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Il taglio del numero dei parlamentari: una riforma “non riforma”?

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di laurea magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

Il taglio del numero dei parlamentari:

una riforma “non riforma”?

Candidata

Relatrice

Francesca Giovannelli

Prof.ssa Elena Malfatti

(2)

2

I

NTRODUZIONE

...5

C

APITOLO I – UNA PANORAMICA INTORNO

ALLA RIFORMA A.C 1585-B ...8

Premessa...8

1. L’iter della Riforma AC 1585B...11

1.1. La genesi della Riforma ed il d.d.l A. S n.214 del 4 aprile 2018...12

1.2. La formazione del Governo Conte I ed il Contratto per il Governo del Cambiamento ...14

1.3. Nuove proposte sui banchi della XVIII Legislatura: il d.d.l A. S n. 515 del 22 giugno 2018 ed il d.d.l A. S n. 805 del 19 settembre 2018...20

1.4 Differenze ed analogie tra i tre d.d.l. ...23

1.5. Il dibattito e la prima deliberazione in seno alle due Camere...25

1.6 Il dibattito e la seconda deliberazione in seno alle due Camere...29

2.Il contenuto della Riforma...32

3.Gli obiettivi della Riforma...36

3.1 «Cavallo magro corre più forte e salta più in alto» ...36

3.2 La riduzione dei costi della politica: la grande utopia da sempre inseguita ...50

4.Il numero dei Parlamentari in Italia versus altri ordinamenti europei ed extra-europei...52

4.1 Le realtà europee………...53

4.2 Una finestra sulla vicina Francia...57

4.3 Uno sguardo al di fuori dei confini europei...63

5.Brevi cenni circa il numero dei Parlamentari in epoca prerepubblicana...66

6.Gli articoli 56, 57 e 59 nelle menti dei Padri Costituenti...72

6.1 I componenti della Camera dei Deputati: una “guerra” tra numeri alti e numeri bassi...73

6.2 Alle origini del Bicameralismo repubblicano italiano...81

6.3La discussione circa la ristretta cerchia dei senatori a vita...92

7. Nuovo scenario, riforme antiche? I tentativi passati di taglio dei Parlamentari...97

7.1 Il periodo seguente all’entrata in vigore della Costituzione...98

7.2 Dalla Commissione Bozzi al Progetto di Riforma Boschi Renzi: un filo nascosto che unisce i vari tentativi di revisione costituzionale...100

(3)

3

C

APITOLO II-IL TAGLIO DEI

PARLAMENTARI E LA RIFORMA

INCOMPLETA.

GLI ASPETTI TECNICI SOTTACIUTI...116

Premessa...116

1. L’opportuna rivisitazione dei regolamenti parlamentari...118

1.1 I gruppi parlamentari...122

1.2 Le Commissioni e le Giunte parlamentari...126

1.3 Il percorso legislativo ed i numeri da rivedere: cenni...139

2. Il Parlamento in seduta comune e l’elezione del Presidente della Repubblica...142

2.1 Una prima analisi circa il d.d.l A.C 2238 del 6 novembre 2019...154

3. L’elezione dei Giudici costituzionali e l’elezione dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura...158

4. La revisione costituzionale: quali aggiustamenti sono necessari?...165

C

APITOLO III-

LA RAPPRESENTANZA SOTTO

ASSEDIO?...173

Premessa...173

1. Puntualizzazioni circa il concetto di rappresentanza...175

1.1 La rappresentanza: concezione esistenziale vs concezione finzionale...181

1.2 Il concetto di rappresentanza nel corso dei secoli...186

2. L’art 67 Cost. e il divieto di mandato imperativo...196

2.1 Una prospettiva comparata...199

2.2 Le possibili interpretazioni dell’art 67 Cost...203

2.3 Movimento 5 Stelle e divieto di mandato imperativo...208

2.4 La novella del Regolamento del Senato nel 2017...212

2.5 La riduzione del numero dei parlamentari e il divieto di mandato imperativo...215

(4)

4

3. Crisi del partito, ergo crisi della rappresentanza? ...220

3.1 Dal partito di massa al partito digitale e del leader… ...220

3.2 … e le conseguenze sulla rappresentanza...227

4. La questione elettorale...240

4.1 La legge 27 maggio 2019 n. 51: «Disposizioni per assicurare l’applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari» ...255

4.2 Il d.d.l A.C n. 2329 del 9 gennaio 2020: il “Brescellum” ...262

5. La rappresentanza e il destino della Circoscrizione estero...267

6. La riduzione del numero dei parlamentari ed una inevitabile deminuitio della rappresentanza: riflessioni finali ...271

C

APITOLO IV -Le riforme di contorno.

Quale futuro per il nostro Parlamento?...278

Premessa...278

1. L’A.C 2238 ed una proposta per l’elezione del Senato: dalla “base regionale” a quella “circoscrizionale” ...280

1.2 La “base regionale” e la Legge Calderoli: cenni...285

1.3 Un’ambigua “base circoscrizionale...290

2. L’equiparazione degli elettorati tra Camera e Senato: una riforma invocata da tempo...293

3. L’A.S n. 1089. Iniziativa legislativa e referendum: una riforma “in crisi”? ...300

4. Quale futuro per il nostro Parlamento? ...319

C

ONCLUSIONI...328

B

IBLIOGRAFIA ...341

(5)

5

INTRODUZIONE

Come è noto nell’ottobre del 2019 il Parlamento ha approvato in seconda lettura un testo di legge costituzionale destinato a mutare gli articoli 56, 57 e 59 del nostro testo costituzionale e ad introdurre per la prima volta nel nostro ordinamento una riduzione significativa del numero dei parlamentari elettivi compresi quelli designati in seno alla Circoscrizione. Secondo tale testo, pubblicato in G.U il 12 ottobre 2019, si passerebbe da 630 deputati a 400 e da 315 senatori elettivi a 200 per una riduzione che si attesta intorno al 36,5%.

La riforma in questione, con la modifica dell’art 59 Cost., si prefissa anche di porre fine alla querelle decennale circa l’interpretazione del numero di senatori di nomina presidenziale. Nulla di definitivo, dal momento che, non avendo raggiunto la maggioranza dei 2/3 al Senato nella seconda deliberazione, è stato innescato, ai sensi dell’art 138 del testo costituzionale, il referendum di tipo confermativo. Consultazione referendaria fissata inizialmente per marzo 2020, poi rimandata a causa del virus pandemico COVID-19 che ha piegato il nostro paese e con esso il mondo intero. La nuova data pare in autunno, compatibilmente con lo stato di emergenza sanitaria in cui si trova l’Italia.

La riforma in esame, nata dall’unione di tre distinti d.d.l discussi agli albori della XVIII Legislatura, trova il suo fondamento all’interno del c.d. Contratto per il Governo del cambiamento che ha aperto il I Governo Conte, anche se, come sarà esposto vanta innumerevoli precedenti, o meglio tentati precedenti.

Lo scopo del presente elaborato è quello di andare ad analizzare criticamente il contenuto del progetto di riforma A.C 1585- B, rilevando degli elementi critici ad avanzando proposte circa il loro superamento.

(6)

6 Nella prima parte si darà conto dell’humus di tale riforma e quindi si andranno ad esaminare le peculiarità della XVIII Legislatura nata a seguito della tornata elettorale del marzo 2018 segnata anche da una crisi di Governo e dal rimescolamento delle carte in tavola, che comunque non hanno bloccato l’avanzamento dell’iter della riforma verso la sua approvazione in seconda deliberazione, come appunto è stato.

Il taglio dei parlamentari viene presentato coma una riforma necessaria per la riduzione dei costi della politica, per garantire un potenziamento dei meccanismi decisionali in seno alle camere e per allineare l’Italia agli altri ordinamenti europei in punto di composizione delle assemblee elettive. Dopo aver analizzato nel dettaglio il contenuto del testo di legge costituzionale, sempre all’interno del primo capitolo, si darà conto circa la realizzabilità di tali obiettivi, con un approfondimento sui numeri delle camere non solo europee, ma anche extra, dimostrando come il raffronto, ad esempio, tra Italia e Stati Uniti dal punto di vista delle cifre, sia fuori luogo e foriero di confusione. Una base fondamentale per comprendere le riforme del presente è guardare al passato; in primis agli Atti della Costituente per verificare come le argomentazioni odierne non siano poi così distanti da quelle del secolo passato. Dopo un’analisi circa la legge costituzionale n. 2 del 1963, che per prima ha previsto il numero fisso di parlamentari in Costituzione bypassando il criterio del numero variabile, si susseguiranno un mare magnum di proposte da quella della Commissione Bozzi degli anni Ottanta fino ad arrivare alla Boschi-Renzi della scorsa Legislatura. Grazie a questi richiami è possibile inserire la presente riforma nel solco delle esperienze passate, sia pure con le dovute differenziazioni che saranno esposte nel corso del capitolo primo.

Successivamente dal secondo capitolo saranno fatti emergere i lati negativi della riforma in esame, caratterizzandosi quest’ultima non

(7)

7 tanto per quanto inserito nel testo di legge costituzionale quanto piuttosto per quello che manca.

Una riforma lacunosa che rischia di creare notevoli complicanze sotto più punti di vista, in primis sotto quello della rappresentanza, la quale rischia di vedersi inferta una ferita difficilmente rimediabile.

Saranno illustrati tutti gli interventi necessari sul versante regolamentare e su quello elettorale, da intendersi come contrappesi ad una riforma che rischierebbe di comportare gravi danni dal punto di vista del circuito rappresentativo e democratico.

Prima di giungere alle conclusioni, sarà interessante vedere quanto questa riforma sia un mezzo per poter dar vita ad una narrazione circa le vicende che hanno portato e porteranno al mutamento dell’istituzione parlamentare; dunque grazie al taglio dei parlamentari in esame è possibile tracciare una storia di come il nostro Parlamento e con esso la forma di governo sono cambiati nel corso dei decenni.

(8)

8

CAPITOLO I

UNA PANORAMICA INTORNO ALLA

RIFORMA A.C 1585-B

Sommario: Premessa. - 1. L’iter della Riforma AC 1585B - 1.1. La genesi

della Riforma ed il d.d.l A.S n.214 del 4 aprile 2018 -1.2.La formazione del Governo Conte I ed il Contratto per il Governo del Cambiamento - 1.3. Nuove proposte sui banchi della XVIII Legislatura: il d.d.l A.S n. 515 del 22 giugno 2018 ed il d.d.l A.S n. 805 del 19 settembre 2018- 1.4 Differenze ed analogie tra i tre d.d.l. - 1.5.Il dibattito e la prima deliberazione in seno alle due Camere - 1.6 Il dibattito e la seconda deliberazione in seno alle due Camere 2.Il contenuto della Riforma - 3.Gli obiettivi della Riforma - 3.1

«Cavallo magro corre più forte e salta più in alto» - 3.2 La riduzione dei

costi della politica: la grande utopia da sempre inseguita - 4.Il numero dei Parlamentari in Italia versus altri ordinamenti europei ed extra-europei- 4.1 Le realtà europee- 4.2 Una finestra sulla vicina Francia- 4.3 Uno sguardo al di fuori dei confini europei- 5.Brevi cenni circa il numero dei Parlamentari in epoca prerepubblicana-6.Gli articoli 56, 57 e 59 nelle menti dei Padri Costituenti- 6.1 I componenti della Camera dei Deputati: una “guerra” tra numeri alti e numeri bassi- 6.2 Alle origini del Bicameralismo repubblicano italiano- 6.3La discussione circa la ristretta cerchia dei senatori a vita- 7. Nuovo scenario, riforme antiche? I tentativi passati di taglio dei Parlamentari -7.1 Il periodo seguente all’entrata in vigore della Costituzione-7.2 Dalla Commissione Bozzi al Progetto di Riforma Boschi Renzi: un filo nascosto che unisce i vari tentativi di revisione costituzionale.

Premessa

Le parole con le quali Meuccio Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione, ci ha lasciato in eredità la carta costituzionale sono

(9)

9 molto chiare: “forse non finirà mai, ma si verrà completando ed

adattando alle esigenze dell’esperienza storica1”.

Era il 22 dicembre 1947 e dal discorso di Ruini è possibile evincere l’intenzione e la lungimiranza dei nostri Padri Costituenti nel creare qualcosa che potesse dirsi saldo e duraturo, ma al contempo capace di adattarsi alle esigenze di una società fluida e di cambiare veste in parallelo ai cambiamenti di quest’ultima.

Fino a che punto, però, è ammissibile e concepibile questa sincronica evoluzione? È necessario tornare alle parole di Meuccio Ruini, il quale, già più di settant’anni fa, prospettò un processo di revisione della nostra Carta, che però doveva essere informato ad una “meditata

riflessione”, per scongiurare il rischio di una “statica immobilità”.

Sorge dunque una domanda spontanea, ovvero, quanto quel monito di

“meditata riflessione” sia rimasto scolpito nelle menti di coloro che,

Legislatura dopo Legislatura, si sono avvicendati nel tentativo di metter mano a quell’equilibrio perfetto nato in un passato oramai lontano. Dunque, è premura di chi scrive comprendere se, allo stato attuale delle cose, la riforma (in attesa del referendum confermativo) che andrebbe ad incidere sugli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione comportando una notevole decurtazione del numero dei nostri rappresentanti, sia effettivamente rispettosa di quella sorta di

vademecum fornito nella seduta del 22 dicembre 1947 da Meuccio

Ruini. Non è la prima volta che il nostro ordinamento si trova di fronte ad un’ipotesi di riforma di questo tipo: il taglio dei parlamentari ha dominato in maniera quasi ossessiva lo scenario delle Riforme costituzionali a partire dagli anni Ottanta del Secolo scorso. I tentativi -come si vedrà più approfonditamente nel corso dello svolgimento del

1 Le parole sono tratte dal discorso di Meuccio Ruini nella seduta pomeridiana del

22 dicembre 1947 dell’Assemblea Costituente presieduta da Umberto Terracini. Il resoconto stenografico è stato reperito sul portale https://storia.camera.it.

(10)

10 lavoro- sono stati posti essere dai più disparati schieramenti politici, senza alcuna differenza di ideologia2.

La stessa Assemblea Costituente si è soffermata a lungo sul tema del numero dei rappresentanti della Nazione. Si stabilì un rapporto numerico tra abitanti ed eletti, quindi la crescita demografica comportava anche la crescita, direttamente proporzionale, del numero dei deputati e senatori. Il numero fisso che oggi troviamo nella Carta costituzionale è frutto di una fondamentale e storica Riforma del 1963: la legge costituzionale 9 febbraio 1963 n. 23.

In seno alla Costituente, due furono le linee di pensiero che si scontrarono. Da una parte troviamo i “riduzionisti”, fautori di un Parlamento poco affollato, adducendo motivazioni quali: la maggior efficienza di Assemblee numericamente ridotte, il prestigio di ciascun membro e l’opportunità di una configurazione di questa tipo in termini di costi della politica.

Quest’ultimo argomento fu liquidato come «facilone» da parte dell’ala opposta, posto in essere soltanto con il fine di ammaliare l’opinione pubblica. Lo schieramento “nemico” infatti, si oppose ad un Parlamento a ranghi ristretti mostrando varie preoccupazioni. In

primis e maggiormente si temeva che una riduzione del numero dei

Parlamentari potesse allontanare in maniera eccessiva l’elettore dall’eletto e che ciò potesse essere la realizzazione di un disegno antidemocratico4. Questo lo si evince dalle parole del Presidente Umberto Terracini: «quando si vuole diminuire l’importanza di un

2Come verrà esposto nelle pagine seguenti, la Riforma attuale si discosterebbe dai

tentativi dei predecessori per il suo carattere di intervento mirato ed omogeneo. Tutti i progetti di revisione passati, invece, possono essere incasellati in un’opera riformatrice a carattere globale che punta a rivedere il Bicameralismo ed il ruolo del Senato, ma soprattutto la forma di Governo e di Stato.

3Si optò per il numero fisso data la crescita esponenziale della popolazione e quindi

conseguentemente della classe rappresentante della popolazione. La legge costituzionale del 1963 stabilì anche il numero minimo di sette senatori per Regione, con le eccezioni di Valle d’Aosta, che ne avrebbe avuto uno, e Molise due.

4Per un’analisi dettagliata circa l’evoluzione del pensiero dei Padri Costituenti, si

(11)

11

organo rappresentativo, s’incomincia sempre col limitarne il numero dei componenti»5.

Anche sulla base dell’avvertimento contenuto nel discorso del Presidente6, la maggioranza dei Costituenti scartò quelle proposte che volevano l’elezione di un deputato ogni 150.000 o 100.000 abitanti e si preferì l’opzione secondo la quale dovesse essere eletto un deputato ogni 80.000 abitanti o frazione superiore a 40.000.

Vedremo come i termini del dibattito, originato dai progetti di Riforma della XVIII Legislatura e condensati nel Contratto di Governo e poi tradottisi nella legge costituzionale 12 ottobre 2019 n. 240, non siano poi così distanti da quelli emersi in seno all’Assemblea Costituente. È curioso vedere come a distanza di settant’anni le argomentazioni affiorate sono molto simili a quelle che dominarono il dibattito costituente. Soprattutto sarà interessante capire se i “riduzionisti” di oggi sapranno offrire ordini di considerazioni più convincenti e robusti di quelli offerti dai riduzionisti di ieri, grazie a delle basi solide per la riduzione dei Parlamentari che vadano oltre il mero taglio dei costi della politica.

1. L’iter della Riforma AC 1585-B

Il 12 ottobre 2019 il testo di legge costituzionale “Modifiche agli

articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale

n. 240.

Sul testo è stato chiamato a pronunciarsi il corpo elettorale tramite l’istituto referendario ai sensi dell’art 138 del testo costituzionale7.

5 Queste le parole del Presidente della Costituente nella seduta del 18 settembre

1946.

6Ciò avvenne in un più ampio dibattito, all’interno del quale vennero in luce svariati

argomenti oltre al tema dei costi della politica. Infatti, il ragionamento circa il numero dei Deputati tenne conto anche di altre tematiche: come il rapporto con la seconda camera e il futuro ruolo dell’ente Regione. Per un approfondimento puntuale circa la discussione emersa in Assemblea Costituente si rimanda al par. 6 del presente capitolo.

7L’art 138 prevede infatti che, se la legge costituzionale non è stata approvata con

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12 La consultazione era stata fissata in origine dal Governo per la data del 29 marzo 2020, ma l’emergenza sanitaria per la pandemia COVID-19, che ha colpito e piegato il nostro Paese, ha costretto l’Esecutivo a rinviare l’appuntamento con il referendum confermativo a data da destinarsi.

Allo stato attuale delle cose, il punto d’approdo è la data del 12 ottobre 2019 nella quale si è proceduto alla pubblicazione del testo all’interno della G.U.

Nei paragrafi successivi verrà offerta una trattazione delle tappe più significative che hanno portato all’approvazione del disegno di legge costituzionale.

È possibile anticipare sin da ora che l’iter è stato relativamente breve se teniamo conto della portata rivoluzionaria che una manovra di questo tipo riverbera sulla vita parlamentare della nostra Repubblica. Destano stupore i ritmi serrati dell’attività delle Camere in un periodo istituzionale sui generis connotato anche da una crisi dell’Esecutivo e dal passaggio dal Governo Conte I al Governo Conte II con un repentino cambio dei protagonisti sulla scena nell’estate del 2019.

1.1. La genesi della Riforma ed il d.d.l A. S n.214 del 4 aprile 2018

Per ricostruire il percorso temporale della riforma costituzionale denominata “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in

materia di riduzione del numero dei parlamentari”, dobbiamo tornare

Camera, è possibile richiedere la sottoposizione del testo a un referendum confermativo popolare. Il meccanismo referendario può essere attivato con la richiesta da parte di un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consiglio Regionali.

Nel caso di specie il ricorso alla consultazione referendaria è stato richiesto da 71 senatori, superiore alla soglia minima di 64. L’iniziativa ha visto l’attivazione di senatori provenienti dalle file di Forza Italia, del Partito Democratico ed alcuni senatori della Lega, del Movimento 5 stelle, del Gruppo Misto, di Italia Viva, oltre ad un senatore a vita.

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13 al 2018 e nello specifico al 23 marzo, data di avvio della XVIII Legislatura.

Le elezioni del 4 marzo8 hanno consegnato uno scenario politico particolarmente frammentato, espressione di una crisi istituzionale radicata nel nostro ordinamento- basti pensare ai risultati delle Politiche del 2013- all’interno del quale nessuna forza politica ha ottenuto una maggioranza parlamentare tale da sostenere da sola un governo.

In termini di consensi si registra un ampio e crescente gradimento nei confronti del Movimento 5 Stelle e della Lega per Salvini Premier, mentre un netto crollo ha colpito il Partito Democratico da una parte e Forza Italia dall’altra, entrambi al loro minimo storico9.

Sui banchi della XVIII Legislatura, la fantomatica “Legislatura del cambiamento”, la proposta di riforma costituzionale giunge il 4 aprile 2018, prima della agognata formazione del governo giallo-verde e della sottoscrizione di quello che vedremo essere il Contratto di Governo.

Il primo promotore è Gaetano Quagliarello, senatore del Gruppo parlamentare “Forza Italia Berlusconi Presidente- UDC”, il quale propone il disegno di legge costituzionale n. 214 recante “Modifiche

alla Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”.

8 Si ricorda che la tornata elettorale si è svolta sulla base di un sistema elettorale

misto, il cd “Rosatellum” come predisposto dalla l. 3 novembre 2017 n.165. Il sistema prevede che circa due terzi dei seggi vengano attribuiti con metodo proporzionale alle liste che superano la soglia di sbarramento fissata al 3%. Il restante terzo dei seggi viene attribuito con sistema maggioritario first-past-the-post.

9 Dall’esito si evince che il Movimento 5 Stelle risulta la forza più votata che

conquista quasi il 33%, una maggioranza relativa però.

All’interno della coalizione di centro-dx si registra una crescita notevole per la Lega per Salvini Premier che supera il 17%; Forza Italia protagonista di un crollo, difatti si attesa al 14%. Per completezza si aggiunge che riesce ad ottenere dei seggi con poco più del 4% anche Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Nello schieramento di centro-sx troviamo un Partito Democratico in brandelli al suo minimo storico (circa il 19%) e, l’unica altra forza facente parte della coalizione che per poco (poco più del 3%) spunta dei seggi, è Liberi e Uguali.

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14 Sono molto chiare le parole di Quagliarello nella sua comunicazione alla Presidenza del Senato circa il d.d.l n. 214.

Dopo un primo fugace e casuale richiamo a Cesare Balbo, il senatore va a denunciare l’evidente instabilità politica, precisando come non sia possibile addossare la colpa di ciò esclusivamente sul meccanismo elettorale con l’illusione che quest’ultimo possa salvare il Paese da un immobilismo quasi fisiologico.

Ecco che l’unico modo per emergere da una siffatta situazione è quello di aprirsi a un grande progetto riformatore che investa in primis il Parlamento, la forma di governo e, solo in ultima battuta, il meccanismo regolatore delle tornate elettorali.

Questo grande programma, traghettatore dell’Italia verso la stabilità, a detta del senatore di Forza Italia, è da rinvenirsi in un taglio cospicuo del numero dei Parlamentari. Più nello specifico si assisterebbe ad una recisione di 115 senatori e di 230 deputati, passando dagli attuali 945 rappresentanti al numero ridotto di 60010.

1.2 La formazione del Governo Conte I ed il Contratto per il Governo del cambiamento

Cronologicamente lo step successivo da analizzare per comprendere l’l’humus della Riforma esaminata in questo lavoro, è rappresentato dal cosiddetto “Contratto per il Governo del cambiamento”, grande protagonista della XVIII Legislatura, espressione della maggioranza giallo-verde, che fa da apri pista alla formazione del Primo Governo Conte.

All’interno di questo documento infatti, vengono contenute quelle che sono delle indicazioni circa il futuro ed atteso taglio dei Parlamentari, come già esposto con il proprio disegno di legge dall’Onorevole

10Per il resoconto integrale della Comunicazione alla Presidenza del Senato in data

4 aprile 2018 del d.d.l da parte dell’onorevole Quagliarello, si faccia riferimento a http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/DDLPRES/0/1069126/index.ht ml?part=ddlpres_ddlpres1

(15)

15 Quagliarello. Sembra quindi che la riduzione dei parlamentari sia un vero e proprio tratto distintivo di questa nuova XVIII Legislatura. Non ci si soffermerà sulle vicende che hanno condotto alla formazione dell’Esecutivo guidato dal Professor Giuseppe Conte, note infatti ai più. Basti ricordare che si è trattato di un percorso lungo e travagliato, una saga dai ricchi colpi di scena, che ha lasciato negli spettatori, vale a dire il popolo italiano, uno spiccato senso di disorientamento11. Il caso in esame è sicuramente un unicum: risulta difficile ravvisare altre esperienze repubblicane nelle quali l’Esecutivo sia sorto così a lunga distanza dalle elezioni. Qualche commentatore ha cercato di rinvenire dei precedenti all’interno dell’epoca storica della “Prima Repubblica”, dominata da aspri dissidi tra le forze politiche protagoniste, ma non si rintraccia alcun caso in cui un Governo sia sorto così in ritardo rispetto alla partita elettorale.

Scongiurata una pericolosa deriva istituzionale, il Governo Conte I vede la luce il 1° giugno 2018, data del Giuramento di fronte al Capo dello Stato e riceverà la fiducia da parte delle Camere ex articolo 94 della Costituzione nei giorni seguenti12.

Come anticipato in apertura, questa sezione approfondirà gli intenti in tema di taglio dei Parlamentari dell’’inedito asse Lega-Movimento 5

11 Le peculiarità che hanno caratterizzato la nascita di questo Esecutivo sono

molteplici: dalla sovraesposizione mediatica del Capo dello Stato Sergio Mattarella, alla fase delle consultazioni ed il doppio mandato esplorativo a destinazione vincolata affidato ai neoeletti Presidenti delle Camere, fino all’ipotesi di nuove elezioni in autunno.

Singolare è stata anche la vicenda relativa alla nomina del Professor Paolo Savona come titolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la conseguente opposizione del Presidente della Repubblica che ha dato avvio ad un acceso dibattito tra i costituzionalisti, dopo che dalle fila del Movimento 5 Stelle e di Fratelli d’Italia si è arrivati infelicemente ad invocare la messa in stato di accusa del P.d.R ai sensi dell’art 90 del testo costituzionale.

12 Nello specifico il 5 giugno otterrà la fiducia da parte del Senato con 171 voti

favorevoli, 117 contrari e 25 astenuti.

Il 6 giugno è la volta della Camera dei Deputati che accorda la fiducia al neonato Esecutivo con 350 voti favorevoli, 236 contrari e 35 astenuti.

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16 Stelle13, il quale decise di sottoscrivere un accordo circa il programma governativo congiunto, reso pubblico in data 17 maggio 2018. Lo strumento del Contratto è figlio dei tempi attuali nei quali, piuttosto che ricercare la mediazione e il compromesso in sede privata, si preferisce esporre il tutto alla mercé dei media, rompendo la riservatezza che dovrebbe caratterizzare la fase della formazione di un Governo.

Il suddetto mezzo è stato mutuato dall’esperienza dei vicini tedeschi, i quali hanno fatto uso del Koalitionsvertrag dal 196114.

La dottrina costituzionalistica, di fronte a questo inusuale strumento per il panorama italiano, ha prodotto le teorie più disparate, proprio come accade in Germania quando il Koalitionsvertrag fece la sua prima comparsa.

Ci sono stati esperti indispettiti per l’intrusione di uno strumento privatistico all’interno di un ambito pubblico, ma forse l’atteggiamento più corretto è considerare il Contratto come un semplice accordo di coalizione, peraltro traduzione più fedele del modello tedesco15.

Dovremmo quindi ritenere tale Contratto incapace di generare veri obblighi e diritti di natura sinallagmatica pretensibili davanti ad un

13Un’alleanza mai emersa nel corso dei tre giri infruttuosi di consultazioni, dato il

fermo rifiuto del M5S a dare vita ad un accordo con la formazione Salvini-Meloni-Berlusconi nella sua totalità. Si giungerà ad un programma tra i leader politici solo dopo che la Lega guidata da Matteo Salvini raggiunge l’indipendenza dalla coalizione di centro-destra.

14Lo strumento è stato utilizzato in Germania sin da quando hanno iniziato a sorgere

Governi di “Grande coalizione” tra le due identità più votate nel Paese, vale a dire i cristiano-liberali (CDU-CSU) e i social democratici (SPD). Per completezza va ricordato che si registrano casi di Governi di coalizione anche tra tre partiti. Grazie al Contratto, viene conferita una base programmatica all’indirizzo politico di siffatti Governi, formati, come abbiamo detto, dalle forze più forti post elezioni, ma che in campagna elettorale si sono presentate concorrenti ed alternative, promotrici spesso anche di programmi elettorali molti diversi l’uno dall’altro. Vien da sé che uno strumento di questo tipo non può essere alla base di alleanze preelettorali.

15Cfr. A. PERTICI, Dalle elezioni del 4 marzo 2018 alla formazione del Governo

(17)

17 giudice16. Lo strumento è destinato a produrre i propri effetti esclusivamente e pienamente sul piano politico e su tale piano rimangono anche le conseguenze derivanti da un’eventuale disattesa dell’accordo.

Ai fini del presente lavoro, l’attenzione deve essere rivolta al Paragrafo 20, dedicato a “Riforme istituzionali, autonomia e

democrazia diretta”.

Sin dalle prime parole emerge il sentimento comune ai due partner di governo, “responsabili di tutta la politica dell’esecutivo”, memori delle esperienze dei loro predecessori17, di procedere con interventi «limitati, puntuali, omogenei». Il modus operandi che si intende seguire è chiaro: modifiche di punti precisi della Costituzione, quindi proposte di revisione all’insegna della pragmaticità e fattibilità, come è possibile desumere dall’incipit del Paragrafo.

Come architrave per i successivi, mirati e parsimoniosi interventi di riforma, appare impellente «una drastica riduzione del numero dei

parlamentari».

È nell’accordo di coalizione post-elettorale, che si pongono le fondamenta per la Riforma che sarà approvata in seconda lettura alla

16Critiche e sospetti sono destati dalla previsione di un “Comitato di conciliazione”

(contemplato anche nel modello tedesco) per risolvere le situazioni di divergenza. Di questo Comitato, però, non vi è traccia nella versione definitiva del Contratto. Sorgono dubbi circa la previsione di un organo parallelo al Parlamento ed al Governo, ma, come ha sostenuto Gustavo Zagrebelsky, è da ritenere innocuo “se

rimane nella dinamica de rapporti politici tra i contraenti. Cosa pericolosissima, anzi anticostituzionale, se dalle decisioni di tale Comitato si volessero far derivare obblighi di comportamento nelle sedi istituzionali, del Presidente del Consiglio, dei ministri, dei parlamentari” in La Repubblica del 21.05.2018.

Preme sottolineare che questa struttura, prevista in un primo momento e poi abbandonata, niente ha a che vedere con quelli che erano gli antichi Consigli di Gabinetto.

17Il richiamo immediato è a due precedenti recenti: l’uno del 2005 e l’altro del 2016.

Entrambi i progetti vennero approvati a maggioranza assoluta in seconda votazione dalle Camere, ma respinti nei referendum costituzionali del 2006 e 2016. La differenza che intercorre tra queste opere di revisione e quella odierna analizzata è palese: le prime puntano ad una revisione massiccia e radicale della Parte II del testo costituzionale, tale da dar vita ad assetti istituzionali particolarmente innovativi. Per un excursus circa i passati tentativi di revisione costituzionale, si rimanda al Paragrafo 6 del presente capitolo.

(18)

18 Camera dei Deputati il 12 ottobre 2019; la decurtazione dei parlamentari è dunque espressione di un idem sentire delle forze di neo-maggioranza18.

L’intenzione espressa nel Contratto di Governo è quella di dar vita a due Camere nettamente meno affollate, composte rispettivamente da 400 deputati e 200 senatori, quindi una cesura che si attesta attorno al 36,5%, senza rendere comprensibile però la motivazione alla base di una recisione in questi termini percentuali.

Degli elementi che invece non vengono celati sono le finalità a cui una Riforma di questo tipo aspira. In primis si intende migliorare ed affinare quella che è l’organizzazione interna delle Camere per giungere ad un percorso di approvazione legislativa decisamente più rapido. Viene dichiarato di voler porre in essere ciò senza minare il principio della rappresentanza e soprattutto non si ragiona in termini di revisione del Bicameralismo, una chance che forse poteva essere colta.

Lasciando i rilievi critici sui temi in questione ad un’altra sede del presente lavoro19, rimane da individuare il secondo obiettivo che vuole essere raggiunto mediante la creazione di un Parlamento meno affollato, vale a dire quello della riduzione dei costi della politica. Veicolando l’immagine di un Parlamento come “poltronificio”, si vuol fare seguire l’illusoria idea di un netto risparmio, che rimane da esser verificato in concreto20.

18In realtà, forze come il Partito Democratico, che troviamo all’opposizione durante

il Governo Conte I, passeranno alla maggioranza a seguito della crisi di Governo nell’estate 2019 e, con una giravolta, saranno sostenitrici di una Riforma recidente il numero dei rappresentanti.

19 Nello specifico si rimanda al par. 3 del presente capitolo.

20 Si riporta il passo analizzato fino ad ora, tratto dal Paragrafo 20 del Contratto per

il Governo del Cambiamento: «Nellambito della fondamentale riforma delle istituzioni si rivela necessario un approccio pragmatico e fattibile, con riferimento ad alcuni interventi limitati, puntuali, omogenei, attraverso la presentazione di iniziative legislative costituzionali distinte ed autonome. Occorre partire dalla drastica riduzione del numero dei parlamentari: 400 deputati e 200 senatori. In tal modo, sarà più agevole organizzare i lavori delle Camere e diverrà più efficiente l’iter di approvazione, senza intaccare in alcun modo il principio supremo della

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19 Per comprendere al meglio il progetto di Riforma costituzionale dalla grande risonanza mediatica, è opportuno collocarlo all’interno di quel mosaico di interventi puntuali di modifica, che i fautori del cambiamento enunciano nel Contratto di Governo.

Tra le varie misure proposte troviamo l’introduzione del vincolo di mandato per i parlamentari, il potenziamento di istituiti di democrazia diretta e quindi eliminare il quorum previsto per il referendum abrogativo, introdurre un referendum propositivo e una pronuncia obbligatoria del Parlamento sui disegni di legge di iniziava popolare. Infine, viene ritentata la strada21 dell’abolizione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro previsto dall’articolo 99 della Costituzione.

L’affresco dipinto dal Contratto di Governo viene ripreso in maniera abbastanza pedissequa da Roberto Fraccaro, Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, nel suo discorso in data 12 luglio 2018 di fronte alle Commissioni Affari Costituzionali riunite alla Camera e al Senato22.

Le parole del Ministro celebrano anzitutto il passaggio alla cosiddetta “Terza Repubblica” riassumibile nello slogan: «dare più potere ai

cittadini, avvicinare le decisioni ai cittadini, semplificare la vita dei cittadini23».

rappresentanza, poiché resterebbe ferma l’elezione diretta a suffragio universale da parte del popolo per entrambi i rami del Parlamento senza comprometterne le funzioni. Sarà in tal modo possibile conseguire anche ingenti riduzioni di spesa poiché il numero complessivo dei senatori e deputati risulterà quasi dimezzato».

21 Non si dimentichi il fallimento referendario nel 2016 del Progetto di Riforma

costituzionale Renzi-Boschi, che tra i suoi punti di forza vantava anche la soppressione del CNEL.

22 Per il resoconto integrale dell’intervento del Ministro Roberto Fraccaro di fronte

alle Commissioni Affari Costituzionali riunite alla Camera e al Senato, si faccia

riferimento a:

https://www.camera.it/leg18/1130?idLegislatura=18&tipologia=audiz1&sottotipol ogia=&anno=2018&mese=07&giorno=12&idCommissione=01c01&numero=0001 &file=indice_stenografico#stenograficoCommissione.tit00020.int00020

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20 Semplificando infatti, le ipotesi di Riforma costituzionale sono cinque e possono essere suddivise in due macro-aree24. La prima attiene al piano della rappresentanza politica: dalla riduzione del numero dei parlamentari, alla soppressione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro per arrivare infine alla modifica dei sistemi di verifica di elezioni per i membri della Camera e del Senato. Sull’altro versante troviamo i due progetti riformatori che riguardano il tema della democrazia diretta: la soppressione del quorum per il

referendum abrogativo e l’introduzione di un referendum approvativo

per le leggi di iniziativa popolare.

Si rimanda al Capitolo IV del presente elaborato per un’analisi puntuale delle varie proposte di Riforma, con l’approfondimento degli

iter già in corso.

Giunti a questo punto, l’attenzione deve essere rivolta ai due nuovi disegni di legge in tema di riduzione del numero dei parlamentari, che vanno ad aggiungersi al già citato d.d.l A. S n. 214 del 4 aprile 2018 di iniziativa del senatore Gaetano Quagliarello.

1.3 Nuove proposte sui banchi della XVIII Legislatura: il d.d.l A. S n. 515 del 22 giugno 2018 ed il d.d.l A. S n. 805 del 19 settembre 2018

È sulla strada aperta e ben definita dal Contratto per il Governo del Cambiamento e ripresa successivamente dal Ministro Fraccaro, che devono essere inserite le due ulteriori proposte di revisione costituzionale in tema di taglio dei rappresentanti.

Difatti, a seguito della nascita dell’Esecutivo, sono le forze di maggioranza a presentare in Senato due disegni di legge costituzionale con molti tratti in comune.

24 Cfr: G.L. CONTI, Il futuro dell ’archeologia: le proposte di riforma della

Costituzione sul banco della XVIII Legislatura, in Osservatorio sulle fonti, n.

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21 Il primo progetto di revisione costituzionale porta la firma dei senatori Roberto Calderoli (Lega) e Gianluca Perilli (Movimento 5 Stelle) e viene presentato al Senato in data 22 giugno 2018.

Nella presentazione del d.d.l n.515 recante “Modifiche agli articoli 56

e 57 della Costituzione, in materia di composizione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”, non emerge niente di nuovo

rispetto agli elementi già rilevati già nel Contratto di Governo e nel pacchetto di Riforme complessive di cui vuole farsi carico la XVIII Legislatura. Urge, così come è sempre accaduto negli ultimi venti anni, a detta del senatore Calderoli, una diminuzione del numero dei deputati e dei senatori con l’obiettivo della «razionalizzazione della

spesa pubblica e al fine di semplificare l’iter parlamentare di approvazione delle leggi25».

Una misura necessaria, richiesta a gran voce da più parti, sempre sostenuta dal partito di cui fa parte Calderoli, come quest’ultimo ci ricorda citando due precedenti storici26.

A livello numerico, il progetto A.S 515 si colloca nel solco delle previsioni già evidenziate: una decurtazione del numero dei parlamentari, per raggiungere i 400 deputati e i 200 senatori, specificando però che il numero minimo di senatori per Regione è sei e non più sette, e che il Molise non avrebbe più due senatori, ma uno, proprio come la Valle d’Aosta.

Infine, il d.d.l in esame dedica un apposito articolo alla decorrenza delle previsioni precedentemente viste.

Un’ulteriore proposta viene avanzata in data 19 settembre 2018 con il d.d.l n. 805 recante “Modifiche agli articoli 56 e 57 della Costituzione,

in materia di riduzione del numero dei deputati e senatori” da parte di

una formazione non dissimile rispetto a quella vista con riferimento al

25 Tratto dal resoconto stenografico dell’intervento dell’Onorevole Calderoli

reperibile su : https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/339181.pdf

26Nello specifico il senatore leghista fa riferimento alla proposta avanzata durante

il corso della XIV Legislatura dalla maggioranza di centro-destra e a quella inserita nella cd Bozza Violante discussa in seno alla XV Legislatura.

(22)

22 d.d.l precedente. I firmatari infatti sono i senatori Stefano Patuanelli (Movimento 5 Stelle) e Massimiliano Romeo (Lega).

Nel testo non vi sono da segnalare ingenti novità rispetto al d.d.l n. 515: i due sono quasi sostanzialmente identici.

Nella presentazione del disegno di legge si è opportuno un excursus storico partendo dalla Costituente fino ad arrivare alla legge costituzionale 9 febbraio 1963 n. 2. Questa decurtazione viene percepita dai firmatari come un mezzo che possa allineare l’Italia al resto degli ordinamenti europei in tema di numero dei rappresentanti, specificando che deteniamo il record per il numero più alto di parlamentari, seguiti da Germania, Gran Bretagna e Francia27. Infine, viene ad essere sollecitato il legislatore elettorale nel senso di una modifica impellente al sistema, anche indipendentemente dall’approvazione del taglio dei parlamentari.

Per completezza di esposizione, si segnala che nella stessa data di presentazione dell’A.S 805, viene presentato contestualmente alla Camera dei Deputati l’A.C 1172 di identico contenuto da parte dei degli onorevoli Francesco D’Uva e Maria Edera Spadoni dalle fila del Movimento 5 Stelle e dall’onorevole Riccardo Molinari facente parte del Gruppo Lega.

È dall’unione dei tre d.d.l presentati in Senato che si otterrà il testo di riforma, approvato con gli opportuni emendamenti, su cui il popolo italiano è chiamato a pronunciarsi tramite referendum confermativo, ad oggi rinviato sine die.

Difatti, rispettivamente l’A.S n. 214, l’A.S n. 515 e l’A.S n. 805, saranno presentati in data 10 ottobre 2018 alla Prima Commissione Permanente Affari Costituzionali del Senato e nella seduta del 12 dicembre 2018 verrà presentato il testo unificato su cui sarà chiamata a pronunciarsi l’Assemblea.

27 Per una prospettiva comparatistica si fa rimando al Paragrafo 5 del presente

(23)

23 1.4 Differenze ed analogie tra i tre d.d.l

Occorre adesso soffermarsi su quelle che sono le differenze e le analogie rilevabili da un confronto tra i tre testi presentati28.

A livello numerico tutti e tre i disegni di legge si pongono sullo stesso livello: la decurtazione dei parlamentari, come già anticipato, si attesta al 36,5%, quindi dagli attuali 945 si passerebbe a 600 (nello specifico 200 senatori elettivi e 400 Deputati).

Nel computo dei 600 vengono fatti rientrare anche i parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero, si recide in modo proporzionale e quindi si porterebbero gli attuali 12 Deputati eletti in questa Circoscrizione ad 8, così come i senatori, portando invece questi ultimi da 6 a 4. Il tema del voto degli italiani all’Estero è particolarmente sentito, ancor prima dell’entrata in vigore della legge costituzionale 23 gennaio 2001 n. 1 (nota anche come Legge Tremaglia, dal nome del sostenitore), che lo ha istituito. Alcuni costituzionalisti29,data l’irrisorietà del numero, ritengono che si poteva esser maggiormente audaci ed elidere questa previsione. Per i rilievi critici sul tema, che risulterebbero fuori luogo in questa sezione, si rimanda alle sedi apposite del presente elaborato30.

Parziali differenze emergono con riferimento al numero minimo di senatori per Regione: il d.d.l n. 214 li riduce a cinque, rispetto agli attuali sette, fermo restando il Molise con due e la Valle d’Aosta con uno. Gli altri due d.d.l operano una riduzione del numero minimo a

28 Per il testo integrale dei tre d.d.l si rimanda a “Documento I” in Appendice al

lavoro.

29 Cfr: F. CLEMENTI, Sulla proposta costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari: non sempre «less is more», n. 2/2019. Disponibile in:

http://www.osservatoriosullefonti.it, p.24, il quale a sua volta richiama: G. CERRINA FERONI, Riduzione del numero dei parlamentari e applicabilità̀ delle

leggi elettorali, in Osservatorio dell’Associazione dei Costituzionalisti, n. 3, 2019.

30 Nello specifico si vedano i Capitoli III e IV, dedicati rispettivamente alla tematica

(24)

24 sei, prevedendo però che al Molise ne spetti uno ed allineando quindi questa Regione alla Valle d’Aosta.

Altra differenza che intercorre tra il d.d.l portante la firma di Gaetano Quagliarello e gli altri due, è che il primo non dedica alcuna disposizione circa la decorrenza delle previsioni contenute nel disegno di legge, cosa che invece viene ritrovata nel d.d.l n. 515 e nel d.d.l 805. Più nel dettaglio il d.d.l Calderoli-Perilli all’articolo 3 prevede che le disposizioni entrino in vigore dalla prima Legislatura successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore della legge costituzionale, mentre l’A.S n. 805, con un grado di ulteriore specificazione, stabilisce che le modifiche siano applicate a decorrere dalla data del primo scioglimento delle Camere o dalla prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della legge costituzionale e comunque non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore.

Come vedremo, sarà quest’ultima impostazione che entrerà a far parte del testo di Riforma approvato.

Un’altra considerevole differenza attiene al fatto che il d.d.l n.214 si presenta come una sorta di “mini-riforma” ed intende sostituire il testo per intero degli articoli 56 e 57, mentre i restanti due disegni sono più semplici ed essenziali e, difatti puntano a modificare e modellare solo alcuni incisi dei citati articoli.

Tra gli intenti dell’A.S n. 214 figura una peculiarità, vale a dire l’istituzione di una Commissione di conciliazione -ancora una volta rifacendosi al modello tedesco- in grado di razionalizzare i tempi del sistema bicamerale ed il funzionamento dell’iter legislativo, rinviata però ad un successivo e ulteriore (mai pervenuto) d.d.l.

Uno dei focus del senatore di Forza Italia è proprio quello di dar vita ad un sistema bicamerale «meno rissoso e conflittuale ed il

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25 Ma non è proprio la dialettica che caratterizza l’iter legislativo di un sistema come il nostro e permette di creare prodotti ben ponderati? Desta non pochi dubbi, un eccessivo appiattimento del metodo dialettico.

Da ultimo, altro aspetto degno di nota, è che tutti e tre i disegni di legge presentati nei primi mesi di vita della XVIII Legislatura, tacciano su aspetti come quello relativo ai senatori a vita e agli ex Presidenti della Repubblica. In tal senso saranno implementati durante le analisi nelle rispettive Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato.

1.5 Il dibattito e la prima deliberazione in seno alle due Camere

Come accennato poc’anzi, i tre disegni di legge vengono presi in carico dalla Prima Commissione permanente Affari Costituzionali del Senato in data 10 ottobre 201831.

L’Ufficio di Presidenza ritiene necessario lo svolgimento di audizioni informali, alle quali vengono dedicate due sedute ad hoc: il 21 e 22 novembre 2018.

Le problematiche evidenziate dagli auditi in queste due giornate sono molteplici32. Si registra una generale concordia nel ritenere inadeguato da parte dei disegni di legge presentati in Commissione non tenere conto di alcuni aspetti prettamente tecnici, tra i quali l’opportunità di sciogliere il nodo interpretativo sul numero massimo di senatori di nomina presidenziale, il rimodulare il Collegio dei cosiddetti Grandi Elettori per la nomina del Presidente della Repubblica e la modifica

31Per completezza si ricorda che in quei giorni, nello specifico il 27 settembre, la

Riforma conquista il suo spazio anche nella Nota di aggiornamento al DEF del 2018. Non sarà questa la prima e l’unica volta, perché il taglio dei parlamentari verrà affrontato anche nel DEF per l’anno 2019 e nella sua nota integrativa di settembre 2019.

32Sono stati auditi nella seduta del 21 novembre 2018 i Professori Andrea Pastore,

Carlo Fusaro e Paolo Carrozza. Il giorno successivo è la volta del Professore Gianluca Passarelli, dell’Avvocato Felice Carlo Besostri e della rappresentanza del Consiglio generale degli italiani all’estero. Le memorie degli interventi sono state reperite su: http://www.senato.it/3572?current_page_29825=4.

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26 necessaria dei Regolamenti delle Camere, riducendo ad esempio il numero delle Commissioni.

Non mancano ovviamente rilievi circa la tematica della rappresentatività, includendo anche la “discriminazione” nei confronti della Regione Molise33, circa la vexata quaestio elettorale, e circa la Circoscrizione estero.

Infine, si registrano riflessioni comuni sul sistema italiano del bicameralismo perfetto, ritenuto superabile secondo alcune opinioni, o comunque rimodulabile, almeno sotto l’aspetto della parificazione dal punto di vista dell’elettorato attivo.

A seguito di questa doppia tranche di audizioni, nella seduta del 12 dicembre 2018 Roberto Calderoli propone un testo unificato dei tre disegni di legge che funga come base per i futuri emendamenti sia in Commissione che in Assemblea.

A livello numerico non vi si rintracciano scostamenti rispetto alle cifre proposte ab origine; si stabilisce però un numero minimo di quattro senatori per Regione, uno solo per il Molise, ancora una volta come la Valle d’Aosta.

Il nuovo testo interviene anche sull’articolo 59 della Costituzione, in modo da porre fine alla querelle circa il numero di senatori di nomina presidenziale. Per quanto riguarda la decorrenza, viene seguito pedissequamente l’art 3 del d.d.l n. 515.

33La Regione Molise verrebbe penalizzata da parte del d.d.l n. 515 e del d.d.l n. 805

assegnati alla Commissione. Già nel 1963, quando nacque, per distacco dall’Abruzzo-Molise, subì una discriminazione. Con la Riforma approvata in questi termini, risulterebbe la Regione dove il vulnus alla rappresentanza sarebbe più evidente: un solo senatore per 313.000 abitanti. La discriminazione risulta ancor più evidente se paragonata alle altre Regioni di dimensioni minori, come la Valle d’Aosta e la Basilicata, per le quali rispettivamente sarebbe previsto un senatore per 126.000 abitanti ed uno ogni 115.600 abitanti. Sul punto cfr. la nota del Professor Carlo Fusaro nella seduta di audizioni informali del 21 novembre 2018 disponibile su:http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/d ocumento_evento_procedura_commissione/files/000/000/843/Prof._Carlo_ FUSARO.pdf

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27 Dei dodici emendamenti presentati in Commissione, solo uno viene approvato, cioè quello relativo alla decorrenza, riprendendo la disposizione dell’A.S n. 805.

Il 19 dicembre 2018 la Prima Commissione Permanente Affari Costituzionali del Senato approva il testo nato dall’unificazione dei tre disegni presentati dagli esponenti di maggioranza e la discussione in Assemblea viene calendarizzata dal 5 al 7 febbraio 2019.

Roberto Calderoli, che aveva ricevuto il mandato dalla Commissione ai fini della presentazione del testo di fronte alla Camera Alta, decide di non intervenire oralmente, ma di rifarsi ad una relazione scritta. Ennesima decisione, in questa Legislatura, la quale ancora non ha raggiunto il suo primo anno di vita, che lascia non pochi dubbi. Si teme che si voglia far passare l’immagine di un Parlamento esautorato, che non conta più niente, ma il relatore si difenderà sostenendo che il Regolamento prevede una relazione scritta, cui può seguire, solo in via eventuale, un’integrazione orale.

Il dibattito in aula sul merito della Riforma è molto acceso: dall’opposizione si grida alla “furbata demagogica” e ad un atteggiamento populista che sfrutta e cavalca il malcontento che aleggia nella popolazione.

Viene approvato un unico emendamento, peraltro proposto dallo stesso relatore, che, andando ad incidere sull’art 57 del testo costituzionale, prevede un numero minimo di senatori anche per le Province autonome di Trento e Bolzano, ma fissando per tutte le altre Regioni il numero a tre, tranne due per il Molise.

Il Senato approva in prima deliberazione il testo nella votazione del 7 febbraio con 185 voti favorevoli (76,1%), 54 contrari (22,2%) e 4 astenuti (1,6%) su un totale di 243 votanti.

L’iter di approvazione prosegue alla Camera dei Deputati, dove la proposta di legge di riforma costituzionale prende il numero A.C 1585 e viene abbinato alla già citata iniziativa dell’A.C 1172.

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28 Il testo giunge in Commissione Affari Costituzionali in data 27 febbraio 2019 ed i relatori sono Anna Mancini per il Movimento 5 Stelle e Igor Giancarlo Iezzi per la Lega. Vengono poi dedicate sei sedute ad un’indagine conoscitiva per il tramite dello strumento delle audizioni informali nei confronti di molteplici personalità, la maggior parte delle quali provenienti dal mondo accademico34. Al termine delle sei giornate, gli elementi emersi come problematici sono i medesimi rilevati in seno alla Commissione Affari Costituzionali del Senato, come poc’anzi illustrato.

Viene adottato come testo base il numero 1585, già approvato in Senato. Le proposte emendative presentate in Commissione sono circa cinquanta, nessuna delle quali viene approvata ex art 8935

Regolamento Camera, il quale prevede l’inammissibilità di

emendamenti estranei all’oggetto del provvedimento in discussione. Inevitabile un dibattito circa l’interpretazione del suddetto articolo, arrivando all’intervento del Presidente della Camera e ad una questione pregiudiziale di costituzionalità, citando l’ordinanza n. 17/2019 della Corte costituzionale riguardante il potere emendativo di ciascun parlamentare.

Ai fini del presente elaborato, senza soffermarsi su aspetti prettamente procedurali, va ricordato che un’interpretazione restrittiva dell’art 89 ha condotto alla declaratoria di inammissibilità di emendamenti che comunque riguardavano pur sempre l’istituzione parlamentare. Tra

34Tra il 20 marzo ed il 3 aprile 2018 vengono auditi: un rappresentante del Consiglio

generale degli italiani all’estero, i Professori Marco Galdi, Beniamino Caravita, Daniele Porena, Anna Poggi, Massimo Luciani, Francesco Clementi, Salvatore Bonifiglio, Salvatore Curreri, Ginevra Cerrina Feroni, Giampiero di Plinio, Ciro Sbailò, Giampiero Ferri e Silvio Troilo ed il Presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida.

35 Qui il testo integrale dell’articolo 89: «Il Presidente ha facoltà di negare

l'accettazione e lo svolgimento di ordini del giorno, emendamenti o articoli aggiuntivi che siano formulati con frasi sconvenienti, o siano relativi ad argomenti affatto estranei all'oggetto della discussione, ovvero siano preclusi da precedenti deliberazioni e può rifiutarsi di metterli in votazione. Se il deputato insiste e il Presidente ritenga opportuno consultare l'Assemblea, questa decide senza discussione per alzata di mano».

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29 questi si segnalano quelli volti a prevedere la partecipazione dei Presidenti delle Regioni e Province autonome ai lavori del Senato; a introdurre forme di bicameralismo differenziato; a modificare il requisito anagrafico per l’elezione del Capo dello Stato; a modificare le disposizioni costituzionali relative all’elettorato attivo e passivo delle Camere. Questa inammissibilità è stata da molti percepita come una sorta di blindatura del testo36. Il 17 aprile 2019 la Commissione ha conferito mandato ai relatori per presentare la Riforma in Assemblea, dove la prima seduta viene fissata per il 29 aprile. Dopo accese discussioni, nuovamente non viene approvato alcun emendamento tra quelli proposti.

Il testo, identico a quello già approvato in Senato, sarà votato in prima deliberazione ed approvato anche dalla Camera bassa in data 9 maggio 2019 con 310 voti favorevoli (73,5%), 107 contrari (25,4%) e 5 astenuti (1,2%) su un totale di 417 votanti.

1.6 Il dibattito e la seconda deliberazione in seno alle due Camere

Ecco che si giunge, per la seconda lettura ex art 138 Costituzione, nuovamente in Senato, di fronte al quale l’esame del provvedimento n. 214-515-805-B prende avvio in data 25 giugno 2019 in Commissione. Quest’ultima dedica solamente due sedute alla discussione, dove traspare la necessità di evitare qualsiasi ritardo nella discussione e conseguente approvazione del testo. Nella seconda seduta del 2 luglio procede il dibattito, con la votazione del mandato al relatore.

La lettura in Assemblea è stata avviata in data 10 luglio 2019 ed il relatore leghista Roberto Calderoli, rifacendosi al detto popolare

“cavallo magro corre più forte e salta più in alto”, ribadisce i due

36 Cfr: E. ROSSI (a cura di), Meno parlamentari più democrazia? Significato e

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30 focus principali a cui mira la proposta in questione: snellire l’apparato parlamentare, renderlo più efficiente e al contempo abbattere i costi della politica.

Vari interventi denunciano la non opportunità di una riforma siffatta, esattamente come era stato fatto in precedenza al momento della prima deliberazione.

Interessante è analizzare un cambio rotta in seno allo schieramento di Forza Italia: fino a questo momento il voto era sempre stato favorevole, data anche la proposta di Quagliarello con il d.d.l n. 214, con l’auspicio che la decurtazione dei parlamentari andasse ad inserirsi in un quadro di riforme varie ed organiche. Constatata l’intenzione di non andare oltre a micro-revisioni puntali, esponenti di Forza Italia non ci stanno più e virano verso la non partecipazione al voto. Nella seconda seduta in Assemblea, l’11 luglio 2019, si procede direttamente alla votazione finale37, con la quale viene approvato in seconda lettura il disegno di legge costituzionale a maggioranza assoluta, inferiore però ai due terzi, elemento che apre la via verso il

referendum confermativo previsto dall’articolo 138 della Costituzione.

Nello specifico si approva il provvedimento, rinominato C 1585-B, con 180 voti a favore (78,3%) e 50 voti contrari (21,7%) su un totale di 230 votanti. Il testo così confezionato, a seguito della seconda lettura in Senato, approda al suo ultimo step, vale a dire l’11 luglio il provvedimento raggiunge la Prima Commissione Permanente Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.

37L’articolo 123 del Regolamento del Senato dispone infatti al suo secondo comma

che in seconda deliberazione «in Assemblea, il disegno di legge, dopo la discussione

generale, è sottoposto soltanto alla votazione finale per l'approvazione del complesso».

Continua al terzo comma stabilendo che «non sono ammessi emendamenti né ordini

del giorno, né lo stralcio di una o più norme. Del pari non sono ammesse le questioni pregiudiziale e sospensiva; può essere richiesto un rinvio a breve termine, sul quale decide inappellabilmente il Presidente».

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31 La strada per l’approvazione del testo di legge costituzionale non è tutta in salita, dato il caldo agosto 2019 dominato dalla crisi del Governo Conte I e dalla costituzione di un nuovo esecutivo, sempre sotto l’egida del Professor Conte, con una sottile differenza: nella maggioranza troviamo un nuovo protagonista, il Partito Democratico, che ha rimpiazzato il partito guidato da Matteo Salvini.

Il Pd non è il solo a far parte di questa nuova ed inedita formazione politica: insieme a questo, si segnalano anche Liberi e Uguali ed Italia Viva, nato dopo la scissione di Matteo Renzi e sostenitori dalla casa dei dem. Queste tre forze appena citate, notoriamente conosciute per essere contrarie alla riforma proposta dalla oramai ex maggioranza di Governo, sono chiamate a giustificare il loro cambio di fronte da “nemiche” a sostenitrici del taglio prospettato dal testo C 1585-B. Sarebbe erroneo qualificare il comportamento dei democratici come mera ratifica della volontà dei colleghi di Governo. Dalle fila del Partito Democratico si registra un impegno a tener ben saldi altri punti che dovranno necessariamente accompagnare la riduzione del numero dei parlamentari, in primis la revisione del sistema elettorale. Sussiste quindi l’intenzione di dar vita ad un programma di riforme di più ampio respiro, che non si limiti solo a diminuire il numero dei Parlamentari, ma che possa permettere di riprendere le trame decennali di progetti di Riforma inerenti al tema del Bicameralismo. Si mira quindi, tramite la prima pietra rappresentata da questa Riforma, a realizzare un patchwork di Riforme il più completo e funzionale possibile.

Il testo giunge in Assemblea il 7 ottobre 2019 e il giorno successivo, con la votazione, il testo viene approvato in seconda deliberazione con una larga maggioranza. Su un totale di 567 votanti, 533 sono i favorevoli (97,2%), 14 i contrari (2,5%) e 2 gli astenuti (0,4%). Il testo approvato recante “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della

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32 viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale numero 240 del 12 ottobre 2019.

Non è questo l’ultimo tassello, vale a dire il punto di arrivo, perché, come anticipato in apertura, è stata richiesta una consultazione referendaria in ossequio alla possibilità riconosciuta dal dettato dell’articolo 138.

Nello specifico il referendum confermativo è stato richiesto, dato il mancato raggiungimento di una maggioranza assoluta in seno a ciascuna Camera di due terzi dei suoi componenti, da un quinto dei membri di una Camera, cioè da 71 senatori (la soglia minima sarebbe stata quella di 64), una compagine molto variegata, data la provenienza dalle fila di Forza Italia, Lega, Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle, Gruppo Misto e Italia Viva.

Il 23 gennaio 2019 l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione ha emanato l’ordinanza avente ad oggetto la legittimità del quesito referendario ai sensi dell’articolo 138 Costituzione e, come già preannunciato, la data individuata originariamente per la chiamata alle urne del popolo italiano è quella della 29 marzo 2020, abbandonata a causa dell’emergenza sanitaria e delle necessarie misure di contenimento.

Rimaniamo quindi in attesa della fissazione di una nuova data.

2. Il contenuto della Riforma

Il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale si caratterizza per essere particolarmente agile, snello e, proprio per questi connotati, di facile lettura.

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33 Si opta per un approccio minimalista che mira all’essenziale con soli quattro articoli38.

La prima disposizione va ad incidere sul testo dell’articolo 56 della Costituzione, il quale attualmente fissa il numero dei Deputati elettivi in 630, 12 dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Con le modifiche in analisi, il numero dei Deputati scende a 400, 8 dei quali eletti nella circoscrizione Estero, mantenendo quindi la medesima proporzione del 36,5%. È chiaro che non si intende variare l’incidenza numerica della rappresentanza della circoscrizione Estero, così come emerso in seno ai lavori parlamentari.

L’articolo 2 del testo di legge costituzionale mira alla modificazione dell’articolo 57 della Costituzione. Con il taglio operato, i senatori elettivi ammontano a 200 rispetto ai 315 odierni, 4 dei quali eletti all’interno della circoscrizione Estero.

La riduzione del numero complessivo dei senatori elettivi comporta anche la consequenziale diminuzione del numero minimo di senatori per Regioni rispetto alla formulazione attuale. Infatti, la novella fa scendere il numero minimo per ogni Regione da 7 a 3, lasciando invariate le disposizioni vigenti circa il Molise39 e la Valle d’Aosta, per le quali rispettivamente sono previsti due senatori ed uno.

Una novità introdotta con la riforma costituzionale in esame è l’inserimento nel testo dell’art 57 dell’inciso «Province autonome», equiparando Trento e Bolzano, in quanto tali, alle Regioni e quindi meritevoli anche esse di un numero minimo di senatori.

La ratio di questa nuova previsione è rinvenibile nel fatto che le Province autonome di Trento e Bolzano hanno raggiunto a livello costituzionale una posizione sostanzialmente paritaria e comparabile quindi a quella rivestita dalle Regioni nel resto del Paese.

38 Per una lettura del testo integrale, si rimanda a “Documento II” in Appendice

all’elaborato. Sempre in questa sede, al “Documento III” si allega il testo costituzionale a fronte con le modificazioni in caso di definitiva approvazione.

39Si veda la nota a piè di pagina n. 31 per il dibattito emerso in sede di Commissione

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34 L’articolo 3 è probabilmente la disposizione accolta con più benevolenza ed interesse, sicuramente la più necessaria da un punto di vista pragmatico perché, modificando il secondo comma dell’art 59, pone fine ad un dibattito costituzionale le cui origini sono oramai risalenti negli anni.

Viene previsto espressamente che i senatori di nomina presidenziale in carica non possano mai superare il numero di 5.

La disposizione permette di sciogliere un nodo costituzionale spinoso, vale a dire se il numero di cinque debba essere considerato un numerus

clausus oppure se sia possibile per ogni Presidente della Repubblica

nominare fino ad un massimo di cinque senatori, indipendentemente dalla cifra di quelli già in carica.

Per completezza si ricorda che questa seconda interpretazione estensiva è stata seguita solamente da due Presidenti: Sandro Pertini e Francesco Cossiga.

Rimane invece immodificato il primo comma dell’art 59 della Costituzione riguardante la figura dei senatori di diritto a vita, salvo rinuncia, i quali si identificano con gli ex Presidenti della Repubblica. L’articolo 4, che chiude il testo di legge costituzionale, si esprime circa la decorrenza delle disposizioni contenute nella Riforma in esame. Nello specifico viene previsto che la riduzione numerica dei parlamentari operi dalla data del primo scioglimento delle Camere o comunque dalla prima cessazione successiva all’entrata in vigore della legge costituzionale, con la precisazione però che da questo momento debbano essere trascorsi almeno 60 giorni.

Questo lasso di tempo indicato in chiusura all’art 4 del testo di legge di revisione costituzionale è necessario ai fini dell’approvazione di un decreto legislativo da parte dell’Esecutivo che vada a rivisitare i collegi elettorali in modo da adeguarli alla nuova compagine parlamentare in vista di future elezioni. Emerge chiaramente, ancora una volta, lo stretto legame tra la riduzione del numero dei

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