• Non ci sono risultati.

Presentazione del progetto

Il PROGETTO KNOW US 

4.1 Presentazione del progetto

Creato con lo scopo di stimolare le aziende nella ricerca dellÕinnovazione strategica, il Progetto Know Us • finanziato dal Programma operativo per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia (periodo 2007-2013, programma operativo numero CCI: 2007 CB 163 PO 036). Il Programma nasce il 20 dicembre 2007 e beneficia del fondo comunitario nel quadro Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per specifiche regioni italiane e slovene: le province italiane sono Trieste, Gorizia, Udine, Venezia, Rovigo, Padova, Ferrara e Ravenna mentre quelle slovene sono Oriška, Obalno-Kraška e Gorenjska. Oltre alle province appena citate si aggiungono come aree adiacenti quelle slovene di Osrednjeslovenska e Notranjsko-kraška e le italiane Pordenone e Treviso, le quali hanno potuto usufruire fino ad un massimo del 20% dei fondi FESR assegnati al Programma. LÕarea oggetto dellÕanalisi • visibile in figura 31. Inoltre, il Programma operativo dispone di un bilancio di 136 milioni di euro in quanto rientra nel quadro predisposto per lÕObiettivo europeo di cooperazione territoriale, mentre pu˜ disporre di 116 milioni di euro erogati dal Fondo europeo di sviluppo regionale.

LÕarea oggetto dellÕanalisi sta acquisendo unÕimportanza sempre maggiore anche in virt• dellÕallargamento dellÕEuropa, ci˜ consente a molte aree, considerate un tempo periferiche, di acquisire sempre pi• importanza. Il progetto Know Us ha avuto pertanto lÕobiettivo di sviluppare differenze e varianti culturali, economiche e sociali facendole diventare una leva per la creazione di valore aggiunto.

Figura 31: L’area transfrontaliera italo‐slovena 

Fonte: http://www.know‐us.eu/Progetto/Programma 

La visione del Progetto quindi mira a Òsupportare la co-generazione di conoscenza competitiva collegando le imprese (le associazioni di imprese, i parchi scientifici) e le universitˆ anche non appartenenti al medesimo contesto nazionale, cos“ da aumentare la cooperazione intra e internazionale favorendo nel contempo uno sviluppo sostenibile localeÓ (http://www.know-us.eu).

LÕimportanza del progetto e dei temi in esso trattati ci appare in perfetta linea con i tempi in cui viviamo, che premiano le aziende che si sforzano ad essere innovative e che riescono a portare avanti una strategia in tal senso (come abbiamo visto nel capitolo precedente). Per quelle che invece non riescono ad intuire o a sfruttare la forza del cambiamento innovativo, le prospettive sono tuttÕaltro che rosee, perci˜ • diventato fondamentale sviluppare una condivisione della conoscenza strutturata che faccia da ponte tra il vecchio e il nuovo.

LÕarea geo-economica di riferimento • dunque formata dalle regioni Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia da quelle slovene sopra menzionate.

Bisogna innanzitutto sottolineare come esse siano accumunate da una serie di problematiche legate alla dimensione delle aziende, per la maggior parte medio-piccole

e che sono tuttÕora la forza trainante dellÕeconomia, oltre alle nuove necessitˆ, sia per quanto riguarda il rinnovamento di un orientamento strategico comune, sia per la maggiore domanda di energia elettrica. QuestÕultimo punto va di pari passo con il crescente flusso turistico che ogni anno prende dÕassalto in particolare lÕarea costiera, che possiede strutture ricettive datate e obsolescenti. Inoltre il settore turistico sta attraversando una fase di cambiamento che lo porta a prediligere soluzioni pi• sostenibili. La maggiore richiesta di energia elettrica • dovuta anche alla crescita del territorio in esame, il quale, • situato in un corridoio di collegamento europeo (lÕA4) e ha sviluppato diversi parchi industriali, artigianali e logistici, come ad esempio lÕEastgate Park nel nord-est orientale. Inoltre, la forte vocazione agricola data dalla conformitˆ del territorio permette la valorizzazione di prodotti locali certificati di altissima qualitˆ.

Le imprese oggetto dellÕanalisi fanno parte dei settori del turismo, dellÕedilizia, della logistica e dei trasporti, della manifattura, del legno e dellÕarredamento e dellÕagricoltura.

La classificazione per settore • avvenuta in base al codice ATECO delle aziende:

- A01 : coltivazioni agricole, prodotti di derivazione animale, caccia e servizi connessi;

- C31: produzione di mobili - F41: costruzione di edifici

- H49: trasporto terrestre; H50: trasporto marittimo p per vie dÕacqua; H52: magazzinaggio e attivitˆ di supporto ai trasporti;

- I55, I56: attivitˆ di servizi di alloggio e ristorazione.

LÕanalisi del Progetto Know Us • strettamente legata alla crisi globale del 2008 che non ha risparmiato le aziende italiane e a tal fine • stato imposto alle imprese di ripensare il proprio modello di business rivedendolo in unÕottica di innovazione strategica.

Come visto nel precedente capitolo, quando parliamo di innovazione ci riferiamo a quella di prodotto e di processo, il tutto rivisto in chiave di innovazione strategica, ci˜ significa che il processo di cambiamento devÕessere finalizzato alla riduzione dei costi e allÕaumento dei ricavi, il tutto condito da una proposta di valore chiara ed efficace. In tempi di crisi • necessario riconsiderare le regole del proprio business e la strategia, questÕultima in particolare in quanto pu˜ diventare matura e non pi• adatta alla creazione di un vantaggio competitivo (Bagnoli, 2012). Dunque non bisogna temere di

dover modificare i fattori critici comprese le proprie risorse, soprattutto in termini di relazioni con fornitori, clienti e stakeholder.

Va tenuto conto dei cambiamenti del mercato che influenzano tutti i settori oggetto dellÕanalisi, in primis la globalizzazione, la quale porta maggiori opportunitˆ ma anche una sempre pi• agguerrita competizione. Il tessuto economico dellÕarea considerata • composto prevalentemente da piccole e medie imprese, che la maggior parte delle volte non possiedono le dimensioni sufficienti per sviluppare unÕadeguata innovazione che permetta loro di creare un vantaggio competitivo. Uno dei nodi principali del Progetto • perci˜ la clusterizzazione delle filiere per permettere anche una migliore condivisione della conoscenza, oltre alla creazione di strategie sostenibili che abbiano ricadute non sulla singola azienda, ma sullÕintero territorio, cos“ da perseguire uno sviluppo sostenibile. QuestÕultimo fattore sembra acquistare sempre pi• importanza anche in chiave strategica. La sostenibilitˆ intesa come le Òtre EÓ, ossia equitˆ, economicitˆ ed ecologia (figura 32), • ormai diventato un trend di massima importanza per quelle aziende che vogliono conquistare un vantaggio competitivo di lungo periodo: infatti, perseguendo le Òtre EÓ si ottiene uno sviluppo a tutto campo che avrˆ ripercussioni benefiche per lÕazienda, attraverso una riduzione dei costi e un miglioramento della reputazione aziendale, per la societˆ, intesa come comunitˆ che beneficia di un minore inquinamento e uno sviluppo economico del territorio e, infine, per lÕambiente, che viene tutelato da azioni che potrebbero metterlo a rischio.

Figura 32: L’equilibrio delle “3E” 

In questa dinamica gioca un ruolo chiave la conoscenza posseduta dalle imprese, dato che proprio grazie ad essa • possibile attuare sviluppi strategici che portino allÕinnovazione. LÕeconomia deve prima di tutto mirare ad una crescita qualitativa, mentre in passato durante lÕepoca industriale la tensione era sulla crescita quantitativa, con lo sfruttamento dellÕambiente e della societˆ senza cogliere le ripercussioni positive che, per esempio, unÕadeguata gestione e investimento in conoscenza tecnologica avrebbe portato allÕinterno e allÕesterno delle aziende.

Tornando alla questione della clusterizzazione, secondo Marshall (1890) sono tre i fattori che portano alla formazione di un cluster per uno specifico settore. Il primo • la facilitˆ nel reperire manodopera specializzata, il secondo la presenza di infrastrutture utili a tutte le aziende del cluster, mentre il terzo • formato dagli spillover, i quali rappresentano la facilitˆ con cui la conoscenza (anche tecnologica) si diffonde tra tutte le aziende appartenenti allÕarea geografica considerata. Krugman (1991) ha aggiunto un altro fattore di grande importanza, ossia la riduzione dei costi dovuta alla vicinanza geografica.

Le aziende possono decidere di localizzare la produzione prendendo come fattore di riferimento le competenze chiave presenti nel territorio anzichŽ le altre industrie del settore, ci˜ perchŽ unÕazienda fornitrice spesso serve diversi settori che sono accumunati dallÕutilizzo di una stessa tecnologia, pertanto la sua decisione di stabilirsi in un determinato cluster • vincolata dal know-how e dalle capabilities a cui pu˜ avere accesso.

Come spiegano Buciuni e Pisano (2015), recentemente Boston Consulting Group ha previsto un rientro in patria delle produzioni manifatturiere, dovuto allÕaumento dei salari nei Paesi in via di sviluppo in cui si • delocalizzato e allo stesso tempo si • assistito ad una diminuzione dei salari nei Paesi industrializzati, oltre ad una riduzione del costo dellÕenergia. Oltre al costo dei fattori produttivi, la scelta di dove allocare la propria azienda dipende anche da dove • situata la supply chain dello specifico settore. In questo secondo caso si considera la posizione geografica dellÕapprovvigionamento in fase upstream, ma anche la produzione e gli altri canali in fase downstream.

Figura 33: Configurazione della supply chain. 

Fonte: G. Buciuni e G. Pisano, 2015   

Come si evince dalla matrice di Buciuni e Pisano (2015) in figura 33, la supply chain pu˜ avere diversi tipi di configurazione che dipendono da due fattori: la concentrazione geografica per quanto riguarda gli step produttivi e la vicinanza al mercato di sbocco. Per quanto riguarda il primo fattore, si riscontra unÕalta concentrazione in quei settori dove le aziende beneficiano della vicinanza ad altre facenti parte della stessa supply chain, come ad esempio avviene nella produzione di vino. Una bassa concentrazione invece si trova nella supply chain dei semiconduttori, dove i vari step produttivi sono localizzati in prossimitˆ di aziende che creano prodotti simili.

Il secondo fattore, ovvero la vicinanza al mercato finale, vede anchÕesso due diverse possibilitˆ, la prima nel caso in cui la produzione non necessiti della vicinanza al consumatore (ad esempio Apple produce in Cina ma vende in tutto il mondo), la seconda nel caso in cui gli alti costi e tempi di produzione richiedano una maggiore vicinanza al mercato finale (ad esempio lÕindustria pesante e alcuni esempi di produzione di birra artigianale).

Con lÕattuale crisi delle PMI italiane del Nord Est appare evidente la carenza di preparazione dellÕattuale management, anche se bisogna ammettere che alcuni deboli tentativi di invertire la rotta sono stati fatti. La dimensione critica • dunque quella della

gestione della conoscenza, in quanto le imprese sono per la maggior parte a conduzione familiare e faticano a sfruttare la conoscenza che viene creata sul loro territorio, mentre si aggiunge la criticitˆ della gestione della conoscenza interna allÕorganizzazione. Di seguito verranno spiegati gli obiettivi del progetto, il quale ha inizio con la suddivisione in due sotto-progetti definiti ÒformulazioneÓ e ÒimplementazioneÓ, ciascuno della durata di 24 mesi e con lÕobiettivo di creare uno spazio che favorisca la condivisione di conoscenza anche tra settori e aree geografiche molto diverse tra loro.

¥ Il sotto-progetto ÒformulazioneÓ si pone lÕobbiettivo di creare tra le PMI un clima favorevole alla generazione di idee innovative, ad esempio attraverso lo studio delle

best practice internazionali (azione 1), il riconoscimento della situazione in cui si

trovano le imprese, con riferimento allÕambiente esterno (azione 2) e interno (azione 3 e 4) e lo studio delle esperienze di crescita osservabili in altre realtˆ ma applicabili al proprio contesto (azione 5). Lo scopo ultimo • quello di creare un ambiente favorevole alla cooperazione tra imprese (sia a livello internazionale che nazionale) fino ad arrivare a vere e proprie aggregazioni (azione 6 e 7), oltre a sviluppare nuovi modelli di business e verificare la loro fattibilitˆ operativa e finanziaria. Per fare ci˜ • stato necessario riunire molti specialisti sia del mondo accademico che imprenditoriale (azione 8).

¥ Il sotto-progetto ÒimplementazioneÓ ha invece lÕobbiettivo di mettere in pratica piani strategici volti a rendere operativi i nuovi modelli di business strutturati nella fase precedente. Attraverso la interventionist research si mira a risolvere le problematiche delle aziende appartenenti al progetto, sviluppando allo stesso tempo una nuova conoscenza inerente al problema affrontato e per fare ci˜ sono stati predisposti regolari meeting tra gli analisti e gli imprenditori manager (azione 9). Attraverso lÕanalisi finale verranno riconosciute le best and bad practice e inoltre verranno sfruttate al meglio le risorse knowledge based per supportare le azioni strategiche (azione 10).

Per fare ci˜ sono state coinvolte 400 fra imprese italiane (120 friulane, 120 venete, 40 emiliane) e slovene (120), 16 partner e la durata • andata da luglio 2010 a febbraio 2014. Le aziende sono per lo pi• PMI che presentano le stesse problematiche che vengono accentuate dalla crisi economica, ossia difficoltˆ nel reperire finanziamenti o liquiditˆ e pertanto scarsa capacitˆ di innovazione. Gli obbiettivi che il progetto si pone

consistono dunque nella riconfigurazione del modello di business delle suddette aziende e nel fornire strumenti adeguati per far fronte alle problematiche citate.

Per raggiungere questi obbiettivi appare evidente come le universitˆ e i poli innovativi giochino un ruolo molto importante. Il progetto Know Us dunque vuole offrire gli strumenti utili a colmare lÕattuale gap e aiutare le aziende a far emergere un piano strategico che riesca ad incanalare le conoscenze e a condividerle a livello territoriale per acquisire un vantaggio competitivo.

4.2 Partenariato

I partner del progetto Know Us possono essere distinti in tre diverse componenti Ð una accademica, una operativa e una associativa Ð per ogni regione tranne che per lÕEmilia Romagna che presenta solo la componente accademica. Per quanto riguarda la componente associativa (UPAVE, UPAPN, CAKO), essa • simile in tutte le regioni e ha lo scopo di aiutare le aziende nel perseguire gli scopi del progetto e applicare i risultati raggiunti.

Il lead partner del progetto • stata la Regione del Veneto Ð Unitˆ di Progetto Ricerca ed Innovazione, mentre gli altri partner che hanno collaborato sono i seguenti:

¥ Dipartimento di Economia e Direzione Aziendale dellÕUnivesitˆ CaÕ Foscari Venezia (DEA);

¥ Polo Innovazione Strategica (POLINS);

¥ Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura di Venezia;

¥ Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia Ð Servizio Istruzione, Universitˆ e Ricerca;

¥ Universitˆ degli Studi di Udine Ð Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Gestionale e Meccanica (DIEGM);

¥ Polo Tecnologico di Pordenone;

¥ Consorzio per lÕAREA di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste; ¥ Camera di Commercio di Udine;

¥ Universitˆ del Litorale Ð Facoltˆ di Management;

¥ Univerza na Primorskem, Znanstveno-raziskovalno središče Koper - Evropska podjetniška mreža;

¥ GZS - Območna zbornica Ljubljana; ¥ Camera di Commercio del Litorale; ¥ Universitˆ degli Studi di Ferrara;

¥ Regione Emilia Romagna Ð Direzione Generale Attivitˆ Produttive, Commercio, Turismo.

La presenza capillare dei vari partner su tutto il territorio oggetto dellÕindagine ha fatto in modo che non venisse mai a mancare il supporto alle aziende del progetto, aiutandole ad elaborare i piani strategici, definendo le attivitˆ e ripartendo i vari compiti cos“ da raggiungere gli obbiettivi prefissati.

4.3 Metodologia

Di seguito viene presentata la metodologia utilizzata per lÕimplementazione del progetto, che si articola in quattordici azioni principali pi• due di supporto. Tali attivitˆ, ciascuna inserita allÕinterno di un work package, sono necessarie per raggiungere le finalitˆ della metodologia, vale a dire la creazione dei piani strategico cognitivi delle aziende e la creazione di conoscenza condivisa.

La prima attivitˆ consiste nel ÒDisegno e successiva applicazione in via prototipale di

metodologie, strumenti e processi finalizzati a incoraggiare e supportare lo sviluppo di co-laboratori transfrontalieri della conoscenzaÓ ed • stata affidata al lead partener.

Consiste in 3 fasi:

1.a Ð Trovare i modi migliori attraverso cui realizzare unÕintegrazione tra tutti i vari attori territoriali e le imprese, quindi mettendole in collegamento con universitˆ, enti, parchi scientifici e associazioni di imprese nellÕarea transfrontaliera italo-slovena, unendo la conoscenza locale delle PMI a quella globale attraverso la mappatura delle

best practice a livello internazionale;

1.b Ð Analisi delle best practice al fine di individuarne i limiti e le potenzialitˆ;

1.c Ð Predisposizione di una piattaforma online di e-learning in inglese, italiano e sloveno per garantire la diffusione delle informazioni tra tutti gli attori coinvolti.

La seconda attivitˆ, ÒRicognizione del contesto economico e non della zona trans-

frontaliera italo-slovena per identificare le sue possibilitˆ in termini di sviluppo economico locale sostenibileÓ si sviluppa nelle seguenti 3 fasi:

2.a Ð Attraverso lÕanalisi SWOT si mira ad indagare le dinamiche dei principali settori coinvolti al fine di individuare le caratteristiche strutturali e pianificare uno sviluppo economico sostenibile, anche in ottica di innovazione tecnologica e strategica;

2.b Ð Scelta delle aree o settori su cui lavorare con tutti gli attori coinvolti attraverso un workshop;

2.c Ð Dopo aver selezionato le aree o i settori di intervento, esse verranno descritte e analizzate anche attraverso la visione di studi giˆ condotti su tali aree e aggiornando tali dati per identificare i fattori chiave a livello economico, dimensionale e competitivo. La terza attivitˆ consiste nel ÒDisegno di metodologie, strumenti e processi che

permettano il riconoscimento della conoscenza presente nelle PMI italo-slovene nonchŽ dei modelli di gestione della conoscenza attualmente in usoÓ, articolata a sua volta nelle

seguenti 4 fasi:

3.a Ð Disegno di uno schema per la traduzione delle conoscenze delle imprese partendo dal Competitive Knowledge Audit (CKA), ossia uno schema di analisi della configurazione delle aziende intesa come sistema coerente di parti interrelate e messa a punto dal Dipartimento di Economia e Direzione Aziendale dellÕUniversitˆ CaÕ Foscari di Venezia (figura 33).

Il CKA indaga la coerenza strategica attraverso la prospettiva strategica e quella cognitiva: mentre la prima serve ad individuare il modo in cui compete unÕazienda, la seconda approfondisce la conoscenza tacita delle persone coinvolte, sia allÕinterno che allÕesterno dellÕimpresa, tra hardware e software.

La prospettiva interna ed esterna servono ad individuare i punti di forza, debolezze, minacce e opportunitˆ, il tutto rivisto attraverso la prospettiva cognitiva del CKA che serve a migliorare le capacitˆ cognitive delle imprese e rendere le conoscenze pi• fruibili (anche da parte di universitˆ e parchi scientifici).

3.b Ð Si punta a definire uno schema di analisi a supporto della valutazione del tasso di esposizione a rischi e minacce derivanti dalle scelte aziendali, ad esempio lÕaggregazione e lÕinternazionalizzazione. Per fare ci˜ si parte da un approccio Òfrom

inside to outÓ, volto cio• allÕanalisi dellÕassetto e delle caratteristiche interne per leggere

Figura 33: Schema per la “traduzione” delle conoscenze delle imprese 

Fonte: http://www.poloinnovazionestrategica.org/ 

3.c Ð Attraverso un workshop verranno condivisi gli schemi di analisi tra i vari referenti del progetto;

3.d Ð Sviluppo di un software per raccogliere i dati attraverso lo schema del punto 3.a e la loro successiva elaborazione.

La quarta attivitˆ, ÒApplicazione delle metodologie, strumenti e processi di cui alla fase

precedente e successivo ridisegno dei modelli di gestione della conoscenza attualmente in usoÓ, si articola in 7 fasi:

4.a - Coinvolgimento nel progetto di un minimo di 100 imprese per regione, e successiva assistenza.

4.b - Riconoscimento, attraverso un intervento formativo composto da 3 sessioni della durata di 3 ore lÕuna, delle principali criticitˆ a livello di singola impresa e di sistema applicando il CKA. I temi affrontati nelle sessioni formative sono i seguenti.

Il governo strategico delle PMI:

¥ La formazione della strategia nelle PMI: lÕintuizione (visionaria) dellÕimprenditore vs la pianificazione (razionale) del manager;

¥ La conoscenza competitiva come risorsa strategica fondamentale;

¥ La misurazione della coerenza strategica per migliorare la conoscenza competitiva: lo schema CKA.

I modelli competitivi adottati dalle PMI:

¥ La ripresa dello schema di analisi per la misurazione della coerenza strategica; ¥ LÕapplicazione guidata dello schema di analisi alle imprese partecipanti I modelli

cognitivi adottati dalle PMI;

¥ La ripresa dello schema di analisi per la misurazione della coerenza strategica; ¥ LÕapplicazione guidata dello schema di analisi alle imprese partecipanti. 4.c - Analisi dei dati, ovvero in termini pi• puntuali:

¥ Identificazione attraverso una cluster analysis sulla base dati raccolti attraverso il CKA di n. gruppi strategici di imprese;

¥ Caratterizzazione di ogni gruppo strategico in termini di: 1. prospettiva strategica interna ed esterna;

2. prospettiva cognitiva interna ed esterna.

4.d - Condivisione dei risultati emersi per la descrizione dei gruppi strategici tra i referenti scientifici coinvolti attraverso un workshop;

4.e - Discussione a livello istituzionale della sostenibilitˆ dei diversi modelli di business e di knowledge management identificati (visione macro) attraverso un convegno per regione;

4.f - Elaborazione di un report di consulenza e discussione dei risultati emersi, ovvero sviluppo di un report per singola impresa fondato su un indice di coerenza rispetto al suo gruppo strategico con riferimento agli aspetti caratterizzanti la prospettiva strategica interna ed esterna, la prospettiva cognitiva interna ed esterna, il collegamento tra la prospettiva strategica e quella cognitiva;

1. La valutazione della coerenza strategica (discussione in aula):

Si descrivono ai partecipanti i gruppi strategici riconosciuti per iniziare a riflettere sulla