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Dopo l'enunciazione della discriminazione forte, Crumley spiega perché funziona, perché è attribuibile a Davidson e quale sia la sua relazione col principio di carità.

La prima cosa che Crumley evidenzia è che in aggiunta alla discriminazione debole, il suo principio aggiunge due cose. Uno: seguendo Davidson, c'è una connessione tra credenze e mondo. Due: le credenze complesse sono passibili di discriminazione tramite un contenuto causale. Il contenuto causale, infatti, è strutturato, anche se non da parte dell'agente, quindi è la pietra di paragone comune tra gli agenti.

Per non lasciare dubbi sulla posizione realista da cui lavora, Crumley scrive:

Noi non avremmo credenze se non fossero, almeno in qualche punto cruciale, correlate asimmetricamente con gli eventi e gli oggetti del mondo. Cioè, il contenuto causale è contenuto strutturato, e questa

struttura è indipendente dall'agente.106

Oltre questa precisazione, la difesa della discriminazione forte procede nell'articolo con la domanda se una teoria simile sia attribuibile a Davidson. La questione è pressante per Crumley, dato che la fonte principale della riflessione che sta svolgendo è Davidson, di conseguenza il suo coerentismo è il quadro di riferimento.

Quando Crumley prende di petto la questione se sia rimasto o meno “ortodosso” si chiede se possiamo attribuire la discriminazione forte a Davidson, cioè:

Se c'è una qualche ragione per attribuire l'idea della discriminazione forte a Davidson, cioè che non possiamo dissociare la nozione stessa di avere delle credenze da quella di contenuto causale?107

In altre parole, Crumley si pone il problema se attribuire la discriminazione forte a Davidson sia appropriato. E non solo si risponde affermativamente, ma arriva a dire che è la discriminazione forte il fulcro della teoria di Davidson, non il principio di carità. Principalmente, Crumley afferma che anche per il suo autore avere delle credenze implica la loro fondatezza sul contenuto causale. Per giustificarsi, Crumley cita un passo da

A Coherence Theory of Truth and Knowledge di Davidson, enfatizzando

opportunamente i riferimenti alla causa, questa è la citazione riportata da 106 Crumley, 1989, pg. 358. “We would not have beliefs unless they were, at least in some crucial points, asymmetrically related to events and objects in the world. That is, causal content is structured content, and this structure is independent of the agent.”

107 Crumley, 1989, pg. 358. “Is there any reason to attribute the idea behind (SDP) to Davidson, i.e., that we cannot divorce the very notion of having beliefs from the causal content?”.

Crumley:

Affinché possa dubitare o chiedersi qualcosa sulla provenienza delle proprie credenze, un agente deve sapere cosa è una credenza. Questo porta con sé il concetto di verità oggettiva... Ma le credenze sono anche identificate, direttamente o indirettamente, con le loro cause... e questa è solo la complicata verità causale che ci rende i credenti che

siamo, e fissa108 i contenuti delle nostre credenze.109

Da questa citazione, Crumley conclude che anche Davidson connette causa e contenuto, anzi inferisce che anche Davidson, come lui, individua la connessione tra causa e contenuto come una causalità diretta tra la causa e il 108 Il verso inglese usato da Davidson è “fix” che assume una svariata e ampia serie di significati. Ho tradotto con “fissa” ma non rende pienamente il senso: il verbo inglese significa principalmente sistemare, riparare, fissare, legare, attribuire, stabilire. Nel caso specifico Davidson lo usa con un complemento oggetto che ha la propria specificazione: i contenuti delle credenze. Si può intendere in senso astratto come un legare/attribuire stabilmente un contenuto alla relativa credenza, ossia come un assegnare o un attribuire. Il punto è che

fix nel suo uso enfatizza il ruolo del soggetto che mette insieme i pezzi, senza

che si suppongano uniti in precedenza, fino all'uso colloquiale come “scegliere” diffuso in USA. Nel senso astratto viene usato per lo sguardo e l'attenzione, nel senso di “fissare lo sguardo”, in qualche modo questo verbo sottolinea una grande componente cosciente dell'attività umana nell'unire o legare parti diverse.

109 Crumley, 1989, pg. 358. citazione da Davidson, 1986a, pg. 318-319. Corsivo di Crumley. Questo è il passo di Davidson originale, preso dal suo articolo: “In order to doubt or wonder about the provenance of his beliefs an agent must know what a belief is. This brings with it the concept of objective truth, for the

notion of a belief is the notion of a state that may not jibe with reality. But

beliefs are also identified, directly and indirectly, by their causes. What an

omniscient interpreter knows a fallible interpreter gets right enough if he understands a speaker, and this is just the complicated causal truth that makes

us the believers we are, and fixes the contents of our beliefs.” (Davidson, 1986a, pg. 318-319. Corsivo mio per le parti omesse da Crumley, Sottolineate le parti evidenziate da Crumley).

contenuto di una credenza. In sostanza, la tesi di Crumley è che anche per Davidson la nozione di credenza implica dover riconoscere che c'è una connessione diretta tra la causa e i contenuti. Per spiegarsi meglio, Crumley scrive:

Dato che il contenuto causale non sarà variabile da agente ad agente, data la somiglianza tra le circostanze nelle quali tali credenze sono state prodotte, noi abbiamo un punto d'entrata nel sistema di credenze dell'agente.110

Una affermazione simile assume due elementi, il primo è che, a parità di circostanze, l'esterno viene percepito dagli agenti in maniera simile se non uguale. Questa parità di percezione a parità di circostanze è garantita, per Crumley, dal fatto che l'esterno è causa dei contenuti causali degli agenti, per il principio di discriminazione forte. Altro assunto alla base di questa parità tra percezione ed esterno è quindi che la causa, esterna, dei contenuti causali sia la prima fonte e l'origine delle credenze, cioè sia fonte del sistema di credenze.

Lo scopo di Crumley è di legare necessariamente l'avere credenze con la loro interpretabilità, quindi usa il contenuto causale come medio invariante tra gli agenti e i loro sistemi di credenze. Data l'invarianza dell'esterno e del relativo contenuto causale, si deduce la possibilità di interpretare le credenze degli agenti partendo dalla componente comune tra noi e loro: il contenuto causale.

Per esempio: “i canguri non possono camminare all'indietro”. Questa 110 Crumley, 1989, pg. 359. “ Since this causal content will be invariant from agent to agent, given similarity of circumstances in which such beliefs are produced, we have an entering wedge into the agent's belief system.”

informazione può non essere comune, ma è comprensibile a chiunque conosca o riconosca l'animale australiano che è il canguro. Aggiunge delle informazioni su questo marsupiale e, in caso di incontro ravvicinato, può anche essere utile. Crumley direbbe che l'aver visto una volta o l'altra figure o immagini dei canguri, l'averne informazioni anche vaghe, è la componente caule di quell'affermazione, componente causale tale che tutti coloro che la possiedono, perché parimenti educati sull'animale “canguro”, possono aggiungere al sistema di credenze che possiedono anche il fatto che i canguri non possono camminare all'indietro. Crumley insiste nell'affermare che il comune che rende l'interpretazione possibile è garantito dalla sua origine esterna comune e invariante rispetto alle differenze degli agenti.

Crumley argomenta quindi che la verità di alcune affermazioni è legata al fatto che queste affermazioni siano discriminabili sulla base del loro contenuto. Crumley infatti dice che:

In almeno qualche tipo significativo di casi, queste condizioni di verità consisteranno in parte nelle condizioni causali legate a affermazioni rilevanti.111

Questo significa dire che la capacità di discriminare tra le credenze è la condizione necessaria per cui sono interpretabili, ma specialmente che la discriminazione forte è alla base della capacità di distinguere le credenze vere dalle false. Da questo segue che il contenuto causale agisce da

111 Crumley, 1989, pg. 359. “In at least some significant range of cases, these truth conditions will consist in part in the causal conditions tied to the relevant sentences.”

condizione per cui un sistema di credenze può essere sensato o meno112, vale a dire che la base comune di interpretabilità, fondata e vera, misura la sensatezza dell'argomentazione. In altre parole avere credenze e che esse siano interpretabili è garantito dal fatto che le credenze che forniscono sensatezza e verità al sistema di credenze sono comuni dal punto di vista fisico, cioè c'è un legame necessario tra l'esterno che causa e le credenze causali.

L'invarianza per gli agenti e le lingue di un esterno che causa i contenuti causali è la condizione necessaria per cui un certo tipo di credenze abbia senso. Per capire: il motivo per cui una sedia è, per gli agenti, un luogo appropriato per sedersi, è garantito dal fatto che tutti gli agenti vedono la sedia e hanno la credenza che un certo oggetto è una sedia in base al contenuto causale che la sedia provoca, invariabilmente, in ognuno di loro.

La conclusione, per Crumley, è che le cause esterne delle credenze forniscono una base comune ai sistemi di credenze dei vari agenti. Questo è ciò che è comune e si concede quando usiamo il principio di carità. Data la discriminazione forte, Crumley arriva quindi a mostrare come il principio di carità non sia il fulcro dell'argomento di Davidson, ma che la carità si regge sulle condizioni esterne, che producono un certo tipo di credenze comuni, dalle quali si può partire per interpretare le credenze.

L'esplicitazione finale di Crumley sull'argomento è questa: Ma la teoria di un relativista si poggia solo sulla possibilità che i 112 “Una condizione necessaria affinché tali frasi siano significanti è che queste

condizioni causali siano discriminabili, e addirittura, invarianti da parlante a parlante e da linguaggio a linguaggio” Crumley, 1989, pg. 359.

contenuti empirici, che sono oggetto di credenze o enunciati, possano essere completamente nascosti alla nostra vista. L'argomento sottolineato da Davidson per cui “La verità non può essere separata dalla traducibilità nella nostra lingua”, per come l'ho presentato qui, nega la coerenza di questa possibilità. Così come questa possibilità è incoerente, altrettanto lo è l'idea di uno schema concettuale.113

Il tentativo, meritorio, di Crumley è quello di spiegare perché avere credenze implichi la loro interpretabilità e perché, quindi, si concede per carità che gli agenti dicano cose sensate e per lo più vere. Il legame che Crumley individua è l'elemento esterno, che causa alcuni tipi di credenze. Dato che l'esterno e il contenuto causale non è a discrezione degli agenti, forma una sorta di zoccolo duro su cui tutti possono dirsi d'accordo.