Il secondo obiettivo che si intende perseguire con la Riforma qui in esame è quello relativo alla riduzione dei costi della politica, il quale sarebbe raggiunto con una sforbiciata del 36,5% ai danni dei parlamentari.
Premesso che non è concepibile ragionare unicamente in termini economici con riguardo alla modifica di un organo centrale per la Repubblica italiana quale il Parlamento, resta da comprendere se il risparmio di spesa è tangibile e quindi se può essere considerato un valido argomento per giustificare una decurtazione di tale entità nei confronti dei rappresentanti del popolo italiano.
Giunti a questo punto, occorre essere più specifici e parlare di numeri con dati alla mano. I fautori della Riforma hanno promesso un risparmio che si attesta sui 500 milioni di euro a legislatura: su queste cifre sono necessari degli approfondimenti.
Anzitutto è utile ricordare che lo stipendio del singolo parlamentare è composto da due voci: le indennità parlamentari, soggette a ritenute fiscali e i rimborsi spesa (per i viaggi e le spese telefoniche ad esempio), esenti invece dall’imposizione fiscale.
Mensilmente gli “inquilini” di Palazzo Madama e di Montecitorio ottengono un’indennità lorda di 10.400 euro, la quale al netto delle ritenute fiscali si aggira sui 5000 euro ed un rimborso spese di circa 9000 euro. Dunque, ogni parlamentare costa annualmente allo Stato 240.000 euro, per totale di 222 milioni.
Rebus sic stantibus, il risparmio lordo con la Riforma in questione è
di circa 410 milioni di euro, cifra non lontana da quella dichiarata dai promotori. Il problema è che il risparmio da tener di conto è quello
51 netto che si sostanzia in 57 milioni annui e 285 milioni a Legislatura, dunque pari allo 0,007% della spesa pubblica.
Si segnala che nel lungo periodo potrebbe manifestarsi un maggior risparmio tenendo conto della riduzione delle spese pensionistiche 76. Come osservato dal Codacons 77, gli effetti che si riverberebbero sui bilanci delle famiglie italiane sono irrilevanti: si registra che un singolo cittadino risparmierebbe 1,35 euro, mentre una singola famiglia 3,12 euro.
Appurato che in tema di democrazia, il dibattito principale deve roteare intorno all’efficienza di quest’ultima, il focus del risparmio è lodevole, ma non in questi termini. Dall’analisi riportata è palese che i costi della politica non subiscano un abbassamento importante, quindi un tale risparmio è fatuo, pubblicizzato con il solo fine di ammaliare l’opinione pubblica e far presa facile su quest’ultima. Le cifre concrete sono ben distanti da quelle promesse e, al fine di ridurre i famigerati costi della politica, risultano insufficienti e sarebbe opportuno ragione in un’ottica più ampia, come sarà fatto nel Capitolo VI del presente lavoro.
In calce ai primi rilievi circa gli obiettivi che si vogliono raggiungere con questa Riforma, appare evidente come quest’ultima sia costellata da incognite di difficile risoluzione. Viene sponsorizzata come un passaggio epocale verso grandi cambiamenti per risolvere una serie di problematiche caratterizzanti il nostro circuito democratico, ma in realtà l’unico obiettivo raggiunto in pieno è quello di creare ulteriori questioni spinose. Infatti, possiamo in queste sede limitarci ad elencare vari aspetti oscuri che questa Riforma porta con sé, i quali richiedono interventi aggiuntivi. A titolo esemplificativo possono essere citati svariati aspetti tecnici che dovranno essere oggetto di manutenzione:
76 I dati fin qui riportati sono contenuti in: E. FRATTOLA, Quanto si risparmia
davvero con il taglio del numero dei parlamentari? in Osservatorio sui Conti pubblici italiani, 24 luglio 2019 (su www.osservatoriocpi.unicatt.it).
77Si veda: https://codacons.it/riforme-codaconscon-taglio-parlamentari-risparmio-
52 la revisione dei Regolamenti elettorali, le elezioni del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali, il quorum per le revisioni costituzionali ex art 138 Costituzionali e, last but not least, il grande tema della legge elettorale 78.
Difficile dire se questa legge di revisione costituzionale sia innocua o apocalittica; sicuramente carente sotto il punto di vista degli obiettivi, ma verrebbe da dire: al corpo elettorale l’ardua sentenza.
4. Il numero dei Parlamentari in Italia versus altri ordinamenti europei ed extra-europei
Come già accennato, sussiste un terzo argomento meno marcato e ribadito che giustifica, a detta dei promotori, il taglio del 36,5% dei parlamentari italiani: rendere finalmente il Parlamento italiano allineato, da un punto di vista strettamente numerico, agli standards europei.
In questa sede sarà offerta un’analisi comparata tra i numeri delle assemblee rappresentative di ordinamenti europei ed extra e quella situazione italiana, additata di essere il Paese con la cifra più alta di parlamentari. Vedremo che nell’individuazione del numero dei rappresentanti, un ruolo essenziale è sempre stato giocato e sempre sarà dalla dimensione territoriale e ciò può dare origine a problematiche di svariato ordine sia in ordinamenti federali che unitari.
Alle origini del costituzionalismo occidentale si hanno due fenomeni cardine79: il primo è rappresentato dalla Costituzione francese del 1791 che prevede un’Assemblea Nazionale composta da 745 membri;
78Per l’analisi specifica delle tematiche citate a titolo esemplificativo in questa sede,
si rimanda al Capitolo II del presente elaborato.
79Cfr: G. DELLE DONNE, Un’anomalia italiana? Una riflessione comparatistica
sul numero dei parlamentari negli altri ordinamenti in E. ROSSI (A cura di),“ Meno parlamentari più democrazia? Significato e conseguenze della riforma costituzionale”, Pisa University Press, 2020, p.56.
53 il secondo, invece, è quello riguardante la Constitution statunitense del 1787, all’interno della quale figura una Camera dei rappresentanti composta da un numero di membri non superiore a uno ogni 30.000 abitanti. In entrambe queste lontane realtà, si decise di tener conto del dato territoriale: nella prima stabilendo un numero minimo di 3 Deputati per Dipartimento, mentre nella seconda garantendo almeno un deputato per ogni Stato.