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Principali colture, impieghi e politiche dell’agricoltura non-food

L’agricoltura per usi non alimentari raffigura una forma di agricoltura innovativa, un’alternativa per l’imprenditore agricolo da affiancare alle produzioni tradizionali ad uso alimentare, nell’ottica del concetto di “multifunzionalità”. Ad oggi, infatti, l’agricoltura non ha come unica funzione la produzione di cibo, ma ha bensì molteplici funzioni che vanno dalla salvaguardia delle caratteristiche e della tipicità di un determinato territorio e della sua comunità, alla tutela del paesaggio e dell’ambiente. Da questo punto di vista, il settore del non-food identifica l’immagine della rinnovabilità della materia prima agricola dalla quale è possibile trarre energia sotto varie forme (calore, elettricità, autotrazione, ecc.), ovvero materiali sostituibili a quelli di origine petrolchimica, prodotti ecologici, biodegradabili utilizzabili in un’ampia gamma di applicazioni industriali (settore conciario, tessile, cartario, meccanico, automobilistico, edilizio, artistico, cosmetico, ecc.).

Nel quadro generale che si sta delineando a livello globale - dove i cambiamenti climatici, il progressivo esaurimento degli stock di risorse non rinnovabili (es. petrolio), la salubrità ambientale, sono sempre più al centro dell’opinione pubblica - l’agricoltura non-food rappresenta una concreta via percorribile che, parallelamente ad altre, si snoda verso un utilizzo sostenibile delle risorse.

Le biomasse vegetali a destinazione energetica rinnovabili derivate dall’agricoltura si possono classificare in diversi modi, in funzione delle materie prime vegetali oppure in funzione delle destinazioni industriali. In funzione delle colture da cui derivano, si possono identificare le seguenti tipologie: oli, fibre , amidi, proteine, biomasse lignocellulosiche, coloranti e pigmenti, principi attivi e altri prodotti di nicchia. Le prime cinque categorie coinvolgono potenzialmente ampie estensioni colturali e quantità già oggi valutabili a livello europeo nell’ordine dei milioni di tonnellate. Dal punto di vista degli usi industriali possiamo individuare grosso modo sette grandi settori applicativi: bioenergia, polimeri, lubrificanti, solventi, tensioattivi, fibre, prodotti per la chimica fine (oli essenziali, coloranti e tinture, profumi, prodotti farmaceutici, prodotti di bellezza, prodotti per la difesa delle piante, prodotti intermedi per la chimica verde) (fonte: IENICA Interactive European Network for Industrial Crops and their Applications). Si tratta di una classificazione ancora generica, che apre per ogni settore individuato un ampio ventaglio di sottotipologie di prodotti, ma di fatto risulta molto difficile riuscire a stimare la quantità globale di usi industriali di materia prima di derivazione vegetale.

Il ruolo delle produzioni non-food, in questo panorama, è fortemente condizionato da una serie di fattori riguardanti essenzialmente il mercato e le politiche legate a questo comparto che si sviluppa in un intricato sistema di filiere agro-industriali le cui caratteristiche sono spesso assai differenziate tra loro. Ciascuna filiera è contraddistinta da fattori specifici, nonché da aspetti che interessano l’intero mondo del non-food; dunque, le possibilità di

sviluppo di una filiera si verificheranno in relazione alle sue specificità, ma anche, sulla base dei fattori comuni che rappresentano concretamente le fondamenta di espansione del settore. Da ciò, deriva che lo sviluppo del “non-food” è, in primo luogo, determinato dall’andamento dei fattori comuni ed, in secondo luogo, da quello degli aspetti caratteristici di ciascuna filiera che potranno mettere in luce quale, tra i diversi ambiti di applicazione, avrà le maggiori possibilità di contribuire al processo di cambiamento in atto. I fattori comuni alle diverse filiere non-food sono piuttosto numerosi, ma tra questi, quelli capaci di generare un condizionamento consistente in tempi relativamente brevi sono essenzialmente riconducibili alla recente riforma di medio termine della Politica Agricola Comune (PAC) che ha completamente rivoluzionato il quadro delle politiche agricole europee, all’applicazione del Protocollo di Kyoto, a seguito della ratifica da parte della Russia e, di estrema importanza, all’andamento dei prezzi del petrolio, che ultimamente hanno registrato un continuo aumento.

Riforma della PAC introduce una serie di misure nuove volte essenzialmente al riorientamento delle produzioni agricole nei confronti del mercato e verso le esigenze del consumatore. Nello specifico, il conseguimento degli aiuti da parte dell’agricoltore risulta indipendente dalla destinazione colturale dell’azienda, in questo modo egli non risulta più precondizionato nella scelta (premio più o meno alto legato ad una coltura anziché ad un’altra), per cui è libero di coltivare ciò che risulta più conveniente in quel momento sul mercato. Questo particolare aspetto, legato all’introduzione del principio del disaccoppiamento degli aiuti, gioca senza dubbio un ruolo importante a favore delle colture non-food; nella pratica, le pone in condizioni paritarie nei confronti di una qualsiasi altra coltura a destinazione alimentare, a differenza del passato durante il quale erano relegate in aree marginali, scarsamente produttive. La nuova politica agricola, inoltre, prevede un premio aggiuntivo di 45 Euro/ha per le colture energetiche, di cui fanno parte le filiere non-food dei biocarburanti e delle biomasse lignocellulosiche da energia; queste ultime, possono anche usufruire di aiuti nazionali per coprire fino al 50% dei costi associati all'introduzione di colture pluriennali su terreni a riposo. Con queste premesse, la diffusione di tali colture risulta senza dubbio facilitata, in vista di una società sempre più consapevole delle problematiche ambientali che la circondano e nell’ambito della quale le colture non-food rappresentano una reale alternativa ad integrazione delle tradizionali forme di produzione energetica.

Protocollo di Kyoto la sua applicazione risulta, altresì, estremamente importante nel panorama delle produzioni non-food, in particolare con l'introduzione nell’Unione Europea del nuovo sistema per lo scambio transfrontaliero di quote di emissioni di gas a effetto serra (emission trading), che è entrata in vigore in Italia a partire dal gennaio 2005 (in anticipo sul sistema mondiale che, secondo il Protocollo di Kyoto, sarà introdotto solo a

partire da quest’anno). Secondo questo nuovo sistema, circa 10.000 imprese europee potranno acquistare e vendere permessi per l'emissione di anidride carbonica. Le imprese che saranno in grado di produrre livelli inferiori rispetto a quanto previsto dalle autorità nazionali avranno la facoltà di vendere le quote inutilizzate. In altri termini, se un'impresa supera i limiti imposti, potrà acquistare "diritti di inquinamento" da altre imprese in Europa che hanno ridotto le loro emissioni. Si è creato un vero e proprio mercato di venditori e acquirenti di quote di inquinamento con lo scopo di incoraggiare le imprese a sviluppare e utilizzare tecnologie pulite.

Prezzo del petrolio, il fattore che, attualmente, è in grado di condizionare maggiormente lo sviluppo dell’agricoltura non-food è senza dubbio l’andamento dei prezzi del petrolio. Alla fine del mese di agosto del 2005, il petrolio ha raggiunto la soglia dei 70 dollari al barile e ad oggi sono stati addirittura superati i 100, con il risultato della completa apertura competitiva del mercato ai prodotti ottenuti da agricoltura non-food che potrebbero rappresentare un via per giungere alla soluzione delle problematiche energetiche ed ambientali che si stanno sviluppando negli ultimi tempi. Il mercato del petrolio ha, dunque, un’influenza molto forte sulle effettive possibilità di espansione del settore non-food; negli ultimi tempi i suoi prezzi hanno raggiunto valori mai registrati fino a questo momento e recenti stime dicono che sono destinati ad aumentare ulteriormente.

In conclusione, possiamo registrare che i principali fattori capaci di condizionare il mercato e le politiche dell’agricoltura non-food si stanno attualmente sviluppando verso una possibilità di applicazione sempre più concreta di questo settore. Gli equilibri che governano queste variabili sono particolarmente instabili, per cui sta alla capacità delle istituzioni politico-amministrative, scientifiche e delle associazioni, imprese, organizzazioni professionali che operano nell’ambito delle diverse filiere o che hanno un qualsiasi interesse al loro sviluppo, ad adoperarsi affinché il comparto riceva un’adeguata espansione.