Nel corso degli anni sono cambiati alcuni aspetti, ma altri rimanevano invariati: c’erano e ci sono ancora complotti globali, cattivi molto caratterizzati, il mondo in perenne pericolo, le macchine, le donne, i gadget, il martini agitato, non mescolato. E poi lui, l’agente con licenza di uccidere, che supera ogni difficoltà, ogni tortura; nonostante le costanti minacce, vi è sempre la certezza che il bene possa sconfiggere il male. Il bello è capire come, ogni volta, il buono befferà il cattivo.
James Bond è sì un personaggio, ma è soprattutto un insieme composito di figure, tòpoi, ricorrenze di ogni genere, che possono essere elencate come segue:
58 Ricorrenze narrative: la spettacolare scena d’azione iniziale, la convocazione di M,61 gli oggetti forniti da Q,62 il primo incontro con il villain di turno e con la Bond-girl di turno.
Stile complessivo: titoli di testa, gunbarrel sequence,63
il James Bond Theme.
Molta attenzione viene rivolta ai dettagli e agli oggetti bondiani: ogni film è imbevuto di tecnologia, armi, lusso, moda, design e dei suoi famosi gadget (razzi, lanciafiamme, zaini a propulsione).
Non si possono dimenticare lo smoking nero, la Walther PPK/S, gli orologi, l’Aston Martin DB5 o il Martini.
Come sottolinea Umberto Eco, l’importanza di elementi quali le auto, le cene in ristoranti di lusso o i drink, è fondamentale perché lo spettatore si identifichi con il personaggio e ne condivida le esperienze.
007 rischierà la vita, si salverà e noi potremmo esperire la catarsi quando, una volta al sicuro, Bond si intratterrà bevendo champagne con la sua compagna del momento.64
Per quanto riguarda le ricorrenze narrative e stilistiche, lo spettatore conosce benissimo l’ossatura della costruzione di ogni capitolo della serie, che si articola secondo tappe fondamentali: M destina una difficile missione a Bond; l’agente incontra il cattivo e la donna; Bond viene torturato dal cattivo; Bond seduce la donna; Bond sconfigge il cattivo, abbandona la donna e ritorna da M.
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Direttore del Secret Intelligence Service MI6.
62 Agente dell’MI6 che ha il compito di fornire armi, gadget e auto ai vari agenti in missione. 63 Scena sempre presente nei film di Bond con l’inquadratura, attraverso una canna di pistola,
dell’agente in smoking che cammina si ferma, si gira e spara.
59 Grossomodo la trama quindi è sempre la stessa: Bond viene inviato in un luogo dato per sventare il piano fantascientifico di un individuo perfido di origini incerte (e comunque non inglese), che si avvale di una propria attività organizzativa o produttiva. Nell’affrontare questo essere perfido e spregiudicato, Bond incontra una donna che ne è dominata e la libera dal suo passato instaurando con lei un rapporto erotico, interrotto dalla cattura, da parte del cattivo, e dalla tortura. Ma Bond sconfigge il cattivo, che muore orribilmente, e si riposa fra le braccia della donna, se pure è destinato a perderla.
Naturalmente ogni storia combina e colora diversamente questi elementi, ma tutte queste parti sono sempre presenti.
Le avventure del famoso agente segreto attingono ad archetipi narrativi tradizionali, secondo i quali il bene e il male sono sempre nettamente contrapposti, distinguibili, ascrivibili ad efficaci canoni che prefigurano l’evoluzione della vicenda e il destino dei personaggi.
Come nei western classici, l’eroe virile e sicuro di sé, difensore di un preciso ordine sociale, risulta di regola vittorioso sull’arcigno e malvagio villain, che mina l’equilibrio precostituito per puri fini personali. Tutto questo è espressione di una visione della realtà adattata al modello della fiaba, innestata però nel contesto geopolitico contemporaneo.
Il concetto di occidente libero contro oriente autoritario diviene la sottotraccia ideologica che accomuna tutti gli episodi bondiani, esempi significativi della convinzione nazionalpopolare di matrice anglostatunitense che ha caratterizzato le
60 relazioni fra Est e Ovest dagli anni Cinquanta per almeno mezzo secolo a seguire, trovando di decennio in decennio incarnazioni diverse del relativo nemico.65 Se, in piena Guerra fredda, l’agente segreto si trova a fronteggiare spesso terroristi fuoriusciti o al soldo del KGB, dalla distensione dei rapporti tra America ed Unione Sovietica e poi con la dissoluzione di questa, le azioni di Bond si spostano ad esempio in Afghanistan con Il domani non muore mai (1979) o in Corea del Nord per La morte può attendere (2002).
Maggiormente complesso è invece il contesto dei più recenti episodi, nei quali il delicato clima internazionale fa da sfondo alle azioni degli eco e cyberterroristi di Quantum of solace (2008) e Skyfall (2012).
Per contrastare le forze nemiche, Bond è sempre fuori dai confini nazionali, facendo scoprire agli spettatori luoghi che probabilmente non avrebbero mai potuto vedere nella loro vita. E ancora oggi, questo tratto distintivo della cinematografia di Bond funziona a meraviglia. Un viaggio globale di tipo esotico dunque che da cinquant’anni lo vede protagonista in posti come Giamaica, Giappone, Cina, India, Turchia, Russia, Tailandia e in molti altri luoghi lontani. Uno sguardo sul mondo in definitiva sempre al passo con i tempi, capace di coglierne paure, paranoie e ossessioni.
Il fenomeno Bond ha attraversato la storia del cinema, lavorando come uno specchio in cui lo spettatore si è sempre potuto riconoscere e in questo modo il mito si è rinnovato nel tempo.
61 Il cattivo è sempre fisiognomicamente segnalato da elementi diabolici o riconducibili al male (capelli rossi, occhi diversi fra loro, asimmetria del viso), mostruoso, di sanguemisto e freddo calcolatore.
Alle qualità tipiche del cattivo si oppongono le risposte di Bond, in particolare la bellezza, la virilità, la lealtà al servizio, la misura e l’ironia anglosassoni, il senso dell’ideale e i colpi di genio.
La donna passa da una condizione di sottomissione all’innamoramento, per poi spesso tornare al male, morire o essere dimenticata.66
Le variazioni però esistono e stanno nella composizione del quadro e nella descrizione minuziosa dei dettagli che cambiano di volta in volta.
Ci sarebbe da chiedersi come possa funzionare in tal modo una macchina narrativa che dovrebbe rispondere a una richiesta di sensazioni e soprese imprevedibili.
In realtà l’importante non è la variazione dei fatti, quanto piuttosto il ritorno di uno schema abituale nel quale lo spettatore possa riconoscere qualcosa di già visto a cui si era affezionato.
Sotto l’apparenza di una macchina che produce informazione, la macchina produce invece ridondanza: fingendo di scuotere lo spettatore, in realtà lo riconferma in una sorta di pigrizia immaginativa, e produce evasione non raccontando l’ignoto ma il già noto.
La struttura è quindi simile a quella delle favole, che reiterano costantemente un medesimo schema, variandone i particolari: ecco perché lo spettatore viene sorpreso ma allo stesso modo si compiace del già noto e del già visto; il suo
66 M. Peracchini, James Bond 1962-2012. Cinquant’anni di un fenomeno cinematografico,
62 piacere consiste nel ritrovarsi immerso in un gioco di cui conosce i pezzi, le regole e persino l’esito, traendo piacere semplicemente dal seguire le variazioni minime attraverso le quali il vincitore realizzerà il suo scopo.
Nei film di Bond si celebra dunque in misura esemplare quell’elemento di gioco scontato e ridondante che è tipico delle macchine evasive funzionanti nell’ambito delle comunicazioni di massa.67
Infine, per quanto riguarda il look complessivo, bisogna prendere in considerazione quella che viene definita Gunbarrel sequence (sequenza della “canna di pistola”), un vero e proprio topos visivo della serie.
Gunbarrel
L’uomo cammina da destra verso sinistra, raggiunge il centro dello schermo, si gira rapido e spara verso il pubblico. La scena è vista attraverso la canna di una
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U. Eco, Il superuomo di massa. Retorica e ideologia nel romanzo popolare, Milano, Bompiani, 2015, cap. «Le strutture narrative in Fleming».
63 pistola. Poi il sangue comincia a colare dall’alto fino a macchiare l’intera superficie. L’uomo in smoking è ancora visibile, immobile all’interno del foro circolare, velato dal filtro rosso. D’un tratto, lo schermo diventa nero e la bocca della pistola si trasforma in un cerchio bianco. La Gunbarrel è la sequenza più famosa al mondo, il marchio distintivo di James Bond, presente in ogni film sull’agente segreto.68
La sua storia coincide, almeno in parte, con quella dei titoli di testa del franchising e segna l’evoluzione di una forma d’arte che in cinquantatré anni e ben ventiquattro lungometraggi ritrae il passaggio dall’epoca d’oro del graphic design all’era della computer grafica (CGI) e degli effetti 3D e che caratterizza appunto lo stile complessivo della serie, così come il tema musicale: nonostante i sei interpreti, gli undici registi e i ventiquattro film ufficiali, la sigla è rimasta sempre la stessa.
Si tratta del James Bond Theme, un piccolo escamotage armonico di tre note che grazie alla sua semplicità e linearità ha segnato il suo successo, rendendone possibile l’adattamento ai più disparati arrangiamenti. Di fatto l’elastica declinabilità musicale di questo movimento è uno dei segreti che hanno permesso a Bond di adattarsi alle epoche senza perdere la propria identità. Inoltre Harry Saltzman e Albert Broccoli, i produttori, introdussero l’innovativa idea di utilizzare canzoni pop, associando ai film della serie canzoni sempre nuove, composte e interpretate da artisti di fama, permettendo al marchio Bond di reiterare la propria presenza al di fuori delle sale.
Scorrendo la lista di cantanti e gruppi che negli anni hanno interpretato le canzoni (spesso in vetta alle hit parade) dei film di James Bond, troviamo alcuni dei più
64 importanti personaggi della musica leggera internazionale (Shirley Bassey, Nancy Sinatra, Tina Turner fino ad arrivare ai Duran Duran, Chris Cornell, Adele e Sam Smith), negli ultimi anni forse anche per attirare nelle sale il pubblico delle nuove generazioni, grazie ai video musicali che tempestano le televisioni e il web al momento dell’uscita delle pellicole.
Ogni canzone è appunto una variazione sul tema composto da Monty Norman e John Barry, sia che ne calchi la struttura, sia che lo citi in un passaggio.
Il ritorno costante di alcuni elementi a distanza di anni, pur nel cambiamento di altri, è ciò che contraddistingue il piacere spettatoriale per quello specifico personaggio e non altri.
La conservazione delle dinamiche di potere e delle asimmetrie di genere rientra in uno scenario più vasto, che fa riferimento al concetto di resilienza: ciascun film reagisce al contesto culturale in cui è immerso, mantenendo immutati alcuni aspetti riconoscibili che tengono in vita il franchise.
A questo proposito, è piuttosto evidente che i film di Bond reagiscono progressivamente al cambiamento portato dal femminismo, diminuendo il ruolo “decorativo” delle agenti affiancate a Bond e aumentandone invece le competenze tecniche e scientifiche.
Fra gli altri, è possibile vedere in modo particolarmente chiaro l’attitudine post- femminista nella costruzione del personaggio della dottoressa Holly Goodhead in Moonraker. Operazione spazio (1979). L’astronauta risponde già a quella esibizione dell’uguaglianza di gender, in quanto valorizza i risultati femminili in ambienti lavorativi tradizionalmente maschili.69
69
65 Mentre gli anni passavano e le esigenze cinematografiche, miste a quelle dello spettatore, mutavano, Bond riusciva a rimodellarsi, adattandosi alla modernizzazione, dalla trama fino ai gadget.
Ecco dove sta il successo di Bond: sta nella sua giovinezza, capace di non far diventare ripetitivo un personaggio storico nonostante la ridondanza di vizi e virtù: cambiano gli scenari, le trame e tutto ciò che ruota intorno, portando spesso la storia in luoghi inimmaginabili, scaturendo curiosità e mistero.
4.3. I volti di 007
James Bond è un eroe raffinato, pura essenza dell’eleganza e della mascolinità, sopravvive ai volti che lo hanno interpretato, eppure ne è sempre stato condizionato: Il James Bond di Sean Connery non è quello di Roger Moore, a sua volta diverso da quello di Timothy Dalton e Pierce Brosnan. I volti cambiano, l’ineffabile mito resta, alterato dalle diverse sfumature che i vari interpreti hanno voluto (e saputo) dargli. Il caso di James Bond è dunque molto interessante poiché solitamente il binomio attore-personaggio, nel cinema, è strettissimo e ogni qualvolta lo si spezza (un nuovo attore per un “vecchio” personaggio), il disappunto di molti si fonda sulla comparazione tra il primo e il successore; qui gli interpreti che si sono succeduti sono addirittura sei!
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Da sinistra: Pierce Brosnan, Roger Moore, Sean Connery, George Lazenby, Timothy Dalton e Daniel Craig.
Il punto di partenza, il modello, la matrice, è Sean Connery, e, per quanto il fenomeno James Bond sia incredibilmente longevo, è inutile negare come, per una larga fetta di pubblico, il personaggio abbia ancora oggi il volto e il corpo dell’attore scozzese, caratterizzato da humor ed ironia, dai continui cambi, quasi ossessivi, di abiti, da movenze felpate, aggraziate, senza mai vere e proprie azioni fisiche estreme.
Bond è una figura mitica che trascende le sue varie incarnazioni, il personaggio sulla pellicola ha cambiato volti e sembianze, fino ad arrivare a Daniel Craig. La scelta di quest’ultimo attore è stata molto impopolare inizialmente. Si tratta di un volto insolito per il personaggio in questione, ma che rispecchia i cambiamenti del mondo: dopo l’undici settembre, le gesta rassicuranti di un uomo impermeabile al dolore erano ormai poco credibili e sfidare la vita e la morte in maniera quasi ludica era ormai del tutto fuori luogo.
67 Bisognava ripartire dall’inizio, scrivere una nuova pagina del Bond cinematografico, creare una rivoluzione etica ed estetica. James Bond non può più essere una “macchina” perfetta: questo tipo di visione è ormai inattuale nello scenario narrativo contemporaneo, dove ogni eroe vive travagli interiori e tensioni emotive molto forti. Il nuovo Bond deve essere necessariamente un personaggio degli anni Duemila: non più l’edonista e sardonico degli anni Settanta e Ottanta, o il soldato ipertecnologico degli anni Novanta. Ha bisogno di essere in linea con la sensibilità contemporanea. Il Bond tradizionale non ha una storia, un passato, non ha una vicenda personale. Il suo ritorno in epoca contemporanea è stato concepito diversamente: in Casino Royale, Quantum of Solace, Skyfall e Spectre si scopre finalmente come Bond abbia conquistato la famosa licenza di uccidere, sono presenti i primi traumi (la morte di Vesper70 e il sospetto di tradimento), compaiono nemici nuovi (non è più credibile lo scenario in cui Bond combatte contro “l’impero del male”, ora il nemico prende la forma di organizzazioni finanziarie, terroristi interessati al controllo delle risorse naturali, hacker…). James Bond, oltre che una spia e molto prima che un agente, è un corpo, un volto. Tra le pagine dei suoi romanzi Fleming non ne ha mai tratteggiato una descrizione scrupolosa, per questo è toccato al cinema dare forma alla sua icona.
Per decenni 007 è stato alto, magro, bruno, agile e dotato di savoir-faire.
Poi ecco arrivare lui: Daniel Craig, ovvero un attore che, ad una prima occhiata, sarebbe stato più adatto ad interpretare un nemico della celebre spia. Biondo, rozzo, un volto segnato e spigoloso, con fisico massiccio e sguardo gelido.
70 Vesper Lynd: agente di collegamento alle dipendenze del Ministero del Tesoro Britannico il cui
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A sinistra Sean Connery interpreta 007 in Thunderball, Terence Young, 1965; a destra Daniel Craig in Casino Royale, Martin Campbell, 2006
A modificarsi sono innanzitutto gli equilibri fra volto e corpo: nel momento in cui Craig si configura come un supereroe – la cui forza viene principalmente espressa attraverso la performance individuale e la resa dei conti diretta, senza ausili tecnologici, con il cattivo – emerge con rinnovato splendore, e con, almeno in parte, inedita possanza muscolare, il fisico dell’attore.
Il corpo di Craig diventa il principale strumento espressivo. Le sue prestazioni non solo sono straordinarie, ma è soprattutto sul suo corpo vulnerabile, sudato, esausto, ferito, sanguinante, che si concentrano le peripezie dell’eroe. Craig può permettersi di soffrire sfoggiando un’imperturbabilità un po’ corrucciata, un viso che resta impassibile senza però risultare inespressivo. Già dagli anni Ottanta
69 inoltre, il cinema d’azione aveva proposto modelli di eroi fisicamente atletici, da Stallone a Schwarzenegger sino a Vin Diesel e Van Damme. Per conquistare il pubblico più giovane, 007 doveva dunque virilizzarsi. In questo senso, Craig è perfetto, mostrando nei muscoli e nella durezza del viso, caratteristiche che favoriscono l’identificazione dello spettatore del cinema d’azione. A questo contribuiscono anche le sequenze d’azione, decisamente più violente e realistiche. Ovviamente quello di James Bond è sempre un cinema dove il sangue è versato in dosi misurate, ma il Bond di Craig soffre e ansima, incassa colpi violenti e ne restituisce di feroci, sottraendosi un po’ alle “coreografie” incruente dei suoi immediati predecessori.
Nonostante le prime reazioni di sconcerto, Craig è riuscito a convincere i più (le critiche di Casino Royale furono molto favorevoli e, su un budget di centocinquanta milioni di dollari, il film incassò il quadruplo arrivando a seicento milioni di dollari, divenendo il più grande incasso della serie di James Bond di sempre), creando un James Bond attuale, complesso, fatto di dolore ma anche di ironia rinnovata. Il nuovo James Bond picchia, si fa male, corre e si affanna fino allo stremo delle forze, sanguina. Quella di Craig si è presto dimostrata una scelta coraggiosa e determinante per rappresentare un Bond più “credibile” e meno patinato del passato: un uomo che si sporca le mani e si interroga sul senso del suo ruolo nel mondo, sprezzante del pericolo nonostante la consapevolezza di cosa sia la morte.
In netta ed esplicita opposizione rispetto agli altri, dunque, gli ultimi quattro film propongono un personaggio psichicamente complesso, la cui vera identità si nasconde dietro superfici di nervi e sangue, e che non si relaziona più a tecnologie
70 sofisticate ma a uno spazio digitale pervasivo e onnipresente, che risponde alle logiche del web.
Casino Royale, Martin Campbell, 2006. 007 viene brutalmente torturato da Le Chiffre.
In questa nuova declinazione, alcuni dei cliché recitativi del personaggio sussistono: non mancano le battute di contrappunto, la cura nel risistemare l’abito dopo una scena d’azione o la mano in tasca per ostentare disinvoltura.
Ma Craig può anche disattendere le aspettative, capovolgere i cliché: ordinare birra invece del martini, non fumare, gettare grossolanamente le fiche sul tavolo da gioco.
Nella serie però, come abbiamo già potuto vedere, alcune cose sopravvivono al passare del tempo e non tutto può essere rivoluzionato. Da sempre, uno dei primi a notarlo fu Umberto Eco, i film dedicati a James Bond seguono uno schema fisso, dove le dinamiche narrative si ripetono di continuo. Con un piede orientato
71 verso l’innovazione e l’altro ancorato alla tradizione, il Bond di Craig ha riproposto un tradizionale ordine sintattico di eventi, come se l’intreccio di ogni film fosse soltanto un pretesto per mettere alla prova la personalità dell’eroe. Così, ecco che ognuno degli ultimi quattro episodi comincia con un inseguimento nei luoghi più esotici o classici del mondo, volando sui tetti con le moto, aprendo il film sempre con il fiatone.
Altra marcata peculiarità è il rapporto conflittuale con M, pieno di battibecchi e con un contraddittorio atteggiamento di rispetto e disobbedienza da parte dell’agente nei confronti del suo superiore.
Come sottolinea Eco, il rapporto fra Bond e M è un rapporto dominato- dominante.71 Questo caratterizza fin dall’inizio limiti e possibilità del personaggio Bond e dà inizio alle vicende. M si pone di fronte a Bond come detentore di una informazione totale circa gli eventi, e da ciò la sua superiorità rispetto al protagonista, che ne dipende, e che si avvia verso i suoi vari compiti in condizioni di inferiorità rispetto all’onniscienza del capo.
Vi è uno schema poi comune a tutte le bondgirl: la ragazza è bella e buona; è stata resa frigida e infelice da dure prove attraversate nell’adolescenza; questo l’ha condizionata al servizio del cattivo; attraverso l’incontro con Bond realizza la propria pienezza erotica ed umana; Bond la possiede ma alla fine la perde.72
Immancabili quindi i flirt e le conquiste femminili, anche se in realtà negli ultimi film di Craig la rappresentazione del gentil sesso cambia: la donna oggetto, la femme fatale sedotta e abbandonata nell’arco di poche sequenze è stata sostituita