• Non ci sono risultati.

Regole e restrizioni al mercato dei servizi

Capitolo 1. Professioni liberali: un mercato per i professionisti

A. Regole e restrizioni al mercato dei servizi

La questione si atteggia in maniera parzialmente diversa a seconda che il professionista intenda affacciarsi a un certo mercato fruendo del diritto di stabilimento o della libera prestazione di servizi.

Il diritto di stabilimento, implicando il divieto di « restrizioni alla libertà di

stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato »240, pone al

centro del proprio interesse la figura del professionista. L’esercizio di questo diritto può essere a titolo principale o secondario, a seconda che il professionista decida di svolgere la propria attività esclusivamente nello Stato membro di stabilimento o anche nello Stato membro di provenienza241. L’esigenza considerata preponderante dal sistema giuridico dell’Unione è il principio di non discriminazione, nelle sue diverse declinazioni dell’obbligo del trattamento nazionale e del divieto di misure restrittive pur indistintamente applicabili242.

Il principio del trattamento nazionale implica l’assimilazione dello straniero comunitario al cittadino dello Stato membro di stabilimento quanto all’accesso e all’esercizio dell’attività professionale243. Direttamente in ragione delle norme primarie

dei trattati244, sono quindi vietate limitazioni e oneri maggiori di quelli imposti ai cittadini nazionali245. L’affermazione è da intendersi in senso ampio246, essendo illegittime tutte le disposizioni nazionali che, pur non precludendo gli stranieri dall’esercizio di un’attività

240 Articolo 49 TFUE.

241 Per approfondimenti sulle modalità di esercizio del diritto di stabilimento si veda, tra gli altri, LENAERTS

K.,VAN NUFFEL P.,European Union law, Sweet & Maxwell, 3 ed., 2011, p. 247; TESAURO G., Diritto dell’Unione europea, CEDAM, 2010; CONDINANZI M., La libertà di stabilimento, in Diritto dell'Unione

Europea. Parte Speciale, in STROZZI G. (a cura di), Giappichelli, 2010, p. 179.

242 DAVIES G., « Discrimination and Beyond in European Economic and Social Law », Maastricht Journal of European and comparative law, 2011, p. 7-28.

243 Ci si trova di fronte ad un’applicazione del divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità, principio

valido per l’intero campo di applicazione dei Trattati e previsto dall’Articolo 18 TFUE. Sul punto, risultano rilevanti Corte di giustizia, causa C-384/08, sentenza del 11 marzo 2010, Attanasio Group Srl c. Comune di

Carbognano, Racc. I-02055; Reyners, cit., punti 24-27.

244 Articolo 49(2) TFUE. La Corte di giustizia ha riconosciuto l’efficacia diretta del divieto dell’(attuale)

articolo 49 TFUE già nella sentenza Reyners (cit., punti 24-27), affermando che tale norma « prescrive un

obbligo di risultato preciso, il cui adempimento doveva essere facilitato, ma non condizionato, dall’attuazione di un programma di misure graduali ».

245 Questo divieto implica l’incompatibilità con il diritto dell’Unione di tutte quelle disposizioni restrittive

che trovano il loro presupposto di applicazione nella cittadinanza straniera di colui che intende godere di un certo diritto. Tesauro definisce queste disposizioni restrittive: « misure che colpiscono lo straniero in

quanto straniero »; TESAURO G.,Diritto dell’Unione europea, Padova, 6 ed., 2010, p. 545.

246 Sono dunque inclusi nel divieto di discriminazione fondato sulla nazionalità tutti quei « diritti che costituiscono il complemento necessario della libertà di stabilimento » (CONDINANZI M., La libertà di

stabilimento, in Diritto dell'Unione Europea. Parte Speciale, in STROZZI G. (a cura di), Giappichelli, 2010, p. 187).

57

professionale, li discriminano nel godimento di facilitazioni anche indirettamente connesse a una più vantaggiosa gestione dell’attività247.

Non solo le misure che discriminano in base alla nazionalità sono però idonee a restringere la libertà di stabilimento dei professionisti europei248. Ricadono nel divieto di discriminazione imposto dalla disciplina dell’Unione anche le disposizioni nazionali che – pur formalmente applicate senza distinzione a cittadini nazionali e non – hanno l’effetto pratico di gravare in maniera più intensa sugli stranieri. Si tratta, ad esempio, di quelle norme che consentono l’esercizio della professione solo ai titolari di requisiti che, pur non coinvolgendo direttamente il concetto di cittadinanza, sono di fatto difficili da possedere per il cittadino di un diverso Stato membro249.

L’aggiramento del divieto di discriminazione è stato rilevato dalla Corte di giustizia, che ha più volte affrontato il tema delle misure « indistintamente applicabili », definendole potenzialmente incompatibili con il diritto dell’Unione250. A tal proposito si

rileva come un tale approccio sostanziale della Corte abbia però, talvolta, portato i giudici di Lussemburgo a sconfinare sul terreno delle situazioni puramente interne a un certo Stato membro251. Prescindendo da una verifica comparata dell’effetto di una misura sull’accesso al mercato per un professionista nazionale e uno straniero, la Corte ha talora derivato un effetto potenzialmente deterrente a misure regolamentari nazionali che ponevano barriere non discriminatorie al mercato dei servizi252. In quest’ottica, diritto di stabilimento, regole di concorrenza e liberalizzazione dei mercati nazionali talvolta si

247 Ad esempio, sono state ritenute contrarie al diritto di stabilimento normative che riservavano ai soli

cittadini il diritto di accedere alla proprietà immobiliare (Corte di giustizia, causa C-423/98, sentenza del 13 luglio 2000, Alfredo Albore, Racc. I-05965, punti 21-22) ovvero il diritto di accedere alle agevolazioni pubbliche per l’acquisto di alloggi ad uso abitativo (Corte di giustizia, causa 63/86, sentenza del 14 gennaio 1988, Commissione c. Italia, Racc. 00029, punto 16.). Illegittima è stata considerata la normativa nazionale che impone una condizione di residenza al solo cittadino di altro Sato membro (Corte di giustizia, causa C- 162/99, sentenza del 18 gennaio 2001, Commissione c Italia, Racc. I-541, punti 29-34 – con riferimento alla legislazione italiana che prevedeva solo per i cittadini italiani la possibilità di rimanere iscritti all’albo nazionale dei dentisti in caso di trasferimento della residenza all’estero).

248 Corte di giustizia, causa 136/78, sentenza del 7 febbraio 1979, Auer, Racc. 437, p. 21.

249 L’esempio tipico è dato dall’imposizione del requisito di residenza. La giurisprudenza in materia è vasta:

si veda, ad esempio, Corte di giustizia, causa C-299/01, sentenza del 20 giugno 2002, Commissione c

Lussemburgo, Racc. I-5899; causa C-9/02, sentenza del 11 marzo 2004, Hughes de Lasteyrie, Racc. I-2498.

Altro criterio di fatto discriminatorio, pur se indistintamente applicabile, è la richiesta di possedere un determinato titolo di studio nazionale (con riferimento alla professione di avvocato, Vlassopoulou, cit., punto 9. Il principio vale anche per le attività professionali le cui condizioni d’accesso nello Stato di provenienza non sono subordinate al possesso di un diploma, Aranitis cit.).

250 Secondo una giurisprudenza consolidata, ai fini della valutazione circa la legittimità di una misura

nazionale, determinante è il suo effetto sul commercio intracomunitario (Corte di giustizia, Keck, cit.; Corte di giustizia, Vassilopoulos, cit.). A tal riguardo, la Corte afferma che , in assenza di armonizzazione delle legislazioni nazionali, misure indistintamente applicabili ai prodotti e servizi nazionali e a quelli importati da altri Stati membri possono costituire restrizioni alla libera circolazione delle merci (Corte di giustizia,

Cassis de Dijon, cit.).

251 Per approfondimenti si veda la Parte II della tesi.

252 Corte di giustizia, causa C-55/94, sentenza del 30 novembre 1995, Gebhard, Racc. I-4165; causa C-

108/96, sentenza del 1 febbraio 2001, Mac Queen, Racc. I-837; causa C-98/01, sentenza del 17 ottobre 2002, Payroll, Racc. I-8923 e causa C-442/02, sentenza del 5 ottobre 2004, Caixa Bank, Racc. I-089/61;

58

confondono253 e « l’omogeneità delle condizioni di concorrenza sul mercato nazionale

diviene parametro della piena realizzazione della libertà di stabilimento »254.

In tema di libera prestazione di servizi, l’esigenza prima da garantire per consentirne l’effettivo godimento è invece la celerità nell’esercizio del diritto. La prestazione di servizi è, per sua natura, un esercizio occasionale e non prevede l’inserimento stabile del professionista nel tessuto sociale ed economico di un altro Stato membro. Per questo motivo, la giurisprudenza della Corte ha tradizionalmente adottato un approccio più rigoroso in questo settore, sanzionando ogni normativa nazionale che rendesse anche solo meno vantaggioso la saltuaria prestazione di servizi sul territorio di un diverso Paese255.

Nonostante si possa dunque rilevare una certa convergenza nelle posizioni assunte dalla Corte in materia di stabilimento e servizi, sussistono però casi in cui tali diritti possono subire legittime restrizioni. Si tratta delle deroghe esplicitamente previste dai trattati e dell’opera interpretativa della Corte di giustizia, che ha nel tempo delineato numerose « ragioni imperative » capaci di giustificare una certa chiusura dei mercati nazionali256. Rispondendo alla logica opposta a quella che sottende la disciplina fin qui esaminata, ovvero una tendenza all’apertura dei mercati e alla sempre maggiore integrazione e armonizzazione, queste circostanze eccezionali sono prese in considerazione dal presente lavoro nelle loro connessioni con gli ambiti professionali indagati.

In particolare, proprio con riferimento ai servizi professionali, la Corte di giustizia ha avuto modo di chiarire che la possibilità di restringere una libertà fondamentale prevista dal trattato qualora: (i) sia giustificata da ragioni imperative di interesse pubblico; (ii) sia imposta laddove l’ordinamento di stabilimento del prestatore del servizio non preveda già misure sufficienti a garantire tale pubblica esigenza; (iii) sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo con esse perseguito; (iv) non eccedendo quanto necessario a tal fine257. Tale approccio risponde a diverse esigenze, testimoniando la volontà di conferire effettiva tutela a interessi che richiedono una protezione sostanziale e che sorpassano la sfera individuale investendo esigenze pubbliche.

253 Cfr. Caixa Bank, cit., punti 12-14. Per un’analisi dei rapporti tra mercato dei servizi professionali e

concorrenza si veda il successivo Titolo II.

254CONDINANZI M., La libertà di stabilimento, in STROZZI G. (a cura di), Diritto dell’Unione europea,

Torino, 2010, p. 160.

255 Procedimento di riferimento tale ambito è Corte di giustizia, causa C-288/89, sentenza del 25 luglio

1991, Gouda, Racc. I-4007.

256 La differenza tra deroghe ed esigenze imperative sembra per la prima volta sfumare in Corte di giustizia,

causa C-1/90, sentenza del 25 luglio 1991, Aragonesa, Racc. I-04151.

257 Gebhard cit., ammette la possibilità che una libertà fondamentale prevista dal Trattato, quale quella di

prestare servizi professionali in uno Stato Membro diverso da quello di stabilimento, possa essere limitata nel rispetto di determinati criteri: « queste condizioni (…) qualora possano ostacolare o scoraggiare

l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato, come la libertà di stabilimento, devono essere conformi a taluni criteri. Essi sono quattro: applicazione non discriminatoria, giustificazione per motivi imperiosi di interesse pubblico, idoneità a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e limitazione a quanto necessario per il raggiungimento di questo ».

59

Continuano dunque a persistere limitazioni all’accesso per diverse attività professionali, specie quelle il cui esercizio tocca aspetti essenziali della società e per questo richiedono un percorso lungo formativo, sancite da titoli posti anche a garanzia degli utenti dei servizi resi. Infatti, proprio la tutela degli interessi degli utenti e di altri valori costituzionalmente protetti dagli ordinamenti nazionali (si pensi al diritto di difesa ovvero al diritto alla salute), viene spesso qualificata come esigenza imperativa idonea a introdurre restrizioni al mercato dei servizi258.