• Non ci sono risultati.

Il punto di vista del narratore

CAPITOLO 3 – Romanzi a confronto

3.3 Il punto di vista del narratore

Genette ritiene che distanza e prospettiva costituiscano i due aspetti fondamentali del modo narrativo, ovvero della scelta in cui il messaggio è trasmesso da un emittente a un destinatario. Un testo può rivelare al lettore “maggiori o minori particolari, in forma più o meno diretta, cioè a una distanza variabile da ciò che narra (dalla diegesi); può inoltre regolare l’informazione adottando un particolare punto di vista o prospettiva […]”116. L’istanza produttrice del discorso narrativo può adottare un punto di vista non focalizzato (focalizzazione zero), ed identificarsi con un narratore onnisciente, che possiede più informazioni di ciascun personaggio, oppure può assumere il punto di vista di un personaggio ed adottare una focalizzazione interna (che a sua volta può essere fissa, variabile o multipla). Nel caso in cui il narratore possieda un numero inferiore di informazioni rispetto ai personaggi, siamo invece di fronte al punto di vista a focalizzazione esterna117.

Nel romanzo Beltenebros, Muñoz Molina propone una narrazione in prima persona, in cui il narratore coincide con il protagonista Darman, assumendo quindi una prospettiva a focalizzazione interna. Lo stesso autore afferma:

Hasta ahora, en las tres novelas que yo he publicado, y en la mayor parte de mis relatos, he sido incapaz de contar la historia si no era a través de la mirada y la voz de un personaje. La he comenzado siempre en tercera persona, y siempre, metódicamente, han fracasado al cabo de unos pocos capítulos, y he tenido que volver al principio para encarnarlas en una voz que participara de los hechos y limitara, en el ámbito desordenado de la ficción, un espacio invariable. [...] Tan radicalmente puede decirse que la historia sólo se convierte en argumento y novela cuando el escritor encuentra la voz o las voces que tienen que contarla, el ángulo donde ha de situarse la mirada.118

116

A. Marchese, L’officina del racconto. Semiotica della narratività, Milano, Mondadori, 1983, p. 157.

117 Ibidem, p. 161.

55

Di conseguenza, scegliere la voce principale nella stesura di un testo rappresenta uno dei compiti più ardui per l’autore. In un suo articolo, Las palabras vividas, Molina distingue tre categorie di narratore possibili per i suoi romanzi: quella del narratore testimone, non coinvolto nella narrazione, che diviene una figura di cui il lettore non conosce il nome e grazie a queste sue caratteristiche è in grado di porsi ad una certa distanza rispetto ai fatti; in secondo luogo, quella del protagonista testimone che narra in prima persona ed infine il caso in cui non sappiamo da chi viene condotta la narrazione, come nel romanzo di Kafka, La metamorfosi, dove il narratore esterno contribuisce ad aumentare la suspense del racconto. 119 Nelle prime opere Molina predilige una voce narrante in prima persona, abile a muovere i fili della trama e allo stesso tempo a manipolare il lettore.

Anche il romanzo El invierno en Lisboa adotta una focalizzazione interna, differente però rispetto a Beltenebros, in quanto il suo narratore è tra i personaggi, ma non rivela la sua identità e funge quindi da testimone parziale e da interlocutore del protagonista, riportando le vicende che intorno a lui si susseguono. In tal modo, Molina prende in prestito la parola di un personaggio che, da un lato, è prossimo alle vicende e, dall’altro, non le ha vissute in prima persona, dando voce ad un narratore dotato della facoltà di potersi esprimere con tono sentenzioso, proprio di colui che non può inventare una via alternativa al racconto, poiché tutto è già successo e il suo compito è quello di riportare i fatti.

Empecé a escribir el El invierno en Lisboa usando esa tercerca persona que tan decididamente se niega a obedecerme. Intenté luego que quien le hablara al lector fuera Biralbo. Sólo cuando encontré, por casualidad, desde luego [...] la voz de ese narrador del que casi nada sabemos ni usted ni yo, la novela pareció que empezaba a escribirse sola, que yo la veía y la escuchaba escribirse, ajena a mí, íntima y secreta. En Beltenebros me ocurrió igual, pero tengo la sensación de que esa voz que encontré no era la adecuada, y me duele pensar que por su culpa, o por mi falta de sabiduría, o de paciencia, borró a otras voces que importaban más y que ni el lector ni yo podemos ya

56

oír. Puede que esa voz sea parcialmente falsa porque está contaminada de estilo, porque no es la voz de un hombre, sino la de una máscara.120

Un ulteriore approfondimento ci rivela che, per quanto concerne il rapporto fra narratore e storia, si distinguono due tipi di racconto, quello eterodiegetico, dove il narratore è assente dalla storia raccontata, e quello omodiegetico, dove il narratore è presente in veste di uno dei personaggi. Secondo Genette, l’omodiegetico si distingue a sua volta in autodiegetico, con narratore protagonista della storia e allodiegetico, con narratore testimone e osservatore.121

Questa suddivisione ci aiuta a delineare un profilo più chiaro del narratore di Beltenebros, il quale, ricapitolando, adotta una prospettiva a focalizzazione interna e il suo grado rispetto al racconto è di tipo omodiegetico, più precisamente, autodiegetico. Non è di conseguenza un narratore onnisciente, ciò significa che non può garantire la veridicità di certi fatti e intrecci sui quali si basa il romanzo. Tuttavia, la coincidenza tra narratore e protagonista non impedisce a Darman di ricoprire anche la funzione di narratore-testimone. Quando l’azione si sviluppa al di fuori del suo campo visivo, entrano in gioco altri personaggi che si occupano di raccontare quanto successo, come nel caso di Rebeca Osorio figlia o Ugarte, ai quali viene affidato il compito di fornire informazioni relative agli avvenimenti successivi al caso Walter, nel momento in cui Darman si trova in Inghilterra. È un narratore ibrido, a metà fra quello che Óscar Tacca definisce numenicidad e fenomenicidad122, in quanto non rende esplicito l’atto di scrittura e le circostanze in cui essa avviene, ma impiega il tempo del presente indicativo che ci colloca in una dimensione posteriore agli avvenimenti, oramai conclusi. Attraverso la sua voce e quella di coloro che lo circondano, Darman costruisce l’intreccio del romanzo, dando vita a tre livelli narrativi:

120

A. Muñoz Molina, Pura Alegría, Madrid, Alfaguara, 1998, pp. 68-69.

121 A. Marchese, L’officina del racconto. Semiotica della narratività, Milano, Mondadori, 1983, p.

169.

122 Nell’opera Las voces de la novela (Madrid, 1989), Óscar Tacca distingue tra: numenicidad (en

aquellas narraciones que silencian las circunstancias materiales en las que se ha escrito el relato, que son la mayoría) y fenomenicidad (en aquellas otras, las menos, donde el narrador asume plenamente el acto de scritura, relatándonos las circunstancias materiales o anímicas en que éste tiene lugar).

57

1. quello che coincide con Muñoz Molina, “autor empírico”123;

2. quello del narratore “en un Tiempo de escritura que deducimos posterior a los hechos narrados en la novela.”124

3. quello del narratore-protagonista, ovvero “aquiescente con relación” al narratore del secondo livello, ma “deficiente” in quanto deve ricorrere ad altri personaggi per essere in grado di completare il racconto.125

Un esempio del terzo livello si ritrova quando Bernal informa Darman su chi fosse Andrade, mostrandogli una sua foto:

-Es éste, el del bañador. ¿Lo conoces? No, cuando él llegó a la dirección tú ya estabas casi retirado. Últimamente se llamaba Andrade. Volvió al interior hace un año y medio. A los tres meses empezaron a caer uno por uno todos los que tenían algún trato con él. No podíamos explicarnos cómo era posible que la policía supiera tanto, tantas cosas secretas. Empezamos a sospechar de él: a él nunca lo atrapaban, se iba siempre cinco minutos antes de que llegara la policía. Lo detuvieron hace un mes. [...] ¿No es un milagro, Darman? Ahora está en ese refugio cerca de la estación, esperando un enlace. Nos pide dinero y un pasaporte para salir del país. Tú serás quien se lo lleve todo. (Cap. IV, p. 147-148)126

Nel romanzo di Onetti, La vida breve, partecipiamo ad una narrazione molto complessa, suddivisa in molteplici livelli. Come in Beltenebros, il narratore è il protagonista del racconto, ovvero Brausen, il quale narra in prima persona il processo di creazione di Santa María:

Había sentido crecer contra mi mano la humedad de su frente, mientras pensaba en el argumento para cine de que me había hablado Julio Stein, evocaba a Julio sonriéndome y golpeándome un brazo, asegurándome que muy pronto me alejaría de la pobreza como de un amante envejecida, convenciéndome de que yo deseaba hacerlo. “No llores –pensaba-, no estés

123 J. Payá Beltrán, “Introducción” en Beltenebros de Antonio Muñoz Molina, Madrid, Cátedra,

2013, p. 63.

124 Ibidem. 125 Ibidem. 126 Op. cit.

58

triste. Para mí es todo lo mismo, nada cambió. No estoy seguro todavía, pero creo que lo tengo, una idea apenas, pero a Julio le va a gustar. Hay un viejo, un médico, que vende morfina. [...] El médico vive en Santa María, junto al río […] (Cap. II)127

Dopo aver pensato all’ipotetica versione cinematografica, Brausen decide di immedesimarsi in Díaz Grey per poter vivere una vita migliore, ponendoci di fronte ad uno sdoppiamento dell’io narrante, di modo che un personaggio possa essere in grado di narrare, instaurando un “él” capace di essere “yo”. Si tratta di trasformare “al sujeto del enunciado en sujeto de la enunciación (que Brausen, al inventar a su personaje, lo pueda instituir como narrador).”128

Díaz Grey diviene il narratore protagonista; tuttavia, essendo una proiezione di Brausen, racconta in modo impersonale, insicuro. Lo stesso procedimento si ripete con i personaggi femminili dell’opera, in quanto la violinista è il doppio di Gertrudis ed Elena Sala. Considerando la suddivisione di Genette, l’istanza che narra in prima persona adotta diverse prospettive di focalizzazione, dovute alla frammentazione dell’io narrante: inizialmente, attraverso un punto di vista a focalizzazione interna; successivamente, mediante focalizzazione esterna, come testimone. Il yo-narrador si trasforma in yo-personaje, il quale, a sua volta, dà vita ad un terzo piano narrativo, il yo-él, dove si intercambiano prima e terza persona singolare, ampliando il campo di focalizzazione. Dunque, dopo aver introdotto Díaz Grey in terza persona, in uno dei primi momenti in cui Brausen decide di proiettarsi in lui, il lettore rimane incerto su chi sia il personaggio che ha di fronte:

Por alguna razón que yo ignoraba [Díaz Grey] tenía un traje gris y nuevo y se estiraba los calcetines. Tenía también la mujer [Elena Sala] y pensé que para siempre. La vi avanzar en el consultorio, seria, haciendo oscilar apenas un medallón con una fotografía.129

I tempi e le coniugazioni verbali utilizzati fanno capire che il narratore, in prima persona, si riferisce a Díaz Grey in terza, utilizzando però il tempo

127

J. C. Onetti, “La vida breve” en Obras completas, México, Aguilar Editor, 1970, p. 441.

128 J. Ludmer, Onetti: Los procesos de construcción del relato, Buenos Aires, Eterna Cadencia

Editora, 2009, p. 62.

59

imperfetto, valido nella stessa forma sia per prima che per terza persona singolare. Il racconto verte di conseguenza sull’ambiguità costante riguardo l’istanza narrante, procurando una continua incertezza nel lettore.

In altri romanzi di Onetti, come El astillero o Juntacadáveres, grazie all’alternanza dei pronomi, la narrazione in terza persona tradizionale subisce cambiamenti, introducendo la presenza del todos nosotros, soggetto che rimanda a tutti gli abitanti di Santa María. Tale entità vanta la conoscenza degli avvenimenti nella città immaginaria, comportandosi come narratore onnisciente. Nell’opera Juntacadáveres, il popolo, voce narrante, si divide in due gruppi, quelli che vanno o meno al postribolo: “Los pobladores antiguos podíamos evocar entonces […]”130

non provocando nessun cambiamento alla narrazione, che resta in mano a al nosotros e determina il finale ambiguo di El astillero. In questi due romanzi Onetti non chiarisce l’identità del narratore e tantomeno il suo punto di vista, contribuendo, allo stesso modo di La vida breve, a creare una dimensione di incertezza. In Juntacadáveres riscontriamo un passaggio molto significativo in cui la voce narrante, nonostante voglia dimostrare la sua onniscienza, agisce come un testimone: “Puedo hacer cualquier cosa, sentir cualquier cosa; pero es imposible que intervenga y altere”131

. È un’entità fallibile, che fa spesso ricorso a digressioni, incisi ed ellissi. Quest’ultima figura di parola, utilizzata “come espediente per snellire il discorso eliminando ripetizioni, come mezzo efficace per suscitare attese e per protrarne il soddisfacimento proiettando in avanti l’attenzione di chi ascolta o legge”132

, è presente anche in un altro romanzo di Onetti, Los adioses, di rilievo nella comparazione narrativa con Beltenebros.

Ritornando al romanzo di Molina e alla scelta della narrazione condotta in prima persona si può aggiungere che:

es una modalidad (real o ficcional) de la narración autobiográfica y, por lo tanto, permite los comentarios personales y las intervenciones del narrador en un mayor grado. El "yo" del autor se proyecta en el mundo ficticio por medio

130 J. C. Onetti, “Juntacadáveres” en Obras Completas, México, Aguilar Editor, 1970, p. 910. 131 Ibidem.

60

del "yo" del narrador; el presente de éste va a proyectarse en el recuerdo y establece una distancia para contar su historia, un tiempo para ordenar los recuerdos, una memoria serenada para contar las peripecias y hacerlas revivir del mejor modo posible. El grado de subjetividad es mayor; lo “vivido” se trasciende y marca la rememoración.133

L’io narrante di Beltenebros, però, esula in parte dai canoni sopracitati, in quanto, come già analizzato, usufruisce anche della testimonianza di altri personaggi per completare il suo racconto. Non solo, Darman è solito immaginare e suppore una serie di eventi ai quali non ha partecipato, dando vita ad una narrazione fatta di personaggi e di circostanze la cui esistenza è del tutto incerta. Si alternano in tal modo quelli che sono i fatti reali, appartenenti alla memoria storica del protagonista, ad ipotetiche ricostruzioni che conferiscono all’opera una dimensione fittizia. Si consideri l’incipit di Beltenebros:

Vine a Madrid para matar a un hombre a quien no había visto nunca. Me dijeron su nombre, el auténtico, y también algunos de los nombres falsos que había usado a lo largo de su vida secreta, nombres en general irreales, como de novela, de cualquiera de esas novelas sentimentales que leía para matar el tiempo en aquella especie de helado almacén, una torre de ladrillo próxima a los raíles de la estación de Atocha donde pasó algunos días esperándome, porque yo era el hombre que le dijeron que vendría, y al principio me esperó disciplinadamente, muerto de frío, supongo, y de aburrimiento y tal vez de terror, sospechando con certidumbre creciente que algo se estaba tramando contra él, desvelado en la noche, bajo la única manta que yo encontré luego en la cama, húmeda y áspera, como la que usaría en la celda para envolverse después de los interrogatorios, oyendo hasta medianoche el eco de los altavoces bajo la bóveda de la estación y el estrépito de los expresos que empezaban a llegar a Madrid antes del amanecer. (Cap. I, p. 115)134

L’efficacia informativa del primo enunciato ci fa capire intorno a quale vicenda ruoterà il romanzo. Darman è arrivato a Madrid per uccidere un uomo che non conosce affatto; deve compiere un omicidio a sangue freddo, in modo professionale, senza nessun tipo di coinvolgimento. Sappiamo inoltre che dietro

133

Aínsa F., “Del yo al nosotros: el desdoblamiento de la identidad en la obra de Juan Carlos Onetti”, en Scielo, 20, 2004,

http://www.scielo.cl/scielo.php?pid=S0718-22012004000200002&script=sci_arttext, pp. 11-27.

61

questa missione si nasconde un’identità falsa, che durante la sua vita ha fatto appello ad altri nomi per sfuggire, probabilmente, ad un tradimento. Difatti, tramite questo incipit che coinvolge il protagonista, voce narrante dell’opera, siamo di fronte ad un tipico inizio di romanzo poliziesco o di letteratura di spionaggio, poiché il narratore ci fornisce subito dati che si riveleranno importanti per la comprensione e la rivelazione dell’enigma. “En principio Beltenebros se acoge a las convenciones de la novela de acción, a las narraciones criminales e incluso de espías en las que alguien debe completar un plan o desvelar un traidor.”135

Tuttavia, avvertiamo un distacco da questo genere in particolare a partire dal secondo enunciato, che introduce una narrazione complessa, ricca di riferimenti, allusioni ed ipotesi, “que recuerdan, en gran medida, a ciertas novelas de Juan Carlos Onetti, como Los adioses o El astillero”136. Il narratore protagonista immagina in che condizioni si debba trovare l’uomo che sta andando a giustiziare: tramite l’utilizzo del verbo supporre introduce una serie di congetture, contrastando di netto la prima orazione, molto chiara ed esplicativa.

Beltenebros rappresenta il racconto di Darman, ovvero un testo narrato in prima persona, in cui si percepisce la visione di un uomo che osserva ed immagina; il piano esecutivo si converte immediatamente in una missione avvolta in un alone di mistero. Sappiamo inoltre che l’ubicazione spazio-temporale è molto imprecisa e che la voce narrante non ci aiuta a chiarire tali incertezze, ad esempio quando ci informa a posteriori che Andrade era fuggito in modo tale che “las horas de la noche siguieran un curso previamente trazado”137

, senza fornire ulteriore spiegazione. Per di più, quando racconta al passato, non informa il lettore su quale sia il suo stato d’animo nel momento dell’enunciazione, ma si limita a presentare i fatti dal suo punto di vista di allora.

135 J. Serna, Pasados ejemplares. Historia y narración en Antonio Muñoz Molina, Madrid,

Editorial Biblioteca Nueva, 2004, p. 161.

136 J. Payá Beltrán, “Introducción” en Beltenebros de Antonio Muñoz Molina, Madrid, Cátedra,

2013, p. 62.

62

Entonces me acordé: se llamaba Bernal. Después de la guerra me había encontrado con él sólo dos o tres veces, siempre en lugares como aquél, en oficinas o pisos medio deshabitados. (Cap. IV, p. 146)138

Talvolta, la narrazione coincide con il racconto dei sogni del protagonista, che si confondono con la realtà e ci forniscono ulteriori informazioni sull’io narrante:

Durante unos minutos, enrarecido por la fiebre, soñé que estaba en Inglaterra, en mi casa, y que oía el sonido insistente de la campanilla de la tienda. Era noche cerrada y el viento traía un estrépito de guijarros empujados por el mar, y me parecía un poco sospechoso que alguien, a esa hora, hubiera salido a la calle para comprar un grabado antiguo. Luego la campanilla fue el timbre del teléfono. Todavía dormido lo descolgué y no estuve seguro de que fuera a mí a quien le hablaban. [...] Oí passos que venían por el corredor [...]. (Cap. II, p. 129)

Nei momenti in cui Darman si trova in una posizione esterna ai fatti che sta narrando, ricorre alla sua immaginazione e adotta un metodo di pensiero che in parte si deve alla condizione di ex spia e all’attitudine inquisitoria del detective. In assenza di testimoni, il narratore si trova costretto ad ipotizzare:

Pero era cierto que el cristal de la lámpara estaba caliente y que en el aire duraba el humo del tabaco. ¿Había salido por casualidad, en un acceso de impaciencia, para comprar comida o respirar temerariamente el aire libre de las calles? Debajo del mostrador vi latas de conservas y un cartón intacto de cigarillos ingleses. También vi las esposas en un rincón del cuarto de baño, ocultas bajo una toalla sucia. Las acerqué a la luz sin descubrir señales de que hubieran sido forzadas. Pero si él sabía que las esposas estaban abiertas,

¿por qué las trajo aquí, por qué se arriesgó a llevar las manos atadas y no las

tiró mucho antes, cuando los guardias le perdieron el rastro? (Cap. VI, p. 165)

Poco più avanti, riferendosi ai romanzi di Rebeca Osorio che incontra