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La regola « de minimis » nella definizione di « accesso al mercato » dei servizi

Capitolo 1. Professioni liberali: un mercato per i professionisti

C. La regola « de minimis » nella definizione di « accesso al mercato » dei servizi

L’ampiezza del criterio utilizzato dalla Corte non è però esente da critiche, soprattutto per l’assenza di una valutazione dell’impatto concreto delle misure sanzionate. Come in altri settori, ragioni di economia giudiziaria e normativa, chiedono che sia dato rilievo solo a quelle limitazioni all’acceso che siano davvero in grado di ledere in maniera sostanziale i diritti economici degli operatori europei277.

Questo approccio sostanziale alla valutazione delle misure che restringono l’accesso al mercato rimanda inevitabilmente a quanto suggerito dall’Avvocato generale Jacobs già nel 1994, nelle sue conclusioni alla causa Lecler-Sipleci: « occorrerebbe

esigere la condizione che la restrizione, attuale o potenziale, all'accesso al mercato debba essere sostanziale ».278 Nello stesso periodo, a supporto di questa lettura si esprime anche l’Avvocato generale Fennelly che, nelle conclusioni presentate con riferimento alla citata causa Graf afferma come « si potrebbe ritenere che determinate norme nazionali

neutre costituiscano ostacoli materiali all’accesso al mercato solo qualora fosse dimostrato ch’esse hanno prodotto effetti analoghi ad un’esclusione dal mercato »279. La

preoccupazione desumibile da queste considerazioni degli Avvocati generali è di trovare

276 Corte di giustizia, Graf, cit., p. 23.

277 È il caso principalmente delle politiche di concorrenza. A tal proposito, si consideri ad esempio il

recente regolamento 1407/2013/UE, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis».

278 Conclusioni dell’Avvocato generale Jacobs, presentate il 24 novembre 1994, causa C-412/93, Société d'importation Édouard Leclerc-Siplec c. TF1 Publicité SA e M6 Publicité SA, Racc. I-00179, p. 44.

Ovviamente l’Avvocato generale si riferisce alle sole « misure applicabili senza distinzione a merci

nazionali ed a merci provenienti da altri Stati membri ». Sul punto, O’KEEFFE D., BAVASSO A., Four freedoms, one market and national competence: In search of a dividing line, in Judicial Review in European Union Law: Liber Amicorum in Honour of Lord Slynn of Hadley, Kluwer Law International, The

Hague, 2000, sostiene che (p. 553):« by referring to a de minimis test it seems that A.G. Jacobs intended to

introduce an evaluation similar to that of the “rule of reason” in competition law ».

Successivamente, l’Avvocato generale Carl Otto Lenz ripropone un approccio sostanziale alle restrizioni del mercato interno, centrato sul concetto di « accesso al mercato », Conclusioni dell’Avvocato generale Lenz, presentate il 4 aprile 1995, causa C-391/92, Commissione c. Grecia, Racc. I-01621, p. 17.

279 Conclusioni dell’Avvocato generale Fennelly, presentate il 16 novembre 1999, causa C-190/98, Graf,

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una via per limitare – anche al di fuori del mercato delle merci280 – la portata dell’amplissima formula Dassonville281, che renderebbe illegittima ogni normativa

nazionale « che possa ostacolare direttamente od indirettamente, in atto od in potenza,

gli scambi intracomunitari ».

Non tutte le disposizioni nazionali limitative della libertà di azione nell’ambito di un certo mercato sarebbero dunque proibite, ma solo quelle che diminuiscono sensibilmente questa libertà – trattandosi di una valutazione caso per caso lasciata alle autorità nazionali. Così, dopo molto tempo dalla proposta degli Avvocati generali di prendere in considerazione le conseguenze concrete di misure limitative della circolazione sul territorio dell’Unione, nel 2009, per la prima volta in maniera esplicita282,

la Corte approccia la materia dell’accesso al mercato dei servizi privilegiando l’analisi sostanziale delle conseguenze delle restrizioni alla circolazione – piuttosto che seguire il criterio del diretto impatto sul mercato283. Le sentenze Commissione c. Italia (trailers)284e

Mickelsson285 mostrano, infatti, un chiaro approccio qualitativo286 nella valutazione delle misure da considerare illegittime per il loro impatto sulla libertà di accesso al mercato.

In Commissione c. Italia, con riferimento a una normativa nazionale neutrale, concernente il divieto di utilizzare determinati prodotti, la Corte stabilisce che: « un

divieto d’uso di un prodotto nel territorio di uno Stato membro ha un’influenza notevole sulle scelte dei consumatori e, per questa via, sull’accesso di tale prodotto al mercato nazionale »287. Ciò che assume rilievo non è dunque l’esistenza di una (evidente)

restrizione al mercato, quanto la portata concreta di tale normativa sugli scambi

280 In ambito di mercato delle merci la formula Dassonville è stata temperata dalla giurisprudenza Keck. 281 Si esprimono in tal senso, ad esempio, JANSSON M.S.,KALIMO H.,« De minimis meets “market access” :

transformations in the substance – and the syntax – of EU free movement law ? », Common Market Law

Review, 51, 2014, p. 523 : « There is a rather widespread consensus among commentators that these cases are a deliberate effort by the Court to follow up in its (in)famous decision in Keck ». Sul tema si veda anche

WEATHERILL S., « After Keck: Some thoughts on how to clarify the clarification », Common Market Law Review, 1996, v. 33, i. 5, 887-908.

282 In realtà, un simile approccio quantitativo è dimostrato dalla Corte anche nella risalente sentenza Dior

(Corte di giustizia, causa C-337/95, sentenza del 4 novembre 1997, Parfums Christian Dior SA e Parfums

Christian Dior BV c. Evora BV, Racc. I-06013). Qui, al p. 51, la Corte afferma che: « un provvedimento inibitorio dell'attività pubblicitaria, come quello chiesto nell'ambito del procedimento a quo, renderebbe la commercializzazione e, di conseguenza, l'accesso al mercato di tali prodotti notevolmente più difficili ». 283 Per una riflessione sulla differenza nell’analisi di un effetto diretto o sostanziale sull’accesso al mercato

da parte di misure restrittive si veda SNELL J., « The notion of market access : a concept or a slogan ? », cit., p. 449.

284 Corte di giustizia, Commissione c. Italia, cit.

285 Corte di giustizia, causa C-142/05, sentenza del 4 giugno 2009, Åklagaren c. Percy Mickelsson e Joakim Roos, Racc. I-04273. Per un’analisi delle implicazioni di questa giurisprudenza: SPAVENTA E., « Leaving Keck behind? The free movement of goods after the rulings in Commission v Italy and Mickelsson and Roos », European law review, 2009, n. 6, p. 914-932.

286 Per una riflessione su una valutazione delle misure restrittive in termini qualitativi si veda, ad esempio,

ARNULL A.,The European Union and its Court of Justice, Oxford European Union Law Library, 2006, p. 491; HINDELANG S., The Free Movement of Capital and Foreign Direct Investment, Oxford European Union Law Library, 2009, p. 125; KRENN C., « A Missing Piece in the Horizontal Effect ‘jigsaw’: Horizontal Direct Effect and the Free Movement of Goods », Common Market Law Review, 2012, v. 49, p. 210-212.

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intracomunitari. La Corte afferma infatti che è vietata ogni restrizione che « può risultare

così vincolante da impedire detto accesso [al mercato] »288.

Nella sentenza Mickelsson, i giudici di Lussemburgo chiariscono ulteriormente la propria posizione, evidenziando il ruolo primario attribuito agli effetti concreti nella valutazione di liceità di una misura restrittiva. La Corte precisa infatti che: « una

limitazione dell’uso di un prodotto che [la normativa nazionale] impone nel territorio di uno Stato membro può, a seconda della sua portata, avere un’influenza notevole sul comportamento dei consumatori e, per questa via, sull’accesso di tale prodotto al mercato di tale Stato membro »289.

Questo nuovo approccio della Corte introduce l’idea di una valutazione del rischio economico che richiama il concetto del « de minimis »290 – criterio che prende in considerazione solo gli eventi che superano una certa soglia di rilevanza economica. In questo contesto, la teoria che concentra l’attenzione sull’entità delle restrizioni al mercato sembra sovrapporsi al concetto di « accesso al mercato ». In questo modo, un potenziale ostacolo che non limiti gli scambi commerciali in maniera considerevole, non viene considerato incidere in maniera rilevante sull’accesso al mercato291. Laddove la soglia di

rilevanza non sia dunque raggiunta292, la restrizione dovrà considerarsi lecita.

La considerazione è di notevole importanza e sembra modificare il consolidato rifiuto della Corte di applicare la regola del de minimis in materia di mercato interno. Negli anni ‘80, la Corte aveva infatti chiarito la sua contrarietà all’utilizzo di uno strumento tipico del diritto di concorrenza nell’ambito del mercato interno, rilevando la diversa logica che sottende alle due discipline.

Nella sentenza Van de Haar293, infatti, la Corte dichiara che: « L’articolo 30 del

trattato (…) persegue un obiettivo diverso da quello dell’articolo 85 (…). Il giudice che debba valutare la compatibilità di una normativa nazionale con l’articolo 30 del trattato è tenuto ad accertare se il provvedimento in questione sia atto a ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, il commercio intracomunitario. Ciò può verificarsi anche qualora l’ostacolo sia di lieve entità e sussistano altre possibilità di smercio dei prodotti importati »294. Tuttavia, dopo questa netta statuizione della Corte, la

288 Corte di giustizia, Commissione c. Italia, cit., p. 24. 289 Corte di giustizia, Mickelsson, cit., p. 26.

290BARNARD C., The Substantive Law of the EU, 2 ed., Oxford University Press, 2007, p. 165, sostiene che:

« the test of substantial hindrance to market access provides the best fit with the case law on persons, services, and capital ».

291 Sul punto si veda DE WAELE H.C.F.J.A., MEULMAN J.,« A Retreat from Säger? Servicing or Fine-

Tuning the Application of Article 49 », Legal Issues of Economic Integration, v. 33, i. 3, 2006, p. 207-228.

292 Il problema fondamentale sta nella ricerca dei criteri per la valutazione di queste soglie, non esistendo

parametri oggettivi e certi come avviene invece in materia di concorrenza e aiuti di Stato.

293 Corte di giustizia, cause riunite 177 e 178/82, sentenza del 5 aprile 1984, Procedimenti penali a carico di Jan van de Haar e Kaveka de Meern BV, Racc. I-01797, p. 14.

294 Lo stesso concetto è ripetuto in varie occasioni: Corte di giustizia, causa 16/83, sentenza del 13 marzo

1984, Procedimento penale a carico di Karl Prantl, Racc. I-01299; causa 269/83, sentenza del 14 marzo 1985, Commissione delle Comunità europee c. Repubblica francese, Racc. 00837. Ancora, causa C-49/89, sentenza del 13 dicembre 1989, Corsica Ferries France c. Direction générale des douanes françaises, Racc. 04441, p. 8, è ribadito: « come la Corte ha avuto più volte occasione di dichiarare, gli articoli del

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giurisprudenza degli ultimi vent’anni in tema di restrizioni agli scambi non è stata del tutto coerente. Spiragli si sono così aperti per considerazioni sull’impatto effettivo di una misura restrittiva anche in ambito di mercato interno.

Con riferimento alla libera circolazione dei servizi, si può rilevare la medesima tendenza. Partendo, infatti, dalla negazione di ogni rilievo a considerazioni di tipo quantitativo nella sentenza Säger295, la Corte sfuma la sua posizione con riferimento sia

alla libertà di stabilimento che alla prestazione occasionale di servizi.296 Alla fine degli anni ’90, la causa Semeraro Casa297 affronta il tema dell'interpretazione delle norme europee in materia di stabilimento e prestazione di servizi con riferimento a provvedimenti adottati dalle autorità pubbliche nazionali nei confronti di grandi centri commerciali per violazione della legge italiana riguardante l'orario di apertura degli esercizi commerciali nei giorni festivi. In tale contesto, la Corte di giustizia chiarisce come « gli effetti restrittivi che [la determinazione degli orari di chiusura dei negozi]

potrebbe produrre sulla libertà di stabilimento sono troppo aleatori e troppo indiretti perché l’obbligo ch’essa sancisce possa essere considerato idoneo ad ostacolare tale libertà »298. In seguito, un approccio simile è dimostrato dalla Corte di giustizia anche con riferimento alla libera prestazione di servizi. Nella sentenza Viacom II299, a fronte di un’imposizione fiscale indistintamente applicabile che determinava un ostacolo alla circolazione intracomunitaria dei servizi, la Corte dichiara che: « l’importo [di una tale imposta] è fissato ad un livello che può essere considerato modesto rispetto al valore

delle prestazioni di servizi che vi sono assoggettate. In tale contesto, la riscossione di un’imposta non è comunque idonea a vietare, ostacolare o rendere altrimenti meno allettanti le prestazioni di servizi pubblicitari »300.

Con riferimento a questa giurisprudenza è importante evidenziare i criteri presi in considerazione dalla Corte nel valutare l’impatto sull’accesso a un certo mercato. Assumono, invero, rilevanza tutte quelle normative nazionali che regolano le modalità di esercizio di una certa attività e che possono costituire un ostacolo alla redditività dell’attività dell’operatore che si vuole affacciare al mercato. Vengono dunque in rilievo quelle normative che impattano in misura superiore sul prestatore straniero rispetto a trattato CEE sulla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali sono norme fondamentali per la Comunità ed è vietato qualsiasi ostacolo, anche di minore importanza, a detta libertà ». In quegli anni, la posizione era condivisa anche dalla dottrina. Si veda, a tal proposito, GORMLEY

L.W., « Competition and Free Movement: is the Internal Market the Same as a Common Market? »,

European Business Law Review, 2002, p. 520: « Nevertheless, the functions of free movement law and competition law are distinct, and Article 28 EC (ex 30) has not been interpreted as leaving room for any de minimis analysis, despite siren calls for it to do so ».

295 Corte di giustizia, causa C-76/90, sentenza del 25 luglio 1991, Manfred Säger c. Dennemeyer & Co. Ltd,

Racc. I-04221.

296 Per un approfondimento sull’evoluzione della posizione della Corte, si veda DE WAELE H.,MEULMAN J.,

« A Retreat from Säger? Servicing or Fine-Tuning the Application of Article 49 », cit., p. 207-228.

297 Corte di giustizia, cause riunite C-418/93, C-419/93, C-420/93, C-421/93, C-460/93, C-461/93, C-

462/93, C-464/93, C-9/94, C-10/94, C-11/94, C-14/94, C-15/94, C-23/94, C-24/94 e C-332/94, sentenza del 20 giugno 1996, Semeraro, Racc. I-02975.

298 Corte di giustizia, Semeraro, cit., p. 32.

299 Corte di giustizia, causa C-134/03, sentenza del 17 febbraio 2005, Viacom Outdoor Srl c. Giotto Immobilier SARL, Racc. I-01167.

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quanto incidano sugli operatori nazionali già presenti. Ciò che assume rilievo nelle discipline non discriminatorie, e ne segna l’incompatibilità con il diritto dell’Unione, è dunque il fatto che queste rappresentino comunque una difficoltà fattuale all’accesso al mercato da parte di operatori provenienti da altri Stati membri301.

§ 2. Azioni europee a supporto dell’esercizio transfrontaliero della professione

Dopo aver trattato degli ostacoli posti dagli Stati membri alla circolazione, si prendono ora in considerazione le norme europee che mirano invece a facilitare l’esercizio della professione all’estero, muovendo verso una maggiore integrazione europea.

Come nel mercato delle merci la difficoltà prima nella circolazione è storicamente legata alla diversità dei processi di lavorazione del prodotto, allo stesso modo il maggiore ostacolo alla circolazione dei servizi è la diversa formazione dei professionisti. Il fulcro della questione risiede nel diverso percorso che porta, nel mercato delle merci, alla produzione di una merce qualitativamente accettabile e, mutatis mutandi, nel mercato dei servizi, alla preparazione di professionisti in grado di offrire servizi di qualità.

Le difficoltà nel riconoscimento delle qualifiche professionali sono tutt’oggi un ostacolo alla mobilità dei professionisti europei302. Per gestire la situazione, le istituzioni

europee hanno sperimentato diverse opzioni, fino a giungere a un sistema caratterizzato dall’abbandono dell’approccio settoriale. Oggi vige infatti il criterio generale del riconoscimento del diritto all’accesso e all’esercizio della professione a tutti i cittadini europei in possesso di un titolo che li legittima a esercitare in uno Stato membro. Con la direttiva 2005/36/CE303 si è andati nel senso di una significativa semplificazione degli

strumenti normativi applicabili, che poggiano sul principio del mutuo riconoscimento senza una preventiva armonizzazione304.

La materia è stata dunque rivista per facilitare il riconoscimento e accelerare l’integrazione del mercato dei professionisti europei305. Lo strumento scelto per compiere

301SNELL J.,« The notion of market access: a concept or a slogan? », CMLR, 2010, p.437 ss.

302 Negli Stati membri si contano circa 800 categorie di professioni regolamentate, per le quali l’accesso è

regolato da leggi nazionali che possono renderne difficile l’esercizio transfrontaliero. Un sondaggio Eurobarometro 2011 ha identificato il non riconoscimento delle qualifiche come uno dei principali ostacoli al lavoro all'estero. I cittadini si aspettano che il riconoscimento delle proprie qualifiche professionali sia facile e automatico, ma solo il 70% delle richieste di riconoscimento ha un esito rapido e di successo.

303 Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al

riconoscimento delle qualifiche professionali, in GUUE L 255 del 30 settembre 2005 p. 22, cosiddetta «direttiva qualifiche».

304 TONETTI A., Armonizzazione ed equivalenza: UE, S.BATTINI,G.VESPERINI (a cura di), I limiti globali ed europei alla disciplina nazionale dei servizi, Milano, Giuffrè, 2008.

305 L’assenza di una preventiva armonizzazione dei percorsi formativi sottostanti si rivela però

problematica, e giustifica l’introduzione di eccezioni e condizionamenti all’operare del principio del mutuo riconoscimento. Numerose rilevazioni statistiche e atti ufficiali delle istituzioni europee hanno poi, negli anni, rimarcato l’utilità di colmare le molte lacune di questo mercato, cui nemmeno la direttiva 2005/36/CE

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questa revisione del quadro giuridico esistente306 è la recente direttiva 2013/55/UE307, modifica e integra la direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali e il regolamento 1024/2012/UE308relativo al sistema di informazione per il mercato interno.

Oggi la rivista direttiva 2005/36/CE309 disciplina il mutuo riconoscimento della prestazione transfrontaliera di servizi sia occasionali che stabili. Se per la prestazione di servizi occasionali. La direttiva prevede un quadro giuridico uniforme per le diverse professioni310, questo non avviene per il diritto di stabilimento. Profonde diversità esistono tra i regimi di riconoscimento ivi previsti: regime di generale di riconoscimento dei titoli di formazione; il riconoscimento dell’esperienza professionale; e quello del riconoscimento automatico dei titoli, fondato sul coordinamento delle condizioni minime di formazione.

Ai nostri fini, è utile indagare a quale disciplina siano soggette le aree professionali considerate dal presente lavoro di ricerca, tracciando le ragioni di un trattamento particolare. In effetti, in questo quadro normativo, il legislatore europeo ha riservato un trattamento particolare alle aree professionali oggetto di esame – ovvero quella delle professioni mediche, urbanistiche e legali.

In primo luogo, la direttiva 2005/36/CE riserva una speciale attenzione alle professioni sanitarie. Sei delle sette attività professionali incluse nel regime di riconoscimento automatico rientrano infatti nel settore sanitario, confermando la posizione privilegiata da sempre riservata a tale ambito professionale dal legislatore europeo311. A tali categorie professionali si aggiunge poi un’unica altra professione che

riesce a porre rimedio. Tra queste, l’Agenda per nuove competenze e per l’occupazione, una delle iniziative chiave della strategia Europa 2020, che ha rilevato come una facilitazione del riconoscimento delle qualifiche contribuirebbe a sviluppare una migliore corrispondenza tra competenze e posti di lavoro sul mercato europeo. La relazione 2010 sulla cittadinanza ha, inoltre, identificato nelle resistenze nazionali e nell’incapacità di sfruttare le potenzialità di una rete amministrativa online la causa prima dei ritardi nel riconoscimento delle qualifiche.

306 Per un’analisi sul percorso evolutivo di questa direttiva e sulle novità proposte, AMBROSINI E., « La

nuova direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali », Il Diritto dell'Unione europea, Giuffré, 2014, i. 1, p. 47-72

307 Direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, recante modifica

della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno (« regolamento IMI »), in GUUE L 354 del 28 dicembre 2013, p. 132.

308 Regolamento (UE) n. 1024/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, relativo

alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno e che abroga la decisione 2008/49/CE della Commissione (« regolamento IMI »), in GUUE L 316 del 14 novembre 2012, p. 1.

309 Il riferimento alla direttiva 2005/36/CE è da intendersi al testo aggiornato e modificato dalla citata

direttiva 2013/55/UE, che non ha creato un nuovo quadro giuridico per il riconoscimento delle qualifiche professionali ma ha agito sul testo dell’esistente direttiva, integrandolo.

310 Tutte indistintamente assoggettate al Titolo II della direttiva 2005/36/CE. Significative innovazioni

vanno nella direzione di un regime sempre più semplificato per la prestazione occasionale di servizi: è ad esempio prevista la possibilità di esercitare occasionalmente la professione in un diverso Stato membro a seguito di una semplice dichiarazione e con l’utilizzo del solo titolo di origine del professionista.

311 Già in epoca risalente il settore sanitario è stato il principale campo di prova per le direttive di

armonizzazione. Tra queste, ad esempio, direttiva 75/362/CEE e 75/363/CEE del 16 giugno 1975 (poi sostituite dalla direttiva di codificazione 93/16/CEE del 5 aprile 1993); direttiva 80/154/CEE e 80/155/CEE del 21 gennaio 1980.

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gode dell’automatico riconoscimento delle qualifiche: l’architetto. La spiegazione della scelta del legislatore si intravede nel considerando 27 della direttiva stessa, dove si rileva come: « La creazione architettonica, la qualità delle costruzioni, il loro inserimento

armonioso nell'ambiente circostante, il rispetto dei paesaggi naturali e urbani e del patrimonio collettivo e privato sono di pubblico interesse »312. Infine, sola altra

professione individualmente disciplinata dalla direttiva è quella dell’avvocato. Per le professioni legali è infatti prevista la sopravvivenza di direttive settoriali per la libera prestazione di servizi e il diritto di stabilimento313, e la previsione di specifiche deroghe al sistema generale previsto dalla direttiva in commento314. Ora, pur se questa disciplina ad

hoc per le professioni legali certo non comporta un regime comparabile a quello previsto

per operatori sanitari e architetti, offre però l’occasione di riflettere sulla peculiarità di questo settore di attività.