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Superconduttività Duale

re. Essendo vicini al punto di transizione ψ sarà molto piccolo e potremo linearizzare l’equazione, ottenendo

1 2m∗  ~ p − e ∗ c ~ A 2 ψ(~r) = −α(T )ψ(~r). (5.30)

Riconosciamo l’equazione di Schrödinger per una particella non relativistica con massa m∗ e carica e∗ in presenza di un campo magnetico H. Il più piccolo autovalore dell’hamiltoniana è dunque:

E0 = 1 2~ωc = 1 2~ |e∗|H m∗c . (5.31)

Il valore del campo magnetico per cui inizia a presentarsi la superconduttività è perciò Hc2(T ) tale che

Hc2(T ) = 2m∗c |e∗|~|α(T )|. (5.32) Troviamo così: Hc2(T ) Hc(T ) =√2 κ. (5.33)

Possiamo vedere allora che per κ > 1/√2 è Hc2(T ) > Hc(T ): lo stato super-

conduttivo appare ad H = Hc2(T ), al di sopra di Hc(T ), e il superconduttore

è di tipo II. Perciò per sapere se un superconduttore è di tipo I o II basta guardare il valore di κ:

κ = λ(T )

ξ(T ),

(

κ < 1/√2 superconduttore di tipo I

κ > 1/√2 superconduttore di tipo II. (5.34)

Con gli elementi che abbiamo esposto possiamo analizzare nuovamente la fase di Shubnikov, in cui Hc1(T ) < H < Hc2(T ), e in cui tubi di flusso del

campo magnetico penetrano nel materiale. Il flusso portato da questi vortici dovrà essere quantizzato, e si può mostrare che nella configurazione privilegiata ogni vortice porta un quanto di flusso Φ0. Lungo l’asse di ogni tubo di flusso

si ha |ψ(~r)| = 0 e dunque il nucleo di ogni vortice è costituito di materiale in fase normale, ed ha raggio ≈ ξ(T ). Il campo ivi contenuto invece è schermato da correnti che si addentrano nel materiale per uno spessore ≈ λ(T ).

5.2

Superconduttività Duale

Le simulazioni su reticolo hanno dato indicazioni in favore dell’idea che quando aumenta la separazione in una coppia q ¯q tra le due particelle si formi

un tubo di flusso del campo di forza [5]. La domanda da porsi a questo punto è quale sia il meccanismo responsabile della formazione di tale tubo di flusso.

Nielsen e Olesen [37] e poi Kogut e Susskind [30] suggerirono che il confinamento di colore in QCD si potrebbe spiegare se il vuoto si comportasse come un superconduttore duale, cioè reagendo a un campo cromoelettrico in maniera analoga a quanto fa un superconduttore sotto l’applicazione

di un campo magnetico2. Il meccanismo proposto da ’t Hooft [45] e da

Mandelstam [33] coinvolge eccitazioni topologiche generate dinamicamente, le cui correnti fornirebbero la schermatura richiesta.

La presenza di tubi di flusso induce ad escludere i superconduttori di tipo I e a concentrarsi su quelli di tipo II, dove esistono strutture che hanno precisamente le caratteristiche desiderate, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti: i tubi di flusso di Abrikosov.

Allora, se il vuoto della QCD si comportasse come la versione duale di un superconduttore di tipo II, nello stato fondamentale ci sarebbero cariche magnetiche “di colore” che in presenza di una coppia quark-antiquark si orga- nizzerebbero a formare correnti magnetiche persistenti, le quali confinerebbero il flusso cromoelettrico in sottili tubi di flusso di Abrikosov duali.

’t Hooft ha ipotizzato [46] che i gradi di libertà rilevanti per il meccanismo di confinamento fossero gradi di libertà U (1) definiti nella cosiddetta gauge abeliana massimale o MAG (maximal abelian gauge). Secondo questa ipotesi il condensato bosonico in una teoria non abeliana è costituito da monopoli di Dirac legati a sottogruppi U (1) del gruppo di gauge totale. In SU (N ) sono contemporaneamente individuabili N − 1 tali sottogruppi, per cui la MAG è massimale nel senso di non fissare con la condizione di gauge il più grande sottogruppo abeliano possibile di SU (N ).

Inoltre fissando contemporaneamente tutti gli N − 1 sottogruppi U (1) con la stessa condizione di gauge ci si assicura ogni carica di un U (1) sia neutra rispetto agli altri gruppi U (1).

La giustificazione per scegliere il sottogruppo massimale abeliano fu ini- zialmente [46] quella di ottenere singolarità puntiformi nello spazio tridimen- sionale, che corrisponderanno ai monopoli. Rompendo questo sottogruppo massimale le singolarità possono assumere la forma ad esempio di stringhe, le quali hanno una teoria di campo più articolata e non forniscono un’immediata corrispondenza col modello di superconduttore duale.

Esponiamo ora in dettaglio [12][22] il metodo di proiezione abeliana e scelta della MAG, con cui si individuano i sottogruppi abeliani U (1) nel gruppo di gauge. Si inizia scegliendo un generico campo φ in rappresentazione

5.2. SUPERCONDUTTIVITÀ DUALE 75 aggiunta:

φ(x) = φa(x)Ta (5.35)

con φ2 = φ

aφacostante. Ricordiamo che Ta, con a ∈ {1 . . . , N2− 1} sono i ge-

neratori di SU (N ) nella rappresentazione fondamentale, con Tr [TaTb] = 12δab. Da qui si può definire il tensore abeliano di ’t Hooft:

Fµν = Tr{φ Gµν} −

i

gTr{φ[Dµφ, Dνφ]}. (5.36)

in cui Gµν è il tensore di campo non abeliano. Il tensore di ’t Hooft è per

costruzione un invariante di gauge, e dipende dalla scelta di φ. Cerchiamo ora per quali condizioni i termini bilineari del tipo AµAν e Aµ∂νφ si annullano. La

condizione per cui ciò accade per i termini AµAν è, come si verifica facilmente:

X2(Aµ, φ) ≡ Tr(φ[Aµ, Aν]) + Tr(φ[[Aµ, φ], [Aν, φ]]) = 0. (5.37)

Se φ0 è una soluzione allora anche

φ(x) = U (x)φ0U†(x) (5.38)

lo è, con U (x) matrice unitaria arbitraria. Infatti

X2(Aµ(x), φ) = X2(U†(x)AµU (x), φ) = 0, (5.39)

perché la (5.37) vale per ogni scelta di Aµ. In particolare possiamo scegliere

φ0 diagonale. Le soluzioni generiche della (5.37) sono [22]:

φk0 = 1 N diag(N − k, . . . , N − k| {z } k , −k, . . . , −k | {z } N −k ), (5.40)

in cui k ∈ {1, . . . , N − 1}. Se la soluzione è continua sarà costante, uguale ad uno dei possibili valori della (5.40). La soluzione generale al problema si ottiene quindi scegliendo uno dei possibili valori della (5.40) e applicando la (5.39).

Se la condizione X2è rispettata allora anche i termini in Aµ∂νφ si annullano.

Infatti la condizione X1 è:

X1(A, φ) = Tr{φ(∂µAν− ∂νAµ)} + Tr{φ [[Aµ, φ], ∂νφ]}+

Tr{φ [∂µφ, [Aν, φ]]} − Tr{∂µ(φAν) − ∂ν(φAµ)} =

Tr{φ [[Aµ, φ], ∂νφ]} + Tr{φ [∂µφ, [Aν, φ]]}+

Ma poiché, se definiamo Ωµ = (∂µU )U†, si ha [22]:

∂µφ = ∂µ(U φ0U†) = [Ωµ, φ], (5.42)

e troviamo

X1(A, φ) = X2(A + Ω, φ) − X2(Ω, φ) − X2(A, φ). (5.43)

Dunque X2(A, φ) = 0 ⇒ X1(A, φ) = 0. Allora per X2(A, φ) = 0 il tensore di

’t Hooft si scrive

Fµν = Tr{∂µ(φAν) − ∂ν(φAµ)} −

i

g Tr{φ[∂µφ, ∂νφ]} (5.44)

Nella gauge, detta comunemente gauge unitaria, in cui φk = φk

0, il tensore

di ’t Hooft assume la forma:

Fµν(k)= Tr{∂µ(φk0Aν)} − Tr{∂ν(φ0kAµ)} ≡ ∂µa(k)ν − ∂νa(k)µ , (5.45)

dove abbiamo definito

a(k)µ ≡ Tr(φk 0Aµ) = k X j=1 (Aµ)jj, (5.46)

come si può verificare dal fatto che Aµ è a traccia nulla.

Sia ADµ la parte diagonale del campo Aµ = AaµTa nella gauge unitaria [46].

Si vede facilmente che:

ADµ = N −1 X k=1 a(k)µ αk, (5.47) in cui αk= 1 2diag(0, . . . , 0, k,k+1 z }| { 1, −1, 0, . . . , 0). (5.48)

Dunque il tensore di ’t Hooft Fµν(k) è il tensore elettromagnetico associato al

sottogruppo U (1) generato da αk in questa gauge.

Nelle teorie di gauge con gruppo SU (N ) è possibile identificare N −1 sotto- gruppi U (1) indipendenti, ossia un sottogruppo abeliano U (1)N −1 massimale.

La procedura standard [46] consiste nell’identificare un operatore hermitiano locale X(x) che trasforma in modo covariante nella rappresentazione aggiunta:

X(x) → G(x)X(x)G−1(x), per poi diagonalizzarlo con una trasformazione

opportuna:

XD(x) = UX(x)X(x)U †

5.2. SUPERCONDUTTIVITÀ DUALE 77 Ciò fissa la gauge tranne che per una simmetria U (1)N −1residua, se si impone un ordinamento sugli autovalori Xi(x), per eliminarne le permutazioni. Un

possibile ordine è [46]:

Xj(x) ≥ Xj+1(x). (5.50)

Per ogni k si può fissare φk(x) = UX†(x)φk

0UX(x): si può allora associare un

tensore di ’t Hooft ad ogni sottogruppo U (1). X(x) può essere scelto senza perdere generalità come un operatore a traccia nulla. Quindi, visto che le φk0 formano un insieme completo di matrici a traccia nulla, possiamo scrivere:

XD(x) =

N −1

X

k=1

ck(x)φk0. (5.51)

È banale verificare che

Tr αkφk00 = 1 2δ

kk0, (5.52)

per cui

ck(x) = 2 Tr αkXD(x) = Xk(x) − Xk+1(x). (5.53)

Nei punti x0 in cui ck(x0) = 0 due autovalori di X diventano degeneri:

Xk(x0) = Xk+1(x0). Allora la simmetria U (1) dell’autovalore Xk(x) viene

sostituita da una più grande simmetria SU (2) e la procedura di gauge fixing che abbiamo utilizzato non è più sufficiente a determinare la gauge. In questi punti la gauge diventa dunque singolare e il punto x0 è un difetto topologico.

Identifichiamo x0 con la posizione di un monopolo magnetico relativo al

corrispondente gruppo U (1).

Le singolarità compaiono come punti isolati nello spazio tridimensionale, infatti la condizione perché una matrice di SU (2)

A = a01 + a1σ1+ a2σ2+ a3σ3 (5.54)

abbia due autovalori coincidenti è a1 = a2 = a3 = 0; si tratta dunque di tre

condizioni, che fissano la posizione di un punto nello spazio tridimensionale. Quel che conta non sono tanto le posizioni di queste singolarità, che sono determinate dalla scelta di gauge, ma la loro presenza [46]: esse sono variabili dinamiche della teoria.

Nel caso particolare del gruppo di gauge SU (3) si possono identificare due diverse specie di monopoli abeliani che nella gauge unitaria si manifestano con la presenza di un campo magnetico ad andamento coulombiano, determinato dai corrispondenti campi di gauge abeliani:

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