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Prime ricerche e influenze del Graffiti Writing sul suolo italiano

Diffusione ed evoluzione del fenomeno dell’arte di strada sul suolo italiano

1. Prime ricerche e influenze del Graffiti Writing sul suolo italiano

La critica d’arte Sara Nitti, nel contesto del volume Vecchia Scuola. Graffiti writing a Milano (2017), asserisce: «all’inizio pensavo che sarebbe stato un linguaggio prettamente di New York, lì aveva la sua storia e lì sarebbe finito. Poi girando il mondo, mi resi conto che tutti i giovani si stavano impossessando di questa cultura, era diventata un’espressione globale»102. Il decennio degli anni Ottanta è stato decisivo in termini di diffusione su scala internazionale del Graffiti Writing, difatti proprio durante tale periodo il fenomeno in questione approda anche in suolo europeo. Occorre tener conto del fatto che, quando ciò avviene, il graffitismo statunitense è già intriso di stili e tecniche ben definite, di conseguenza ogni nazione europea e ogni singolo writer ha la possibilità di individuare ed orientarsi verso ciò che più gradisce ed apprezza, sviluppando in tal modo meccanismi e tempistiche visibilmente differenti tra loro. Sappiamo inoltre che, nonostante i mezzi e gli strumenti siano similari a quelli americani, fin da subito i protagonisti europei hanno sentito il bisogno di manifestare la propria espressione artistica e creativa, conferendo pertanto ai propri lavori un gusto ed un intento estetico espliciti fin dagli albori. Tale procedura è stata etichettata dagli studiosi come causa dell’incidenza del retaggio culturale e artistico tradizionale europeo, difatti il “Vecchio Continente” possiede una storia dell’arte secolare e diverse pratiche estetiche ormai radicate nella cultura dei paesi che lo compongono, impossibili dunque da ignorare e accantonare.

Assieme alla disposizione di uno storico retaggio artistico-culturale, sul suolo europeo ci si trova di fronte ad un mutamento dei caratteri del graffitismo, difatti nonostante i pieces americani siano nati dalla ribellione e dalla volontà di coloro che abitano nei ghetti e nelle periferie di riaffermare la propria esistenza e la propria posizione sociale, il Graffiti Writing non si espone né si connota politicamente come movimento. In territorio europeo invece, facendo particolare riferimento a quello italiano, è ben visibile lo sfruttamento dei dettami

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propri del graffitismo a scopo politico-sociale,103 ed è altresì possibile constatare un’associazione del fenomeno in questione con manifestazioni e rivendicazioni atte a contestare e denunciare diverse decisioni e condizioni, percepite come ingiustizie, in cui riversava la società.

Esaminando dunque il caso italiano, per prima cosa è necessario citare Carlo Torrighelli, un uomo vissuto nato e vissuto nel Novecento, considerato una sorta di “graffitaro ante- litteram” degli anni Settanta: Carlo era membro della Resistenza italiana e un attivo partecipante del Partito Comunista che, dopo essersi trasferito a Milano al termine del secondo conflitto mondiale, ha iniziato a tracciare e scrivere, con l’ausilio della vernice bianca, alcune frasi sul tessuto urbano milanese. Si trattava essenzialmente di slogan, firmati per mezzo della sigla “C.T.”, accusatori e canzonatori nei riguardi delle istituzioni religiose e politiche. [Figura 1] L’operato di Carlo si inserisce all’interno di un decennio storico italiano, ovvero quello degli anni Settanta, in cui il termine “graffito” viene utilizzato principalmente per descrivere le svariate scritte di carattere politico che si possono incontrare sulla trama urbana delle città: proprio durante il periodo sopracitato, nascono alcuni movimenti politico-sociali che sfruttano strumenti come le bombolette spray, i pennelli e le mascherine, traduzione italiana degli stencil, al fine di tracciare termini ed espressioni strategicamente contestatori, specialmente in occasione di manifestazioni e cortei. Oltretutto, i meccanismi propri del fenomeno in questione vengono sfruttati anche durante diverse rivoluzioni culturali, come per esempio le contestazioni studentesche insorte a cavallo tra gli anni Sessanta e i Settanta: emerge, specialmente tra i più giovani, un malcontento generale determinato da alcuni sentimenti come insoddisfazione e preoccupazione ma anche disillusione nei confronti della società e della politica contemporanea, condizione che porta i soggetti coinvolti a ricercare una modalità significativa in grado di esprimere suddette loro impressioni. Pertanto, in città come Bologna, Milano, Torino e Roma, sia la rabbia che il disincanto e la volontà di rompere con i dogmi imposti dalla società confluiscono verso quel linguaggio espressivo e creativo che predilige il mezzo del tessuto urbano, il quale diviene il luogo prediletto dove manifestare e imprimere i propri sentimenti e le proprie opinioni.104 Si possono di fatto attribuire al 1977 alcune scritte comparse su diverse pareti della zona universitaria di Bologna, realizzate in occasione delle rivoluzioni studentesche e per mano di Zomas e Claudio

103 M. Gianquitto, Graffitismo e Street art, op. cit., pp. 57-59.

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Corsello, che oggi vengono classificati come parte di quella generazione di writer che ha contribuito l’evoluzione della tag e del graffitismo sul suolo italiano e in particolar modo su quello emiliano.105 Analogamente, molti altri giovani hanno utilizzato i muri per trasmettere alla comunità cittadina i propri slogan, si trattava quasi sempre di messaggi politici ed attivisti che si rifacevano, in particolar modo, alla tradizione muralista messicana di inizio Novecento. L’affinità tra i luoghi e gli strumenti del Graffiti Writing e quelli delle contestazioni socio-politiche porta molto spesso al mancato riconoscimento delle discrepanze che sussistono tra uno e l’altro, al punto che, quando le forze dell’ordine fermano qualcuno che risulta in possesso di una bomboletta spray, il tale viene multato e ritenuto parte di gruppi politici, per lo più sovversivi. Sappiamo che gli strumenti in questione, ossia lo stencil, la tag, il poster e anche le semplici scritte nere, vengono ampiamente sfruttati dalla street culture dell’Hip hop, a cui si avvicinano in particolar modo le nuove generazioni, le quali provengono da una fase caratterizzata da rivolte culturali e studentesche e che pertanto sentono la necessità di appartenere ad un gruppo in cui identificarsi e riconoscersi.106 Tuttavia si assiste anche all’appropriazione di tali metodologie espressive per mano di comunità punk rock e hardcore,107 che sfruttano i simboli e le scritte sui muri al fine di far circolare sia le proprie convinzioni che la propria musica. Si sviluppa inoltre, in particolar modo nella nostra penisola, una versione ancor più politica del punk rock, il “Punx”: si tratta di ragazzi che inneggiano la cultura punk hardcore e che si ritrovano per lo più in centri sociali; giovani che possiedono chiare idee politiche anticonformiste ma soprattutto anticapitaliste e consumiste. Anche in tale caso, essi sfruttano a pieno il rinnovato mezzo del tessuto cittadino per esprimere la propria visione del mondo.

Il momento cruciale per la divulgazione e la conoscenza della pratica artistica del Graffiti Writing in suolo italiano risale tradizionalmente all’inaugurazione dell’esposizione “Arte di Frontiera. New York Graffiti”, che ha avuto luogo nel marzo del 1984 presso il Museo di Arte Moderna di Bologna e che ha visto la partecipazione di svariati writer di fama internazionale, come Lady Pink, Futura 2000, Keith Haring e Daze. Il progetto in questione è stato costruito da un’idea di Francesca Alinovi ma, a seguito della sua tragica scomparsa nel 1983, viene portato a termine da due suoi collaboratori, Roberto Daolio e Marilena

105 L. Ciancabilla, The sight gallery. Salvaguardia e conservazione della pittura murale urbana

contemporanea a Bologna, op. cit., p. 4.

106 M. KayOne Mantovani, Vecchia Scuola. Graffiti writing a Milano, op. cit., p. 5.

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Pasquali. L’obiettivo principale di tale manifestazione riguardava l’elaborazione una strutturazione temporale e culturale del graffitismo americano, oltreché un’interpretazione degli schemi e delle strutture proprie di tale linguaggio espressivo. La realizzazione di “Arte di Frontiera. New York Graffiti” ha reso possibile innanzitutto la visione e la fruizione delle opere e degli schemi compositivi americani, in secondo luogo l’analisi e l’emulazione in territorio italiano. La maggioranza degli studiosi considera inoltre la suddetta mostra come la consacrazione e la legittimazione del fenomeno del graffitismo all’interno delle sedi istituzionali,108 dal momento che ha avuto luogo in uno spazio espositivo facente parte del circuito ufficiale del sistema dell’arte.

Nonostante tale esibizione sia comunemente stimata come essenziale e significativa per la scoperta italiana del graffitismo, vi sono anche altri progetti antecedenti che danno testimonianza di un interesse precoce e introduttivo di alcuni letterati nei confronti dell’arte di strada: nel 1975 Gusmano Cesaretti pubblica un volume intitolato Street Writers: a guided tour of Chicago Graffiti, in cui racconta e delinea il fenomeno del graffitismo diffuso in tutto il suolo statunitense, servendosi in particolar modo del supporto del mezzo fotografico. Nel 1978, invece, viene stampata la tesi di laurea di Andrea Nelli, Graffiti a New York, un elaborato che si pone di creare un excursus temporale e storico delle scritte e delle tag che ha incontrato nella metropolitana newyorkese durante un suo viaggio, datato 1972: anche in questo caso viene sfruttata la macchina fotografica e i fotogrammi sono inclusi nel testo. Come ultima occasione atta a dimostrare il continuo ritorno del Graffiti Writing sul suolo italiano è indispensabile citare la prima mostra interamente dedicata al graffitismo newyorkese, organizzata al di fuori del territorio statunitense: “The Fabulous Five. Calligraffiti di FREDerick Brathwaite e LEE George Quiñones”, curata dal gallerista Claudio Bruni Sakraischik nel 1979. Al suo interno sono state esposte tele coloratissime e di dimensioni ingenti, sulle quali i writer George “Lee” Quinones e Fab 5 Freddy hanno realizzato puppets, tag e altre svariate scritte sfruttando gli schemi e i dettami del graffitismo. La suddetta esibizione risulta essere dunque una primissima occasione di incontro tra l’esperienza americana e il tessuto urbano italiano, difatti sia Lee che Fab 5 Freddy realizzano qualche pieces sulle pareti della capitale, accompagnandosi sempre con la boom box109 e riproducendo la musica hip hop, ancora piuttosto sconosciuta nella penisola. L’anno successivo il gallerista Paolo Seno contatta tempestivamente i due writer

108 Street art Banksy&Co. L’arte allo stato urbano, a cura di L. Ciancabilla e C. Omodeo, op. cit., p. 5. 109 M. KayOne Mantovani, Vecchia Scuola. Graffiti writing a Milano, op. cit., p.13.

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sopracitati e chiede loro di esporre all’interno dei propri spazi a Milano, contribuendo in tal maniera alla diffusione sul suolo italiano del movimento Hip hop e delle differenti discipline che lo compongono. È necessario altresì citare il gallerista milanese Salvatore Ala, difatti è stato fondamentale per lo sbarco dei writer americani in Italia: egli, dopo aver aperto uno spazio espositivo nella metropoli di New York ed essere entrato in contatto con il Graffiti Writing, nel 1983 organizza un’esibizione presso la propria galleria di Milano, portando il writer A-One per la primissima volta nella nostra penisola. Dopodiché, l’anno successivo allestisce la prima personale italiana di Keith Haring.

A seguito delle questioni ivi descritte, possiamo affermare che, sebbene l’appropriazione e la diffusione del writing sul tessuto urbano italiano siano avvenute durante gli anni Ottanta, già in precedenza si erano manifestati diversi letterati e galleristi lungimiranti ed interessati a siffatta realtà, oltretutto alcune tecniche similari a quelle sfruttate dal fenomeno del graffitismo venivano già utilizzate con lo scopo di diffondere e promuovere alcuni contenuti socio-politici, difatti era presente una cultura underground che aveva confidenza con i mezzi e i materiali privilegiati dal Graffiti Writing ancora prima del suo avvento.