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Una prima analisi circa il d.d.l A.C 2238 del 6 novembre

2. Il Parlamento in seduta comune e l’elezione del Presidente della

2.1 Una prima analisi circa il d.d.l A.C 2238 del 6 novembre

In effetti è in lavorazione un disegno di legge costituzionale che mira a rispristinare l’equilibrio indicato in Costituzione con la riduzione dei delegati regionali da tre a due.

Si tratta dell’A.C n. 2238 denominato "Modifiche agli articoli 57 e 83

della Costituzione, in materia di base territoriale per l'elezione del Senato della Repubblica e di riduzione del numero dei delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica" presentato

alla Camera su iniziativa dei deputati: Fornaro, Boschi, Del Rio, Gebhard, Francesco Silvestri, Ceccanti, Marco di Maio e Macina in data 6 novembre 2019.

Assegnato alla I Commissione Affari Costituzionali della Camera il 12 novembre 2019, l’iter è qua fermo per l’esame in commissione (iniziato il 20 novembre 2019).

Il d.d.l A.C n.2238 fa parte di quelle che possiamo andare a definire le riforme di contorno rispetto alla riforma principale approvata dalle camere in via definitiva nell’ottobre 2019223.

Questo corpus di riforme non deve essere percepito come secondario e meramente ancillare nei confronti del taglio dei parlamentari, il quale

223 Il tutto anche per merito del già citato accordo di maggioranza stipulato come

preludio alla formazione del Governo Conte II, grazie al quale le forze di opposizione passano alla maggioranza e mutano la loro posizione circa la diminuzione numerica di deputati e senatori, siglando con i colleghi di governo (il M5S) un impegno per non lasciare isolata la riforma inerente al taglio, andando ad inserirla in un disegno più ampio.

155 senza l’accompagnamento di queste riforme, sarebbe sterile e fine a sé stesso.

Sono proprio queste che consentirebbero, nel caso di approvazione, il funzionamento, e perché no il potenziamento, degli ingranaggi della macchina parlamentare.

Quindi è proprio questo apparato di proposte collaterali, e si spera in futuro approvate, che fa acquistare senso alla decurtazione di deputati e senatori.

Tra le varie riforme necessarie, l’A.C n.2238 ne accorpa due al suo interno: un primo segmento, infatti, è dedicato alla modifica dell’art 57 Cost., volto a sostituire la “base circoscrizionale” a quella “regionale” per l’elezione del Senato.

La seconda parte mira invece a modificare l’art 83 Cost., riallineando il rapporto tra delegati regionali e parlamentari nell’elezione del Presidente della Repubblica.

Ed è proprio la seconda parte della proposta di riforma il focus in questa sezione, rimandando le considerazioni circa il dibattito sulla “base circoscrizionale” ad un’altra sede224.

L’art 2 del disegno di legge qua in esame mira a modificare il dettato dell’art 83 Cost, comma 3, con la previsione di un numero ridotto di delegati regionali da 3 a 2 per l’elezione del Capo dello Stato, lasciando però invariata la disposizione che individua per la Valle D’Aosta un unico rappresentante e quella ai sensi della quale la delegazione designata dai Consigli regionali deve essere rappresentativa delle minoranze interne allo stesso Consiglio.

224 Si rimanda al Capitolo IV, dedicato al mutamento dell’apparato parlamentare con

le varie riforme passate, presenti e future. In questa sede si darà conto anche delle altre riforme di accompagnamento del taglio dei parlamentari, tra le quali quella relativa all’equiparazione dell’elettorato attivo e passivo per le due camere, (A.C n. 1511) ma anche quella relativa all’iniziativa legislativa popolare e al referendum cd. propositivo (A.S n. 1089). Tra le riforme di accompagnamento spicca quella relativa al sistema elettorale, la quale sarà analizzata nel capitolo III.

156 Per quanto riguarda la decorrenza, l’art 3, comma 2 del progetto di riforma prevede che la diminuzione del numero dei delegati ragionali sarà efficace dalla prima legislatura per la quale si applica la legge costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari.

Con l’approvazione di questo testo di legge costituzionale verrebbe ripristinato l’antico rapporto tra componente parlamentare e regionale al momento dell’elezione indiretta dell’inquilino del Quirinale. In un Parlamento a ranghi ridotti, composto da 600 membri elettivi, i delegati regionali non sarebbero più 58, bensì 39 e dunque rimarrebbe invariato il rapporto percentuale tra le due componenti.

Come si evince dai dati forniti dal Servizio Studi presso il Senato e presso la Camera225, escludendo dal computo i senatori a vita, rimarrebbero stabili anche i quorum previsti per l’elezione: 426 voti necessari per i primi tre scrutini e 320 voti necessari dal quarto scrutinio in poi.

Giova ricordare comunque che solo due Presidenti sono stati eletti a maggioranza di 2/3 del collegio elettorale nel primo scrutinio: il riferimento è all’elezione di Francesco Cossiga (1985) con 752 voti, superando la soglia di 674 voti di configurazione della maggioranza. La seconda elezione al primo scrutinio si è avuta per Carlo Azelio Ciampi (1999) con 707 voti, superando la medesima soglia di maggioranza fissata appunto a 674 voti necessari226. Nel caso di approvazione definitiva della riforma sull’art 83 Cost., si potrebbe

225 Cfr: Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Servizio Studi, XVIII legislatura, Dossier 20 novembre 2019, Modifica agli articoli 57 e 83 della Costituzione, in materia di base elettorale per l’elezione del Senato della Repubblica e di riduzione del numero dei delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica, A.C 2238, p.17.

226 Cfr: Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Servizio Studi, XVIII legislatura, Dossier 20 novembre 2019, Modifica agli articoli 57 e 83 della Costituzione, in materia di base elettorale per l’elezione del Senato della Repubblica e di riduzione del numero dei delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica, A.C 2238, p.21.

157 uscire senza particolari problematiche dalla querelle circa il peso dei delegati regionali.

Unico elemento enigmatico costante risulta quello relativo al fatto che i due delegati regionali dovrebbero rappresentare anche le minoranze (art 83 Cost., comma 2). Non si comprende bene come realizzare ciò con soli due delegati; in teoria uno sarà espressione della maggioranza consiliare ed uno della minoranza. Quindi forse sarebbe stato più sensato inserire nel testo dell’art 83 Cost. una disposizione di questo calibro per mettere un freno ai dubbi legittimi circa la sovra- rappresentazione delle minoranze.

Il sacrificio richiesto alle maggioranze è comunque attenuato da quel ruolo simbolico rappresentato dai delegati regionali. Infatti, è presumibile che maggioranze e minoranze, variabili nelle varie Regioni, votino sulla base delle appartenenze politiche nazionali227, vanificando il progetto costituente ab origine, cioè quello di individuare i rappresentanti regionali non come esponenti di una linea politica e partitica, ma proprio come portatori di interessi territoriali, configurando una rappresentanza diversificata da quella incarnata dalla prima componente del collegio elettorale misto, cioè dal Parlamento in seduta comune.

In chiusura a questa sezione è possibile segnalare come questo tentativo di riforma costituzionale si ponga in antitesi con due dei suoi “mastodontici” precedenti più ravvicinati nel tempo. Ci si riferisce qui alla Bozza Violante della XV Legislatura, progetto licenziato dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera ed al più recente progetto Boschi-Renzi bocciato dal referendum del 4 dicembre 2016. In entrambi i casi si propose l’abrogazione dell’art 83 Cost., 2 comma dedicato alla delegazione regionale in sede di elezione del Capo dello Stato.

227 M. VOLPI, La riduzione del numero dei parlamentari e il futuro della rappresentanza in Costituzionalismo.it, fasc.1/2020, p.71.

158 Ciò appariva coerente con un Senato federale (Bozza Violante) e con un Senato composto da rappresentanti delle Regioni e degli enti locali (Boschi-Renzi). Qualsiasi accenno a riprendere le fila di questi testi per riproporre l’elisione dei delegati regionali, risulterebbe priva di logica.

Anche constatato il mero ruolo simbolico di questi ultimi, non avrebbe alcun senso paragonare il percorso di riforma attuale a quelli del 2007 e del 2016, perché in questi casi la soppressione dei delegati avveniva in un contesto ben diverso, vale a dire quello del superamento del bicameralismo paritario, delineando una diversa composizione per la seconda camera. Dunque, ad oggi non è ipotizzabile, rebus sic

stantibus, una soppressione della delegazione regionale.

3. L’elezione dei Giudici costituzionali e l’elezione dei