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I punti chiave di forza e di debolezza delle PMI italiane nei mercati

2. LO SCENARIO DELLE PMI ITALIANE ED IL SETTORE TESSILE –

2.2 I punti chiave di forza e di debolezza delle PMI italiane nei mercati

L’importanza delle PMI nell’apparato industriale e nella crescita economica italiana è dimostrata non solo all’analisi statistica condotta precedentemente, bensì anche dalle caratteristiche peculiari che le differenziano dalle imprese di Grande dimensione. I

15,6%

0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 60,0% 70,0% 80,0% 90,0% 100,0%

Valore aggiunto

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vantaggi commerciali nati dalla globalizzazione con la conseguente apertura dei mercati e l’aumento della competitività interna, infatti, hanno reso indispensabile per le imprese ridefinire l’assetto strategico, abbandonando i mercati domestici e cercando di posizionarsi in maniera più efficiente sui mercati internazionali.

Dunque, le caratteristiche d’impresa assumono un ruolo rilevante in termini di competitività delle PMI non solo sul mercato interno, bensì soprattutto nel panorama estero. Inoltre, è rilevante sottolineare che spesso i punti di forza chiave si convertono di punti di debolezza (tabella 6), per tale motivo non è possibile definire un unico modello interpretativo che racconti la totalità delle caratteristiche intriseche e dei comportamenti delle PMI.

Considerando esclusivamente le peculiarità che detengono un’alta importanza strategica, possono essere sostanzialmente suddivise in due categorie in base al grado di forza relativa detenuto:

 punti di forza chiave: alta importanza strategica ed alto grado di forza relativa;

 punti di debolezza chiave: alta importanza strategica ma basso grado di forza relativa.

Tabella 6 - Punti chiave di forza e di debolezza delle PMI

AMBITO PUNTI DI FORZA

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Dal punto di vista gestionale, come già accennato nel precedente paragrafo, le imprese itliane, ed in particolar modo le piccole e medie imprese, sono caratterizzate da un sistema di direzione semplice nelle mani esclusivamente dell’imprenditore o dei componenti della famiglia proprietaria o controllante. La sovrapposizione tra famiglia e impresa è una caratteristica unica del sistema impreditoriale italiano, basti pensare che, secondo il 9° ed ultimo Censimento disponibile dell’industria e dei servizi di ISTAT inerente all’anno 2011, nel 90% dei casi il socio principale è la persona fisica e nell’81,4% la direzione è assegnata ai soci familiari. Tale caratteristica può essere considerata un punto di forza chiave in termini di grande velocità nelle scelte strategiche e nella loro realizazione.

Di contro, è opportuno evidenziare che tale assetto centralizza il potere decisionale, amministrativo ed operativo al vertice, e cioè nel singolo imprenditore o nei proprietari di carattere familiare, rendendo marginali le deleghe ad unità e figure aziendali interne o esterne di consulenza altamente specializzate sulle attività internazionali. Così facendo risulta difficle per l’imprenditore ideare l’assetto organizzativo e le strategie di breve e lungo termine per l’ingresso e la crescita sui mercati esteri, manifestando dunque sintomi di opposizione all’evoluzione dello scenario globale. La scarsità di tempo dell’imprenditore, dovute alle molteplici masioni e responsabilità che derivano dall’accentramento di potere, e a volte le competenze carenti in determinati ambiti quali la direzione commerciale in mercati di sbocco nuovi, possono essere sopperite tramite la creazione di unità ad hoc o l’assunzione di una figura specializzata o servendosi di consulenti in management operativo ed amministrativo.

Dal punto di vista organizzativo, invece, nonostante la struttura industriale italiana sia formata prevalentemente da piccole e medie imprese, dunque come è emerso dall’analisi statistica con scarsità di impiegati e soprattutto di dipendenti per singola impresa, tale aspetto garantisce snellezza, flessibilità e una migliore comunicazione. Le PMI, infatti, posseggono la propensione e predisposizione a mutare velocemente l’assetto organizzativo e le strategie in base alle trasformazioni dell’ambiente globale, adattandosi velocemente alle variazioni della domanda e ai bisogni dei consumatori.

Di contro, rispetto alle imprese di Grande dimensione, le risorse disponibili sono carenti in termini numerici di personale, di possibili investimenti finanziari, di istruzione del personale e soprattutto di reperimento delle informazioni e conoscenze inerenti agli studi

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del mercato di sbocco, concorrenti già attivi e modalità di ingresso, operative e di crescita.

Gli imprenditori tendono a sottovalutare questi ultimi aspetti nonostante l’uso metodico di sistemi informativi sia ormai strategicamente rilevante per la scoperta e validazione di opportunità e per il posizionamento e la competitività in un determinato segmento di mercato. Troppo spesso vengono prese decisioni decontestualizzate, poco informate e basate prettamente sull’intuito dell’imprenditore, aumentando di conseguenza vertiginosamente il rischio di fallimento dell’attività di internazionalizzazione in determinate aree geografiche.

Infine, dal punto di vista produttivo-commerciale, la dedizione al prodotto e alle tecniche di produzione sono caratteristiche tipiche delle PMI italiane, soprattutto per quelle operanti nei settori tradizionali, quale il manufatturiero, considerato la punta di diamante del Made in Italy. Tale aspetto nasce prettamente dalla conoscenza, cultura e creatività dei fondatori delle imprese, che nel caso manufatturiero sono di origine artigiana, e dall’elevata qualità delle tecniche e dei processi produttivi. I prodotti di manifattura italiana, infatti, sono ammirati in tutto il mondo proprio per i richiami storico-culturali di una tradizione plurisecolare e per la loro unicità, intesa anche come elevata qualità sia di materie prime utilizzate sia di manodopera, che ne valorizzano la produzione. L’attitudine delle piccole e medie imprese italiane a preferire un prodotto di qualità piuttosto che uno standardizzato e basso costo, fa sì che esse detengano un vantaggio di differenziazione importante quando si riversano nei mercati esteri, principale motivo per cui si aggregano dando vita al modello caratteristico dei distretti industriali.

Di contro, nonostante la grande dedizione ed attenzione al prodotto e la sua produzione, le PMI dei distretti italiani hanno una scarsa cultura aziendale dell’internazionalizzazione che limita la relazione tra prodotto, impresa e mercato. Infatti, spesso il mercato di sbocco internazionale coincide con il confine geografico culturale di chi detiene il potere nell’impresa, che sia esso il singolo imprenditore o soci familiari. Basti pensare che ancora oggi l’esportazione è la modalità di internazionalizzazione ampiamente prediletta dalle piccole e medie imprese italiane, a discapito delle alleanze strategiche e degli investimenti esteri, proprio perché le imprese sono molto vincolate alla propria terra e caratterizzate ancora da una cultura commerciale poco aperta. Solo negli ultimi anni hanno stretto legami con imprese estere, dando il via al processo di delocalizzazione e

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trasferimento dello proprie competenze. Non bisogna tralasciare, inoltre, l’inclinazione delle PMI a sminuire l’importanza delle strategie di marketing e comunicazione, troppo spesso gestite passivamente e delegate. Il posizionamento di alcuni aspetti del marketing mix, quali il marchio, la pubblicità, la promozione ed il prezzo sono infatti di fondamentale importanza nella gestione della relazione con il consumatore. Trascurare le leve di marketing e comunicazione, inoltre, aggrava maggiormente la carenza di informazioni raccolte, rendendo spesso i prodotti inadatti alle esigenze dei clienti e non considerando i fattori chiave di successo dei concorrenti.

Questi sono i principali motivi per cui la maggiorparte delle piccole e medie imprese italiane appartengono al settore tradizionale manifaturiero, quali quello alimentare, del’automazione, dell’arredo e del design, della moda e dell’abbigliamento, mentre quelle con prodotti o processi tecnologicamente avanzati fanno tremendamente fatica ad emergere. Dunque, per contrastare l’attuale scenario competitivo, le PMI italiane devono necessariamente tutelare le caratteristiche peculiari del Made in Italy e contemporaneamente incrementare le spese di ricerca e siluppo per favorire l’innovazione di prodotto e dei processi anche in altri settori. Infine, come emerge anche dalla letteratura storica, negli ultimi anni il continuo evolversi dell’ambiente globale rende necessario per le imprese elevarsi dal semplice stato iniziale di esportazione ed iniziare a stringere accordi e alleanze strategiche con partner esteri, ma soprattutto ad essere maggiormente focalizzate sul network e sulle relazioni con gli stakeholders del mercato, possibile fonte di vantaggio competitivo, oltrepassando il forte attaccamento verso il prodotto e le tecniche di produzione.

2.3 Il perno del manifatturiero italiano: il settore