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Il primo conclave del Quirinale

Antonio Menniti Ippolito La scelta della sede

Il conclave che nel 1823 elesse papa Leone XII e che si svolse nel palazzo del Quirinale contribuì a svelare – ma non a cancellare – una leggenda che copriva uno dei “segreti” meglio protetti nella Roma d’età moderna. Quella che voleva che i pontefici avessero come se-de principale il complesso Vaticano, dove avevano però risieduto ben poco, nascondendo la realtà che li voleva invece stabili abitatori del Quirinale soprattutto dal tempo di Paolo V. La residenza di Monte Cavallo fu anzi a partire da papa Borghese la prima sede ch’essi occu-parono stabilmente dopo quella del Laterano, da essi utilizzata però con certa continuità solo molti secoli prima.

Una realtà da camuffare con una copertura talmente efficace da condizionare poi anche a lungo la storiografia: di fatto si creò una del-le più grandi illusioni della Roma barocca.

Nel leggere infatti non solo le nascoste carte d’archivio ma le cro-nache, o il Diario di Roma o altre fonti comuni a stampa, appare evi-dente che i papi dal primo Seicento vissero e operarono soprattutto se non quasi esclusivamente nella secolarissima residenza del Quiri-nale e non in Vaticano, e però la notizia che il QuiriQuiri-nale costituisse solo una residenza stagionale, estiva, si è comunque affermata con forza.

Come fu raggiunto tale risultato? Per proteggere la più comoda, funzionale, efficiente reggia, si costruì un sistema di residenze com-plementari: il secolare palazzo del Quirinale, stanza privata del papa e sede di governo, non sostituì il Vaticano, palcoscenico dedicato ai riti, alle grandi cerimonie canoniche, ai conclavi, ma gli si affiancò di-scretamente. La residenza stabile insomma non sostituì formalmen-te l’altra. Quando Alessandro VII mostrò di voler costruire di fronformalmen-te alla basilica di San Pietro il grande colonnato un ambasciatore vene-ziano commentò che la cosa gli pareva del tutto senza senso, perché

i pontefici in quel luogo non stavano più1. Al palazzo di governo, l’u-nica residenza apostolica a non inglobare una chiesa cattedrale pub-blica, corrispose così il complesso vaticano dominato dalla enorme basilica. Un palazzo senza chiesa affiancato a una chiesa con annesso sistema di palazzi, che restavano di fatto il più del tempo vuoti, co-me dimostrano gli impressionanti stati d’anico-me della parrocchia di San Pietro che quantificano in una trentina di individui, tra cui molte donne e bambini, moglie e figli di personale di servizio, i complessivi abitanti del Vaticano, appunto (e allo stesso tempo gli stati d’anime calcolano in 3-400 gli inquilini del Quirinale). Consuetudine voleva che i pontefici si recassero in Vaticano per i riti del Natale, di Pasqua, per il Corpus Domini e per la festività dei santi Pietro e Paolo, ma si trattò di un uso spesso non rispettato (ad esempio da Benedetto XIV) o che a volte comportava solo incursioni diurne sulla scena delle ce-rimonie2. Non se ne doveva però parlare. Emerge una sola traccia di dibattito sul tema e che risale a quegli anni in cui Alessandro VII con-vocava consultazioni di teologi e curiali su tutto. Il primo a interveni-re fu Sforza Pallavicini, che scrisse che le interveni-residenze erano fatte per gli uomini e non viceversa e dunque il papa poteva stare dove gli pareva, aggiungendo che il Vaticano, posto come era fuori città e scomodo da raggiungere (ed effettivamente poteva risultare tale, visto che era di-rettamente collegato al centro urbano solo dallo stretto passaggio del ponte di Castel Sant’Angelo), faceva sprecare un mucchio di tempo a tutti quanti avevano a che fare con la Curia e col papa e agli stessi cu-riali. A rafforzare la sua tesi affermò, contro quelli che sostenevano che un abbandonato Vaticano sarebbe deperito, che quella era la sor-te che toccava a tutsor-te le costruzioni dell’uomo. Luca Holssor-te scrisse in-vece che il pontefice era soprattutto capo della Chiesa in virtù della discendenza a Pietro che era sepolto in Vaticano. Era lì che il pontefi-ce doveva stare e non c’era nessuna valutazione sulla insalubrità del luogo o sulla sua scomodità che potesse tenere lontani i pontefici da

1 N. Barozzi, G. Berchet (a cura), Le relazioni della Corte di Roma lette al Senato dagli ambasciatori veneti nel secolo decimosettimo, II, Venezia 1879, pp. 218 ss.

2 Su tutto ciò mi permetto di rimandare al mio I papi al Quirinale. Il sovrano ponte-fice e la ricerca di una residenza, Roma 2004.

lì. Poche altre tracce di dibattito, sempre in quello stesso tempo, poi nulla. Fino al 1776, anno in cui Francescantonio Zaccaria pubblicò le scritture di Sforza Pallavicini e Holste che erano rimaste manoscritte (si tornerà su questo).

Alessandro VII fu uno dei papi più inclini al Quirinale, ove realiz-zò anche importanti cicli pittorici, e non a caso fu anche il pontefice che, come visto, garantì con l’imponente colonnato l’ultimo grande intervento a San Pietro. Fu il papa insomma che consolidò definitiva-mente la detta illusione e non è un caso che alla sua morte si discusse se non fosse il caso di celebrare il conclave a Monte Cavallo. È il ce-rimoniere Fulvio Servanzio a darne notizia dicendo che la congrega-zione generale dei cardinali si pose la questione nel maggio 1667 per decidere infine che la qualità dell’aria sulla sponda destra del Tevere non era poi così pregiudizievole per la salute degli elettori e degli altri partecipanti all’assise elettorale3. Non era il tempo giusto per inno-vare la prassie non si ebbe il coraggio di levare alla sede del Vaticano anche quella funzione.

Nel 1823 quel coraggio fu trovato. Era dal 1775 che non si celebra-va a Roma un conclave e tutti gli straordinari e terribili avvenimen-ti che avevano squassato il papato nel tempo che seguì contribuiro-no evidentemente a mutare la consuetudine. L’eruditissimo France-sco Cancellieri ci spiega che ciò avvenne per un motivo ben preciso e drammatico. Commentando la morte di papa Pio VII, avvenuta il 20 agosto 1823, Cancellieri disse che così come l’esito del conclave era imprevedibile per la mancanza di figure di rilievo nel Sacro Collegio, pure era assai incerta la sede dell’assise elettiva. Qualcuno la voleva alla Chiesa Nuova, altri alla Minerva o a Sant’Agostino o nella sacre-stia di San Pietro. V’era poi chi sosteneva la sede di Montecavallo, appunto4. In altro luogo, Cancellieri aggiunse che erano i cardinali Bartolomeo Pacca e Joseph Fesch a volere il conclave in San Pietro, assieme a Emanuele De Gregorio e Agostino Rivarola, mentre Giulio

3 Ne dà notizia F. Cancellieri, Notizie istoriche delle stagioni e de’ siti diversi in cui sono stati tenuti i conclavi nella città di Roma […], Roma 1823, pp. 63-64.

4 F. Cancellieri, Lettere autografe relative al conclave di Leone XII. Inedite, Bibliote-ca Casanatense di Roma, ms. 5320, c. 3.

Maria della Somaglia e Ercole Consalvi preferivano il Quirinale, scel-ta che poi prevalse. Ciò avvenne perché quesscel-ta volscel-ta il solito motivo dell’aria cattiva in Vaticano fu ritenuto valido, ma anche e soprattut-to per paura degli “incendiari”, ossia per il timore che potesse ripe-tersi quel che era avvenuto nella basilica di San Paolo distrutta da un incendio solo poco prima, il 15 luglio 1823. Lo stesso Cancellieri con-siderava però superabile questa obiezione affermando che la sacrestia di San Pietro comunque avrebbe preservato dal rischio, ma così evi-dentemente si decise perché era ormai giunto il momento buono per compiere una scelta che non nasceva come si è visto dal nulla e che era conseguente alla consuetudine radicatissima che ormai legava i papi al Quirinale. Chiudeva Cancellieri specificando che l’innovazio-ne avrebbe imposto l’introduziol’innovazio-ne della nuova cerimonia del solenl’innovazio-ne trasporto del papa eletto a San Pietro, per consentirvi colà l’adorazio-ne dei cardinali5.

In altra sede, nell’instant book dal titolo Notizie istoriche delle sta-gioni e de’ siti diversi in cui sono stati tenuti i conclavi, Cancellieri, preso dall’entusiasmo per l’evento che si svolgeva sul colle più alto di Roma, commise un errore quasi inspiegabile e grave affermando che anche il conclave del 1775, quello che elesse Pio VI, si era svolto nello stes-so palazzo. Scrive l’erudito che in quell’anno la “spopolazione dell’a-rea” dovuta alle cattive condizioni climatiche e alle acque stagnanti e in più i miasmi del cimitero di Santo Spirito consigliarono di abban-donare il Vaticano come sede di conclavi per scegliere la sede del Qui-rinale.

Non era però andata così e il conclave del 1775 si tenne sicura-mente in Vaticano, ma ciò avvenne in una situazione straordinaria.

Una vita di Pio VI, conservata in un Vaticano latino6 e ripresa quasi di-strattamente da altri7 tra cui Pastor, ci dice questo: «Avendo

Clemen-5 Ibidem, c. 7.

6 Biblioteca Apostolica Vaticana (d’ora in poi BAV), Vat. Lat. 9718, “Storia della vi-ta e del governo di Pio VI, papa oggidì regnante, raccolvi-ta da autentici e sicuri fon-ti, e arricchita di parecchi aneddoti finora incogniti […], pt. I, Cesena 1781, N.B.

Tradotta dal tedesco (Leben-und Regierungsgeschichte Pius VI)”, cc. 28-29.

7 In primo luogo da J. Gendry, Pie VI. Sa vie – son pontificat (1717-1799), I, Paris

te XIV riempite con grani alcune camere del Vaticano che per altro servir dovevano per farne celle in tempo di conclave, il medico Sali-cetti per cagione della puzza le dicchiarò mal sane, onde in altro luo-go furono erette tante celle. Generalmente questa volta le celle erano disposte nella galleria e nella sala Borgia». Le carte del conclave, con-servate in Archivio Segreto Vaticano8 confermano la notizia e ci di-cono che nel settembre 1775, «in seguito della rappresentanza fatta agli eminentissimi capi d’ordine sopra la ricognizione da accordarsi ai Dottori Saliceti e Tona che hanno riconosciuto se si potevano co-struire le celle nelle stanze dove s’era riposto il grano», essi «hanno rimessa all’arbitrio degli eminentissimi cardinali Alessandro Albani e Orsini, deputati alla struttura del conclave». Il 26 settembre così si erano del resto espressi nella Congregazione generale i due porporati:

«Riferirono li signori cardinali Alessandro Albani ed Orsini destinati alla struttura del conclave, che in otto delle migliori camere, dov’era solito formarsi sei celle, non vi si possono fare per esservi stato po-sto il grano levato solamente da quelle nel giorno in cui morì il papa.

Dissero di più che le avevano fatte visitare e riconoscere dal dottor Saliceti e che esso giudicava dannosa quell’esalazione rimastavi alla preziosa salute dell’Eminenze eccellentissime. Si corse dunque il bus-solo per vedere se dovevano formarsi o no nelle dette camere le celle come per lo passato e fu risoluto che non vi si dovessero fare in quel sito, ma bensì nell’appartamento Borgia e nel loggione, come sugge-rirono li cardinali deputati»9. Gravi questioni igieniche e problemi per la salute impedirono la costruzione delle celle (con più precisione, di 48 celle e va specificato che al conclave parteciparono 44 dei 55 car-dinali esistenti) nei soliti locali, che sono poi quelli che circondano la

1907, p. 60.

8 Archivio Segreto Vaticano (d’ora in poi ASV), Congr. Concist., Conclavi, in morte di papa Clemente XIV, fondo non inventariato ma b. 1, c. 29, 30 settembre.

9 Ibidem, b. 5, 1774-75, “Diario e ristretto de’ dispacci”, c. 14, 26 settembre. Ibi-dem, b. 6, “Biglietti e fogli diversi ed alcuni trattati riguardanti il vescovo di Mal-ta, passaporti, conto del cartolaro, nota dei lavori per le Segretarie”, c. 68, la no-tizia che i cardinali Albani e Orsini avevano deciso di gratificare Saliceti con 10 zecchini e Tonci con 5 o 6. Il medico Saliceti fece sapere che per lui era stato un onore e che non voleva nulla.

Sistina. Stupisce certamente scoprire che ambienti quali la sala regia o quella ducale, forse le stanze di Raffaello (questi gli ambienti tradi-zionali delle celle) potessero essere stati destinati a magazzino di ce-reali e viene da chiedersi se l’inutilizzo del complesso Vaticano fosse giunto al punto da destinarlo stabilmente a magazzino per cereali o se, appunto, questo tipo di uso riguardò solo quel tempo. Fatto è che nel 1775 si creò in Vaticano quel sorprendente problema che ripro-pose con forza il dibattito sulla sede del conclave e che nel 1823 tale discussione confuse le idee a Francesco Cancellieri.

Non è così certamente un caso, del resto, considerando quanto ap-pena descritto, che, come detto, Francescantonio Zaccaria nel 1776 provvide a pubblicare a stampa le scritture di Sforza Pallavicini e Lu-cas Holste sulla questione dell’opportunità per i papi di risiedere nel palazzo del Quirinale10. Zaccaria non mancava di specificare introdu-cendo le scritture che egli si trovava d’accordo con il cardinale amico e consigliere di Alessandro VII decisamente favorevole a Monte Ca-vallo e di ritenere meno valide quelle del suo competitore, attente – scriveva – solo a preoccupazioni spirituali e del tutto indifferenti al-le serie motivazioni pratico/organizzative che rendevano inadatto il Vaticano11.

Qualche annotazione sul conclave del 1823

Non fu cosa facile adattare il Quirinale alla nuova funzione. Uno dei principali problemi era costituito dal fatto che l’ultimo conclave si era tenuto a Roma nel 1775 e che erano disponibili solo tre cardinali

10 Scritture contrarie del cardinale Sforza Pallavicini e del chiarissimo Monsignor Luca Olstenio nella questione nata a’ tempi di Alessandro VII “Se al Romano Pontefice più convenga di abitare a San Pietro, che in qualsivoglia altro luogo della citta”. Ora per la prima volta date alla luce con qualche annotatione […] da Francescantonio Zaccaria, Roma 1776.

11 Elemento questo che abbonda nelle fonti. Nelle lettere di curiali si dichiara fre-quentemente il senso di disagio che molti di essi provavano nel recarsi nello sco-modo e malsano complesso d’oltre Tevere. Si veda ad esempio BAV, Chigi C.III.73, c. 66v, ove si dà la notizia che «N. Signore [Clemente IX, al primo anno del suo brevissimo pontificato] voleva andare a stanziare a San Pietro per i primi giorni di Quaresima, ma sendoli stato rappresentato essere ciò di molto incommodo al-la Corte, si è compiaciuto fermarsi a Monte Cavallo».

che conservavano memoria di quanto era avvenuto in quello di Vene-zia: Consalvi, che per questo fu nominato fabbriciere, Della Somaglia e Fabrizio Ruffo12. Non fu semplice assegnare spazi a chi doveva assi-stere i cardinali, a tutti quanti, chierici, ma anche cuochi e personale di vario genere13 dovevano garantirne lo svolgimento. Complicatissi-mo regolare alloggiamenti e ruoli degli uomini d’arme: guardia nobi-le, guardia svizzera, guardia civica, granatieri del maresciallo, nonché truppe di linea, carabinieri, pompieri e capitani non militari e non armati ma con uniforme, nominati dal maresciallo e che avevano il compito di sorvegliare l’accesso alle ruote14. La competizione tra que-sti corpi generò diversi problemi.

Tanti gli incidenti e, tra questi, l’incredibile errore compiuto dai maestri delle cerimonie. Essendo state allestite 52 celle – al conclave parteciparono poi effettivamente 49 cardinali – i cerimonieri prepa-rarono non un numero corrispondente di ballotte per sorteggiare le assegnazioni, ma quello ben maggiore di 70. L’errore si rivelò quando a Consalvi fu assegnata l’inesistente cella numero 65. I maestri delle cerimonie, accortisi così «della loro minchionaggine», dovettero ini-ziare tutto di nuovo15.

Testimone efficace e un po’ maligno di tali eventi fu Cancellieri, che il 28 agosto prevedeva che il conclave sarebbe stato breve perché i cardinali non avrebbero sopportato per molto di restare «chiusi lun-go tempo» in un luolun-go ove solo avrebbero potuto disporre «che un li-mitato passaggio per i corridori e per la sala Regia»16. Dopo che furo-no tirate a sorte le celle alcuni porporati furofuro-no descritti come «ma-linconici» e malgrado ciò non avevano potuto cambiare la propria si-stemazione. «Si dice che vi sia gran puzza di calce e che vi dovrà esser

12 Biblioteca Casanatense, 5320, c. 13, 25 agosto.

13 ASV, Congr. Concist., Conclavi, in morte di papa Pio VII, fondo non inventariato ma b. 2. Si dà anche la notizia che fornire di pasti i cardinali al Quirinale era assai più complicato che nel complesso vaticano.

14 Ibidem, passim e ASV, Palazzo Ap., Titoli 3, art. 3, fasc. 3, “I. Memorie sul possesso del pontefice Leone XII. Anno 1824”.

15 Biblioteca Casanatense, ms. 5320, c. 25, 31 agosto.

16 Ibidem, c. 19, 28 agosto.

gran fetore di urina e di sterco non essendovi luoghi adattati»17. L’or-ganizzazione dell’evento si rivelò poi particolarmente costoso rispet-to ai precedenti, perché la novità della sede aveva imposrispet-to interventi assai più numerosi del solito18. Nel settembre le cose poi finirono col sistemarsi. C’era anzi il rischio che la permanenza potesse andare per le lunghe, perché tutti si erano ben accomodati e «in verun conclave sono stati meglio». Unico inconveniente quello del gran caldo e del fumo provocato dalle schede di votazione, ma a ciò si rimediava te-nendo aperte a lungo le finestre19.

Il 28 settembre 1823 veniva infine eletto Leone XII. Finiva così quel conclave, e iniziava la breve stagione dei papi eletti sul colle del Quirinale. La scelta della sede compiuta in quell’anno, nient’affatto casuale e in linea con quello che si era andato compiendo da poco più di due secoli attorno la stabile residenza dei papi, infranse ogni ipo-crisia. Il pontefice che perse il suo dominio temporale nel 1870 era identificato ormai nella residenza senza chiesa del Quirinale. L’offesa inferta dagli italiani condusse però il papa re al luogo, il Vaticano, da cui oggi nessuno riuscirebbe a vedere lontani i pontefici. Vaticano è oggi sinonimo di Chiesa romana, di papato, di Curia e ciò porta og-gi ancora qualcuno a riproporre la leggenda di cui si diceva all’inizio che riproietta anche nel passato tale identificazione20. Gli storici di fronte alla forza del mito (o delle semplificazioni) sembrano talvol-ta disarmati.

17 Ibidem, c. 25, 31 agosto.

18 Ibidem, c. 29, 2 settembre.

19 Ibidem, c. 57, 24 settembre.

20 Si pensi ad esempio, quale modello più che estremo, di fatto immaginifico, di ta-le identificazione/semplificazione, al libro del giornalista P. Scandata-letti, Storia del Vaticano dalle origini ai giorni nostri, Pordenone 2015, ove per storia del Vati-cano s’intende non la vicenda del luogo, ma la «vita dell’istituzione più longeva dell’umanità: le radici nell’antichità remota con Abramo e Mosè, Cristo e gli Apo-stoli in Palestina, Pietro e Paolo che avviano la Chiesa nella grande Roma, fino a papa Bergoglio». Una storia del Vaticano che tratta anche di avvenimenti di mil-lenni precedenti alla costruzione del complesso.