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La serialità fa la sua comparsa all’interno del cinema fin dai primi decenni del Novecento. Fra il 1916 e il 1921, i film a puntate rappresentano un tentativo di creare delle storie più lunghe delle produzioni di una e due bobine cui il pubblico si era abituato, per valorizzare al massimo le potenzialità economiche insite nel rapido turn-over di pellicole fornite a catene di sale cinematografiche.

Il serial aveva una funzione istituzionale: “fidelizzare” lo spettatore a una particolare forma di spettacolo, creando la consuetudine a frequentare le sale, con una sorta di desiderio irrefrenabile di ripetere l’esperienza.38

Realizzato con budget ridottissimi e con tempi di produzione altrettanto ridotti, si afferma pressoché contemporaneamente in Francia e negli Stati Uniti, in un momento carico di trasformazioni significative: siamo nell’epoca della produzione industriale di massa, del taylorismo e del fordismo, il mercato è invaso da prodotti standardizzati di ogni tipo.

Il cinema cavalca questa onda di massificazione standardizzata: tutto è standardizzato nel serial e finalizzato alla massima resa economica.

Ogni singolo episodio è subordinato a regole ben precise e concepito come una successione di elementi standard, la durata è tassativamente di due rulli, il numero degli episodi diviene immediatamente standardizzato e non può assolutamente andare oltre tre opzioni (10, 12 o 15).

38 A. Galbiati, Il serial cinematografico degli anni Dieci: le serial queen, 16/07/2008,

37 Nel cinema seriale tutto è prevedibile ed è orientato alla ricerca dell’appagamento massimo dello spettatore creando per lo più uno spazio convenzionalizzato nel quale questi si rifugia e per il quale sviluppa una “dipendenza”.

«In effetti, il modo di produzione dei serial è quanto di più vicino sia mai esistito in campo cinematografico a una rigida organizzazione fordista del lavoro».39

La produzione di serial conosce in Francia un momento di grande entusiasmo con i film prodotti, già nel primo decennio del Novecento, dalla Pathè e dalla Gaumont, mentre negli Stati Uniti il serial consolida la sua popolarità attraverso alcuni prodotti che hanno per protagoniste le donne. Donne che si trasformano in dive, incoraggiando lo sviluppo del divismo e provvedendo quindi a legare il prodotto cinematografico seriale al volto dell’attore.40

Il serial americano prevedeva usualmente una quindicina di puntate con scansione settimanale. In Europa invece avevano solitamente un numero minore di puntate e queste erano di durata variabile.41

Si trattava di film caratterizzati da una struttura episodica, in cui una story-line veniva portata avanti per numerose puntate.

La struttura dei singoli frammenti prevedeva l’interruzione del racconto proprio nel momento apicale della tensione, con un finale sospeso.

39 Monica Dall’Asta, Il serial in Gian Piero Brunetta, Storia del cinema mondiale vol. II, Einaudi,

Torino, 2000.

40 V. Innocenti e G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva. Storia, linguaggio e temi,

Bologna, ArchetipoLibri, 2008.

41 R. Canjels, Adapting film serials: multiple cultural models for the cliffhanger in the 1910s and

38 Sebbene il primo serial della storia del cinema sia effettivamente What happened to Mary? (C. Brabin, 1912), film muto girato negli Stati Uniti prodotto dalla Edison Company articolato in dodici episodi, The adventures of Kathlyn (F.J. Grandon, 1913), prodotto a Chicago dalla Seling in tredici puntate, è considerato più importante perché per primo adottò il sistema del cliffhanger.

Il cliffhanger (dall’inglese cliff, scoglio e hanger, qualcosa che permette di stare appeso, proprio perché in genere l’episodio si concludeva con il protagonista appeso a una roccia, o a penzoloni da un palazzo, in attesa di una risoluzione che sarebbe arrivata solo con l’episodio successivo) è un espediente in cui la narrazione si conclude con una interruzione brusca in corrispondenza di un colpo di scena o di un altro momento culminante caratterizzato da una forte suspense, con l’intento di indurre nello spettatore una forte curiosità verso quello che potrà accadere.

In The adventures of Kathlyn ogni puntata si chiudeva con un finale aperto, che lasciava in sospeso la storia, spingendo lo spettatore a tornare in sala la settimana seguente per scoprire come Kathlyn, la protagonista, riuscisse ogni volta a cavarsela.42

In Francia, Louis Feuillade adatta al cinema il genere del feuilleton (il romanzo a episodi che usciva su quotidiani o riviste nei primi decenni dell’Ottocento), girando già nel 1910 una serie di cortometraggi che hanno come protagonista il piccolo Bèbè, interpretato dall’attore bambino Renè Dary di soli cinque anni. Ma è con il personaggio di Fantômas che Feuillade, nel 1913, entra nella storia del cinema come uno degli inventori del serial.

39 Seguono poi Les vampires (1915) e Judez (1916-17), che rappresentano i prodotti migliori della serialità francese di genere avventuroso e poliziesco.43

In seguito, gli Stati uniti assumeranno la leadership del settore e lo schema base preferenziale del serial del cinema delle origini sarà poi consolidato nella pratica hollywoodiana.

La produzione seriale va avanti fino al 1923, poi ricompare negli anni Trenta con il sonoro. Destinata ai circuiti minori, è una produzione di “serie B”, che rappresenta gli eroi dei fumetti (Flash Gordon, Mandrake, Tarzan, Superman), gli eroi del west, i miti della letteratura classica di massa, i cicli cavallereschi ecc. Il serial cinematografico riemergerà poi anche negli anni Quaranta e nei primi anni Cinquanta, quando, con l’avvento del mezzo televisivo, per sconfiggere quello che sembrò inizialmente un minaccioso rivale, il cinema si impegnò o a superarlo sul piano delle dimensioni, del colore, del costo delle produzioni e degli effetti spettacolari, o comunque con l’offerta di prodotti paragonabili a quelli televisivi.44

In quegli anni i serial furono così numerosi (Batman, Captain America…) che cominciarono a inflazionarsi e perdere popolarità. L’aumento dei costi di produzione, la crescente realizzazione di lungometraggi sempre più sofisticati e la sempre maggiore diffusione della televisione, nel periodo 1949-52, ne sancirono il definitivo declino.

43 P. Piemontese, Remake. il cinema e la via dell’Eterno Ritorno, Roma, Castelvecchi, 2000. 44 T. Elsaesser, Serialità e circostanze produttive. Alcune considerazioni sull’economico e il

testuale nel cinema e nella televisione, in F. Casetti (a cura di), L’immagine al plurale, Venezia,

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