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Il principio di mutuo riconoscimento per gestire percorsi formativi differenziati

Capitolo 1. Professioni liberali: un mercato per i professionisti

B. Il principio di mutuo riconoscimento per gestire percorsi formativi differenziati

formativi differenziati

Nonostante gli indubbi vantaggi del riconoscimento automatico delle qualifiche, il limite strutturale di questo sistema consiste nella sua applicabilità necessariamente circoscritta alle competenze potenzialmente uniformi, dove la professionalità si esprime attraverso metodologie ed espressioni condivise322. Laddove una convergenza dei percorsi formativi non sia invece possibile, tornerà ad applicarsi il generale principio del mutuo riconoscimento323, concetto cardine del mercato interno324.

Sia la legislazione sia la giurisprudenza europea danno il loro contributo all’applicazione di questo principio, stimolando così una maggior fiducia tra gli Stati membri. In particolare, per quanto riguarda la giurisprudenza della Corte, in tema di mutuo riconoscimento delle qualifiche professionali e delle garanzie di qualità che il conferimento di tali titoli (tendenzialmente) comporta, i giudici di Lussemburgo incoraggiano da tempo un approccio sostanziale. Già nel 1991, infatti, con la sentenza

Vlassopoulou, la Corte ha dichiarato l’esigenza di tener conto, ai fini dell’accesso al

mercato dei servizi professionali in un certo Stato membro – oltre che dei titoli di formazione e delle qualifiche professionali ottenute dal prestatore – anche delle conoscenze effettivamente acquisite (pur non formalmente certificate) sia nello Stato di origine che in quello ospitante325. Questo al fine di garantire un diritto effettivo alla

321 Nuovo Articolo 49 bis e 49 ter direttiva 2005/36/CE.

322 Oltre all’evidente considerazione della potenziale omogeneità dei percorsi formativi, è qui interessante

notare come, ancora una volta, il ravvicinamento dei percorsi formativi sia stato ritenuto prioritario per due ambiti professionali che si confrontano coi diritti fondamentali di cittadini europei, per i quali è dunque importante poter garantire standard (minimi) di qualità da parte di tutti i Paesi membri dell’Unione.

323 NICOLAÏDIS K., « Trusting the Poles? Constructing Europe through mutual recognition », Journal of European Public Policy, 2007, v. 14, n. 5, p. 682 -698.

324 Concetto nato in ambito di mercato interno delle merci con la sentenza Cassis De Dijon, e ampiamente

approfondito nel Titolo seguente.

325 In particolare, la sentenza Irène Vlassopoulou cit., afferma che « L’art. 52 del Trattato CEE va interpretato nel senso che le autorità nazionali di uno Stato membro, cui è stata presentata una domanda di autorizzazione all’esercizio della professione di avvocato da parte di un cittadino comunitario già

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mobilità intraeuropea dei professionisti, dando rilievo – come tipicamente avviene nella giurisprudenza della Corte – al dato concreto piuttosto che al mero elemento formale. La Corte sostiene dunque che, in linea di principio, non si possa richiedere la prova di requisiti ulteriori al prestatore che abbia già maturato esperienze similari nello Stato membro di provenienza326.

Tornando al nostro tema di indagine, anche laddove una certa professione liberale sia regolamentata nel Paese ospitante, tale circostanza non può quindi, di per sé, giustificare l’imposizione di misure di adeguamento della formazione del professionista che voglia stabilirsi sul territorio. In un sistema europeo davvero integrato, infatti, la fiducia reciproca tra gli ordinamenti statuali e il rispetto di codici di condotta uniformi a livello comunitario potrebbero (e dovrebbero) già di per sé essere in grado di garantire un’adeguata tutela degli interessi pubblici coinvolti e dell’utenza. A tal fine è fondamentale la fiducia tra gli Stati membri, che dovranno reciprocamente riconoscere la sostanza delle misure volte a garantire alti standard qualitativi all’utenza.

Il legislatore europeo dimostra un impegno chiaro nel delineare strumenti volti alla concreta attuazione del principio del mutuo riconoscimento. Tale privilegio trova piena applicazione nel regime di riconoscimento fondato sul titolo professionale327. Si tratta del sistema generale, che si applica in via residuale e si fonda sul raffronto tra il titolo posseduto dal professionista e quello richiesto nel Paese di stabilimento.328 Questo regime ammesso ad esercitare la medesima professione nel suo paese d’origine e che svolge l’attività di consulente legale in detto Stato membro, sono tenute a valutare in quale misura le conoscenze e le qualifiche attestate dal diploma conseguito dall’interessato nel suo paese d’origine corrispondano a quelle richieste nella normativa dello Stato ospitante. Tale valutazione deve essere effettuata secondo un procedimento che sia conforme ai requisiti posti dal diritto comunitario a proposito della tutela effettiva dei diritti fondamentali conferiti dal Trattato ai cittadini della Comunità. Ne consegue che ogni decisione deve essere soggetta ad un gravame di natura giurisdizionale che consente di verificarne la legittimità rispetto al diritto comunitario e che l’interessato deve poter venire a conoscenza dei motivi che stanno alla base della decisione adottata nei suoi confronti ». Approccio sostanziale confermato poi, ed esteso, (nelle analisi volte

al mutuo riconoscimento dei titoli per accedere alle professioni) anche a quelle attività non coperte dalla direttiva 89/48, che prevede un sistema generale di riconoscimento dei diplomi d’insegnamento superiore che completano corsi di formazione professionale (Corte di giustizia, causa C-238/98, sentenza del 14 settembre 2000, Hugo Fernando Hocsman c. Ministre de l’Emploi et de la Solidarité, Racc. I-06623).

326 Corte di giustizia, Aranitis, cit. La Corte ribadisce l’approccio sostanziale già assunto nella sentenza Vlassopoulou, cit., per cui gli Articoli 48 e 52 del Trattato CE (oggi 54 e 59 TFUE) devono essere

interpretati nel senso che le competenti autorità di uno Stato membro, quando viene loro presentata una domanda di autorizzazione all’esercizio di una professione – l’accesso alla quale è, secondo la normativa nazionale, subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale – debbono prendere in considerazione i diplomi, i certificati e gli altri titoli che l’interessato ha acquisito ai fini dell’esercizio della medesima professione in un altro Stato membro, procedendo ad un raffronto tra le competenze attestate da questi diplomi e le cognizioni e qualifiche richieste dalle norme nazionali. A tal riguardo, la Corte specifica, inoltre, che altrettanto vale per le attività professionali le cui condizioni di accesso o di esercizio non sono subordinate, per effetto di disposizioni normative, al possesso di un diploma. In tali situazioni, le autorità competenti dello Stato membro ospitante incaricate della classificazione dei cittadini di altri Stati membri, dalla quale dipenderà la possibilità per i detti cittadini di trovare lavoro nello Stato membro ospitante, debbono prendere in considerazione, al momento di procedere a tale classificazione, i diplomi, le cognizioni, le qualifiche e gli altri titoli che l’interessato ha acquisito allo scopo di esercitare una professione nel suo Stato membro di origine o di provenienza.

327 Capo I Titolo III direttiva 2005/36/CE.

328 Laddove poi lo Stato membro di provenienza non regolamenti una certa professione, l’accesso sarà

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di riconoscimento si fonda sulla più tradizionale giurisprudenza della Corte di giustizia. Da un lato, il mutuo riconoscimento delle qualifiche sulla base del principio di leale collaborazione e di una necessaria fiducia reciproca circa l’adeguatezza delle normative interne agli Stati membri329. Dall’altro la codifica di un generale principio di non discriminazione per cui, anche laddove l’attività non sia regolamentata nello Stato membro di provenienza (e dunque non sia possibile alcun riconoscimento delle qualifiche di accesso a quel mercato), il Paese ospitante non potrà rifiutare tout court la possibilità di esercitare una certa attività ma dovrà procedere alla verifica concreta delle competenze maturate dal professionista330.

A parziale attenuazione del meccanismo di riconoscimento descritto, è poi consentito allo Stato membro di stabilimento la previsione di misure di compensazione consistenti in un tirocinio di adattamento ovvero in una prova attitudinale. La scelta spetta, in linea di principio, all'interessato, salvo deroga che lo Stato può introdurre dietro autorizzazione della Commissione. In merito a tale regime derogatorio, interessante rilevare come il benestare della Commissione non sia necessario con riferimento alle professioni che richiedono una conoscenza approfondita del diritto nazionale331. Previsione che evidenzia ancora una volta la specialità del settore e ribadisce la particolarità di questo ambito professionale, difficilmente esportabile e per il quale è dunque difficile un effettivo godimento dei vantaggi di un mercato unico aperto e flessibile332. Infatti, proprio in ragione di questa peculiarità, nonché del loro impatto sociale, le professioni legali sono spesso oggetto di deroghe alle normali regole del mercato.

Infine, sempre nelle categorie professionali soggette al mutuo riconoscimento, si segnala una novità nel campo applicativo della disciplina. Anche i tirocini professionali effettuati in un altro Stato membro rientrano ora nell’oggetto della direttiva 2005/36/CE333. La disposizione, volta a facilitare la mobilità dei giovani, è particolarmente importante per gli ambiti professionali studiati, che normalmente richiedono l’adempimento di un periodo di pratica per l’accesso alla professione334. Sulla

per almeno un anno nel corso di precedenti 10 e sia in possesso di attestati di competenza o di informazioni che certifichino un livello di qualifica professionale almeno equivalente.

329 Corte di giustizia, causa 71/76, sentenza del 28 aprile 1977, Jean Thieffry c. Conseil de l'ordre des avocats à la Cour de Paris, Racc. 00765, i giudici individuano – sulla base del principio di leale

collaborazione – un obbligo posto in capo agli Stati membri di riconoscere la possibilità di accedere a una professione quando l’equipollenza dei titoli conseguiti in un altro Stato membro lo consentisse.

330 Giurisprudenza Vlassopoulou, dove la Corte ha affermato l’esigenza di tener conto, ai fini dell’accesso

al mercato dei servizi professionali in un certo Stato membro – oltre che dei titoli di formazione e delle qualifiche professionali ottenute dal prestatore – anche delle conoscenze effettivamente acquisite (pur non formalmente certificate) sia nello Stato di origine che in quello ospitante (Corte di giustizia, Vlassopoulou, cit.).

331 Articolo 14 direttiva 2005/36/CE.

332 Interessante notare come in questo caso la deroga sia fondata sulla base dell’oggetto stesso di questa

professione.

333 Il nuovo articolo 2 della direttiva 2005/36/CE ne chiarisce l’applicabilità anche « a tutti i cittadini di uno Stato membro che hanno effettuato un tirocinio professionale al di fuori dello Stato membro d'origine ». 334 Ad esempio, la Commissione, in un suo comunicato stampa, ha recentemente affermato che « La diminuzione della popolazione in età lavorativa in diversi Stati membri determina un aumento della domanda di personale altamente qualificato che entro il 2020 dovrebbe tradursi in almeno 16 milioni di

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base dei principi di mutuo riconoscimento e non discriminazione, il professionista che intende svolgere parte del proprio percorso formativo in un diverso Stato membro non può subire dunque alcuna disparità di trattamento335.