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Prima di intraprendere il percorso di cambiamento organizzativo, è necessario che il management analizzi nel dettaglio la situazione attuale dell’intera organizzazione. In particolare, devono essere analizzate le criticità esistenti, i punti di forza e di debolezze, le opportunità, le minacce e le aree di miglioramenti possibili. Conseguentemente si deve riflettere su dove si intende arrivare e quali sono gli obiettivi da perseguire con il processo di cambiamento e, infine, occorre valutare come poter raggiungere gli stessi obiettivi, individuando le azioni da dover implementare per realizzare il cambiamento. 51

La fase della realizzazione del cambiamento è la parte più importante dell’intero processo, ma è anche la più difficile, in quanto spesso il cambiamento comporta trasformazioni impegnative e costituisce motivo di disagio sia per il management che per i collaboratori. Per questi motivi è importate che gli attori che promuovono il cambiamento siano consapevoli della complessità di tale processo e che si preparino con adeguati strumenti da applicare.

Come anticipato precedentemente52, un modello tecnico che aiuta il management a delineare il processo di cambiamento è il modello delle otto fasi di Kotter53. Il modello prevede otto stadi che il management deve attuare per garantire la riuscita del processo di cambiamento.

La prima fase ha come obiettivo quello di diffondere un senso di urgenza e di

necessità del cambiamento. La riuscita di un progetto di cambiamento

presuppone la mobilitazione di gran parte dei membri dell’organizzazione e per ottenere questa mobilitazione, bisogna generare un senso di urgenza, facendo comprendere alle persone che lo status quo è inaccettabile. Creare un senso di

51 GIANNINI M., Aspetti evolutivi nella progettazione delle soluzioni organizzative, Giappichelli, Torino, 2014

52 Vedi capitolo primo, paragrafo 1.2 Il cambiamento organizzativo: un inquadramento teorico 53 KOTTER J.P., Leading change, Harvard Business Press, 1996

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urgenza, naturalmente, non significa solo far vedere che la concorrenza sta ottenendo risultati migliori di noi, o che il nostro operare non è adeguato, ma vuol dire aprire con i collaboratori un dialogo onesto, spiegando ciò che sta succedendo nel nostro ambiente competitivo e porre l’attenzione su cosa occorre fare per mantenere la posizione e migliorarla. Il management per far questo deve compiere una dettagliata analisi del contesto competitivo, capire quali possono essere le opportunità e le minacce dell’ambiente esterno e quali potrebbero essere gli scenari futuri da poter sfruttare, favorendo il dialogo tra le persone.54

Successivamente bisogna cercare di formare una potente coalizione per guidare

il processo di cambiamento. L’obiettivo per il management in questa fase è

quello di riuscire a incoraggiare tutta l’azienda a lavorare come una squadra, con lo scopo di guidare e dominare insieme il cambiamento.55 Top management e personaggi chiave dell’organizzazione devono essere compatti e remare tutti nella stessa direzione, esercitando la leadership verso lo stesso obiettivo. Cruciale in questa face è il ruolo di chi guida il cambiamento, che dovrà essere capace di identificare le persone giuste con cui creare un’alleanza, coinvolgendole anche da un punto di vista emozionale, individuare i collaboratori deboli della squadra e far sì che non abbiano paura del cambiamento al fine di assicurare un giusto mix di persone provenienti da aree diverse e con esperienze diverse.56

La terza fase consiste nel creare una vision legata al cambiamento che deve essere apportato. Una vision è fondamentale per permettere all’intera organizzazione di avere un’immagine di come sarà il futuro dopo aver implementato il processo di cambiamento. Creare un’immagine di ciò che sarà il futuro è di stimolo per l’interna organizzazione per far sì che ciò che avverrà grazie al cambiamento diventi un obiettivo condiviso e raggiungibile. 57

Non basta che la vision sia chiara al management, è fondamentale comunicarla ai collaboratori di ogni livello. La quarta fase, infatti, consiste nel comunicare la

54Il modello di Kotter, 8 passi verso il cambiamento http://qualitiamo.com/articoli/Modello_di_Kotter.html

55 KOTTER J.P., Winning at change, Leader to Leader, Vol. 1998(10), pp. 27-33, 1998 56 Il modello di Kotter, 8 passi verso il cambiamento

http://qualitiamo.com/articoli/Modello_di_Kotter.html

57 TANNER R., Leading Change (Step 3) – Develop a Change Vision and Strategy, 2017 https://managementisajourney.com/leading-change-step-3-develop-a-change-vision-and-strategy/

46 vision. L’obiettivo da raggiungere e la strategia da perseguire devono

differenziarsi da ogni altro tipo di comunicazione all’interno dell’azienda, per questo il management deve ricordare frequentemente e con forza il cambiamento che deve essere attuato. Per ottenere il risultato però non bisogna solo comunicare “a parole”, bisogna anche e soprattutto agire e dare esempio a tutti i collaboratori; per questo è fondamentale che il management adotti un comportamento allineato al cambiamento che intende stimolare, deve parlare spesso della vision, cercare di applicarla, ascoltare l’intera organizzazione, e diventare il management stesso esempio e guida.58

La quinta fase consiste nel responsabilizzare l'intera organizzazione ad agire

sulla vision. Chiarita la vision si deve passare all’azione, il che implica cercare di

superare le barriere al cambiamento che inevitabilmente si verranno a creare. Rimuovere tali ostacoli ci permette di raggiunger l’obiettivo prefissato e permettere all’intera organizzazione di sostenere il processo di cambiamento. Il management deve quindi far sì che gli obiettivi e le necessità del personale siano allineati, favorire la comunicazione e l’ascolto e cercare di creare un ambiente che fornisca una sicurezza psicologica.

Nella sesta fase l’obiettivo principale è quello di pianificare e creare successi a

breve termine. Infatti, per far sì che il personale rimanga motivato e concentrato è

importante definire obiettivi a breve termine che abbiano una ricaduta immediata in termini di visibilità e di risultati ottenuti. È utile infatti mostrare ai collaboratori che gli sforzi fatti guidano nella giusta direzione. 59

La settima fase consiste nel consolidare i miglioramenti e produrre ulteriore

cambiamento. Il processo di cambiamento è in continua evoluzione e il suo

svolgimento non deve essere fermato. Quindi, anche sei primi obiettivi sono stati raggiunti bisogna mantenere quel senso di urgenza affinché non si interrompa il percorso di cambiamento. Il management deve infatti gratificare i collaboratori

58 Il modello di Kotter, 8 passi verso il cambiamento http://qualitiamo.com/articoli/Modello_di_Kotter.html 59 Il modello di Kotter, 8 passi verso il cambiamento http://qualitiamo.com/articoli/Modello_di_Kotter.html

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per gli obiettivi di volta in volta raggiunti, al fine di generare entusiasmo per il futuro.

L'ottava e ultima fase, infine, si concentra sulla istituzionalizzazione dei nuovi

approcci. Il management, infatti, deve cercare di incorporare il cambiamento

nella cultura aziendale affinché la trasformazione avvenuta diventi duratura. Una volta terminato il processo di cambiamento bisogna vigilare sulla sua attuazione per evitare il pericolo di fare un passo indietro.

Queste otto fasi possono essere utilizzate per riflettere sull’impostazione del percorso di Change Management da intraprendere, garantendone il successo. Cruciale nella fase di preparazione al cambiamento è il ruolo degli attori promotori del processo di trasformazione. Il sostegno del vertice aziendale fornisce, infatti, la legittimazione affinché il processo di cambiamento possa realizzarsi con successo. Le figure direttive sono chiamate a diventare agenti del cambiamento, con significative capacità di leadership, al fine di favorire azioni concrete e coordinate, coerenti con gli obiettivi di cambiamento. È essenziale infatti che venga adottato uno stile di leadership definito transformational

leadership, particolarmente adatto a determinare il cambiamento, in grado di

creare una visione coinvolgente, un ambiente che supporta l’esplorazione, la sperimentazione, l’assunzione di rischi e la condivisione delle idee.60

Un cambiamento può essere coronato da successo solo quando il management e i collaboratori sono disposti a dedicare tempo e energia necessari per raggiungere i nuovi obiettivi e, allo stesso tempo, a sopportare possibili tensioni e difficoltà. II vertice aziendale, promotore del cambiamento, deve essere pienamente convinto e responsabilizzato sugli obiettivi del processo di cambiamento. Sin da principio il management, in modo visibile e chiaro, deve far propri i motivi del cambiamento e dimostrare con i fatti un proprio atteggiamento coerente con il processo. A tal proposito, infatti, è importante che il management sviluppi competenze necessarie alla gestione del cambiamento, mettendosi in gioco esso stesso, al fine di possedere le capacità indispensabili per la realizzazione del processo. È necessario, infatti, che il team coinvolto nel cambiamento disponga

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di una certa combinazione di attitudini, capacità, esperienze e competenze che consentono di assumere il ruolo guida nell’unità organizzativa in cui si opera e di ottenere il rispetto e la fiducia dei propri collaboratori. 61

Altro aspetto importante, nei confronti dei processi di gestione del cambiamento, è il fatto di riuscire a motivare i propri collaboratori verso il raggiungimento degli obiettivi. Il management deve riflettere sulle modalità più opportune adottabili per riuscire a motivare i propri colleghi, ricercando un delicato equilibrio tra soddisfazione dei bisogni personali e soddisfazione dei bisogni organizzativi.

Risulta talvolta necessario la creazione di un team che fa da sponsor dell’intera iniziativa di cambiamento, che riesce a convincere le persone a procedere verso la realizzazione di tale processo. Unità creative separate, venture team o gruppi costituiti ad hoc o task force sono tutti modi per concentrare le energie sia sull’aspetto della creazione di un contesto incline al cambiamento sia quello della realizzazione del processo. Una task force può essere costituita allo scopo di supervisionare il completamento della fase di realizzazione, diventando responsabile della comunicazione, del coinvolgimento degli utenti, della formazione e di altre attività necessarie per la riuscita del cambiamento.62 A tal fine, è indispensabile che gli attori promotori del cambiamento riescano a delegare ad ogni collaboratore certi obiettivi e certe responsabilità che prima gli appartenevano.

È proprio la delega uno degli strumenti cardine su cui si basa il processo di cambiamento organizzativo. L’autore Preti63 definisce la delega come quel processo di attribuzione di responsabilità decisionale dal delegato al delegante per lo svolgimento di alcune funzioni cui sono correlate certi obiettivi. La delega di un collaboratore dipende da l’ammontare di discrezionalità che le viene

61 GIANNINI M., Aspetti evolutivi nella progettazione delle soluzioni organizzative, Giappichelli, Torino, 2014

62 DAFT R.L, Organizzazione aziendale, Apogeo, Milano,2007

63 PRETI P., PURICELLI M., La flessibilità nelle piccole e medie imprese: una rilettura critica al tema

della delega, Workshop del Raggruppamento di Organizzazione Aziendale Flessibilità & Performance,

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attribuita, non significa, infatti, esplicitare le modalità di esecuzione di un compito, mediante la comunicazione di fasi, tempi e comportamenti da seguire. La delega può riguardare l’attribuzione di obiettivi con diversi gradi di discrezionalità: un primo livello è quello dove al delegato è richiesto di formulare alternative, ma la responsabilità di effettuare la scelta finale rimane in capo al delegante; un secondo livello lo troviamo quando al delegato è richiesto, oltre di generare alternative, anche di offrire al delegante la soluzione finale; infine, l’ultimo livello consiste nella piena responsabilità data al delegato, il quale, dotato di totale discrezionalità, si impegnerà a mantenere informato il delegante in caso si presentino eccezioni.64

Il processo di delega costituisce un passaggio estremamente delicato, non immediato e complesso del cambiamento organizzativo; i collaboratori si ritrovano a dover gestire situazioni che precedentemente non gli appartenevano, dovendo intraprendere un percorso di apprendimento con lo scopo di imparare a prender decisioni e offrire risposte ai problemi in un ambiente controllato. Lo sviluppo di un processo di delega passa attraverso alcune fasi65 la cui individuazione aiuta a comprendere la necessità di dedicare tempo ed energie alla delega, che non può essere quindi “improvvisata”. In particolare, la natura della relazione tra delegato e delegante tende a modificarsi e parallelamente cambia il ruolo di entrambi gli attori coinvolti. Ne consegue che delegante e delegato sono chiamati, contemporaneamente, ad avviare processi di apprendimento e disapprendimento di abitudini, prassi e consuetudini per costruire su basi nuove e diverse la natura della relazione.

Nella prima fase del processo di delega, il management deve determinare gli obiettivi che il delegato dovrà perseguire e, in particolare, deve porre l’attenzione sulle relazioni esistenti tra prestazione e obiettivo. La performance degli attori delegati è strettamente influenzata dal grado di difficoltà, di specificità e di

64 PRETI P., PURICELLI M., La flessibilità nelle piccole e medie imprese: una rilettura critica al tema

della delega, Workshop del Raggruppamento di Organizzazione Aziendale Flessibilità & Performance,

Padova, 2001

65PRETI P., PURICELLI M., La flessibilità nelle piccole e medie imprese: una rilettura critica al tema

della delega, Workshop del Raggruppamento di Organizzazione Aziendale Flessibilità & Performance,

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precisione degli obietti loro assegnati. L’obiettivo deve essere pensato difficile ma raggiungibile, preciso e specifico. Un obiettivo è preciso se è correlato ad una scala di misurazione ed è specifico se a questa scala corrispondono diverse configurazioni di risultati. Obiettivi percepiti troppo facili, invece, riducono la ricerca e l’impegno e inducono ad accontentarsi dei primi risultati ottenuti. Contrariamente, obiettivi percepiti troppo difficili inducono a stimare basse probabilità di raggiungimento e quindi a non agire.

La seconda fase risiede nell’individuazione del soggetto delegato. Non si tratta di un passaggio di immediata applicazione. Il manager che delegherà, dopo aver analizzato le competenze e le mansioni dei propri collaboratori, e dopo aver riflettuto sul grado di fiducia che ognuno di essi ripone nelle proprie capacità, sarà in grado di individuare i possibili soggetti da delegare. La delega, pertanto, implica una capacità di selezione dei nuovi e futuri collaboratori che non guarda tanto alle capacità di esecuzione di compiti, ma a capacità di analisi, valutazione e scelta al fine di perseguire dati obiettivi.

Successivamente il management deve spiegare al soggetto delegato gli obiettivi correlati al nuovo ruolo. In questa fase, il delegante deve dedicare del tempo alla comunicazione ed esplicitazione dei risultati che si aspetta dal delegato. La comunicazione, infatti, ricopre un ruolo fondamentale nel processo di delega: gli obiettivi non devono essere definiti solo nella mente dell’imprenditore, ma devono essere comunicati e condivisi con i soggetti delegati.

La quarta fase risiede nella condivisione da parte del delegante delle fonti informative necessarie e disponibili per raggiungere gli obiettivi. Non si deve confondere questo passaggio con il momento di cessione di tutte le informazioni utili per arrivare ad una decisione ottimizzante, ma bisogna comprendere che, affinché un collaboratore possa generare scelte e ragionare sulle possibili conseguenze, affinché quindi possa concretamente esercitare l’autonomia decisionale che gli viene riconosciuta, deve esso stesso sapere dove poter ricercare le informazioni utili, quindi conoscere le fonti informative.

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Oltre alle fonti informative, bisogna esplicitare le risorse (materiali, immateriali, tecnologiche, temporali) a disposizione del delegato che, a diverso titolo, possono contribuire alla decisione e alla realizzazione dell’obiettivo.

La quinta e la sesta fase consistono nel richiedere preliminarmente al delegato il modo in cui prevede di svolgere il nuovo compito e, contemporaneamente, di generare più alternative di condotta. Questo accade perché il processo di delega ha le caratteristiche di in un processo di apprendimento, dove delegante e delegato, attraverso la comunicazione continua, collaborano per il raggiungimento degli obiettivi. La delega infatti può preoccupare il delegato, il quale avrà bisogno, soprattutto nelle prime fasi di esercizio, di un costante confronto per alleviare il timore dell’assunzione della piena responsabilità.

Successivamente è necessaria un’attività di controllo e di discussione dei risultati con lo scopo di effettuare una valutazione finale rispetto allo svolgimento del compito e al raggiungimento degli obiettivi. L’attività di controllo deve essere svolta durante l’intero periodo di implementazione del processo di delega, sin dall’inizio fino alla sua conclusione. Il controllo finale serve per analizzare se all’interno del processo vi è stata coerenza tra i risultati misurati e obiettivi assegnati.

Infine, l’ultima fase è quella di analisi e riflessione sugli scostamenti tra obiettivi fissati e risultati raggiunti. Il management e il delegato si confrontano e riflettono sull’intero percorso e, in particolar modo, rivedono e interpretano gli scostamenti significati. Particolarmente importante è il momento di riflessione sulle deviazioni emerse durante l’attività di valutazione; rivedere il percorso svolto e soffermarsi sulle criticità è coerente con la visione della delega come momento di apprendimento sia per chi delega che per il collaboratore.66

Il processo di delega, così delineato, appare un processo complesso e graduale, che richiede una consapevolezza nell’attuazione, lo sviluppo di competenze specifiche e il superamento di resistenze individuali che inevitabilmente si presentano.

66 PRETI P., PURICELLI M., La flessibilità nelle piccole e medie imprese: una rilettura critica al tema

della delega, Workshop del Raggruppamento di Organizzazione Aziendale Flessibilità & Performance,

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Sono proprio le resistenze al cambiamento un altro aspetto che caratterizza tutti i processi di cambiamento e come tali devono essere gestite. I progetti di cambiamento si traducono spesso in modifiche del sistema organizzativo, che coinvolgono compiti, ruoli, mansioni, organigrammi, procedure, forme di coordinamento, sistemi operativi... Il cambiamento di uno di essi implica spesso conseguenze sugli altri. Tali relazioni, se non gestite correttamente, possono essere causa di fallimento dell’intero processo di cambiamento. È importante, infatti, che i suoi promotori e realizzatori posseggano una soddisfacente conoscenza delle componenti chiave della struttura organizzativa verso cui si indirizza il processo.

Sono le abitudini, gli schemi mentali, gli elementi sociali, i comportamenti, che spingono le persone a privilegiare la stabilità e la sicurezza del proprio ambiente di riferimento e della propria attività lavorativa, piuttosto che spingersi verso il cambiamento.

Diverse sono le motivazioni che possono incidere sul manifestarsi delle resistenze ai cambiamenti, quali, ad esempio: la paura dell’ignoto, delle relazioni manager-collaboratore non basate sulla reciproca fiducia, una predisposizione individuale legata alle caratteristiche personali, la paura di non essere in grado di affrontare il cambiamento, la paura di perdita di potere e di sicurezza organizzativa, il dover rinunciare a relazioni di gruppo consolidate.67

A livello individuale, molti collaboratori temono l’incertezza associata al cambiamento; è necessario, quindi, una comunicazione costante in modo che le persone sappiano quello che succede e capiscano come ciò incide sulle loro attività lavorative. La comunicazione svolge, perciò, un ruolo fondamentale. È essenziale che il management sia in grado di ascoltare i propri collaboratori, per comprenderne bisogni ed eventuali timori. L’empatia, l’intelligenza emotiva, la capacità di leggere i feedback (ovvero il ritorno della comunicazione) sono fondamentali per comunicare in maniera efficace in un sistema di cambiamento.68

67GIANNINI M., Aspetti evolutivi nella progettazione delle soluzioni organizzative, Giappichelli, Torino, 2014

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Talvolta, risulta utile intraprendere un processo di “educazione” al cambiamento, per aiutare il management e i collaboratori a percepire gli aspetti positivi in misura maggiore rispetto a quelli negativi.

Gli attori promotori del cambiamento devono avviare un percorso di preparazione al cambiamento, dove i collaboratori prendono consapevolezza del processo che sta per coinvolgergli e tramite promemoria, riunioni, discorsi ufficiali o contatti personali diventano coscienti del fatto che il cambiamento influirà direttamente sul loro lavoro. Il management dovrebbe aiutare i collaboratori a sviluppare comprensione dell’impatto complessivo del cambiamento e dei risultati positivi che possono derivare dalla sua realizzazione. Quando i collaboratori percepiscono il cambiamento come un fatto positivo o comunque diventano consapevoli del cambiamento, comprendendone le motivazioni, la decisione di realizzarlo si può considerare presa.

La fase di realizzazione può essere generalmente progettata in modo da superare e gestire le barriere organizzative e individuali che possono ostacolare il cambiamento.

Uno dei modelli più noti nei programmi di Change management è il modello ADKAR69, sviluppato dall’azienda Prosci70. Questo modello è rivolto principalmente alla gestione del cambiamento individuale. Tale modello si propone di fornire indicazioni utili a ridurre le resistenze individuali che inevitabilmente si creano di fronte ad un processo di cambiamento organizzativo, richiamando l’attenzione del management su come le persone sperimentano e affrontano il cambiamento. Questo modello propone il cambiamento come un passaggio attraverso alcune fasi: consapevolezza (Awareness), desiderio (Desire), conoscenza (Knowledge), attitudine (Ability), sostegno (Reinforcement).

La prima fase consiste nel rendere consapevoli i propri collaboratori della necessità di un cambiamento, facendo sì che si rendano conto delle problematiche esistenti. È essenziale, infatti, spiegare perché è importante

69 ADAKR è l’acronico di Awareness, Knowledge, Disire, Ability e Reinforcement. AKDAR Change

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