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Il Protocollo sui disavanzi eccessivi e il Patto di stabilità e di crescita

Il Protocollo (n. 12) sulla “Procedura per i disavanzi eccessivi” allegato al trattato. Fissa i valori di riferimento per i rapporti tra disavanzo e Pil e debito e Pil da considerare come disavanzi eccessivi. Per l'articolo 1: I valori di riferimento di cui all'articolo 126, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea sono:

• il 3% per il rapporto fra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato;

• il 60% per il rapporto fra il debito pubblico e il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato.

• Chiarisce il concetto di pubblica amministrazione (Stato, regioni, enti locali, enti previdenziali assistenziali): “per pubblico, si intende la pubblica amministrazione, vale a dire l'amministrazione statale, regionale o locale e i fondi di 13 I valori di riferimento sono specificati nel protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato ai trattati. Ulteriori disposizioni concernenti l'attuazione della procedura descritta nel presente articolo sono precisate nel protocollo sulla procedura per i disavanzi

previdenza sociale, ad esclusione delle operazioni commerciali, quali definiti nel Sistema europeo di conti economici integrati”. • Rimanda al sistema europeo dei conti (regolamento 25 giugno

1996 n. 2223/CE (sistema europeo dei conti – SEC '95): il conto è elaborato dall'Istat a consuntivo, con criteri basati sulla competenza economica (momento in cui si verifica il fatto di gestione svincolato dal movimento finanziario) e sul “consolidamento” che elimina le operazioni tra enti interne al complesso.

• Afferma la responsabilità dei Governi degli Stati membri e prevede la sorveglianza della Commissione.

Per l'articolo 3: “al fine di garantire l'efficacia della procedura per i disavanzi eccessivi, i governi degli Stati membri, ai sensi della stessa, sono responsabili dei disavanzi della pubblica amministrazione. Gli Stati membri riferiscono alla Commissione, tempestivamente e regolarmente, in merito al loro disavanzo, previsto ed effettivo, nonché al livello del loro debito”.

Non vincola le modalità delle procedure di bilancio nazionali, richiedendone solo l'adeguatezza in ordine al rispetto degli obblighi: “gli Stati membri assicurano che le procedure nazionali in materia di bilancio consentano loro di rispettare gli obblighi derivanti dai trattati in questo settore”.

Mentre il Protocollo sviluppa la disciplina relativa al divieto di cui all'art. 126, gli ulteriori impegni assunti con il Patto di stabilità e di crescita si inquadrano nelle politiche di coesione e convergenza. Il PSC rientra nel contesto della terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) che è iniziata il 1° gennaio 1999. Tale patto si prefigge di garantire che la disciplina di bilancio degli Stati membri

continui dopo l'introduzione della moneta unica (euro). Il patto di stabilità e di crescita è costituito da:

• una risoluzione del Consiglio europeo (adottata ad Amsterdam il 17 giugno 1997).

Quanto ai contenuti degli impegni che ne derivano: con il patto gli Stati membri si sono impegnati una volta per tutte a rispettare l'obiettivo a medio termine, di una posizione finanziaria vicina all'equilibrio di bilancio (da intendersi come conto complessivo delle pubbliche amministrazioni), pareggio o avanzo ciò che consente di affrontare i momenti di crisi congiunturali, e a presentare al Consiglio e alla Commissione un programma di stabilità entro il 1° marzo 1999. La presentazione di tale programma è stata successivamente prevista come annuale.

• due regolamenti del Consiglio del 7 luglio 1997 che ne precisano gli aspetti tecnici. In esito a varie discussioni sull'applicazione del PSC, i due regolamenti sono stati modificati nel giugno del 2005.

Il regolamento n. 1467 del 1997, su “Applicazione della procedura d'intervento in caso di deficit eccessivi”, sviluppa la disciplina relativa all'art. 126 del Trattato e del protocollo sul divieto di disavanzi eccessivi. Stabilisce precisi termini e modalità per le diverse fasi del monitoraggio e degli interventi degli organi europei previsti dal Trattato.

Cosicché le eventuali deviazioni od omissioni possono essere portate al giudizio della Corte di giustizia europea (come è avvenuto nel 2004), la quale infatti ha giurisdizione sugli atti dell'Unione e svolge anche giudizi “in carenza”.

bilancio e del coordinamento delle politiche economiche”, concerne

il controllo della situazione di bilancio e del coordinamento delle politiche economiche e l'aggiornamento del patto da parte dei Paesi membri, sviluppando la sorveglianza multilaterale di cui agli articoli 98 e 99 del Trattato. Il rilievo del patto ma anche la tendenza verso un miglior coordinamento delle politiche economiche dei Paesi membri risalta da una tra le dichiarazioni allegate al Trattato di Lisbona, relativa all'articolo 126 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea che recita: “la conferenza conferma che l'aumento del potenziale di crescita e la garanzia disposizioni di bilancio sane costituiscono i due pilastri della politica economica e di bilancio dell'Unione e degli Stati membri. Il patto di stabilità e crescita è uno strumento importante per realizzare tali obiettivi”.

2.3 La governance economico finanziaria.

La crisi economica mondiale sviluppatasi dal 2008 è andata interessando anche le finanze pubbliche; inoltre a queste si richiedono interventi congiunturali e di sostegno alla crescita.

Quanto al dilagare della crisi economica anche sul piano delle finanze pubbliche basti pensare agli effetti della riduzione del Pil (la ricchezza prodotta dalla nazione) sui bilanci pubblici in termini di minor gettito delle entrate, che, a fronte di incomprimibili esigenze di spesa, inducono all'indebitamento. All'automatico peggioramento nella situazione percentuale debito/Pil quando, inalterato il debito (numeratore), si riduce il Pil (denominatore). Si aggiungono salvataggi di banche e piani di rilancio dell'economia. Tutto ciò ha finito per esporre i debiti sovrani a rischio default. E anche i prestiti per i salvataggi dei Paesi a rischio peseranno direttamente o indirettamente

sui conti pubblici dell'Italia per circa 33 miliardi.

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