterno Aµ, cioè si ha:

K(Q)[A](z, z00) · S(z00, z0) = δ(4)(z − z0) 1D1C. (2.139)

Dove 1D è l’identità sugli indici di Dirac e 1C quella sugli indici di colore.

Il determinante det K(Q)[A] diveta indipendente da A

(37)

2.4. POTENZIALE Q ¯Q 37 ed è cancellato da un termine analogo peresente in Z al denominatore. Per questo possiamo da ora porre det K(Q)[A] = 1.

Cerchiamo dunque un’espressione valida per Gα0β0,αβ nel limite MQ → ∞. Seguendo [15] trascuriamo la propagazione spaziale nella (2.139), riscrivendola:

iγ0 (∂0+ igA0(z)) − MQ · S(z, z0; A) = δ(4)(z − z0) 1D1C. (2.140) Con l’ansatz : S(z, z0; A) = P eig R z00 Cz0A0(~z,t) dyS(z − z˜ 0) (2.141) troviamo che ˜S(z − z0) soddisfa un’equazione che non dipende più da Aµ:

iγ0∂0− MQ

 ˜

S(z − z0) = δ(4)(z − z0) 1D. (2.142)

La soluzione si può trovare facilmente ([15], [5]): come nel caso della particella non relativistica l’evoluzione temporale per la coppia di quark pesanti include solo un cambio di fase in ogni punto. Usando questa soluzione nella (2.138) il secondo termine, prodotto di due S, non contribuisce perché coinvolge punti distinti, e passando nella formulazione euclidea (t = −iτ ) si ottiene:

Gα0β0, αβ(~x0, ~y0; ~x, ~y; −iτ ) −−−−→ MQ→∞ (2.143) δ(3)(~x − ~x0(3) (~y − ~y0)P + α0αP− ββ0e−2MQτ D Tr P e−igHCAµ(ξ)d µξE , in cui P± = 1 2(1 ± γ 0) (2.144)

e l’integrale di linea è eseguito lungo un percorso chiuso C nello spazio euclideo tra i punti elencati nella (2.128), rettangolare e di lati R ≡ |~x − ~y| e τ . Le parentesi angolate h i indicano il valore di aspettazione sullo stato fondamentale in assenza della coppia Q ¯Q, calcolato quindi con l’azione SQCD

(2.30). Riconosciamo il loop di Wilson (2.15) che indicheremo qui con WC[A].

Possiamo confrontare quanto trovato con la (2.134): il fattore e−2MQτ tiene conto dell’energia a riposo della coppia Q ¯Q, mentre per hWC[A]i ci

aspettiamo, per τ → ∞:

W (R, τ ) ≡ hWC[A]i −−−→

τ →∞ f (R) e −E(R)τ

, (2.145)

in cui f è determinata dalla sovrapposizione tra il nostro stato di prova (2.129) e il fondamentale del sistema in presenza della coppia Q ¯Q, mentre E(R) è l’energia di interazione di quest’ultima. Dunque per ottenerla basta calcolare:

E(R) = − lim τ →∞  1 τ ln hWC[A]i  . (2.146)

(38)

La nostra analisi non ha riguardato le interazioni dipendenti dallo spin dei quark statici, per la quale si deve considerare anche la loro propagazione spaziale. Per dettagli al riguardo si può consultare ad esempio [32].

Nel calcolare il valore di aspettazione hWC[A]i si può integrare anche la

parte di azione dei fermioni SF della (2.136), che è della froma ¯ψ ·K[A]·ψ. Si

ottiene allora:

hWC[A]i =

R DA WC[A] e−Sef f

R DA e−Sef f (2.147)

in cui

Sef f[A] = SG[A] − ln det K[A], (2.148)

e (nello spazio euclideo):

Kαβ[A](x, y) = [γµ(∂µ+ igAµ(x)) + M ]αβ δ(4)(x − y). (2.149)

A questo punto si può procedere con un approccio perturbativo, espandendo ln det K[A]. Si ottengono così diagrammi di Feynman costituiti da un singolo loop fermionico, a cui sono collegate un numero arbitrario di linee gluoniche. Considerare solo il primo termine di quest’espansione corrisponde a porre ln det K[A] = 1: questa si indica col nome di approssimazione quenched. Si trascurano in essa gli effetti di polarizzazione del vuoto dovuti ai fermioni, e così ci si aspetta che il potenziale tra due quark statici cresca al crescere della loro distanza. La determinazione di tale potenziale si effettua comunemente tramite simulazioni su reticolo, alle quali faremo cenno nel prossimo capitolo, che consentono di calcolarlo non perturbativamente.

(39)

Capitolo 3

Introduzione alla QFT su reticolo

Per calcolare gli integrali di cammino utili a ricavare informazioni fisiche su una teoria di nostro interesse procedere per via analitica è nella maggior parte dei casi impossibile. Siamo portati allora a discretizzare lo spaziotempo, introducendo un reticolo su cui calcolare gli integrali: si tratta di una regola-rizzazione della teoria. Dovremo poi procedere a rimuovere questo reticolo. Si tratta di un compito delicato, che coinvolge la definizione di un processo di limite al continuo, definendo il modo in cui scalano le grandezze del sistema al diminuire della spaziatura tra i siti.

Questo è quanto ci accingiamo a descrivere nel presente capitolo.

3.1

Campo Scalare su Reticolo

L’equazione del moto per un campo scalare libero è, nello spazio di Minkowski:

 + M2 φ(x) = 0, (3.1)

che si ricava dall’azione

S = −1

2 Z

φ(x)  + M2 φ(x) d4x. (3.2)

Nello spazio euclideo l’azione viene sostituita da: SE =

1 2

Z

φ(x) −  + M2 φ(x) d4x. (3.3)

Ci dedichiamo ora al problema di portare su un reticolo, adatto a una simulazione numerica, l’integrale di cammino (2.69). Sia la spaziatura del reticolo a, e indichiamo con n ≡ (n1, n2, n3, n4) le coordinate del reticolo, con

interi e n4 tempo euclideo.

(40)

Sostituiamo così nelle formule: xµ−→ nµa, φ(x) −→ φ(na), Z d4x −→ a4X n ,  φ(x) −→ 1 a2 φ(na),ˆ Dφ −→Y n dφ(na),

in cui sul reticolo è definito l’operatore ˆ: ˆ

 φ(na) = X

µ

(φ(na + ˆµa) + φ(na − ˆµa) − 2φ(na)) , (3.4)

in cui per comodità ˆµ ≡ ˆeµ, il versore nella direzione µ.

Vogliamo ottenere un’espressione adimensionale per l’integrale, per cui ri-scaliamo la massa M e il campo φ con le rispettive dimensioni, servendoci di a:

ˆ

φn = aφ(na),

ˆ

M = aM. (3.5)

Otteniamo così dalla (2.69):

h ˆφn1. . . ˆφnki = R ˆ φn1. . . ˆφnke −SE[ ˆφ]Q rd ˆφr R e−SE[ ˆφ]Q rd ˆφr , (3.6)

in cui (la somma su µ comprende sia direzioni negative che positive):

SE = − 1 2 X n,µ ˆ φnφˆn+ˆµ+ 1 2 8 + ˆM 2ˆ φnφˆn. (3.7)

L’azione ovviamente è adimensionale, per cui non vi compare la spaziatura a. È di fondamentale importanza [5] il fatto che la forma dell’azione discre-tizzata (3.7) non è unica. Noi abbiamo scelto la più semplice, ma l’unica richiesta perché l’azione sia accettabile è che riproduca l’azione classica nel limite al continuo a → 0, fatto scalando opportunamente le grandezze con la loro dimensione. Vedremo nel prossimo paragrafo che già l’azione della teoria di Dirac non si presta a un trattamento tanto naïve, e che la scelta dell’azione richiede particolare cura.

(41)

3.1. CAMPO SCALARE SU RETICOLO 41 Calcoliamo ora l’integrale di cammino (3.6). Ci interessa il caso di h ˆφnφˆmi.

Riscriviamo SE come: SE = 1 2 ˆ φ · K · ˆφ, (3.8)

in cui la matrice Knm è data da

Knm = −

X

[δ(n + ˆµ, m) + δ(n − ˆµ, m) − 2δnm] + ˆM2δnm. (3.9)

Sono ancora valide le (2.60) e (2.62). Quest’ultima ha ora la forma: Z0[J ] = (2π)N/2 √ detK e −1 2J ·K −1· J (3.10) da cui, differenziando, otteniamo:

h ˆφnφˆmi = Knm−1. (3.11)

K−1 si calcola facilmente da K · K−1 = 1, passando in trasformata di Fourier1:

Knm= Z π −π d4kˆ (2π)4 K(ˆ˜ k)e iˆk·(n−m) , (3.12) con ˜ K(ˆk) = 4X µ sin2 ˆ kµ 2 + ˆM . (3.13)

K−1 così si ottiene facilmente lavorando in trasformata di Fourier: Knm−1 = h ˆφnφˆmi = a2 Z π/a −π/a d4k (2π)4 eik·(x−y) ˜ k2+ ˆM , (3.14)

dove abbiamo già riscalato con a e definito: ˜ kµ = 2 asin kµa 2 . (3.15)

Oltre che dai siti n ed m la funzione a due punti dipende anche da ˆm:

G(n, m; ˆM ) = h ˆφnφˆmi. (3.16)

Se adesso volessimo ricavare il limite continuo di quest’espressione calcolata attraverso la (3.14) il modo corretto di farlo [5] sarebbe, dopo aver riscalato ˆφ

1In trasformata è δnm= Z π −π d4ˆk (2π)4e iˆk·(n−m)

(42)

ed ˆM tramite la (3.5), quello di fare il limite a → 0 tenendo fisse le quantità fisiche, ossia φ, M , x = na e y = na. Questo pone il problema di sapere quali sono le quantità fisiche da considerare come fisse durante il limite. Nel caso del campo scalare non ci sono particolari attenzioni da porre: il limite naïve

h ˆφnφˆmi = lim a→0  1 a2G x a, y a; M a  (3.17) è quello corretto.

Nell’integrale (3.14) l’intervallo di integrazione è −πaa, per cui sarà dominato dagli impulsi piccoli rispetto a 1/a: possiamo allora approssimare ˜

k con k. Facendo il limite è evidente che il risultato è il consueto propagatore per un campo scalare.

In questo caso abbiamo potuto calcolare il limite analiticamente. Se ciò non fosse stato possibile e avessimo avuto solo un integrale di cammino calcolato numericamente per procedere al limite avremmo dovuto riscalare opportunamente le grandezze del sistema, ad esempio scalandole in modo da ridurre la lunghezza di correlazione ˆξ misurata in unità del reticolo. Per il campo scalare ˆξ = 1/M a, per cui vediamo che facendo il limite a → 0 la lunghezza di correlazione diverge, e, vedendola dal punto di vista della meccanica statistica, il limite è ottenuto ad un punto critico della teoria. È evidente allora che il limite non potrà mai effettivamente essere raggiunto in una simulazione. Il modo di superare questo problema è di riuscire a rendere il reticolo tanto fine da rendere le quantità fisiche insensibili alla sua struttura, o comunque da permettere una estrapolazione dei risultati al limite a → 0 abbastanza affidabile. Siccome potremo calcolare solo quantità adimensionali sul reticolo, considereremo rapporti di grandezze fisiche. Si può studiare nel nostro esempio h ˆφnφˆmi/ ˆM2 per ˆM piccoli, tenendo fisso ˆM |n − m|. Quando il

rapporto diventerà costante saremo nella zona utile ad estrarre direttamente la fisica del continuo.

3.2

Fermioni su Reticolo

Nel caso della teoria di campo scalare libera non si incontrano particolari problemi nel processo di discretizzazione: la teoria ottenuta con una discretiz-zazione naïve è dotata del corretto limite al continuo. Esso si ottiene scalando opportunamente tutte le variabili adimensionali per la dimensione del reticolo a → 0, tenendo fisse le quantità fisiche.

Ci poniamo ora il problema analogo per un campo fermionico. Vedremo che, già nel caso di un campo fermionico libero, la procedura naïve utilizzata in precedenza non risulta più adeguata a causa della comparsa del cosiddetto

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