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La questione dell’adattamento o standardizzazione del prodotto nel mercato

Nel documento INDICE INTRODUZIONE (pagine 35-39)

2. IL MARKETING MIX INTERNAZIONALE

2.2 Il prodotto

2.2.1 La questione dell’adattamento o standardizzazione del prodotto nel mercato

Quando un’impresa si avvicina a un mercato-Paese per la prima volta deve necessariamente riflettere sulla dimensione del prodotto da proporre ai possibili consumatori. Il fattore di adattamento a questi ultimi deve infatti essere ben ponderato rispetto a numerose variabili che possono influenzare una strategia di successo. In questo paragrafo saranno elencati i numerosi fattori determinanti la scelta di adattare o meno un prodotto al mercato di arrivo, così come proposti da Silvestrelli87.

Una prima distinzione deve essere effettuata tra i fattori interni all’impresa e quelli esterni, che portano a un diverso grado di adattamento del prodotto commercializzato: alcuni elementi sono infatti firm-specific, dunque propri dell’azienda e variabili rispetto a ogni realtà esaminata, altri sono invece indipendenti da questa e connessi solamente alla struttura del mercato di arrivo.

Cominciando dai fattori esterni all’azienda, si possono citare le normative vigenti in ciascun Paese: qualsiasi tipo di legge o imposizione regolatoria, provenga essa dalle leggi nazionali o europee, costringe l’impresa a modificare il prodotto. Questo tipo di modifica è obbligatorio, ed è considerato un prerequisito per entrare nel Paese scelto; dato questo carattere di necessarietà, in molti mercati questo strumento è utilizzato come “barriera non tariffaria”, ossia, come definita da Hillman, «any governamental device or

86 Cfr. R. Vernon, ‘The product cycle hypothesis in a new international environment’, in Oxford Bulletin in Economics and Statistics, 41(4), novembre 1979, pp. 255-267.

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practice other than a tariff, which directly impedes the entry of imports into a country and which discriminates against imports – that is, does not apply with equal force on domestic production or distribution»88. Se dunque un Paese ritiene necessario proteggere le proprie merci dalla concorrenza estera potrà imporre delle restrizioni richiedendo particolari caratteristiche in un determinato prodotto, rendendo quindi obbligatorie modifiche su prodotti esistenti, che, generalmente, comportano costi non indifferenti per le aziende.

Un altro fattore esterno è il livello di sviluppo economico della zona scelta: se infatti si tratta di un mercato in cui i consumatori possiedono un’alta disponibilità di reddito, sarà possibile offrire il bene/servizio di fascia medio-alta (politica di trading-up), se invece il reddito percepito è di fascia bassa, la scelta del management sarà di proporre un prodotto di prezzo inferiore e più accessibile, ma con tutta probabilità in una versione basilare, più semplice o di minor qualità (politica di trading-down).

Un ragionamento simile può essere condotto rispetto al livello di preparazione del personale: soprattutto in ambito B2B: quando il prodotto venduto è un macchinario, un componente, un software e simili, il produttore deve tenere in considerazione le abilità di chi si troverà di fronte. A un utilizzatore preparato, competente, potrà essere proposta una versione tecnologicamente avanzata e complessa dell’oggetto di vendita, mentre un lavoratore con scarsa formazione e tecnologia a disposizione non potrà accedervi, se non tramite una vendita abbinata di corsi di formazione o aggiornamento specializzanti.

Le condizioni climatiche, invece, sono una delle componenti che spesso viene dimenticata nella fase di progettazione o vendita di un prodotto, e che ne determinano in modo consistente il grado di adattamento alla nuova realtà di vendita. Si pensi semplicemente alla minor potenza raffreddante di cui necessita un frigorifero in luoghi già molto freddi, o alla resistenza di determinati materiali in condizioni climatiche di forte umidità89; l’ambiente dunque influenza profondamente l’adattamento di un prodotto, e non deve essere sottovalutato in alcuna fase di ideazione e commercializzazione. Al giorno d’oggi, perfino la cura per l’ambiente è diventato un fattore chiave per il successo di un prodotto o di un’azienda, l’ambientalismo infatti non si esprime solamente nelle pratiche di produzione e scelta dei materiali, ma anche nelle pratiche aziendali, nel

88 J. S. Hillman, ‘Nontariff Barriers: Major Problem in Agricultural Trade’ in American Journal of Agricultural Economics, 60(3), agosto 1978, pp. 491-492.

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packaging, nella possibilità di riciclare i componenti o di sensibilizzare al rispetto tramite l’uso di beni riutilizzabili e molto durevoli. Si parla dunque di green marketing90, che fa del consumo critico un vantaggio competitivo.

Il prodotto deve tenere conto anche del sistema culturale, di tradizioni e stili di vita dei potenziali consumatori. Silvestrelli91 individua tre fattori che concorrono all’acquisto (o alla predisposizione verso questo) del cliente: gli stimoli, costituiti principalmente dalle informazioni ottenute sul prodotto, mediati da variabili personali (come valori, abitudini e simili) e sociali (il gruppo di appartenenza, lo status, la religione ecc.). Nel processo di acquisto di un prodotto, frutto di scambio internazionale, tutti questi elementi possono variare, declinandosi a favore o contro l’acquisto del bene/servizio. Maggiore quindi sarà la differenza della cultura da quella di partenza, più attentamente dovrà essere considerata la possibilità di adattare il prodotto a questa, così da favorirne il riconoscimento come compatibile con la propria dimensione culturale.

La familiarità con il brand, invece, influenza il prodotto attraverso la possibilità di standardizzazione in tutti, o quantomeno molti, i mercati affrontati. Se un marchio è ben noto e riconoscibile, è più alta la probabilità che questo venga accolto senza difficoltà e senza necessità di cambiamenti da parte dell’azienda.

Infine, se la concorrenza locare è molto intensa, l’impresa dovrà affrontare il fenomeno dell’etnocentrismo dei clienti, spesso portati ad acquistare prodotti lavorati nei confini nazionali per una sorta di «“dovere morale” nei confronti della nazione di appartenenza»92, ritenendo di contribuire al benessere del Paese e dei lavoratori che vi operano.

Se fino a questo punto sono stati presentati e descritti i fattori esterni all’impresa, che possono influire sulla decisione di adattamento o standardizzazione del prodotto al mercato di arrivo, verranno trattati ora alcuni dei fattori firm-specific che possono svolgere un ruolo fondamentale nella creazione del prodotto. Tra questi, va segalata in

primis l’organizzazione dell’impresa: un’azienda concentrata sul mercato domestico,

dove le decisioni strategiche sono prese esclusivamente nel Paese di partenza, è fisiologicamente più propensa a produrre beni e servizi standardizzati, mentre, se alcune

90 Cfr. per approfondire J. Grant, Green marketing: il manifesto, ed. ita. di A. Carù, Francesco Brioschi Editore, Milano, 2009.

91 Cfr. S. Silvestrelli, International marketing mix, cit,, p. 105.

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decisioni sono prese in sedi locali da esperti situati sul mercato di arrivo, si avrà un adattamento più spiccato.

A questo fattore si affianca il rapporto che instaurano le unità collocate all’estero con l’azienda domestica: se i contatti sono frequenti e collaborativi, il passaggio di informazioni permette di rimanere costantemente aggiornati e di gestire in modo efficace i prodotti standardizzati, con rapporti conflittuali o competitivi sarà più facile al contrario gestire un prodotto adattato alle differenti realtà.

A livello macroscopico, invece, devono essere presi in considerazione gli obiettivi primari che l’azienda si pone: se l’esportazione, per esempio, viene effettuata come una mera valvola di sfogo del consumo domestico, il management sarà certamente poco propenso a un adattamento del prodotto proposto; in caso contrario, individuando il Paese di arrivo come una reale opportunità, ci sarà una più concreta possibilità di studiarlo e modificare la propria offerta per favorire gli acquisti. Stando a quanto riportano Cavusgil, Zou e Naidu93, inoltre, le aziende paiono più propense a mantenere i prodotti a livello base e standardizzati se l’obiettivo sono più Paesi contemporaneamente, in quanto i costi per accedere a ciascun mercato sarebbero già molto elevati (si pensi ai costi per trovare gli agenti, organizzare i trasporti, individuare i punti vendita e simili).

Le risorse finanziarie dell’impresa determinano inoltre, come accennato precedentemente, l’adattabilità del prodotto. Un bene o servizio appositamente progettato per uno specifico mercato ha infatti necessariamente un costo molto più elevato rispetto a un bene standardizzato e diffuso senza modifica alcuna.

Infine, un’azienda con un’approfondita e pluriennale esperienza all’estero è facilitata nell’adattamento del prodotto94 perché conosce meglio il cliente e le sue esigenze, ma, anche le capacità del personale e gli orientamenti del management svolgono un ruolo fondamentale. Se gli esperti hanno una spiccata capacità di intuizione e sanno trasporre i concetti appresi sul campo in idee e prodotti nuovi, l’aderenza al mercato di arrivo sarà sempre maggiore e calzante con le esigenze del cliente.

È chiaro, dunque, che fornire una risposta univoca alla questione riguardante la standardizzazione o l’adattamento del prodotto è assolutamente impossibile. Un’azienda deve considerare infatti le proprie caratteristiche intrinseche e quelle esterne, osservare

93 Cfr. S. T. Cavusgil, S. Zou, G. M. Naidu, ‘Product and promotion adaptation in export venture: an empirical investigation’ in Journal of international business studies, 24(3), 1993, p. 487.

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l’ambiente che la circonda e analizzare le proprie capacità e limiti. Si avrà dunque la possibilità di un prodotto identico a quello pensato per il mercato domestico, ma imposto sul mercato estero, un prodotto adattato alle esigenze locali (domestico adattato o completamente nuovo), o standardizzato in tutti i Paesi-obiettivo (anche chiamato “globale”).95

Nel documento INDICE INTRODUZIONE (pagine 35-39)