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Innovazione Strategica per le PMI: Progetto Know Us

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale in

Economia e Gestione delle Aziende

Tesi di Laurea

 

 

Innovazione Strategica

per le PMI:

Progetto Know Us

Relatore

Ch. Prof. Carlo Bagnoli

Laureando

Marco Dalla Bona

Matricola 848834

Anno Accademico

2014/2015

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Indice

Introduzione

ÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ...III

1. LÕinnovazione

1.1 Le fonti dellÕinnovazioneÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ1 1.2 Le tipologie dellÕinnovazioneÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.5 1.3 Le innovazioni di prodotto e di processoÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ7 1.4 Le innovazioni incrementali e radicaliÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ9 1.5 Le innovazioni competence enhancing e competence destroyingÉÉÉÉÉ.12 1.6 Le innovazioni modulari e architetturaliÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ....13

2. LÕinnovazione strategica

2.1 La strategia competitiva vs. la strategia innovativaÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ...17 2.2 Dalla strategia competitiva alla strategia innovativa: un excursus storicoÉÉ19 2.3 LÕinnovazione del modello di businessÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.É.29 2.4 Il Business Model CanvasÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.É.31 2.5 Il Ten types of innovationÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ..36 2.6 Il contenuto strategicoÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.É...39

3. Il paradosso innovazione vs. coerenza strategica

ÉÉÉÉÉÉÉ.É...46

4. Progetto Know Us

4.1 Presentazione del progettoÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ..55 4.2 PartenariatoÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.62 4.3 MetodologiaÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ63 4.4 Il tetraedro del valoreÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ..74

5. Strumenti di analisi

5.1 Gli strumenti: il questionarioÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ..84 5.2 Gli strumenti: Il framework del modello di businessÉÉÉÉÉÉÉÉÉ...90 5.3 Risultati del report di valutazioneÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ...93

5.3.1 Risultati del report di valutazione: AgricolturaÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.95 5.3.2 Risultati del report di valutazione: EdiliziaÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.113 5.3.3 Risultati del report di valutazione: Legno e arredoÉÉÉÉÉÉÉ...131 5.3.4 Risultati del report di valutazione: Logistica e trasportiÉÉÉÉÉÉ..148 5.3.5 Risultati del report di valutazione: ManifatturaÉÉÉÉÉÉÉÉÉ...164 5.3.6 Risultati del report di valutazione: TurismoÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ179 5.3.7 Risultati del report di valutazione: AltroÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.195 5.4 Osservazioni sui risultati ottenutiÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ..209

6. Casi studio

6.1 Caso aziendale: CATAS S.p.AÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.212 6.2 Caso aziendale: Perlage S.r.lÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.223 6.3 Osservazioni sui casi aziendaliÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ...É...234

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Appendice A

ÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.239

Appendice B

ÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.245

Appendice C

ÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ.259

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INTRODUZIONE

Il cambiamento inteso nella sua accezione positiva come in quella negativa • sempre stato portatore di innovazione, e viceversa. In biologia evoluzionistica, ad esempio, una strategia innovativa a seguito di un mutamento ambientale • sinonimo di prosperitˆ della specie ma solo se tale adattamento • vincente rispetto alle nuove condizioni ambientali (per un approfondimento sulla strategia evolutiva stabile, o ESS, si veda ÒIl gene egoistaÓ, R. Dawkins, 1976). Se invece parliamo di innovazione tecnologica • il fattore novitˆ a dettare le regole del gioco, decidendo se la portata del cambiamento nel lungo periodo avrˆ effetti benefici sullÕambiente competitivo.

Come fare dunque a decifrare i segnali del cambiamento per rimanere competitivi? O, ancora pi• difficile, come anticipare il cambiamento riscrivendo le regole del gioco? La tesi che andremo a presentare non mira a trovare una soluzione definitiva a questi interrogativi generici, o meglio, quello che cercheremo • di fornire strumenti di analisi adeguati che consentano di intervenire ridefinendo la strategia aziendale. inoltre questa ridefinizione dovrˆ avvenire anche in unÕottica di innovazione.

La recente crisi economica del 2008 ha portato (accelerandola) ad una riconfigurazione dellÕambiente competitivo su vasta scala e le aziende, in particolare le PMI, si sono trovate ad affrontare una crisi sistemica senza averne i mezzi e, purtroppo, la consapevolezza. Il progetto Know Us nasce dunque dalla necessitˆ di formulare una metodologia comunemente accettata e per fornire strumenti operativi al mondo imprenditoriale e accademico.

Il progetto Know Us fa parte del Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007/2013 e ha lÕobiettivo di favorire la circolazione e la creazione di conoscenza tra le aziende del nord-est e i centri di ricerca. Per fare ci˜ • stato fondamentale il lavoro svolto dal prof. Bagnoli nelle vesti di rappresentante dellÕUniversitˆ CaÕ Foscari e coadiuvato dal team di analisti del POLINS (Polo Innovazione Strategica). Essi mirano allo sviluppo di policy per lÕinnovazione attraverso lÕanalisi dei processi aziendali, il grado di coerenza strategica e la ridefinizione del modello di business.

Per districarci in mezzo alla enorme mole di informazioni il primo capitolo inizierˆ con la definizione del concetto di innovazione descrivendone le varie tipologie e le

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principali caratteristiche. Questo servirˆ a comprendere la portata che unÕinnovazione pu˜ portare con sŽ, analizzandone le conseguenze sulle organizzazioni.

Il secondo capitolo tratta dellÕinnovazione strategica e sarˆ incentrato sul confronto tra strategia competitiva e strategia innovativa. Qui verranno presentate le teorie pi• innovative in ambito strategico, prima su tutte lÕinnovazione del modello di business e i suoi principali framework.

Il terzo capitolo invece si occuperˆ del concetto di fit, o coerenza, inteso nella sua accezione strategica, ossia come leva per la sopravvivenza in un ambiente in continuo mutamento. Verrˆ dunque presentato il concetto di coerenza strategica che utilizzeremo pi• avanti nei capitoli 5 e 6.

Nel quarto capitolo presenteremo il progetto Know Us, la metodologia utilizzata e un concetto innovativo: il tetraedro del valore. Verranno quindi presentate le attivitˆ del progetto e il partenariato, questÕultimo in particolare indispensabile per il corretto svolgimento del programma.

Nel quinto capitolo entreremo nel vivo presentando le analisi svolte sulle 309 aziende che hanno superato le fasi di intervista e di compilazione del questionario. Dopo aver presentato gli strumenti di analisi i risultati verranno suddivisi per i diversi settori a cui appartengono le aziende (agricoltura, edilizia, manifattura, legno e arredo, logistica e trasporti, turismo e altro).

Infine il sesto capitolo mostrerˆ alcuni casi studio scelti allÕinterno di un campione di aziende che si • distinto per la particolare enfasi posta nellÕinnovazione, ma anche per il grado di coerenza strategica, o ancora per lÕassenza di questi elementi. Grazie ad essi si potranno gettare le basi per la ridefinizione del modello di business e per lo sviluppo di nuovi piani di innovazione strategica.

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‐ CAPITOLO I ‐ 

L’INNOVAZIONE 

Se dovessimo giudicare unÕepoca dalla sua capacitˆ di generare cambiamenti nella societˆ, o meglio, innovazioni, di certo il secolo appena conclusosi svetterebbe su tutti i precedenti, se non altro per la portata dei cambiamenti che ne sono conseguiti.

I mutamenti avvenuti nel Ô900 grazie alle scoperte in campo scientifico e culturale sono stati a dir poco travolgenti, in particolare quelli avvenuti sul finire del secolo (lÕavvento del web in primis), i quali hanno senza dubbio modificato il modo in cui viviamo ma soprattutto, e sarˆ questo lÕoggetto della trattazione, il modo di fare impresa.

In questo capitolo getteremo le basi per la comprensione delle principali caratteristiche dellÕinnovazione scomponendola nei suoi elementi costitutivi e analizzando lÕimpatto che essa ha su unÕorganizzazione, preparando il terreno per quello che sarˆ poi il tema principale della trattazione: lÕinnovazione strategica.

1.1 Le fonti dellÕinnovazione

Che cosa intendiamo con il termine innovazione in campo aziendale?

ÒUnÕinnovazione • l'implementazione di un prodotto (sia esso un bene o servizio) o di un processo, nuovo o considerevolmente migliorato, di un nuovo metodo di marketing, o di un nuovo metodo organizzativo con riferimento alle pratiche commerciali, al luogo di lavoro o alle relazioni esterneÓ (Oslo Manual, ÒGuidelines for collecting and

interpreting innovation dataÓ, OECD, 2005).

Dunque lÕinnovazione presuppone il fattore novitˆ, intesa sia come nuovo elemento per una determinata azienda o, pi• in generale, per un settore, ma in ogni caso deve portare con sŽ un qualche cambiamento rispetto alla situazione precedente, sia esso di piccola o di ampia portata.

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Anche se in apparenza pu˜ sembrare un obbiettivo molto ambizioso e legato a variabili esterne (e in buona parte lo •), alcuni autori hanno provato a stabilire delle linee guida attraverso le quali districare le idee e porre le basi per un piano dÕazione.

Un primo esempio ci viene da Schilling (2009:8), la quale afferma che le aziende, onde evitare di imboccare vicoli ciechi, dovrebbero allineare la propria strategia di innovazione con le risorse e gli obiettivi, in particolare puntando sulle competenze core che facilitano il raggiungimento di un vantaggio competitivo. Per fare ci˜ devono ridurre il rischio e aumentare le probabilitˆ di successo sia sotto il profilo tecnico che commerciale, analizzando molto attentamente le conoscenze necessarie per innovare, organizzare e successivamente implementare una strategia adeguata.

In sintesi, i progetti di innovazione dovrebbero essere coerenti con le risorse e gli obiettivi dellÕimpresa, facendo leva sulle competenze chiave.

Come si evince dalla figura 1, nellÕindustria farmaceutica ad esempio sono numerosi i prodotti concepiti in una fase iniziale ma che non verranno poi commercializzati; pertanto • necessario ragionare attentamente su quando • il momento di strutturare una strategia di innovazione cos“ da non sprecare tempo e risorse, due fattori chiave in un ambiente altamente competitivo.

Figura 1: L’imbuto dell’innovazione 

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Le fonti da cui pu˜ scaturire lÕinnovazione (figura 2) sono molteplici: essa pu˜ avere origine dal singolo individuo, dallÕuniversitˆ, dagli enti pubblici di ricerca ma soprattutto dalle aziende. ÒPossiamo immaginare quindi le fonti di innovazione come un sistema complesso in cui ogni singola innovazione pu˜ emergere da uno o pi• attori del sistema o piuttosto dai legami tra i nodi del network.Ó (Schilling, 2009:21)

Le aziende infatti durante il processo di innovazione possono scegliere di collaborare con vari soggetti. La collaborazione, ad esempio, pu˜ avvenire sotto forma di alleanza, joint venture, partecipazione a consorzi di ricerca o in altri modi, coinvolgendo talvolta clienti, fornitori, concorrenti o produttori di beni complementari. (Schilling, 2009:31)

Figura 2: Le fonti dell’innovazione 

 Fonte: Schilling, 2009:21 

Le PMI e i distretti italiani nel corso degli ultimi anni hanno sviluppato dei network di condivisione della conoscenza, anche attraverso partnership o collaborazioni con poli scientifici, al fine di aggirare le barriere costituite dagli ingenti investimenti richiesti per la creazione di un vantaggio competitivo sostenibile.

Vediamo ora pi• nel dettaglio le principali organizzazioni adibite alla ricerca e allÕinnovazione. Le universitˆ sono i centri di ricerca per eccellenza, sempre pi• spesso impegnate nei trasferimenti di conoscenza verso le aziende con cui collaborano, al

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punto che sta aumentando il numero di strutture la cui funzione • di fare da ÒponteÓ con il mercato. Altrettanto importanti sono le ricerche con finanziamenti pubblici, in particolare nei casi in cui i fondi sono destinati alla creazione di parchi scientifici (science park) e incubatrici di imprese: questi ultimi si sono rivelati molto efficaci soprattutto per quanto riguarda lÕattenuazione del rischio di mercato. Per finire • necessario menzionare i network collaborativi (ad esempio joint venture, concessione di licenze, network per lo scambio di conoscenza) e in particolare i cluster tecnologici: essi sono costituiti da una rete di aziende vicine territorialmente e tra loro collegate dalla condivisione di filiere o di centri di ricerca, al cui interno pu˜ vigere la coopetizione, vale a dire che le aziende del cluster allo stesso tempo collaborano ma anche competono tra loro. (Schilling, 2009)

Secondo Verganti e Pisano (2008) Òesistono quattro diversi tipi di innovazione collaborativa tra imprese: il network gerarchico chiuso (circolo dÕelite), il network

gerarchico aperto (centro dÕinnovazione), il network piatto e aperto (comunitˆ

innovativa) e il network piatto e chiuso (consorzio).Ó Essi dipendono dal tipo di governance, che pu˜ essere piatta o gerarchica, e dalla modalitˆ di partecipazione dei membri, che pu˜ essere aperta o chiusa. Lo schema in figura 3 offre una ottima panoramica per ciascuna tipologia di collaborazione.

Figura 3: Matrice dell’innovazione collaborativa 

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1.2 Le tipologie dellÕinnovazione

Vedremo ora in questo paragrafo le diverse tipologie di innovazione secondo lo standard di classificazione generalmente riconosciuto.

La Ricerca e Sviluppo (R&S) delle aziende si pu˜ suddividere in ricerca di base (o ricerca pura), ossia quella finalizzata alla comprensioni senza considerare possibili applicazioni commerciali, e ricerca applicata, vale a dire quella orientata al soddisfacimento di determinati bisogni. Tra gli anni Õ50 e Õ60 si svilupp˜ un approccio

science (o technology) push alla R&S, con il quale si parte dalla scoperta scientifica per

poi arrivare alla commercializzazione del prodotto o servizio, soddisfacendo un bisogno del cliente che non si • ancora manifestato. Dagli anni Õ70 nasce un nuovo modello, detto demand (o market) pull, ossia un tipo di innovazione indirizzato a risolvere specifici bisogni della domanda su suggerimento del cliente (Schilling, 2009:30). Questo secondo approccio generalmente porta alla miglioria di prodotti giˆ esistenti soddisfacendo un bisogno immediato o futuro del consumatore di cui egli sente lÕesigenza (Faraglia, 2015:225).

Ciascuna fase della ricerca scientifica deve possedere livelli differenti di science push e demand pull e si sta cercando di combinare insieme questi due approcci per cogliere al meglio i risultati (Rothwell et al., 1974).

Una terza tipologia di innovazione • lÕapproccio design driven: con esso intendiamo lÕesplicitazione di bisogni latenti del cliente in seguito ad uno studio dei modelli socio-culturali, agendo su aspetti emozionali e simbolici (Verganti, 2009:14), quindi, come dice il termine stesso che deriva dal latino designare (dare un senso, distinguere), compito dellÕazienda • dare un significato al prodotto, in modo tale che il cliente espliciti a posteriori il bisogno (Bagnoli, 2012). I tre approcci appena descritti vengono illustrati dal grafico in figura 4.

Come chiarisce Verganti (2009:14), Òun esempio su tutti sono i prodotti dÕarredamento in plastica realizzati da Kartell. Il senso di modernitˆ che Kartell infonde ai suoi prodotti passa attraverso lÕutilizzo dei materiali plastici (tecnologie a cui il fondatore dellÕimpresa, Giulio Castelli, si avvicina sin dai tempi della laurea conseguita al Politecnico di Milano con il professor Natta, premio Nobel per i suoi studi sui polimeri). In Kartell, a partire dagli anni sessanta, la plastica viene reinterpretata fino ad assumere un significato di materiale ÒnobileÓ, infrangendo i modelli culturali dominanti che

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vedevano affermarsi nel settore dellÕarredamento altri materiali come legno, acciaio, marmo e vetro.Ó

Figura 4: Framework delle tipologie di innovazione 

Fonte: Verganti, “Design‐driven innovation”, 2009 

LÕultimo approccio innovativo • il design thinking, ossia un approccio intermedio tra il market pull e il design driven: in questo caso lÕazienda tenta sempre di creare un prodotto che abbia significato per il cliente, ma lo fa coinvolgendo questÕultimo nel processo di realizzazione. Pi• precisamente si cerca di soddisfare quei clienti, i cosiddetti extreme users, che per primi esplicitano un determinato bisogno anche se non lo esternalizzano subito bens“ lo si evince studiando il loro comportamento. Pertanto mentre nel design driven lÕazienda esplicita dei bisogni che il cliente non sa di avere, nel design thinking il cliente sente il bisogno ma esso resta implicito (Bagnoli, 2012). Aziende come Nintendo, Apple e Swatch utilizzano tecnologie che cambiano radicalmente il significato dellÕofferta, cio• il perchŽ i consumatori comprano o come usano un prodotto. Un approccio di questo tipo viene chiamato Òepifania della

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tecnologiaÓ, intendendo per epifania la percezione essenziale della natura o del

significato di qualcosa (Verganti, 2011).

1.3 Le innovazioni di prodotto e di processo

LÕinnovazione di prodotto consiste nel creare un prodotto con caratteristiche del tutto nuove oppure migliori di quelle esistenti.

LÕinnovazione deve comportare un miglioramento incorporato nel prodotto o servizio. Per poter parlare di innovazione di prodotto dobbiamo considerare tutta una serie di implicazioni che vanno dalla novitˆ sul mercato fino alla prestazione. Con innovazione

per il mercato si intende la novitˆ assoluta che prima non esisteva, ma bisogna

considerare anche lÕinnovazione per lÕimpresa, ovvero lÕinnovazione che esisteva giˆ nel settore e che lÕazienda fa propria imitandola (Verganti, 2011:8)

Un buon esempio di prodotto innovativo • dato dal Walkman, frutto dellÕingegno della nota azienda giapponese Sony: lÕobiettivo di Sony era quello di creare uno stereo portatile che fosse accessibile a tutti dal punto di vista economico, senza trascurare la qualitˆ audio. Il merito del Walkman • stato quello di rivoluzionare lÕesperienza di ascolto delle persone, entrando nel mercato come un prodotto rivoluzionario che ha costretto i competitors a rincorrere il nuovo standard tecnologico per colmare il gap che si era venuto a creare.

Le innovazioni di processo riguardano invece le modalitˆ con cui unÕazienda svolge le proprie attivitˆ, siano esse ad esempio di produzione o di marketing, ovvero il cambiamento del sistema con cui vengono prodotti o consegnati i beni o servizi ai clienti.

Questo genere di innovazioni sono finalizzate a migliorare lÕefficienza o lÕefficacia dei processi aziendali, come per esempio la riduzione dei tempi di produzione o dei difetti di fabbricazione (Schilling, 2009:61).

Possiamo inoltre suddividere i processi in base alla classificazione di Kaplan e Norton (figura 5), i quali hanno ampliato la definizione fino ad includere altre aree: processi gestionali operativi, processi di gestione della clientela, processi dÕinnovazione (sviluppo nuovi prodotti) e processi di regolazione e sociali.

I processi gestionali operativi incidono sullÕattivitˆ caratteristica dellÕazienda, vale a dire lÕacquisizione delle materie prime dai fornitori, la loro conversione in prodotti finiti

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e la distribuzione al cliente. I processi di gestione della clientela comprendono le attivitˆ pre/post vendita che hanno a che fare con il cliente, supportando il marketing operativo e monitorando la soddisfazione della clientela nel tempo. I processi di

innovazione riguardano i meccanismi e le attivitˆ alla base della gestione, della

produzione e del lancio di nuovi prodotti, processi e modelli di business. Infine i

processi di regolazione e sociali comportano la modifica delle attivitˆ che impattano

sullÕambiente dove opera lÕimpresa, sia esso naturale, sociale o economico, consentendo allÕazienda di rapportarsi con la comunitˆ. QuestÕultima tipologia si distingue perchŽ ha effetti generalmente nel lungo termine.

Figura 5: Classificazione dei processi 

Fonte: Manzoni P., “Il piano strategico d’azienda”, 2013 

Talvolta lÕinnovazione di processo e di prodotto sono strettamente correlate: ad esempio unÕinnovazione nella lavorazione del metallo ha permesso lo sviluppo delle catene per la bicicletta, che a loro volta hanno consentito lo sviluppo del cambio di velocitˆ;

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ancora, talvolta unÕinnovazione di processo di unÕazienda genera unÕinnovazione di prodotto per unÕaltra.

Inoltre le innovazioni dei processi possono portare a diverse strategie ÒmacroÓ, ad esempio i processi gestionali operativi possono avere come finalitˆ una strategia di produttivitˆ volta allÕefficienza, mentre i processi di gestione della clientela o di innovazione mirano principalmente alla strategia di crescita, questÕultima intesa sia a livello di prodotto che di mercato. Spesso la portata di unÕinnovazione • tale da coinvolgere pi• processi e la sfida consiste nel trovare il giusto bilanciamento.

1.3 Le innovazioni incrementali e radicali

Nelle PMI e nei distretti produttivi possono essere identificate due particolari tipologie di innovazione: lÕinnovazione incrementale e lÕinnovazione radicale. Esse possono essere analizzate a partire dal contenuto dellÕinnovazione e dallÕampiezza del vantaggio competitivo che comportano, con particolare riferimento allÕorizzonte temporale in cui lÕinnovazione permette un ritorno economico. Come viene mostrato in figura 6, si possono rappresentare entrambe le tipologie di innovazione costruendo un grafico sul cui asse delle ascisse riportiamo il tempo e su quello verticale la raffigurazione qualitativa di un parametro di crescita economica del distretto o dellÕazienda (Malaguti, 2010).

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Figura 6: I modelli di innovazione 

Fonte: Malaguti M., 2010 

ÒIl percorso incrementale o architetturale, illustrato nello schema con la linea blu, corrisponde alla realizzazione di nuovi prodotti che presentano miglioramenti progressivi di prodotti esistenti, ottenuti attraverso il potenziamento, la diversificazione o lÕaggiunta di nuove funzioni rispetto a quelle che contraddistinguevano il prodotto precedente, e che gli consentivano di rispondere ai bisogni per cui era stato ideato. (É) LÕinnovazione incrementale quindi non modifica nella sostanza la funzione con cui il prodotto risponde al bisogno, limitandosi a potenziarla e a migliorarne gli effettiÓ (Malaguti, 2010).

La novitˆ incorporata in questa tipologia di innovazione pu˜ quindi essere giˆ conosciuta nel settore o allÕinterno dellÕazienda. Un esempio di innovazione incrementale • dato dallÕintroduzione di un nuovo piano tariffario sul telefono cellulare, oppure dalla modifica del layout di questÕultimo (Schilling, 2009).

Attraverso questo tipo di innovazione • possibile raggiungere risultati positivi nel breve e medio periodo, allungando il ciclo di vita di quei prodotti ormai giunti alla maturitˆ, oltre a ridurre notevolmente il grado di rischio che ricade sullÕazienda. Inoltre si distingue per i costi di sviluppo contenuti e il prodotto pu˜ essere commercializzato con

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relativa rapiditˆ, caratteristiche che la rendono appropriata per le PMI; per contro, per˜, attraverso lÕinnovazione incrementale tendenzialmente non si ottiene un vantaggio competitivo difendibile. (Malaguti, 2010)

ÒLÕinnovazione ÒradicaleÓ (curva in verde) consiste invece nella realizzazione di un nuovo prodotto che risponde al bisogno attraverso una tecnologia totalmente nuova rispetto a quella utilizzata dal prodotto precedente, che viene alle volte Òspazzato viaÓ dal mercato, determinando nuovi modi dÕuso e consumo, o addirittura modificando gli stili di vita dei consumatoriÓ (Malaguti, 2010).

Le innovazioni radicali perci˜ segnano una rottura rispetto al passato, dando la possibilitˆ di accedere a nuovi paradigmi produttivi allÕinterno dellÕimpresa, o addirittura facendo nascere un nuovo settore industriale.

Un esempio di innovazione radicale • dato dallÕintroduzione di prodotti con tecnologie wireless, la cui produzione richiedeva processi e tecnologie completamente nuovi sul mercato (Schilling, 2009:62).

LÕobbiettivo dellÕinnovazione radicale • dunque di mettere fuori gioco i prodotti concorrenti attraverso una nuova tecnologia di rottura; per fare ci˜ sono necessari ingenti investimenti per lunghi periodo di tempo che porteranno dei frutti solo nel medio-lungo termine, ma lÕattesa sarˆ ricompensata da un vantaggio competitivo difendibile. Per via degli alti costi di investimento questa tipologia di innovazione si addice alle imprese di grandi dimensioni (Malaguti, 2010).

Figura 7: Innovazioni radicali vs. Innovazioni incrementali 

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Per concludere, lo schema in figura 7 riassume le principali differenze tra lÕinnovazione di tipo incrementale e quella di tipo radicale.

1.4 Le innovazioni competence enhancing e competence destroying

LÕimpatto di unÕinnovazione pu˜ avere effetti sulle competenze possedute dallÕazienda, i quali possono essere di due tipi: competence enhancing e competence destroying. Fanno parte della tipologia competence enhancing tutte quelle innovazioni che nascono da conoscenze esistenti, le quali vengono cos“ rafforzate.

Un esempio • dato dallo sviluppo dei microprocessori Intel (286, 386, 486, Pentium, Pentium II, Pentium III e Pentium IV): Intel sfrutta le conoscenze giˆ possedute internamente per la produzione delle successive generazioni di microprocessori, attraverso un miglioramento incrementale del prodotto, il quale acquista un valore sempre maggiore.

Le innovazioni competence destroying invece fanno leva su nuove tecnologie e possono rendere obsolete quelle giˆ esistenti.

Il seguente esempio pu˜ risultare chiarificatore. ÒA partire dal Seicento e fino al 1970, per esempio, non vi era matematico o ingegnere che non utilizzasse il regolo calcolatore. Si trattava di uno strumento leggero, spesso in legno, che adoperava le scale logaritmiche per risolvere complesse funzioni matematiche e per eseguire calcoli di ogni genere, dalle proprietˆ strutturali di un ponte alla capacitˆ e al consumo di carburante di un aeroplano. Esistevano anche regoli calcolatori progettati per il mondo delle imprese, con le scale per calcolare gli interessi di un prestito o per determinare la dimensione ottimale di acquisto. Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, Keuffel & Esser era il principale produttore di regoli calcolatori degli Stati Uniti, con una produzione di cinquemila pezzi al mese. Tuttavia, nei primi anni Settanta fu introdotta unÕinnovazione che nel giro di pochi anni avrebbe relegato questo strumento nelle bacheche di musei e di collezionisti: le calcolatrici tascabili economiche. Per Keuffel & Esser, senza alcuna esperienza nella produzione dei componenti elettronici che costituivano la struttura delle nuove calcolatrici, era impossibile spostarsi sulla nuova tecnologia. Nel 1976 Keuffel & Esser si ritir˜ dal mercato. Le nuove calcolatrici economiche, realizzate sulla base delle competenze giˆ possedute da aziende quali Helwett Packard e Texas Instrument, sono

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state unÕinnovazione competence enhancing per queste ultime e competence destroying per Keuffel & EsserÓ (Schilling, 2009:63).

1.5 Le innovazioni modulari e architetturali

Alcuni prodotti possono essere scomposti in componenti elementari, come ad esempio una bicicletta • composta da sellino, telaio, ruote, manubrio e cos“ via. Quando vengono modificati una o pi• componenti del prodotto senza per˜ alterarlo complessivamente, siamo di fronte ad unÕinnovazione modulare: a paritˆ di architettura del prodotto, la prestazione viene migliorata tramite lÕincorporamento di una nuova tecnologia o ÒmoduloÓ (Baglieri, 2003).

Possiamo parlare invece di innovazione architetturale quando viene alterata la struttura generale del prodotto, ossia lÕarchitettura, andando ad intaccare lÕintero progetto e il modo in cui le singole componenti interagiscono.

Possiamo comprendere meglio gli effetti di un cambiamento architetturale attraverso lÕesempio proposto da Schilling (2009:66): ÒIl passaggio da velocipede a trazione anteriore a bicicletta, per esempio, ha determinato unÕinnovazione architetturale che ha richiesto (e reso possibile) la modifica di molte componenti, inventando un nuovo modo per generare movimento. NellÕottocento, le biciclette avevano la ruota anteriore molto grande. In assenza di marce, la velocitˆ della bicicletta dipendeva dalle dimensioni della ruota anteriore, poichŽ la circonferenza coincideva con la distanza che poteva essere coperta con una singola rotazione dei pedali. AllÕinizio del XX secolo, i progressi della metallurgia avevano permesso la fabbricazione di una catena sottile e di ruote dentate tanto piccole e leggere da poter essere azionate dalla spinta dei pedali. Le nuove biciclette potevano cos“ essere realizzate con le due ruote di uguale dimensione, mentre grazie alle marce potevano raggiungere le stesse velocitˆ conseguite con la vecchia ruota anteriore. PoichŽ lÕutilizzo di ruote sempre pi• piccole comportava lÕaccorciamento dei raggi, che avevano il compito di favorire lÕassorbimento delle vibrazioni, le nuove biciclette promossero anche lo sviluppo di sistemi di sospensione e lÕadozione di pneumatici in gomma. I nuovi modelli erano pi• leggeri, economici e versatili. A questa innovazione architetturale si deve lÕascesa di aziende come Dunlop (che invent˜ i pneumatici) e Raleigh (la prima a realizzare la bicicletta in acciaio a tre velocitˆ), nonchŽ il passaggio dalla bicicletta dallo status di bizzarra curiositˆ a quello di

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pratico mezzo di trasportoÓ.

Riprendendo il concetto delle competenze, possiamo affermare che la maggior parte delle innovazioni architetturali sono normalmente pi• radicali e competence destroying rispetto a quelle modulari, anche se permane un certo relativismo poichŽ bisogna considerare anche il contesto settoriale e lÕintervallo temporale (Schilling, 2009:67).

Figura 8: Matrice delle innovazioni 

Fonte: Innovationzen.com, adattato da Henderson e Clark, 1990 

Come si evince dalla matrice di Henderson e Clark (1990) visibile in figura 8, i quattro modelli innovativi visti in questo paragrafo, ossia incrementale, radicale, modulare e architetturale, possono essere classificati in base allÕimpatto che lÕinnovazione ha sulle singole componenti di prodotto e sulla sua architettura generale.

LÕinnovazione incrementale • data da un basso grado di cambiamento delle componenti e dellÕarchitettura generale di prodotto, essendo solitamente il risultato di piccole migliorie apportate dopo che si • stabilizzato lo standard tecnologico (Faraglia, 2015:221). LÕinnovazione radicale allÕopposto si presenta come una novitˆ dirompente

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che altera, o addirittura stravolge, lÕarchitettura generale e le singole componenti del prodotto, rendendo obsoleti i prodotti dei competitor.

LÕinnovazione modulare, come si evince dal grafico, • caratterizzata da un cambiamento dellÕarchitettura di prodotto limitato, se non addirittura nullo, mentre vengono intaccate le singole componenti in modo tale da presupporre una loro perfetta conoscenza. Infine, lÕinnovazione architetturale • data da un basso grado di modifica delle singole componenti e da un forte cambiamento nella configurazione generale del sistema (Henderson e Clark, 1990).

UnÕulteriore analisi relativa allÕintroduzione di una nuova tecnologia • data dalla curva

a S del miglioramento tecnologico (figura 9). Quando una nuova tecnologia entra nel

mercato si avrˆ un andamento delle performance inizialmente lento a causa dei nuovi principi alla base dellÕinnovazione, i quali sono ancora poco noti, e del dispendio di energie nella ricerca di possibili soluzioni alternative. Una volta stabilizzata la tecnologia, lÕazienda concentra i propri sforzi sulle soluzioni pi• sicure e redditizie, ovvero sui fattori che garantiscono uno sviluppo maggiore a paritˆ di impegno. Infine la tecnologia entra nella fase finale, quella della maturitˆ: in questo momento raggiunge il suo asintotico limite naturale e il costo marginale di nuovi miglioramenti aumenta sempre di pi•, con il conseguente appiattimento della curva (Schilling, 2009:68).

Figura 9: Curva ad S del miglioramento tecnologico 

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Un altro concetto utile per la nostra analisi • quello della discontinuitˆ tecnologica, che si ha con lÕintroduzione di un prodotto giˆ conosciuto sul mercato ma che si basa su tecnologie e conoscenze completamente nuove (un esempio • dato da vinile vs cd). Aziende che entrano per la prima volta in un mercato tendono ad adottare questo tipo di strategia che • in grado di garantire performance superiori rispetto ai concorrenti (Schilling, 2009:70).

Finora abbiamo descritto le principali caratteristiche di unÕinnovazione e lÕimpatto che la sua introduzione nel mercato pu˜ produrre. Nel successivo capitolo vedremo come le innovazioni possono essere utilizzate per formulare una strategia, vale a dire come creare un vantaggio competitivo partendo dalla combinazione di pi• elementi innovativi, siano essi riferiti ai processi, alle risorse o al modello di business, analizzando le notevoli implicazioni che un cambiamento di tale forza pu˜ portare con sŽ.

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‐ CAPITOLO II ‐ 

L’INNOVAZIONE STRATEGICA 

2.1 La strategia competitiva vs. la strategia innovativa

Le imprese italiane si trovano a competere in mercati sempre pi• globali e competitivi, che mutano continuamente e lasciano fuori le aziende che si adagiano sulle vittorie passate e non colgono lÕoccasione di cambiare insieme al contesto.

Il filo conduttore dellÕambiente competitivo pare dunque essere proprio il cambiamento. Ma chi sono gli innovatori? Cosa spinge unÕazienda a mutare il proprio sistema di attivitˆ anche se apparentemente le cose vanno per il meglio?

Il cambiamento dellÕambiente competitivo richiede dunque un rinnovamento aziendale che deve andare di pari passo con la strategia: in accordo con la definizione di strategia data da Porter (1996), lÕinnovazione strategica deve essere vista come il risultato di una serie di scelte (trade-off) che mirano a soddisfare una determinata clientela target attraverso una vantaggio competitivo difendibile nel medio/lungo termine.

LÕinnovazione strategica dunque rappresenta il driver per il raggiungimento di un determinato vantaggio competitivo. Il cambiamento non deve riguardare solamente i processi e i prodotti dellÕazienda, ma se necessario deve anche toccare il modello di business (Bagnoli, 2014); lÕattenzione si sposta dal proprio business di riferimento verso la possibilitˆ di aprire nuovi mercati, vale a dire un luogo non ancora esplorato e senza competitor (Kim e Mauborgne, 2005).

Il passaggio verso Òil nuovoÓ deve essere anzitutto condiviso a tutti i livelli aziendali: durante la fasi di transazione riveste un ruolo primario la gestione della conoscenza, ossia il knowledge management, che risulta essere di grande aiuto per sfruttare al meglio le competenze possedute e cercare di impadronirsi di quelle necessarie al cambiamento ma che si trovano al di fuori dellÕazienda (Bagnoli, 2009).

Per Hamel (1996) le aziende innovative devono avere il ruolo di rule breaker, vale a dire la capacitˆ di modificare le regole del mercato attraverso lÕinnovazione; il risultato

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di un cambiamento cos“ radicale di solito • la nascita di un nuovo mercato o la modifica di quello esistente.

Il focus della strategia deve perci˜ passare dalla competitivitˆ allÕinnovazione (figura 10): la strategia innovativa infatti punta sulla proposta di valore per la creazione di un vantaggio competitivo significativo, considerando la mera riduzione dei costi o lÕaumento dei ricavi spesso insufficienti a raggiungere lÕobbiettivo.

Figura 10: Strategia competitiva vs. strategia innovativa 

Fonte: Bagnoli 2012 

Una delle principali caratteristiche della strategia innovativa • la presenza di una

proposta di valore che non miri ad una semplice riduzione dei costi, bens“ ad un

cambiamento nellÕapproccio con cui lÕazienda si confronta con la concorrenza e i propri clienti, vale a dire liberandosi dalla logica della rincorsa e sperimentando nuovi modi per soddisfare le esigenze della clientela, interpretando i suoi bisogni anche se impliciti (Markides, 1997).

Dunque, la vera sfida consiste nel proporre unÕofferta che abbia un nuovo significato per il cliente e vada al di lˆ del solito concetto di qualitˆ, cio• che crei un valore nuovo. Per fare ci˜ emerge un altro fattore di grande importanza, ossia la circolazione della conoscenza tra tutti gli attori del contesto, sia esso interno o esterno, in quanto i cambiamenti che affliggono lÕambiente competitivo richiedono una collaborazione

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attiva tra le varie parti in gioco per poter ridurre cos“ lÕincertezza e ottenere un vantaggio comune.

LÕimportanza della gestione della conoscenza nel processo di formulazione di una strategia innovativa • riscontrabile nel contesto italiano, in particolare in quello del nord-est dove la maggioranza delle aziende • di piccole e medie dimensioni, caratteristica che non consente ingenti investimenti in innovazione. Inoltre la dipendenza dalla filiera produttiva in cui spesso si trovano le costringe ad avere rapporti circoscritti agli attori dei territori limitrofi, addirittura senza che ci sia una circolazione della conoscenza allÕinterno della stessa azienda (Bagnoli, 2009). Dunque secondo Bagnoli (2009:5), per risolvere questa situazione Òle PMI devono ripensare alle loro strategie di gestione della conoscenza aziendale per creare: di nuovo le condizioni per lÕefficace acquisizione ed esternalizzazione della conoscenza, formazione di relazioni di fiducia e, alla fine, integrazione delle catene del valore; ex novo le condizioni per lÕefficace condivisione e generazione della conoscenza evitando, ad esempio, che quella critica sia detenuta dal solo imprenditore o che quella prodotta dai centri di ricerca, anche locali, non sia neppure presa in considerazione.Ó Non a caso le aziende considerate leader di mercato molto spesso sono anche quelle pi• esperte nella gestione dellÕinnovazione.

Inoltre, al contrario di quanto si • portati a pensare, lÕinnovazione non sempre • un processo spontaneo senza programmazione e regole, bens“, come • stato provato, gli innovatori molto spesso seguono un piano strategico ben preciso.

Questo piano pu˜ esplicitarsi in diverse azioni tra loro combinate, come ad esempio un cambiamento nel modello di business dellÕazienda, che vedremo pi• avanti nel corso di questo capitolo. QuestÕultimo caso • forse quello che meglio influisce sulla creazione di un vantaggio competitivo poichŽ spesso vengono coinvolti i processi e le risorse chiave che conducono alla formulazione di una proposta di valore.

Nel prossimo paragrafo verrˆ presentato il percorso che, partendo dalle prime formulazioni della strategia finalizzata alla creazione di un vantaggio competitivo, ha portato alla nascita della strategia innovativa sul finire del secolo scorso.

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2.2 Dalla strategia competitiva alla strategia innovativa: un breve excursus storico

Molti autori (Markides, 1997;6, 2008) sembrano concordare nel definire lÕinnovazione strategica come lo stravolgimento delle regole del gioco, attuabile attraverso la definizione di un nuovo modello di business che renda irrilevante la concorrenza. Ci˜ presuppone una rottura con le vecchie regole del settore, o meglio, si ricerca una via che permetta la creazione di un nuovo mercato senza la necessitˆ di rincorrere i competitor. Kim e Mauborgne (2005) pongono il focus sullÕinnovazione di valore come leva per sbaragliare la concorrenza offrendo nel mercato una proposta di valore superiore che renda ininfluente la competizione.

LÕinnovazione, secondo Schumpeter (2002), • Òun fenomeno distinto, estraneo a quello che pu˜ essere osservato nel flusso circolare e nella tendenza verso lÕequilibrio. Esso • lo spontaneo ed improvviso mutamento dei canali del flusso, la perturbazione dellÕequilibrio che altera e sposta lo stato di equilibrio precedentemente esistenteÒ. Vale a dire la distruzione del vecchio scenario competitivo e la creazione di uno totalmente nuovo: dunque stiamo parlando di una distruzione creatrice.

In ogni settore esistono elementi di lock-in, ossia resistenze al cambiamento che impediscono una spinta verso il nuovo, in quanto • preferibile una situazione di stabilitˆ che offre maggiori garanzie rispetto ad una di incertezza che si viene ad avere quando si compie un Òsalto verso lÕignotoÓ. Queste resistenze sono ancora pi• accentuate nelle aziende di successo che tendono a mantenere le loro strategie e i loro modelli di business poichŽ in quel momento esse appaiono coerenti con il sistema di credenze, vale a dire le Òricette di settoreÓ (Spender, 1989).

Sniukas (2007) inoltre critica i processi che impediscono la diffusione della creativitˆ, come ad esempio la pianificazione strategica, che spesso si risolve in unÕevoluzione incrementale del planning dellÕanno precedente, e i processi di pianificazione che tendono ad essere troppo analitici e formali: attraverso piani standardizzati difficilmente si riuscirˆ ad aprire nuovi mercati, cos“ come la redazione di analisi complesse non condurranno verso una nuova strategia, bens“ a miglioramenti incrementali rispetto agli anni precedenti.

Vediamo ora di definire brevemente quelle che sono state le tappe fondamentali del percorso verso la definizione del concetto di innovazione strategica.

AllÕinizio degli anni Õ80, Porter (1980, 1985) diede un contributo fondamentale nella definizione del vantaggio competitivo e del posizionamento come leva per il successo di

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unÕorganizzazione. Secondo Porter infatti, unÕazienda prima di tutto deve definire la propria posizione attuale e successivamente identificare lÕorientamento strategico futuro; questo processo di analisi deve necessariamente considerare sia lÕambiente esterno che quello interno, di seguito spiegati brevemente.

Per quanto riguarda lÕambiente esterno Porter propone uno schema chiamato Òmodello

delle cinque forzeÓ (figura 11), il quale attraverso lÕanalisi del grado di competitivitˆ del

settore, la minaccia di potenziali entranti, il potere contrattuale dei fornitori, il potere contrattuale degli acquirenti e la minaccia dei prodotti sostitutivi, mira a rispondere alle domande ÒQuesto • un settore dove conviene competere? Quali fattori dellÕambiente esterno creano minacce e opportunitˆ per lÕimpresa?Ó. Recentemente Porter ha inserito nel modello un sesta forza, i prodotti complementari, la cui disponibilitˆ, prezzo e qualitˆ influenzano le decisioni dellÕazienda (Porter, 2001).

Figura 11: Le 5 forze competitive 

Fonte: “The five competitive forces that shape strategy”, M. Porter, HBR, 2008 

Mentre inizialmente lÕanalisi prendeva in considerazione il settore nel suo insieme, successivamente si • passati alla focalizzazione sul punto di vista dellÕimpresa confrontandolo con quello dei concorrenti.

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Il seguente esempio pu˜ risultare chiarificatore: ÒunÕanalisi competitiva del settore dei telefoni cellulari focalizzata in modo esclusivo sul grado di attrattivitˆ settoriale potrebbe concludere che la decisione di entrarvi non • profittevole a causa delle elevate barriere allÕingresso e dellÕintensa competizione sui prezzi. UnÕanalisi competitiva focalizzata sulla posizione di Nokia e Samsung, invece, potrebbe indicare che nonostante le difficoltˆ incontrate dalle imprese per ottenere rendimenti positivi, per unÕimpresa come Nokia il settore si rivela altamente profittevole rispetto ai suoi concorrenti grazie alle sue dimensioni, alle economie di scala, alle competenze tecnologiche, alla reputazione della marca, al potere contrattuale nei confronti degli altri attori del sistema competitivoÓ (Schilling, 2009:163).

Per quanto riguarda lÕambiente interno allÕazienda, il management ha la possibilitˆ di effettuare unÕanalisi dei punti di forza e di debolezza dellÕimpresa oppure di analizzare singolarmente le attivitˆ. QuestÕultima analisi viene svolta attraverso il modello della catena del valore di Porter (1985) visibile in figura 12 (tabella di sinistra), suddividendo le attivitˆ in primarie e di supporto (o secondarie).

Con il termine attivitˆ primarie si intende la logistica in entrata, le attivitˆ produttive, la logistica in uscita, il marketing (e le vendite) e i servizi. Invece le attivitˆ di supporto comprendono la gestione degli approvvigionamenti, la gestione delle risorse umane, lo sviluppo della tecnologia e lÕinfrastruttura manageriale.

Figura 12: La catena del valore (a sx) e le strategie generiche (a dx) 

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UnÕulteriore analisi pu˜ essere effettuata attenendosi ad un altro modello di Porter (1985), il quale formul˜ le strategie generiche per lÕottenimento di un vantaggio competitivo che permettesse alle aziende di perseguire una delle seguenti tre strade (figura 12, tabella di destra). La prima • la strategia della leadership di costo, tipica di unÕazienda con un vantaggio di costo la quale produce un bene o un servizio destinato al mercato di massa, ma che difficilmente sarˆ innovativo, dovendo lÕimpresa focalizzare gli sforzi sul contenimento dei costi. La seconda strategia • quella della

differenziazione, ossia la capacitˆ di unÕazienda di offrire un ampia gamma di prodotti,

potendo cos“ guadagnare un premium price grazie al valore superiore percepito dal cliente. Con la terza e ultima strategia, quella di focalizzazione, lÕazienda intende concentrare le proprie risorse su una nicchia di mercato, dopodichŽ potrˆ decidere di perseguire una strategia a basso costo o di differenziazione.

Tuttavia nel corso degli anni si • iniziato a considerare le strategie generiche di Porter come un punto di partenza per la formazione di un vantaggio competitivo duraturo, poichŽ il mercato evolve molto rapidamente e non • sufficiente scegliere una nicchia o ridurre i costi per fare innovazione strategica, senza contare che questa presuppone che i prodotti o servizi sfocino nel mercato di massa (Markides, 1997).

Per Sniukas (2007) ci˜ che consente ad unÕazienda di ottenere un vantaggio competitivo, soprattutto dal punto di vista finanziario, • la differenziazione. NellÕultimo decennio la filosofia dominante • stata quella dellÕefficienza operativa, vale a dire che il focus si • concentrato sullÕabbattimento dei costi anzichŽ sullÕincremento dei ricavi, ad esempio attraverso la reingegnerizzazione dei processi. Secondo Porter (1996) per˜, la differenza tra efficienza operativa e strategia sta nel fatto che la prima consiste nel fare meglio le stesse cose della concorrenza, mentre la seconda consente alle aziende di fare cose in maniera differente, pertanto lÕefficienza • necessaria per raggiungere un buon livello di profitto, ma da sola non conduce ad un vantaggio competitivo sostenibile. Inoltre il cambiamento dellÕambiente esterno richiede ai manager una rivisitazione del processo strategico, il quale deve essere pi• slegato dallÕanalisi e dalla pianificazione che sono poco flessibili e talvolta distanti dal mondo reale, senza contare che il focus in questi casi • sulla competizione con la concorrenza anzichŽ sulla creazione di nuovi mercati (Sniukas, 2007).

Questa filosofia di pensiero strategico • rimasta dominante fino agli anni Õ90. In questo periodo troviamo, tra gli altri, il contributo di Markides (1997, 2000), il quale si concentr˜ sul concetto di Òbreaking of the rulesÓ, ossia su come le aziende che volessero

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essere pi• competitive dovessero ridefinire tre domande fondamentali nella loro strategia:

1) il Chi?, ovvero chi sono i clienti target dellÕazienda;

2) il Che Cosa?, cio• che tipo di prodotto/servizio viene offerto alla clientela; 3) il Come?, vale a dire il modo in cui lÕazienda intende perseguire un

posizionamento competitivo e la proposta di valore utilizzata per raggiungerlo.

Figura 13: Le tre domande dell’innovazione strategica 

Fonte: Markides, 1997 

UnÕazienda porta avanti una strategia innovativa nel momento in cui identifica un gap nel posizionamento del settore, decidendo di riempirlo puntando a farlo crescere fino a farlo diventare un nuovo mercato. LÕobbiettivo appena descritto • raggiungibile attraverso diverse combinazioni di Chi, Che Cosa e Come, che di seguito verranno brevemente analizzate (figura 13).

Volendo ridefinire il Chi, lÕazienda si pone lÕinterrogativo in merito a chi siano i clienti a cui si vuole vendere un prodotto o servizio, cercando di trovare nuovi spunti ad esempio attraverso una segmentazione, cos“ da trovare un nuovo posizionamento strategico, sono numerosi infatti i gap nella mappa del posizionamento che possono essere colmati e spetta allÕazienda trovare nuovi clienti target.

Con la seconda domanda, il Che Cosa, si vuole ridefinire lÕofferta che lÕazienda rivolge alla clientela, o, pi• in generale, il valore che si vuole creare. Per perseguire una

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strategia di questo tipo • necessario intervenire sui prodotti o servizi dellÕazienda e migliorarne le caratteristiche anche in virt• del tipo di clientela che si vuole servire. Le modifiche possono riguardare ad esempio le prestazioni funzionali, il design o la facilitˆ dÕutilizzo.

La terza e ultima domanda • il Come, e si riferisce alle capacitˆ di unÕazienda di modificare i propri processi, pi• precisamente quelli di distribuzione del prodotto e di comunicazione. Quando si costruisce una strategia • importante avere la consapevolezza di come le attivitˆ e i processi interagiscono tra loro, poichŽ mentre per i competitor • relativamente semplice copiare un singolo processo, risulta invece pi• complesso replicare un intero sistema di attivitˆ. Inoltre, non • solo necessario che le attivitˆ si adattino lÕuna allÕaltra allÕinterno di un organizzazione, ma che ci sia anche una coerenza con lÕambiente esterno (Sniukas, 2007).

Per unÕimpresa che vuole ottenere un vantaggio competitivo di successo • fondamentale prendere in considerazione tutte e tre le dimensioni (Chi, Che Cosa e Come) contemporaneamente, senza contare che per fare innovazione strategica la ridefinizione delle domande deve sfociare in un Òqualcosa di diversoÓ rispetto alla concorrenza. Un ulteriore contributo al tema del capitolo viene dal libro Strategia Oceano Blu (2005), nel quale Kim e Mauborgne hanno cercato di definire quella che per le aziende deve essere lÕinnovazione di valore. Essi partono dal presupposto che il trade-off tra riduzione dei costi e differenziazione vada superato individuando il punto in cui gli sforzi aziendali vengano premiati attraverso la creazione di una nuova proposta di valore (figura 14). Per raggiungere tale scopo sarˆ necessario intervenire sui costi eliminando e riducendo quei fattori comuni anche alla concorrenza e successivamente si avrˆ un aumento del potere dÕacquisto con un conseguente miglioramento dellÕofferta. Col passare del tempo si assisterˆ ad un ulteriore riduzione dei costi, in parte dovuta alle economie di scala per effetto di un aumento della domanda, la quale percepirˆ la proposta di valore superiore rispetto a quella della concorrenza.

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Figura 14: Il Framework delle quattro azioni per creare un’innovazione di valore 

Fonte: Kim e Mauborgne, 2005, riadattato da Bagnoli 

Kim e Mauborgne (2005) hanno sviluppato una metodologia chiamata Framework

delle quattro azioni che, attraverso quattro domande, mostra come spezzare il trade-off

tra differenziazione e contenimento dei costi sfidando la logica strategica e il modello di business del settore. Le quattro domande sono le seguenti:

1) Tra i fattori che lÕindustria dˆ per scontati, quali andrebbero eliminati?

Per rispondere a questa prima domanda bisogna focalizzare lÕattenzione sui fattori esistenti allÕinterno del settore, molti dei quali possono risultare obsoleti o addirittura nocivi per il valore esistente. Spesso passano inosservati perchŽ vengono dati per scontati, ma la loro eliminazione pu˜ addirittura generare un valore agli occhi del cliente.

2) Quali fattori andrebbero ridotti ben al di sotto dello standard di settore?

Con la seconda domanda si vuole indagare se nella progettazione dei prodotti o servizi sia stata data troppa importanza a determinati fattori che ora risultano eccessivi. Diminuendo lÕenfasi su di essi se ne trarrˆ beneficio, riducendo il trade-off tra costi e differenziazione.

3) Quali fattori andrebbero aumentati ben al di sopra dello standard di settore?

La terza domanda vuole catturare lÕattenzione su quei fattori che, se potenziati, possono risultare vincenti per differenziarsi dalla concorrenza.

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LÕultima domanda • quella maggiormente coinvolta nella ridefinizione del valore creato per il cliente. Insieme con lÕeliminazione dei fattori, essa rappresenta lÕesercizio pi• importante che unÕazienda pu˜ svolgere per superare le regole esistenti allÕinterno del settore, cambiando e neutralizzando le regole competitive passate.

Proponiamo di seguito un esempio chiarificatore tratto da Kim e Mauborgne (2005), il quale mostra come unÕazienda australiana produttrice di vini abbia sbaragliato la concorrenza e conquistato ampie quote nel mercato statunitense, semplicemente applicando il Framework delle quattro azioni. Ò(..) Casella Wines ha creato [yellow tail], un vino il cui profilo strategico si • staccato dalla concorrenza creando un oceano blu. Invece di offrire un vino come tutti gli altri, Casella ha creato una bevanda mondana accessibile a tutti: bevitori di birra, amanti dei cocktail e quelli che preferiscono altre bevande diverse dal vino. Nel giro di due anni [yellow tail] ha sperimentato la crescita pi• rapida avvenuta nel settore vinicolo, sia in Australia sia negli Stati Uniti, diventando anche il vino pi• importato negli USA a discapito dei prodotti francesi e italiani. (É) Non solo: mentre le grandi aziende vinicole hanno sviluppato dei brand forti attraverso decenni di investimenti di marketing, [yellow tail] ha sbaragliato grossi concorrenti senza campagne promozionali, senza il supporto dei mass media e senza promozione diretta. Non si • limitato a sottrarre vendite ai concorrenti: ha fatto crescere il mercato, ha aperto le porte del mercato del vino a chi non era solito bere, cio• i consumatori di birra e di cocktail giˆ pronti. (É) Analizzando le alternative (la birra e i cocktail) e pensando ai non-clienti, Casella Wines ha introdotto nel settore tre nuovi fattori Ð comoditˆ d i consumo, facilitˆ di scelta e divertimento/avventura Ð eliminando o riducendo tutti gli altri (Figura X). (É) [yellow tail] ha drasticamente ridotto o eliminato tutti i fattori su cui il settore vinicolo aveva focalizzato la concorrenza da molto tempo Ð i tannini, il legno di quercia, la complessitˆ e lÕinvecchiamento Ð arrivando a produrre un buon vino indipendentemente dallÕappartenenza al segmento premium piuttosto che a quello economico.

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Figura 15: Il quadro strategico di [yellow tail] 

Fonte: Kim e Mauborgne (2005), riadattato da Bagnoli 

Negli Stati Uniti, i rivenditori di vino proponevano ai clienti scaffali pieni di ogni varietˆ; unÕampiezza di scelta che per˜ opprimeva e intimidiva il consumatore medio. (É) [yellow tail] ha cambiato tutto questo, semplificando la selezione. LÕazienda ha ridotto drasticamente la gamma di vini offerta, producendone soltanto due: lo Chardonnay, il bianco pi• popolare negli Stati Uniti, e lo Shiraz, un vino rosso. Il linguaggio tecnico inoltre • stato rimosso dalle bottiglieÓ (figura 15).

Secondo Hamel (2005), lÕobbiettivo dei competitor pi• intelligenti non • quello di imitare bens“ di innovare, ossia lÕarte di contenere il rischio entro proporzioni controllabili. ÒLÕobbiettivo degli strateghi non • quello di trovare una nicchia in un mercato esistente ma di creare un nuovo spazio che • adatto unicamente alle forze della propria azienda - spazio che si trova al di fuori della mappaÓ (Hamel, 2005)

Dopo aver illustrato i principi generali dellÕinnovazione strategica passeremo ora a descrivere alcuni framework attraverso i quali perseguire tale obbiettivo. Mostreremo come il rinnovamento perpetuo sia lÕunica possibilitˆ per mantenere una certa continuitˆ in mezzo ad un mondo turbolento, e per raggiungere tale obiettivo • necessario innovare a tutti i livelli del modello di business attraverso lÕinnovazione strategica (Gibson, 2009).

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2.3 LÕinnovazione del modello di business

LÕinnovazione • un driver necessario per unÕazienda che si trova nella fase di declino del proprio ciclo di vita di prodotto o di processo. Spesso per˜, unÕinnovazione che vada ad intaccare i prodotti o i processi aziendali non si rivela la via pi• corretta per la costruzione di un vantaggio competitivo.

Per quanto incrementale o radicale che sia la novitˆ, le aziende potrebbero trovarsi davanti ad una crisi dovuta non alla maturitˆ del settore, bens“ alla maturitˆ della

strategia.

ÒNegli ultimi anni si • osservato un sempre pi• accentuato dinamismo ambientale che ha messo in crisi le strategie di tipo semplice, basate Ð in via esclusiva o prevalente Ð su fattori di successo come il basso costo del lavoro, la disponibilitˆ di risorse finanziarie a buon mercato, lo sviluppo dei consumi e cos“ via. La turbolenza si • propagata ai diversi sottosistemi interconnessi di cui si compone lÕambiente esterno dellÕimpresa: lÕintensitˆ delle pressioni concorrenziali • cresciuta notevolmente rendendo pi• difficile lÕacquisizione o il mantenimento di vantaggi competitivi; i mercati delle materie prime sono stati sconvolti dalla rottura degli equilibri politici internazionali, che • allÕorigine di generalizzati rincari, di ridotte possibilitˆ di approvvigionamento, di pi• ampie fluttuazioni dei prezzi; (É) lo sviluppo di moderne tecnologie ha prodotto una rapida obsolescenza dei Òsentieri tecnologiciÓ prescelti; il deteriorarsi progressivo delle strutture finanziare di un gran numero di imprese, (É), ha profondamente mutato le caratteristiche del mercato del credito attivando meccanismi di erogazione del credito alternativi rispetto a quelli tradizionali, basati sulla ÒfiduciaÓ; i prestatori di lavoro hanno accresciuto e approfondito le proprie aspettative nei confronti dellÕimpresa; infine, lo stesso sistema socio/politico/culturale • mutato radicalmente in questi ultimi anniÓ (Invernizzi, Strategia dÕimpresa, 1984).

Le aziende devono quindi focalizzarsi su nuovi modi di competizione e sul cambiamento delle regole del mercato, ridefinendo strategicamente il proprio modello di business per sorprendere i competitor, compresi quelli di grandi dimensioni (Markides, 1997). Nei settori maturi in particolare, lÕinnovazione di prodotto o di processo spesso non portano ad una ridefinizione della posizione competitiva, che necessita di stravolgimenti in grado di spiazzare la concorrenza. In questo caso la soluzione migliore per le aziende giˆ presenti sul mercato, ma anche per le nuove

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entranti che necessitano di risorse nuove, • di agire sul modello di business cos“ da cambiare le regole ormai datate del settore.

Nella letteratura classica Schumpeter (2002) individuava lÕimprenditore come fonte di innovazione in quanto egli era la persona che capiva come le varie risorse e attivitˆ aziendali interagivano tra di loro. Ricombinando queste risorse si venivano a creare delle discontinuitˆ che davano vita a cicli di vita economici. Nel corso del secolo scorso si sono fatti passi in avanti nello studio delle combinazioni di risorse e attivitˆ, fino ad arrivare alla definizione di modello di business e alle strategie ad esso collegate.

Il concetto di modello di business fece la sua prima apparizione nel 1957 quando apparve in un articolo di Bellman et al., intitolato ÒOn the construction of a multi-stage,

multi- person, business gameÓ, nel quale, pur non venendo nominato esplicitamente, se

ne ricava una descrizione in base a come le attivitˆ di unÕimpresa venivano organizzate secondo una loro logica.

A partire dagli anni Õ90 si • assistito in letteratura ad un incremento dellÕinteresse verso questo argomento e di seguito vengono riportate alcune definizioni di modello di business.

Il primo a definire il concetto • stato Paul Timmers (1998), secondo cui il modello di business Ò• unÕarchitettura per i prodotti, servizi e flussi informativi forniti; esso include una descrizione dei vari attori e delle principali regole.Ó Riportando le parole di Weill e Vitale (2001), Òil Modello di Business • una descrizione dei ruoli e delle relazioni tra i clienti di unÕimpresa, alleati e fornitori; esso identifica i principali flussi informativi e monetari nonchŽ i principali benefici per tutti i partecipanti.Ó Secondo Osterwalder e Pigneur (2010:14), Òcon il termine Modello di Business intendiamo la logica con la quale unÕazienda produce, distribuisce e cattura il valore.Ó

Esso descrive dunque il processo di trasformazione delle materie in prodotto finito, collega gli attori in gioco e ne descrive le dinamiche attraverso una razionalizzazione delle varie attivitˆ in cui lÕimpresa • coinvolta. Sempre secondo Osterwalder (2004) • diventato importante studiare le relazioni tra i principali attori e le attivitˆ aziendali, soprattutto se teniamo conto che oggi in moltissimi casi aziende appartenenti allo stesso settore competono con differenti modelli di business, i quali garantiscono un vantaggio competitivo attraverso lÕinnovazione. Infatti, la vera innovazione, quella che crea un vantaggio competitivo durevole, non • di prodotto, di processo o di strategia, bens“ deriva dallÕinnovazione del modo di gestire unÕazienda (Hamel, 2001).

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Possiamo suddividere un qualsiasi settore in tre tipologie di aziende. La prima • composta dai rule makers, vale a dire quelle aziende che hanno fondato il settore (IBM, Merril Lynch e Coca Cola sono un esempio). Alla seconda categoria appartengono i

rule takers (ad esempio Fujitsu, Abc, U.S. Air), questi ultimi costretti a rincorrere e ad

adeguarsi agli standard dei rule makers. Infine ci sono i rule breakers (IKEA, Swatch, Dell Computer), ovvero i rivoluzionari, coloro i quali non si adeguano alle convenzioni e cercano di rinnovare il settore (Hamel, 1996).

Per comprendere al meglio il modello di business di seguito varranno analizzati alcuni

framework: il ÒBusiness Model CanvasÓ di Osterwalder (2010), e il ÒTen types of innovationÓ di Keeley (2013).

2.4 Il Business Model Canvas

Osterwalder nellÕanalisi del Modello di Business suddivide i punti critici di unÕazienda in nove building blocks, che forniscono una soluzione intuitiva ed efficace per il management.

I blocchi sono cos“ articolati (figura 16): clienti, proposta di valore, distribuzione, relazione con il cliente, flusso di ricavi, risorse chiave, attivitˆ chiave, partnership chiave e struttura di costi.

Figura 16: Il Business Model Canvas 

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Vediamoli ora singolarmente. Il primo blocco analizza la clientela, definendo specifici gruppi target in cui suddividere i clienti serviti dallÕazienda.

I clienti sono la linfa vitale di ogni azienda, senza i quali non potrebbe esistere; pertanto ogni modello di business andrebbe costruito proprio intorno alla clientela, raggruppandoli in base a caratteristiche comuni in modo da avere un offerta mirata ed efficace.

Per la suddivisione • utile porsi le seguenti domande: ¥ Proponiamo loro diversi tipi di offerta?

¥ Li raggiungiamo attraverso differenti tipi di canali distributivi o comunicazione? ¥ Intratteniamo con loro diversi tipi di relazione?

¥ Hanno una diversa profittabilitˆ?

I clienti sono la linfa vitale di ogni azienda, senza i quali non potrebbe esistere; pertanto ogni modello di business andrebbe costruito proprio intorno alla clientela, raggruppandoli in base a caratteristiche comuni in modo da avere un offerta mirata ed efficace.

Il secondo blocco • la proposta di valore, vale a dire il modo in cui vengono soddisfatti specifici bisogni dei clienti. In altre parole la motivazione che li spinge ad acquistare i prodotti o servizi dellÕazienda. Il valore pu˜ essere quantitativo, come prezzo o velocitˆ del servizio, oppure qualitativo, ad esempio design o esperienza. I fattori che possono determinare il successo di una proposta di valore sono la novitˆ, lÕincremento della performance, la customizzazione, il design, il brand, il prezzo, la riduzione dei costi, la disponibilitˆ e la semplicitˆ dÕutilizzo. Le domande che ciascuna azienda deve porsi sono:

¥ Che valore diamo ai clienti? ¥ Che tipo di problemi risolviamo? ¥ Quale bisogno stiamo soddisfacendo?

¥ Che tipo di prodotto/servizio offriamo a ciascun segmento di clientela?

Il canale costituisce il terzo blocco e rappresenta le modalitˆ con cui viene consegnato il prodotto o servizio e la comunicazione. Esso rappresenta un punto cruciale della customer experience in quanto dˆ consapevolezza alla clientela in merito allÕofferta, aiuta la clientela a valutare la proposta di valore dellÕimpresa, consente lÕacquisto dei prodotti/servizi, sviluppa il supporto post-vendita per il cliente. Le domande da porre sono le seguenti:

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