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La prima casa che analizzeremo rientra nel modello del “luogo concluso” secondo la definizione data nel prece- dente capitolo.

I . La Casa del Chirurgo

Questa casa, che si affaccia sulla Via Conso- lare non lontano da Porta Ercolano, viene comunemente considerata dagli archeologi la più antica rimasta visibile a Pompei, rien- trando tra quelle realizzate nel primo periodo sannita, databile quindi alla seconda metà del IV secolo a.C.1.

Costruita in grossi blocchi di calcare cavato nel fondo del Sar- no (il fiume che scorreva subito fuori le mura di Pompei) chia- ramente leggibili e tessiti secondo il cosiddetto opus quadratus2, questa casa descrive nella maniera più fedele possibile quella che doveva essere l’impianto originario della casa ad atrio (vedi dis. 14), pur se oggi la vediamo integrata da camere e locali relativi a fasi successive e dunque non presenti inizialmente3. Il valore di luogo concluso di questa nobile dimora emerge tuttora in pienezza; la durezza della chiusura della casa ver- so l’esterno e la strutturazione ideologica dello spazio interno basata sulla centralità dell’atrio tuscanico4 sono rimarcati dal forte rimando tra la strutturazione del muro verso la strada e la decorazione in I Stile dell’interno. Qui il carattere struttu- rale da esterno, pur se arricchito dalla sorprendente policro- mia, mantiene viva la componente di astrazione che pervade un interno dominato dalla gran luce del compluvio – cui solo successivamente5 si aggiungerà la vasca di raccolta delle acque (impluvio) – completando così quel processo di significazione del luogo concluso di cui la Casa del Chirurgo resta comun- que un’espressione esemplare. In questa fase la casa mantiene la natura fuori da sé, e l’orto ha ancora un valore di pratica e domestica utilità separato dallo spazio della casa. Questo im- pianto è riconoscibile anche nella Casa di Sallustio, che poi ha subito trasformazioni ancora più rilevanti in periodo impe- riale, ed in parte nella Villa in Miniatura, ragione per la quale saranno analizzate più avanti.

Lo sfondamento del tablinio, che tende ad alterarne questo arcaico impianto verso quello successivo per mezzo dell’inclu- sione della natura, è presente nella Casa del Chirurgo anche se l’alterazione di senso corrisponde ad un esterno reale molto ridotto sul piano dimensionale e planimetrico. Questa trasfor- mazione parziale testimonia quanto il secondo modello ideo- logico individuato derivi direttamente dal primo che è ancora

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leggibile, frutto cioè di una stratificazione esplicita, come do- cumentato, ad esempio, proprio dall’architettura di questa casa. Gli studi condotti da Amedeo Maiuri sul vestibolo della casa del Chirurgo6 ci consentono, inoltre, di rimarcare quanto detto nei precedenti capitoli, ossia che in una fase originaria, corrispondente a quella da noi definita del luogo concluso, il vestibolo era diviso in due parti7 divise da un cancello. Quella esterna serviva a raccogliere i clientes8 in attesa di entrare ogni mattina a fare visita al dominus; essi, da questo luogo già inter- no al corpo dell’architettura ma pur sempre esterno alla casa, avrebbero potuto traguardare il tablinio, il terminale dell’as- se ideologico e bacheca delle memorie familiari, meta prima dell’asse visivo che e significativamente l’architettura organiz- za (vedi dis. 15).

Un’ultima notazione va fatta sulla trasformazione del locale esterno (posto sulla sinistra entrando nel vestibolo) da camera ad uso diretto della domus in bottega: aprire un locale, che co- munque resta in contatto con la casa, verso l’esterno per ren- derlo negozio dimostra come il gruppo familiare si sia radicato in una struttura sociale urbana oramai chiaramente stratificata e differenziata. Il cliens aveva il compito di gestire, per l’interes- se del gruppo familiare, un’attività commerciale che si sarebbe trasformata in ulteriore ricchezza per il dominus il quale, in tal modo, avrebbe avuto maggiori possibilità anche economiche di aiutare i clientes, con ciò chiudendo il cerchio di mutua di- pendenza che dominus e clientes realizzarono nelle città italiche in età medio repubblicana e che durò fino al sorgere dell’età imperiale.

L’atrio verso le fauces dell’ingresso alla casa.

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II . Casa del Poeta Tragico

“Ed ecco nella Casa del Poeta Tragico le raffi-

natezze di un’arte consumata. Tutto è costruito intorno all’asse, ma difficilmente potrebbe esservi tracciata una linea retta. L’asse è nelle intenzioni e il fasto da esso prodotto si estende alle cose umili che con gesto abile (i corridoi, il passaggio principale, ecc.) investe mediante l’illusione ottica. L’asse non è qui aridità teorica, ma collega dei volumi por- tanti e nettamente inscritti e differenziati gli uni dagli altri. Quando si visita la Casa del Poeta Tragico si constata che tutto è in ordine. Ma la sensazione è ricca, si osservano abili disassamenti che danno l’intensità ai volumi: il motivo centrale della pavimentazione è re- spinto indietro dal centro della stanza; il pozzo dell’ingresso è dalla parte della vasca. La fontana nel fondo è in un angolo del giardino.

Il peristilio verso ovest con a sinistra il tablinio (di Nicola Flora).

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Un oggetto collocato al centro di una stanza spesso la uccide perché impedisce di collocarsi al centro della stanza e avere visione assiale; un monumento nel mezzo di una piazza uccide spesso la piazza e gli edifici che la chiudono: spesso, ma non sempre; è una situazione specifica che ha di volta in volta le sue ragioni. L’ordine è la gerar- chia degli assi, dunque la gerarchia dei fini, la classificazione delle intenzioni”9. Non è possibile entrare e vivere questa casa oggi senza partire da queste parole intense, liriche, del principale maestro della Modernità. Questo spazio vive e pulsa intorno alla sua piccola, contenuta misura, in una casa che resta so- stanzialmente uguale alla prima soluzione sannita (vedi dis. 16- 17) e che vede nella sua ultima parte di vita l’introduzione di un’edicola con la maschera teatrale del poeta tragico – che da poi il nome alla casa – e la valorizzazione del piccolissimo giar- dino a vantaggio del triclinio posto sul fondo a destra rispetto a chi entri dall’atrio, di fronte al piccolo e secondario ingresso posteriore ad uso dei più intimi amici del dominus, nuovo polo domestico della casa.

L’equilibrio di questa stupenda composizione, fatta di leggeri disassamenti e successivi riequilibri, è descritto da Le Corbu- sier; a noi resta da notare come questa casa conservi forte lo spirito della casa a luogo concluso, con la sua decorazione poli- croma in I Stile, anche dopo l’apertura del tablinio che include alla vista di chi acceda il piccolo giardino di fondo. Qui tutto è piccolo, decisamente sottodimensionato rispetto alle edicole e portici dei peristili delle ville (si pensi alla villa di Oplontis), ma la delicatezza di questa garbata intrusione delle necessi- tà di includere pur solo simbolicamente la natura all’interno, tipica del secondo modello proposto, qui non si scardina la primigenia, arcaica eleganza pur in un nuovo grado di minore esclusione dall'esterno urbano e naturale della raffinata casa.

Il secondo gruppo di case, pur se realizzate in un arco di tempo ampio, corrisponde al modello definito del “luogo a più centri o dell’esterno dentro”, a dimostrazione del fatto che i modelli individuati non hanno sempre una stretta valenza temporale, ma descrivono, piuttosto, at- teggiamenti ideologici e progettuali più generali.

III . La Casa del Fauno

La casa che, in maniera più chiara e riuscita sul piano formale ed architettonico, incarna un nuovo tipo di residenza urbana, dalla spa- zialità complessa e capace di includere anche

Il secondo

modello