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La serie si distingue innanzitutto dal serial per un diverso principio di organizzazione testuale: dove il serial sospende sistematicamente il racconto, la serie lo chiude, così che ogni nuovo episodio non sia la continuazione o la ripresa di quello precedente, ma l’inizio di una nuova storia. Una serie cinematografica è un insieme di più film legati da una sequenzialità o successione.

L’obiettivo principale che viene perseguito consiste essenzialmente nel generare nuovi valori e significati stando bene attenti soprattutto a vanificare ogni possibile finale; il testo, insomma, si arricchisce di possibilità narrative con buona pace dell’epilogo, che era il culmine della narrazione, almeno come il mondo occidentale la intendeva a partire dalla tragedia greca;45 pur essendoci un “finale” in ogni film, in realtà la storia può essere ripresa e continuata ancora e ancora un film dopo l’altro, senza mai arrivare ad un vero e proprio epilogo.

Il personaggio ritorna, evoca l’eternità e si mitizza: tutte le serie sono basate su personaggi-eroi, a prescindere dall’origine, speculano sul mito e sugli archetipi e li aggiornano adattandoli ai tempi.

Le serie si basano sui remake e sui seguiti, generalmente si comincia a parlare di serie a partire dal terzo seguito, oppure quando comincia a “tirare aria di famiglia” per la presenza di figli, fidanzate e mogli. Normalmente quando i seguiti vanno bene si è tentati di farne delle serie. In queste ultime però, al contrario di quanto avviene nel sequel, non vi è continuità con le storie precedenti e l’unica connessione tra i film è data dal riapparire dell’eroe e dei co-protagonisti fissi:

45 P. Piemontese, Remake, cit., p. 39.

41 tutti i casi di serialità hanno in comune la ripresa di personaggi e formule dei film precedenti, spesso già dal titolo.46

La serie si costruisce con i dettagli, i gesti, i costumi, i momenti cruciali che richiamano sempre il modello originario e ricorrono uguali allo scopo di attirare l’attenzione dello spettatore, perché si sta introducendo un momento di svolta o, indifferentemente, si sta rinnovando un rito. Il rinnovamento riguarda solo la forma, mentre si trasmette la ripetizione intatta della sostanza.

L’originale per trasformarsi in serie deve presentare un mondo ricco di risvolti e possibili svolgimenti, possedere una forte pregnanza e valenza narrativa, contenere la prospettiva di nuovi avvenimenti e le condizioni della permanenza dei personaggi. Una struttura a episodi corredata da un buon numero di personaggi rappresenta la condizione ideale per la serializzazione.

Nella serialità il tempo rappresentato presenta una grande elasticità.

Lo sfruttamento delle anacronie sfalda la compattezza del tempo discorsivo permettendo l’inserimento e lo sviluppo di filoni narrativi dotati di una propria temporalità alternativa. La serie inoltre si nutre di flashback, in quanto lo sviluppo lineare porterebbe il personaggio alla vecchiaia e alla morte e renderebbe difficile l’introduzione di nuovi personaggi che appartengono alla vicenda: i personaggi hanno invece tanto passato e poco futuro. Molti di loro provengono dal cinema stesso come Maciste, altri costituiscono adattamenti di un originale letterario come Sherlock Holmes o James Bond, o provenienti dai fumetti come Superman o Batman.

46 P. Piemontese, Remake, cit., p. 39.

42 Il personaggio ha un’esistenza caratterizzata per definizione da serialità: gli elementi di serialità che connotano le avventure dell’eroe costituiscono uno dei settori più consistenti e corposi delle strategie produttive delle serie, così i film che ripetono le gesta del personaggio prendono il nome del protagonista (oltre a evidenziare la funzione accentratrice del personaggio, il meccanismo mette in atto un processo automatico di riconoscibilità).

Maciste è il primo vero eroe dello schermo, che compare per la prima volta nel film storico Cabiria di Giovanni Pastrone, nel 1914.

Atletico, dall’aria buona e dai muscoli formidabili, viene sempre interpretato da attori culturisti (Mark Forrest, Gordon Scott, Kirk Morris..). Le figure ricorrenti dei suoi film sono: il tiranno, o a scelta il gran sacerdote, alto, magro e con la barba a punta; la bella fanciulla in pericolo, sempre vestita di bianco; l’amico, che aiuta l’eroe nelle sue imprese; il nano, per dare una pennellata di comicità.

Un altro eroe particolare delle serie è Tarzan, personaggio inventato dallo scrittore Edgar Rice Borroughs nel 1914, e che frutta una quarantina di film, nonché un gran numero di serial e serie. È un eroe bianco, primitivo, che vive felice con gli animali nella giungla. Le storie partono sempre quando gli esploratori invadono il suo regno e maltrattano gli indigeni o gli animali. Tarzan, che incarna “miticamente” il dio del luogo, interviene in difesa dei suoi sudditi.

Vi sono poi i poliziotti e gli investigatori, che ripristinano l’ordine sociale e puniscono i suoi trasgressori. Si pensi a Sherlock Holmes, con più di sessanta film solo nell’epoca del muto. Per passare poi alla figura dell’agente segreto, come James Bond. Bello, colto e intelligente, Bond combatte contro società segrete e in

43 generale contro i nemici del mondo occidentale, pratica arti marziali, parla un’infinità di lingue, ha una memoria prodigiosa e un fascino irresistibile.

Infine tutta la folta schiera dei supereroi, sempre in costume, la maggior parte dotata di superpoteri, votati alla lotta contro il male, come Superman o Batman. La saga è invece costituita da una successione di eventi, apparentemente nuovi, che a differenza della serie, sviluppano il decorso storico del personaggio o di una genealogia di personaggi, che invecchiano mentre cambia il mondo attorno: esso continua da padre a figlio, in un crescendo potenzialmente infinito: come accade, ad esempio, ad Harry Potter e ai suoi amici. In questo senso si pensi anche alla nascita e alla morte dei potenti mafiosi, seguiti dall’ascesa alla caduta, attraverso le generazioni, nelle tre parti de Il padrino di Francis Ford Coppola (1972). La saga può anche generare una struttura ad albero, con capostipite e rami collaterali, che seguono le vicende dei personaggi secondari.

Serie, saghe ed episodi abbondano sul grande schermo, rendendo i prodotti cinematografici contemporanei degli oggetti che debordano nel tempo e nello spazio e che, sottoposti a continuo restyling, si propongono alle audience declinati secondo modalità sempre rinnovate.

Una saga cinematografica può durare oltre un decennio (pensiamo ad esempio a Harry Potter, otto film tra il 2001 e il 2011) e ha la capacità di ramificarsi attraverso media differenti, esondando nello spazio mediale.47 È ciò che Henry Jenkins definisce Transmedia storytelling (narrazione transmediale), ovvero una forma narrativa che, muovendosi attraverso diversi tipi di media, contribuisce a perfezionare ed integrare l’esperienza dell’utente con nuove e distinte

47 F. Zecca (a cura di), Il cinema della convergenza. Industria, racconto, pubblico., Milano,

44 informazioni. In questo modo ogni medium, veicolando nuove informazioni, contribuisce allo sviluppo della storia e alla comprensione del mondo narrato. Rispetto a un film concluso, per esempio un film di genere, che è aperto a varie possibilità combinatorie, ma finito e definito in modo stabile, la serialità tende a spingersi oltre i confini tradizionali del format di provenienza, a sviluppare matrici di narrazioni che si propagano su diverse piattaforme, a predisporre mondi diegetici espandibili di continuo, perfettamente definiti ma non stabili.

I prodotti seriali contemporanei si allargano ben oltre i confini imposti dal format a cui appartengono, per estendere il proprio potenziale ad altri campi dell’industria culturale; esondano dai confini per il quali sono stati inizialmente pensati e migrano verso altri media. Le strategie di marketing e integrazione tra media e prodotti commerciali fanno sì che la produzione proliferi, con la commercializzazione di qualunque tipo di prodotto: poster, carte da gioco, videogame, romanzi, serie tv e tanto altro, che estendono le avventure dei protagonisti in altri ambiti e piattaforme mediatiche differenti.

Nel mercato globale contemporaneo, governato da giganteschi conglomerati mediali, è impossibile essere competitivi se non si lavora su più livelli, in un sistema di cross-promotions (promozione incrociata)48. La narrazione allora non possiede più un unico centro d’irradiazione, ma tende a svilupparsi su strade diverse. Mutuando il termine dalla definizione ormai consolidata fornita da Justin Wyatt sul block-buster cinematografico, potremmo definire queste narrazioni come High concept, ovvero come prodotti dalla grande vendibilità, adatti ad essere esperiti su diversi supporti e venduti su tutti i mercati interni e stranieri,

45 grazie anche alle pratiche di franchising, che garantiscono un’eccezionale durata e persistenza tra le audience.

L’High concept movie può essere frammentato e riproposto in differenti contesti ludici o di intrattenimento e, caratteristica fondamentale è lo stile: ogni film deve avere un look riconoscibile, ben definito e di impatto, caratterizzato da una storia semplice, lineare e con personaggi chiari e riconoscibili.

I prodotti seriali contemporanei inoltre, non sono più semplici oggetti testuali. Sono piuttosto il frutto di una progettazione a “ecosistema”, per cui si progetta un modello generale pensato in anticipo come sistema evolutivo con un elevato grado di coerenza tra tutti i suoi componenti. Si tratta di un universo complesso, aperto, abitato da forme narrative, personaggi, fruitori, che si modificano nello spazio e nel tempo, capace di accogliere narrazioni virtualmente infinite. È ciò che Guglielmo Pescatore definisce “ecosistema narrativo”49.

Abitare un ecosistema narrativo è un’esperienza che genera partecipazione e sollecita ulteriore consumo: nel panorama contemporaneo, il consumo di prodotti mediali non è più orientato al consumo semplice del singolo oggetto. Si è trasformato in un consumo di beni-esperienza, per cui l’attività di consumare e quella di fare esperienza di un determinato prodotto mediale sono diventate, di fatto, sovrapponibili. La redditività per i produttori non viene più dal singolo oggetto narrativo, ma dal sistema complesso all’interno del quale esso è inserito e dalla reticolarità che contraddistingue i rapporti fra oggetti narrativi, merchandising, prodotti ancillari ecc.

49 C. Bisoni, V. Innocenti, G. Pescatore, Il concetto di ecosistema e i media studies:

un’introduzione, in Media mutations - gli ecosistemi narrativi nello scenario mediale contemporaneo. Spazi, modelli, usi sociali, Modena, Mucchi editore, 2013, pp. 11-26.

46 Basti pensare che più della metà dei cinquanta film di maggiore successo di tutti i tempi derivano da sei franchise, e dai loro sequel: Star Wars,Harry Potter, Il signore degli anelli, Jurassic Park, Pirati dei Caraibi. Quest’ultimo, ad esempio, a partire dall’attrazione omonima presente all’interno del parco a tema Disneyland e inaugurata nel 1967, ha generato una saga cinematografica partita nel 2003, una serie di videogiochi, ma anche fumetti e romanzi per ragazzi.50

Il termine franchise si riferisce quindi alla costruzione di un “marchio” sfruttato per diversi prodotti dell’industria dello spettacolo e dell’intrattenimento, il cui impulso chiave è il principio della convergenza, intesa come la creazione di storie che possano essere reiterate, riproposte e riformulate attraverso una varietà di forme mediali. Da un oggetto originariamente pensato come singolare, dunque, il modello produttivo e narrativo dell’high-concept ha permesso di generare una pluralità di prodotti ancillari, sfruttando la scalabilità dei contenuti e la modularità narrativa.

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