Il punto primo della formulazione fatta da Crumley della sua discriminazione forte è il principio di discriminazione debole, che è stato spiegato come la capacità semplice di distinguere tra credenze sulla base dei loro contenuti. Questo principio è necessario ma non sufficiente a giustificare perché “la verità è inscindibile dalla traducibilità nella nostra lingua”101. Ripartendo dalla domanda iniziale di Crumley, la discriminazione debole risolve la prima parte, cioè mostra che un agente ha delle credenze quando le distingue tra loro, ma non mostra perché un agente, con delle credenze, per il fatto stesso di averle esprima contenuti interpretabili.
La domanda di Crumley è riformulabile in un'affermazione del seguente tenore: ciò che dice un agente con delle credenze è interpretabile, anzi ciò che dice un agente dato che ha delle credenze è interpretabile. Come si passa e come si lega quindi inseparabilmente un agente con credenze alla loro interpretabilità? Cioè, cosa fa sì che avere delle credenze implichi necessariamente l'interpretabilità?
La risposta di Crumley è nella natura del contenuto e della sua 101 Il punto indicato con (4*) da Crumley, (Crumley, 1989, pg. 353).
relazione con le credenze. In altre parole, la relazione di causalità tra una credenza e il suo contenuto. Per introdurre il concetto, Crumley cita “Coherence Theory of Truth and Knowledge” di Davidson, per poi esaminare i diversi tipi di contenuto sulla scia di Colin McGinn. Visto che il rischio parlando di contenuti e di causalità è quello di perdere la non schematicità delle credenze, procedo per ordine.
Crumley spiega che Davidson stesso introduce una discriminazione forte parlando di contenuto intensionale, poi divide il contenuto tra causale, cioè fisico, e complesso, cioè tutto il resto, per poter differenziare tra contenuti complessi sulla base dei causali da cui sono formati. In tutto ciò le credenze e i loro contenuti non si sono separati, ma anzi la tendenza è quella di vedere le credenze come sistema e quindi collegate tra loro indipendentemente dalla complessità del loro contenuto.
La prima mossa di Crumley per mostrare il legame tra credenze, contenuti e agente è quella di citare Davidson. La citazione è dall'articolo “Coherence Theory of Truth and Knowledge” e si concentra su un punto: “prendere gli oggetti di una credenza come le sue cause”102. Di base, abbiamo credenze che vengono comunicate e queste credenze hanno come causa i loro contenuti, quindi possiamo comunicare perché tali contenuti sono comuni agli agenti per la natura sia degli agenti che dei contenuti.
Il punto di Crumley è evidenziare la relazione di cui parla Davidson tra il contenuto intensionale e le cause di una credenza e, soprattutto, che certe credenze hanno come contenuto le loro stesse cause. Il principio di discriminazione forte è esattamente la descrizione di questa relazione. 102 Crumley, 1989, pg. 356; Davidson,1986a, pg. 317.
L'argomento di Crumley mira a legare con l'interpretazione il semplice avere delle credenze attraverso la discriminazione forte, che in pratica collega le credenze e le loro cause tramite i loro contenuti.
Ma non tutte le credenze sono uguali né hanno lo stesso grado di complessità, non tutte le credenze hanno come causa esattamente il loro contenuto. Da questa distinzione nascono le due diverse categorie di credenze: quelle che contengono semplicemente un contenuto causale e quelle che Crumley ribattezza, mutuando il nome da Colin McGinn,
first-order differential content e che potrebbero esse tradotte con contenuto
differenziale del primo tipo o, più semplicemente, contenuto complesso103. Il contenuto causale di una credenza è definito come:
Quell'informazione contenuta in una credenza che è derivata da una interazione tra l'agente e l'ambiente104
La caratteristica di questi contenuti è di non essere un prodotto dell'agente, di essere contenuto non influenzato dalla capacità organizzativa e strutturante dell'agente. I contenuti causali vengono definiti seguendo Evans, che parla di “stato di informazione con un certo contenuto” e Quine, di cui viene citato lo stimulus meaning, in pratica la parte di significato di
103 Ho specificato le ragioni della traduzione con “complesso” alla nota 72.
104 Crumley, 898, pg. 357. “That information contained in a belief which is derived from causal interactions between agent and environment.”.
Per chiarire meglio la natura esterna e indipendente dei contenuti causali, Crumley poco dopo scrive: “More pointedly, causal content is not agent-induced; it is not produced by the agent structuring or organizing some bit of undifferentiated empirical content. This causally based, low-level informational content is just the causal content.”.
una credenza che cogliamo nella relazione con l'esterno105.
Questo tipo di informazione, questo tipo di contenuto delle credenze è quindi causale e di basso livello. Va da sé che i contenuti di questo tipo, per quanti possano essere, non soddisfano le capacità espressive dell'uomo. Semplicemente, parlando comunichiamo sempre qualcosa in più delle informazioni contenute nei contenuti causali. Il contenuto in più, quindi, potremmo chiamarlo contenuto complesso. Di fatto, il contenuto complesso è quel contenuto che l'agente nelle sue credenze aggiunge al contenuto causale, è quindi slegato in una certa misura dall'ambiente, anche se è legato ad esso tramite il contenuto causale.
La formulazione della discriminazione forte quindi ora è sciolta: il primo punto è la condizione necessaria, un agente per interpretare deve avere credenze e per averle è capace di differenziare tra di loro; il secondo punto esprime la presenza di contenuti complessi nel sistema delle credenze e il terzo offre un criterio di discriminazione tra credenze con contenuti 105 Lascio stimulus meanig in inglese perché suona molto meglio dell'italiano significato-stimolo. D'altro canto la questione in Quine di cosa significhi tradurre e sopratutto cosa implichi la traduzione radicale rispetto all'oggetto fisico di cui si parla e la cui espressione corrispondente viene tradotta è complessa. Il punto centrale è che l'esterno cui il parlante reagisce con delle frasi è comune sia al parlante che al traduttore. C'è quindi un significato delle frasi che coincide con lo stimolo esterno che colpisce parlante e traduttore. L'uso della nozione di stimulus
meaning rientra nel quadro dell'indeterminatezza della traduzione, il cui esempio
più celebre avrò occasione di discutere più avanti.
Ora, per quanto riguarda il significato-stimolo, ci sono due precisi interventi di Davidson al riguardo, nel 1994 e nel 2003. Negli anni settanta abbiamo Shirley, 1971, Vuillement, 1975, e Lambert, 1971. Una visione del tema in questi anni è data da Green, 2004, e Sinclair, 2002. Più importante è invece la data, 1960, della pubblicazione di World and Object, il libro di Quine in cui viene presentata questa teoria.
Come sempre, ecco il riferimento all'enciclopedia Stanford: http://plato.stanford.edu/entries/ quine/#ObsSen.
complessi.
Il punto della discriminazione forte era di legare inseparabilmente l'avere credenze e l'interpretabilità di esse. Ora lo scopo è raggiunto dato che l'interpretazione può sempre avvenire, anche per contenuti complessi: il criterio di distinzione rimanda ad un contenuto causale.
Il fulcro di questo principio è il contenuto causale e la sua natura. Sia nel senso per cui non è dipendente dalle strutture dell'agente sia nel senso per cui è ciò su cui si formano i contenuti complessi.