Ventiduesimo film della serie, Quantum of Solace rappresenta una rivoluzione. Scritto dal premio Oscar Paul Haggis, non solo è il primo sequel diretto della serie (gli altri episodi erano tutti indipendenti l’uno dall’altro), ma è anche la prima volta che le gesta dell’agente segreto di Sua Maestà non traggono spunto da un romanzo di Ian Fleming (i riferimenti possiamo trovarli solo nel titolo, ripreso da un racconto breve contenuto nella raccolta intitolata For Your Eyes Only del 1960). La trama infatti è stata scritta espressamente per il film dal regista Marc Forster e da Haggis, ispirandosi ad alcuni racconti brevi di John Le Carrè (uno dei più grandi specialisti di romanzi di spionaggio).
80 Il risultato è un Bond diverso dal solito, più duro e angosciato, privo di quei guizzi ironici che avevano fatto la fortuna del personaggio.
In questo film troviamo un Agente 007 ormai disilluso, insonne, che non riesce più a distinguere fra amici e nemici e che, ottenuta la licenza di uccidere, non disdegna omicidi a mani nude e torture. James Bond è più cinico, più cupo, non è un eroe ma un uomo comune che agisce e, il più delle volte, sbaglia. Cerca vendetta per la morte dell’amata. La “puttana” non è dunque veramente morta. Il fantasma di Vesper aleggia per tutto il film.
Anche il rapporto con le bondgirl infatti si fa molto più ambiguo e, escludendo la fugace avventura con la segretaria del consolato inglese a Panama, la componente erotica viene a mancare totalmente. Il rapporto fra Bond e la sua nuova compagna di avventure Camille (Olga Kurylenko), infatti, sarà più vicino a una sorta di mutuo supporto emozionale, piuttosto che ad un’attrazione sessuale: entrambi sono stati traditi dalle persone che amavano e cercano solo vendetta.
La componente emotiva non era mai stata così presente in un film di Bond e la preponderanza di ambienti desertici e il fatto che i protagonisti siano sporchi, feriti e stanchi in quasi tutte le scene funzionano come metafora del travaglio interiore di 007.
Novità assolute in questa nuova pellicola sono, infine, anche lo spostamento della gunbarrel sequence alla fine del film, prima dei titoli di coda; il fatto che Bond nella sequenza in questione se ne va poco dopo aver sparato; e la presenza, per la prima volta, di un duetto all’interno della colonna sonora: quello di Jack White e Alicia Keys in Another Way to Die.
81 Il film inizia esattamente trenta minuti dopo l’ultimissima scena di Casino Royale, James Bond, alla guida della sua Aston Martin, scappa dagli inseguitori che gli danno la caccia per liberare Mr. White, imprigionato e legato nel vano posteriore della macchina. Dopo essersi liberato di loro, Bond giunge a Siena, dove incontra M: i due interrogano Mr. White al fine di ottenere informazioni su Quantum, un’organizzazione terroristica di cui l’MI6 non sa praticamente niente.
Una delle guardie del corpo di M, Mitchell, si rivela però un infiltrato della Quantum e attacca M, consentendo a Mr. White di fuggire. Il lavoro di intelligence collega l’agente traditore ad un conto bancario ad Haiti, dove Bond conosce la bella e aggressiva Camille, una donna che ha una vendetta personale da portare a termine e che accompagna Bond dal suo amante Dominic Greene (Mathieu Almaric), uomo d’affari senza scrupoli e membro tra i principali della misteriosa organizzazione, che sta aiutando un ufficiale esiliato dell’esercito boliviano, Medrano, a prendere il potere con un golpe in cambio del controllo di una delle risorse naturali più importanti del mondo. Camille infatti si era legata a Greene solo per arrivare a Medrano che, a suo tempo, ne aveva eliminato la famiglia della ragazza in una faida di potere in Bolivia.
Bond segue Greene in Austria dove riesce ad infiltrarsi in un incontro della Quantum, ma si scatena una violenta sparatoria durante la quale 007, in una colluttazione, partecipa all’uccisione della guardia del corpo di un consigliere del primo ministro britannico. M, irata, blocca passaporto e carte di credito a Bond che però continua la sua missione grazie all’aiuto di vecchi amici. Proprio mentre l’accordo fra Greene e Medrano viene concluso, Bond e Camille fanno irruzione nell’albergo luogo del loro incontro: 007 affronta Greene e Camille uccide
82 Medrano portando a termine la sua vendetta. Bond dopo aver interrogato Greene e averlo abbandonato nel deserto si reca in Russia, dove incontra l’amante di Vesper che scopre essere anch’esso membro della Quantum. Decide di non ucciderlo, lo affida all’MI6 e, andandosene, lascia cadere la collana di Vesper nella neve.
5.3. Skyfall (Sam Mendes, 2012)
Skyfall, ventitreesimo film della serie, è uno dei film più lodati del franchise e uno tra i più premiati (due Premi Oscar, un Golden Globe e due premi BAFTA). Il regista Sam Mendes, con questo nuovo capitolo, mescola sapientemente il vecchio e il nuovo: reintroduce alcuni degli aspetti più caratteristici e tradizionali
83 della serie come i gadget di Q, l’amata Aston Martin, la Walther PPK, l’ironia e le battute sarcastiche, ma Skyfall resta comunque un film attuale, con una storia intrigante ed echi del terrorismo contemporaneo che riflettono pienamente lo squilibrio e l’insicurezza del nostro periodo, un momento storico in cui la società ha perso la fiducia nelle istituzioni, la paura di un nemico invisibile dilaga, le tecnologie sono sinonimo di potere ed il terrorismo cieco e casuale è all’ordine del giorno.
Skyfall porta lo spettatore all’interno dell’ego di 007, non più smisurato ma logoro, stanco e incespicante; si intravvedono le crepe del passato, è malmesso, malconcio, ha occhi iniettati di fatica e barba incolta.
007 in questo film precipita, si sfianca i polmoni, sanguina, fallisce la mira; Skyfall ci conduce fin dal titolo in un turbinio diretto verso il basso, pronto a destabilizzare le storiche certezze di un uomo solido e inscalfibile, a sporcare e incrinare con il dubbio e con il dolore l’icona smaltata di James Bond.
Come in ogni Bond che si rispetti, la presenza della bondgirl è decisiva ma, rispetto ai film precedenti, si può senza dubbio affermare che la presenza femminile più forte è quella di M, che diventa il fulcro centrale della storia. È lei il primo bersaglio del villain, è lei ad essere sotto accusa quando i metodi e la sicurezza dei servizi segreti britannici vengono messi in discussione, è lei a dare a Bond una seconda possibilità nonostante 007, come vedremo, “ritorni” dalla morte del tutto inadeguato alla sua impresa.
Non essendoci nel racconto filmico una bondgirl tipica, d’altro canto anche il cattivo tipico manca: il villain Raoul Silva (Javier Bardem) è soltanto un ex agente a due zeri abbandonato dall’MI6 e sfigurato e, per questo, in cerca di
84 vendetta. Silva non è quindi un cattivo ma una degenerazione; non è un folle scellerato, ma un uomo tradito, ferito, stanco di essere percepito come un individuo sacrificabile. È un grande stratega, nonché una figura perversa che si diverte a mettere a prova la virilità di Bond: in una scena 007 è legato a una sedia e Silva lo accarezza in modo ambiguo.
La riuscita di questo antagonista perverso, un demone platinato dalla grande abilità dialettica, è dovuta alla sua complessità: Silva tenta Bond, lo accarezza, lo irride, è un villain che gioca la sua partita soprattutto sul campo psicologico e non sul piano fisico.
La gunbarrel sequence si trova, come in Quantum of Solace, alla fine del film, ma in Skyfall questo “riposizionamento” è ancora più significativo: siamo abituati da sempre a veder cominciare le pellicole di James Bond con l’agente che spara verso di noi e fa sanguinare lo schermo. Questa volta succede il contrario. Il bersaglio è lui, il sangue è il suo. Così 007 affonda nel vortice della colonna sonora di Adele, sprofondando in una morte apparente.
Il racconto filmico e il mondo della finzione irrompono senza esitazione sullo schermo con James Bond alle prese con una caccia all’uomo: siamo ad Istanbul ed è stato sottratto un pericoloso hard disk che contiene tutti i nomi e le identità degli agenti NATO infiltrati nelle maggiori organizzazioni terroristiche e criminali mondiali. Bond segue il killer ovunque aiutato dalla sua spalla Eve (Naomie Harris), che però inavvertitamente sparerà all’agente anziché al terrorista.
007 viene dato per morto e, in concomitanza con la sua perdita e la fallita missione di recupero dell’hard disk, la sede centrale di Londra dell’MI6 verrà
85 attaccata da un hacker, attacco che culminerà in un’esplosione devastante. L’MI6 e M, in particolare, verranno accusati di inadempienza e mala gestione.
In questo caos assoluto però James Bond riappare: la sua casa, la sua famiglia sta implodendo e decide di non rimanere a guardare. Bond è evidentemente a terra, non è pronto, non ha mira ed è psicologicamente distrutto ma nonostante questo passa i test dell’MI6 e M lo incarica di recuperare l’hard disk e rintracciare Raoul Silva, un pericoloso criminale con il quale ha una questione personale aperta. Ripresa quindi la pista del sicario a Istanbul, Bond arriverà fino al cospetto di Raoul Silva, che, come ho già accennato, si scopre essere un ex agente dell’MI6; un uomo tradito, violento, pieno di rabbia che desidera vendicarsi proprio di M, la donna della cui squadra fu la punta di diamante. Silva è senza scrupoli: sottopone Bond a un calcolato tentativo di lavaggio mentale, usa tutto ciò che ha in mano, le sue informazioni, le sue storie, i suoi raggiri per portarsi dalla sua un Bond che non è minimamente in forma e che ritrova molto di sé nel racconto di Silva e del suo passato inglorioso all’ interno dell’MI6. 007 però non cede, riesce a catturarlo e a portarlo a Londra nella nuova sede sotterranea dell’MI6. Presto lo spettatore scopre però che l’intento di Silva era proprio quello di farsi catturare per potersi vendicare di M che, anni prima, lo aveva abbandonato alle torture dei servizi segreti cinesi. Bond riesce salvare M da un primo attentato e la porta al sicuro a Skyfall, la residenza scozzese dov’è cresciuto fino alla morte dei genitori. Silva li raggiunge e dopo un estenuante lotta 007 riuscirà ad ucciderlo, ma a un prezzo molto alto: nella lotta M rimane ferita mortalmente e muore fra le braccia dell’agente.
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5.4. Spectre (Sam Mendes, 2015)
Spectre è il ventiquattresimo e ultimo film della serie di 007 firmato ancora una volta Sam Mendes e con il quattro volte protagonista Daniel Craig.
In questo quarto capitolo del reboot cinematografico della serie di 007, la gunbarrel sequence ritorna ad essere tradizionalmente classica e a posizionarsi in apertura del film. Ad essa poi, dopo la scena iniziale, seguono le note dell’elegante Sam Smith (Writing’s on the Wall) sulle quali appaiono volti e vicende capaci di segnare per sempre la personalità schiva di 007, come fossimo davanti alla sigla di una serie televisiva che funge da raccordo e ricordo per lo spettatore.
87 “I morti sono vivi”. È con queste parole che prende poi l’avvio il nuovo film di James Bond, ambientando non a caso la prima scena a Città del Messico durante la festa del Giorno dei morti, con un Craig travestito da scheletro.
I morti sono talmente vivi nel presente dell’agente britannico da commissionare addirittura omicidi anche dall’aldilà, come fa M con Bond, lasciandogli in eredità un video in cui gli affida l’esecuzione di un uomo affiliato alla potente organizzazione segreta S.P.E.C.T.R.E. (Special Executive for Counter- intelligence, Terrorism, Revenge and Extortion), da cui appunto il film prende il nome.
Spectre è un film che tira le fila di tutto e porta dietro di sé le trame delle tre precedenti pellicole e soprattutto le morti: ciò che prima non contava niente qui è fondamentale: ogni morto, anche fra i cattivi, pesa (la morte in precedenza non era un problema, perché i film di 007 erano dotati di una teatralità talmente spinta da renderli puro artificio, una messa in scena in cui nulla è tangibile e tutto è distante).
Il film affonda nelle pieghe dell’animo di Bond, svelandocene più che mai la fragilità: per la prima volta vediamo il suo appartamento, (idea impensabile nella serie classica perché dice troppo di un personaggio che deve essere solo apparenza), le sue foto da bambino e scopriamo dettagli personali sconosciuti, per non parlare delle varie volte in cui ritorna il nome di Vesper.
Questa volta il ruolo della bondgirl, Madeleine Swann (Lèa Seydoux), è di far sì che 007 possa riappropriarsi definitivamente della sua identità più classica,
88 all’interno di un percorso dal sapore proustiano, come suggerito appunto dal nome di Madeleine.73
Il suo ruolo è fondamentale nel consentire a Bond di affrontare materialmente le varie tappe di un tragitto al cui interno ogni dettaglio gli permetterà di entrare in contatto con il proprio io più profondo.
Attraverso la rimembranza di quanto si nasconde fra le pieghe del tempo perduto, verrà fuori una conoscenza di sé tale da avviare un proficuo confronto con le pressanti sollecitazioni offerte dal presente.
Il male in questo film, come in Skyfall, perde i confini dello scontro fisico per mostrarsi come un potere invisibile e tecnologico. Il nemico è difficile da individuare e, quindi, da combattere. Non si tratta più di uno scontro tra nazioni, di spionaggio tra entità solide dotate di bandiere e confini. Adesso il male ha dei connotati melliflui e una forma inconsistente e Mendes, questa volta, lo incarna in una gigante piovra nera, simbolo perfetto di un nemico viscido e sfuggente che con i suoi tentacoli è capace di arrivare ovunque.
Questa particolare composizione dell’antagonista si sposa con la nuova conformazione del mondo digitale; una realtà dove ogni individuo ha barattato il controllo con la sicurezza, dove la libertà di tutti necessita un monitoraggio invadente. E in mezzo a questi server, telecamere e computer James Bond risulta obsoleto, sorpassato, poco utile. Mendes ci mostra ancora una volta un uomo alle prese con le sue debolezze fisiche e psicologiche.
73 Si fa riferimento al primo volume dell’opera di Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto
intitolato La strada di Swann, nel quale il narratore mangia una madeleine (un dolcetto), e questa evoca in lui i ricordi del passato.
89 Sarà però proprio il libero arbitrio a caratterizzare la forza di Bond, la necessità dell’elemento umano all’interno della fitta rete tecnologica dove prevale la capacità di scindere il bene dal male, l’amore dal dovere.
Come già accennato il film prende avvio a Città del Messico.
Bond, seguendo le direttive di un messaggio postumo del precedente M, uccide Marco Sciarra, membro dell’ organizzazione criminale Spectre, che stava pianificando un attentato. La spettacolare uccisione dell’uomo gli costa però la sospensione dall’incarico. Il nuovo M (Ralph Fiennes), infatti, lo accusa di aver causato un grave incidente diplomatico. Ma dietro la punizione c’è anche la strategia del nuovo capo dei servizi segreti congiunti C, che vuole terminare l’attività dell’obsoleto gruppo del programma “00”. Non solo, vuole anche unire i servizi segreti di tutto il mondo con un programma rivoluzionario chiamato Nove Occhi, che garantirebbe un uniforme controllo su ogni parte del globo.
Pur ufficialmente sospeso dal suo incarico, Bond continua la missione e si reca a Roma per partecipare ai funerali di Sciarra, cui ha sottratto un misterioso anello con il quale riesce a partecipare ad una riunione della Spectre.
A capo di essa scopriamo Franz Oberhauser (Christoph Waltz), che si intuisce abbia qualcosa a che fare col passato dello stesso Bond.
Cambia scenario, Bond è sulle tracce di un altro ambiguo personaggio, il vecchio nemico Mr. White che ora però la Spectre vuole eliminare; lo trova in uno chalet isolato sulle Alpi, sta morendo avvelenato dall’organizzazione.
Mr. White si fa promettere da 007 di proteggere sua figlia e, prima di suicidarsi, gli dà un indizio: l’Americain.
90 007 rintraccia la donna, che si chiama Madeleine Swann e, sulla base dell’indizio lasciato da suo padre, i due si recano a Tangeri, dove trovano una mappa e delle coordinate che portano in mezzo al deserto ed è lì che Franz Oberhausen, col nome d’arte di Blofeld, ha costruito la base della Spectre.
Si scopre inoltre che Blofeld è in combutta con C, il capo dei servizi segreti, per controllare il mondo attraverso la cibernetica.
Bond e Madeleine vengono fatti prigionieri da Blofeld che rivela di essere il fratellastro di James, in quanto figlio dell’uomo che aveva cresciuto 007 dopo la morte dei genitori. Bond riesce a liberarsi e a far esplodere la base ma a Londra continua ad andare avanti il tentativo di controllo planetario.
Blofeld, sopravvissuto all’esplosione cattura nuovamente Bond e Madeleine ma alla fine 007 ha la meglio: consegna Blofeld alla giustizia e salva Madeleine. Q riesce a fermare l’attivazione dei Nove Occhi e C muore per mano di M.
L’atto finale di clemenza che salva la vita di Blofeld richiama anche l’ambivalenza morale della licenza a due zeri, che un’ormai maturo James Bond ha compreso essere anche licenza di NON uccidere.
L’epilogo consiste nella visita dell’agente 007 a Q, ma questa volta è per prendere in prestito la famosa Aston Martin e partire in viaggio con Madeleine.
91 Conclusioni. Il Bond del nuovo millennio.
Come abbiamo potuto vedere serializzazione e replicabilità sono pratiche molto comuni nel cinema fin dai suoi esordi, che si tratti di serie, saghe, sequel, prequel, spin-off, remake o citazioni; si sono poi intensificate nel corso degli anni, sia per l’interesse dello spettatore che, come abbiamo appurato, gioisce nel ritrovarsi di fronte al già noto, sia per lo sviluppo della serialità televisiva che, pur esistendo da decenni, è esplosa e ha conquistato una larghissima fetta di pubblico.
Questi fenomeni inoltre creano un senso di continuità e stabilità inserendosi perfettamente nelle conseguenze sviluppatesi a partire dall’attacco alle Twin Towers, e nel contesto storico attuale dove è sempre più difficile trovare, anche nella vita di tutti i giorni, continuità e stabilità.
La linea di tendenza che si affaccia è chiara: questi fatti segnalano il declino dell’unicità e della singolarità e il trionfo invece della ripetizione e della serialità. Non abbiamo più a che fare con un campo popolato da “opere”, ciascuna delle quali testimoni dell’individualità di un gesto creativo; prende definitivamente il sopravvento un flusso continuo di prodotti che rivelano la loro comune matrice e che si distinguono solo per gli “optional” di cui sono dotati.
Se poi inizialmente questi prodotti venivano ritenuti inferiori rispetto all’opera unica e originale proprio per la loro natura massiva e ripetitiva, negli ultimi anni è stata messa in atto una rivalutazione che ha saputo incorporare i meccanismi della cultura di massa dando vita ad opere di alto valore, capaci di utilizzare in maniera raffinata il difficile equilibrio tra ripetizione e variazione, come si evince dall’esempio di James Bond che pur riproponendo da più di cinquant’anni “la
92 stessa storia” riesce ancora ancora ad attrarre, grazie a piccoli mutamenti quali nuovi gadget, nuove ambientazioni, nuovi personaggi ecc., un gran numero di spettatori di tutte le età.
Questo interesse nei confronti della serialità si palesa, poi, nell’analisi della tetralogia “Bond-Craig”: Casino Royale, Quantum of Solace, Skyfall e Spectre sono quattro capitoli tutti collegati fra loro in un modo o nell’altro: facile è notare come Quantum of Solace inizi subito dopo Casino Royale o come Skyfall funga da trampolino per l’atto finale. Un fascino seriale confermato anche dai titoli di testa di Spectre, pieni di frammenti dei tre film precedenti, schegge e ricordi di eventi che assomigliano proprio alla sigla di una serie televisiva.
Il “periodo Craig”, d'altronde, non poteva non guardare alla riconfigurazione del blockbuster contemporaneo in linea con il diffondersi di meccanismi di serializzazione a cui il grande pubblico è sempre più abituato, soprattutto a causa del fenomeno di culto della nuova serialità televisiva.
Il ritorno di Bond in epoca contemporanea è stato di conseguenza necessariamente diverso: non solo per giustificare la scelta di un corpo attoriale molto distante dallo stereotipo, ma anche per rendere il marchio più allettante per un pubblico