Sempre dalla documentazione degli atti dei battesimi si possono ricavare informazioni inerenti al passaggio per Taormina di elementi esogeni, soggetti estranei alla cerchia territoriale taorminese o ai confini isolani. Tali dati spesso riflettono i processi della ʽgrande storiaʼ, e in particolare gli episodi bellici che con i loro risvolti dinastici scossero la Sicilia dal tardo Seicento fino agli anni Trenta del secolo successivo. Così nel corso dei sedici mesi d’occupazione franco-messinese (ottobre 1676-febbraio 1678) durante la Rivolta antispagnola di Messina124 dai registri battesimali emerge come alcuni taorminesi scelsero per i loro figli padrini francesi; è il caso di Cristoforo Fichera, figlio dei coniugi Agostino e Francesca, che il 2 febbraio 1677 ricevette come «patrini […] Franciscus Caima et Marcio de Fraut populi galli»125.
Dopo il Trattato di Utrecht invece riscontriamo numerosi soggetti provenienti dalle antiche regioni sabaude che negli anni del regno siciliano di Vittorio Amedeo di Savoia (1713-1719) videro nascere la loro prole a Taormina. Il 21 febbraio 1717 venne battezzata presso la Chiesa Madre cittadina Giovanna Bianca, figlia di Giuseppe e Bartolomea, originari «Terre Sancti Pauli Regni Pedis Monti»126, ma
indicati come residenti ormai stabilmente nella cittadina taorminese. Mentre il 2 settembre 1717, nella medesima parrocchia, si svolse la cerimonia battesimale di Margherita Antonia, figlia dei coniugi Pietro e Caterina Gai, originari anch’essi del «Piedi montis»127.
124 E. LALOY, La revolte de Messine l’expedition de Sicile et la politique de francaise en Italie, 1674-
1678, vol. II, cit., pp. 744-790; ivi, vol. III, pp. 251-365; 576-596.
125 APT, Santa Domenica, Liber Baptizatorum, vol. III (1686-1733). La sequela completa di nomi
che furono imposti al battezzato furono: Cristoforo Francesco Mario.
126 Con ogni probabilità erano provenienti da San Paolo Solbrito, piccolo centro collinare dell’attuale
provincia di Asti.
127 APT, San Nicolò di Bari, Liber Baptizatorum, vol. III (1655-1747). Ricordiamo altri episodi
analoghi: il battesimo di Anna Lucia Orardi, i cui genitori erano provenienti dalla «Provincie Pedemontis», ibidem, atto in data 9 marzo 1717; e la funzione battesimale di Giovanni Battista Antonino Ghia, anche in questo caso sia il padre che la madre erano entrambi piemontesi, ibidem, atto in data 5 settembre 1717.
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Al fianco della presenza piemontese il breve regno della dinastia Savoia lasciò nei registri battesimali il segno del passaggio delle guardie svizzere assoldate dalla Corona sabauda per il presidio militare del territorio siciliano. Il 20 agosto 1714, nella parrocchia di San Nicolò di Bari venne battezzata Maria Elisabetta, nata da Elisabetta Scialchi e Enrico Trienhe «ex militibus Suizzaris», ed ebbe come «patrinus […] Franciscus Xaverius Abibergh eiusdem nationis»128. Tale Abibergh, ora indicato
come «tenens militum Turini», inoltre lo ritroviamo, sempre nelle vesti di padrino, il 29 novembre 1714 per il battesimo di Francesco Pullicino, figlio dei taorminesi Filippo e Antonina129. E inoltre, a confermare questi rapporti trasversali tra militari svizzeri e popolazione locale, vi è l’episodio del battesimo di Ursula, figlia dei coniugi Anna e Francesco Causar, «civitatis Zucche ex Suizzaris militibus»130, che il
20 marzo 1717 ricevette come ʽpadre di spiritoʼ il taorminese don Pietro Marziano131. Ma nonostante il passaggio della Corona siciliana ai Savoia, la plurisecolare presenza iberica non venne meno. Gli spagnoli, mantenuti i propri diritti feudali e allodiali, continuarono ad abitare l’Isola132. Negli anni compresi tra la fine della
Guerra di successione spagnola e l’invasione della Sicilia ad opera del marchese di Lede (1713-1718) sono ben dodici i battesimi di soggetti i cui genitori sono indentificati come «ex residentibus Hijspanij». Inoltre lo stretto legame tra la Spagna e l’aristocrazia taorminese si palesava anche nel fatto che a recitare il ruolo di padrini della figliolanza iberica erano per lo più individui del luogo. Ne è l’esempio la funzione battesimale di Pietro, figlio dei coniugi spagnoli Giuseppe e Maura Romeres, che venne battezzato presso il Duomo cittadino il 21 luglio 1716, avendo
128 Ibidem.
129 APT, Santa Domenica, Liber Baptizatorum, vol. III (1686-1733). Gli altri nomi ricevuti
dall’infante furono Saverio e Carmelo.
130 Probabilmente il riferimento è alla città di Zugo, capitale dell’omonimo cantone della Svizzera
tedesca.
131 APT, San Nicolò di Bari, Liber Baptizatorum, vol. III (1655-1747). La lista completa dei nomi
attribuiti alla battezzata è Ursula Lucia Pancrazia. Pietro Marziano, utriusque iuris doctor, fu procuratore fiscale del Tribunale del Real Patrimonio, cfr. Catalogo dell’uomini illustri in santità,
armi, lettre, dignità. Tauromenitani e nassici, BCP, Qq H 272, f. 276.
132 Cfr. S. CANDELA, I piemontesi in Sicilia. 1713-1718, S. Sciascia, Caltanissetta-Roma 1996; V.E.
STELLARDI, Il regno di Vittorio Amedeo II di Savoia nell’isola di Sicilia dall’anno 1713 al 1719, voll. I-III, Botta, Torino 1862-1866
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come padrino il taorminese don Pietro Ciprioti133. Oltre a ciò, un indizio della piena e stabile integrazione degli spagnoli all’interno della comunità locale ci viene fornito dalla frequente attribuzione alla prole iberica nata a Taormina del nome Pancrazio, cioè quello del santo patrono locale. È il caso del figlio di Giovanni e Teresa Gonzalez «jugales ex residentibus Hijspanij», che fu battezzato il 15 luglio 1715 nella parrocchia di San Nicolò di Bari, e a cui fu imposto per l’appunto il nome Pancrazio, ricevendo come padrino il dottore don Vincenzo Cartella134. O ancora il battesimo di
Pancrazio Salvatore, figlio degli iberici Giovanni Michele e Stefana de Reijs, che si celebrò nella medesima chiesa il 22 ottobre dello stesso anno135. D’altronde, la giurazia taorminese era rimasta fedele alla Spagna anche in occasione della Rivolta di Messina136. Infatti, da secoli era legata da un forte sentimento d’attaccamento alla
monarchia iberica, percepita ancora in questa fase come quella potenza globale capace di garantire pace e stabilità alla Sicilia137. Questa inclinazione filo-spagnola è
133 APT, San Nicolò di Bari, Liber Baptizatorum, vol. III (1655-1747). I nomi imposti all’infante
furono Pietro Giuseppe Antonino.
134 Ibidem. La serie completa nei nomi attribuiti al neonato fu: Pancrazio Carmelo Vincenzo
Bonaventura. Il padrino, il dottor Vincenzo Cartella (1670-1728), fu uno dei maggiori notabili taorminesi della prima parte del Settecento, autore del Ristretto dell’istoria delli successi seguiti in
questa Città di Tavormina per la guerra dell’anno 1718, BCP, Qq H 272, ff. 617-648 (trascritto in
F. MUSCOLINO, Taormina 1713-1720: la «relazione istorica» di Vincenzo Cartella e altre
testimonianze inedite, «Mediterranea. Ricerche storiche, Fonti e Documenti», 2009, pp. 1-40). Egli,
inoltre, è tra i giurati che nel 1704 ornarono la facciata del palazzo comunale di Taormina con un’iscrizione celebrativa dedicata a Filippo V; cfr. infra nt. 138.
135 APT, San Nicolò di Bari, Liber Baptizatorum, vol. III (1655-1747).
136 La corte asburgica più volte dichiarò la propria gratitudine a Taormina per aver dimostrato la
propria fedeltà alla Spagna in occasione della Rivolta di Messina. La prima lettera, recante la data del 21 novembre 1674, venne firmata dalla regina madre Maria Anna d’Austria, la quale ringraziò per la posizione legittimista assunta dalla giurazia taorminese al momento dello scoppio della rivoluzione. ASCT, Supplicazioni (1600-1772), f. 118. Di questa lettera si fa menzione alla voce Francesco Sciacca all’interno del Catalogo dell’Uomini illustri in Santità, Armi, Lettre, Dignità.
Tauromenitani e Nassici, BCP, Qq H 272, f. 243. Altre due missive di lode raggiunsero Taormina a
conclusione del conflitto, una scritta dal viceré Vincenzo Gonzaga il 26 aprile 1678, e l’altra dal sovrano Carlo II il 12 novembre 1678, in entrambe venne celebrata la cittadinanza taorminese per la sua fedeltà e obbedienza alla monarchia asburgica; cfr. ASCT, Supplicazioni (1600-1772), ff. 120r- 122v.
137 Sul concetto di tarda «pax hispanica» nella realtà siciliana, cfr. S. CORRENTI, La Sicilia del
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testimoniata dall’iscrizione celebrativa dedicata a Filippo V di Borbone che nel 1704 venne installata sopra l’ingresso principale del locale Palazzo dei Giurati138.
Si rileva inoltre la permanenza fino al 1716 di individui spagnoli, esplicitamente indicati come milites: sia come genitori del battezzato, come per Sebastiano Caselles, «milite hijspano» originario dell’isola di Maiorca, padre dell’infante Francesca, che venne battezzata l’11 giugno 1716, ricevendo come padrino il nobiluomo taorminese don Giuseppe Denti139; sia nel ruolo di patrini, come
il 22 luglio 1714, in occasione del battesimo di Maria, figlia di Francesco Strazzeri e Domenica Aucello, dove il «patrinus fuit Emmanuel Garsia miles Hijspanus»140. Tale presenza militare si estendeva anche a soggetti appartenenti a ʽstati satelliteʼ dell’Impero iberico, come don Giovanni Battista Camagna «miles mediolanensis»141,
che il 17 agosto 1714 fu il padrino di Giovanni Battista Auteri, figlio di Pietro Auteri e Flavia Longo142. Del resto negli anni compresi tra il 1713 e il 1716 i rapporti tra la
Spagna e i Savoia furono ottimi. Vittorio Amedeo II considerava Filippo V, del quale formalmente era vassallo per concessione del Regno di Sicilia, un prezioso alleato
138 Tale iscrizione, sormontata dall’emblema del sovrano e da due stemmi della città, reca le seguenti
parole: «D.O.M Philippo V. Hyspaniarum, et Siciliæ Rege. Hanc iuratoriam domum tauromenitanæ Vrbis, splendori, communique beneficio erectam, modo pluribus, quam antea constructis ornamentis regijs, patrijsque stemmatibus decrevere illustrandam spectabiles domini D. Ioseph Arcidiacono, D. Vincentius Cartella, D. Ioannes Baptista La Camiola, et D. Ludovicus Allegria p.p.p A.D. MDCCIV. Ind. XIII». Sia gli stemmi sia l’iscrizione sono tuttora presenti sulla facciata del Municipio taorminese. Questo sentimento filo-iberico diffuso tra la popolazione taorminese venne poi meno nel corso della Guerra della Quadruplice Alleanza, quando, di fronte all’avanzata dell’esercito imperiale di Carlo VI d’Asburgo, le truppe spagnole non mostrarono riguardi per la salvaguardia di Taormina, che il 2 luglio 1719 venne abbandonata a sé stessa. Cfr. F. MUSCOLINO, Taormina, 1713-1720: La
«Relazione istorica» di Vincenzo Cartella e altre testimonianze inedite, cit., pp. 19-31.
139 APT, Santa Domenica, Liber Baptizatorum, vol. III (1686-1733). La bambina oltre il nome di
Francesca ricevette anche i nomi di Paola e Giuseppa.
140 Ibidem. La serie completa dei nomi imposti all’infante fu Maria Maddalena Pancrazia.
141 Solo da pochi mesi si era concluso l’ultrasecolare dominio spagnolo sul Ducato di Milano, che al
termine della Guerra di successione spagnola passò al ramo austriaco della dinastia asburgica. Cfr. M. VERGA, Il ritorno dell’Impero in Italia tra XVII e XVIII secolo, in F. IEVA (a cura di), I trattati di
Utrecht. Una pace di dimensione europea, Viella, Roma 2017, pp. 139-156.
142 APT, Santa Domenica, Liber Baptizatorum, vol. III (1686-1733). L’intera sequela di nomi
attribuiti al battezzato fu: Giovanni Battista Mario Pancrazio. Gli atti battesimali riguardanti persone di «natione hispaniarum», qui non citati, riguardanti gli anni tra il 1714 e il 1718, si ritrovano in: APT, San Nicolò di Bari, Liber Baptizatorum, vol. III (1655-1747), atti in data 19 ottobre 1716, 4 febbraio 1717, 2 marzo 1717, 3 aprile 1717, 27 settembre 1717, 13 marzo 1718.
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per contrastare le brame espansionistiche dell’Austria, che mirava a riunire sotto il suo controllo il territorio siciliano con il Regno napoletano143. Tali alleanze si
riverberarono anche in ambito taorminese. Pancrazia Aloisia, figlia dei coniugi Giovanni Battista e Teresa Cavagnos «ex residentibus Hijspanij», battezzata nella Chiesa Madre di Taormina il 9 agosto 1715, ebbe infatti come padrino Aloisio Allegihefen «miles ex Suizzeris»144, come a legare vecchi e nuovi ʽcontrolloriʼ
dell’Isola.
Parallelamente al progressivo agitarsi dei venti di guerra, si iniziarono a registrare tracce della presenza tedesca. Il 27 luglio 1716 al Duomo venne battezzato Carlo Francesco Leitner, figlio di Barbara e Alberto, quest’ultimo «miles Regni Prussie civitatis Caimber»145. I suoi due padrini furono Michele Settender e Ursula
Fria, probabilmente anche loro appartenenti alla ʽnazione tedescaʼ146. Poi la presenza di sudditi del Sacro Romano Impero si accrebbe successivamente al 1720, quando, dopo aver espulso dalla Sicilia l’esercito spagnolo, con il Trattato dell’Aia, venne ratificato lo scambio delle due maggiori isole del Mediterraneo tra l’Austria e la Savoia147. La presenza austro-tedesca, per lo più militare, divenne numericamente più
consistente con il passare degli anni, fino a raggiungere il culmine nel 1734, ultimo anno del controllo imperiale sulla Sicilia. In quell’anno sono tre le registrazioni battesimali in cui vennero menzionati dei «germani». Il 18 gennaio, il trovatello Giuseppe, all’atto del suo battesimo, ottenne come padrini i coniugi Giovanni e Mariana Becnensecg148. Gli stessi individui, l’11 febbraio, fecero battezzare
Francesco, loro figlio, indicando come padrino don Ignazio La Spada,e come madrina la teutonica Giovanna Cheller149; in quest’atto il padre è registrato al nome di Weslei
143 S. CANDELA, I piemontesi in Sicilia. 1713-1718, cit., pp. 223-241. 144 APT, San Nicolò di Bari, Liber Baptizatorum, vol. III (1655-1747). 145 Non mi è stato possibile associare «Caimber» a nessun odierno toponimo. 146 APT, San Nicolò di Bari, Liber Baptizatorum, vol. III (1655-1747).
147 In merito al dominio austriaco sulla Sicilia, cfr. G. GIARRIZZO, La Sicilia dal Cinquecento
all’Unità d’Italia, cit., pp. 367-374; R. MARTINI, La Sicilia sotto gli Austriaci (1719-1734) da
documenti inediti, Reber, Palermo 1907.
148 APT, San Nicolò di Bari, Liber Baptizatorum, vol. III (1655-1747). L’intera sequela dei nomi dati
al proietto fu Giuseppe Giovanni Nicolò.
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Benchensecg e indicato come «Germanis inclijti regiminis Comitis Vallis in hac urbe degentibus»150. Infine, il 13 aprile, venne celebrato un battesimo – ad eccezione del
sacerdote – interamente tedesco, in cui Ludovico, nato da Margherita e Andrea Raussin «ex regimine Comitis Traum», ebbe rispettivamente come padrino e madrina «Lodovicus Rolling, et Mariana Gerlinzin Germani in hac Urbe degentes»151.
Dopo quell’anno, con il concludersi della riconquista borbonica della Sicilia e del Regno di Napoli, e il riconoscimento del passaggio dell’Italia meridionale a Carlo di Borbone, le tracce di presenze esogene andarono progressivamente riducendosi fino quasi a scomparire; al punto che dal 1740 in poi – negli anni da noi presi a campione – 152 non riscontriamo nei registri dei battesimi alcun soggetto di
ʻnazionalitàʼ diversa da quella siciliana. Questa tangibile eclissi dei forestieri non è casuale e si accorda perfettamente al nuovo contesto politico-ideologico, che, all’atto dell’istituzione di un ramo dinastico indipendente da Madrid, vide progressivamente l’affermarsi di nuovo modello di «monarchia nazionale» fondato sull’identità siculo- napoletana153.
Ma al di là di questo flusso esogeno, che sostanzialmente segue le vicende dinastiche del Regno di Sicilia, dalla documentazione battesimale emerge la persistenza di un altro piccolo gruppo di soggetti provenienti dal di fuori dell’Isola: gli schiavi.
La schiavitù in Sicilia fu un fenomeno di grande portata dai secoli tardo medievali fino al sopraggiungere del XVI secolo; da lì in poi andò via via riducendosi. Maurice Aymard sostiene che dal 1570 gli schiavi sparirono dalle campagne siciliane, in quanto diventati manodopera antieconomica, perché troppo costosi da comprare e da mantenere154. Nel secolo successivo, la popolazione in condizione schiavile, ormai
150 Ibidem. Siamo certi che la coppia di sposi fosse la stessa, in quanto, oltre la sostanziale coincidenza
del cognome, la moglie è sempre indicata con lo stesso nome: Mariana.
151 Ibidem. La serie completa di nomi imposti al battezzato fu: Ludovico Andrea Mariano. 152 In merito alla scelta degli ʽanni campioneʼ, cfr. supra nt. 89.
153 Cfr. G. GIARRIZZO, La Sicilia dal Cinquecento all’Unità d’Italia, cit., pp. 392-417. 154 M. AYMARD, La Sicilia: profili demografici, in Storia della Sicilia, cit., p. 227.
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costituita prevalentemente da donne, rifluì verso i centri urbani per gli impieghi domestici, per poi quasi scomparire del tutto sul finire del Seicento155.
Già all’inizio del XVII secolo la presenza di schiavi a Taormina era esigua. Un pubblico ʻriveloʼ del patrimonio schiavile, datato 1° giugno 1600, ci indica l’esistenza di sei schiavi. Cinque di questi «nigri […] fatti cristiani»156, e uno
«olivastro moro» non battezzato. Tutti uomini d’età compresa tra i sedici e venticinque anni, e tutti di proprietà privata157. Invece non vi è più attestazione di
persone in condizione di schiavitù nei ʻriveli generaliʼ del 1681158 e del 1747. Tuttavia
dall’indagine dei registri battesimali emergono ancora tracce della persistenza di manodopera schiavile a Taormina almeno fino alla fine del Seicento159.
Il 6 gennaio 1674, presso la Chiesa Madre, ricevette il battesimo un «mancipius albus de secta maumettana». Lo schiavo, chiamato fino ad allora come Trinisi, divenendo cristiano prese i nuovi nomi di Pietro e Antonino, mentre mutuò il cognome dal suo padrone Cesare Corvaja, che divenne anche suo padrino160.
155 G. MARRONE, La schiavitù nella società siciliana dell’età moderna, S. Sciascia, Caltanissetta-
Roma 1972, pp. 153-160. A Francofonte la schiavitù scomparve intorno al 1636. A Mussomeli la manodopera schiavile venne meno a metà del Seicento. A Sciacca, dove alla fine del Cinquecento si contavano ben sessantuno schiavi, nel 1682 non c’era più alcun uomo in condizione di schiavitù. Dinamica similare a quella di Marsala, città nella quale già nel 1651 il contingente schiavile era ormai ridotto a sole sette unità, per poi non registrare più schiavi nell’ultimo ʻriveloʼ del XVII secolo. Cfr. anche M. GAUDIOSO, La schiavitù in Sicilia dopo i normanni. Legislazione, dottrina, formule, Musumeci, Catania 1979.
156 È bene precisare che il battesimo dello schiavo, spesso imposto, non rendeva il soggetto
automaticamente libero. Per lo specifico caso romano cfr. W.R. DE COLLENBERG, Le baptême des
musulmanes esclaves à Rome aus XVIIe et XVIIIe siècles. I. XVIIe siècle, «Mélanges de l’École
Française de Rome», n. 101/1, 1989, pp. 9-181.
157 ASCT, Supplicazioni (1600-1772), ff. 25r-27v. Tali schiavi appartenevano ai seguenti proprietari:
Ascanio Marziano, Nicolò Mamuso, Mario Mancuso, Concetta Marziano, Medea Rao, Innocenza Missilie.
158 Del quale però, come avremo modo di spiegare in seguito, non si sono conservate tutte le schede
dei dichiaranti; cfr. infra, pp. 151, 154.
159 Sullo studio della schiavitù mediante gli atti di battesimo, cfr. M. LUZZATI, Schiavi e figli di
schiavi attraverso le registrazioni di battesimo medievali: Pisa, Gemona del Friuli, Lucca,
«Quaderni Storici», n. 107/2, 2001, pp. 349-362.
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Diciannove anni dopo, sempre per l’Epifania161, nella stessa parrocchia venne battezzata una schiava di nome Auccia, anch’essa di carnagione chiara e di religione islamica, a cui vennero imposti i nomi di Nunzia Gaetana, e ricevette come «patrinus» don Cesare Lombardo162. Di questa donna conserviamo anche l’atto della funzione
battesimale di suo figlio, che il giorno stesso della nascita – 30 ottobre 1693 – venne battezzato con il nome di Nicolò, ricevendo come padrino il mastro Francesco de Arrigo. Da tale documento si apprende che il padrone fosse l’arciprete locale don Vincenzo Lombardo, e che la madre indicata ancora come «mancipia»163, nonostante
avesse abiurato la fede musulmana e abbracciato quella cattolica, fosse rimasta ancora in condizione di schiavitù.