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2.1 Panorama della letteratura femminile tunisina

2.1.5 Il racconto allegorico

Le prince du Ciel et le prince de la Terre di Souad Guellouz

In appendice alla ristampa del 2001 del romanzo Une vie Simple di Souad Guellouz, le edizioni Chama accludono trois nouvelles, tre brevi racconti, due dei quali apparsi in riviste letterarie tra il 1960 e il 1975. La nostra attenzione va a Le prince du Ciel et le prince de la Terre, pubblicato nel numero 34-35 della rivista «Multaqa Al Ajial» dell’Association des Anciennes de la Rue du Pacha, nel 1997,TPF

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FPT periodo compreso

nell’arco temporale cui rivolgeremo maggiormente la nostra attenzione.

Nell’epigrafe posta in esergo al racconto la voce narrante qualifica il testo come leggenda, ovvero come una narrazione esemplare al centro della quale i personaggi,

TP 103 PT Ibid., p. 54. TP 104 PT Ibid., p. 50. TP 105 PT Ibid., p. 100. 106

qualora non siano immaginari, risultano amplificati e alterati dalla fantasia e dalle credenze popolari che hanno tramandato i contenuti della storia. Qui il narratore si rivolge direttamente al lettore, come prevede la tradizione orale, chiedendogli provocatoriamente il motivo per cui la sua memoria ha conservato proprio tale leggenda: “Et pourquoi, alors que j’ai perdu en chemin tant de récits potentiels, n’ai- je pu oublier celui-ci? Lecteur ou lectrice, dis-le moi.”TPF

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La curiosità è dunque già sollevata e prende così avvio la vicenda ambientata nell’antica capitale tunisina di Kairouan, in un tempo imprecisato. La trama ruota attorno a due personaggi fortemente stilizzati, come generalmente accade nelle favole, caratterizzati in modo manicheo per le qualità che li contraddistinguono: il Bene e il Male. L’anziano uomo del Male, dopo aver concesso la sua amicizia al giovane uomo del Bene e dopo essersi con l’astuzia meritato la sua fiducia, propone all’amico una passeggiata nel deserto. Dopo ore e ore di cammino, finalmente l’uomo del Male rivela il suo malvagio intento: dimostrare all’uomo del Bene che la sua benevolenza era una menzogna e che la sua natura non era affatto cambiata. La maligna creatura vuole colpire l’anima del buon uomo inducendolo a rinnegare la sua fede in Dio, ma egli preferirà farsi uccidere piuttosto che abiurare. Con un colpo di sciabola l’uomo del Male taglia la testa dell’innocente e la getta in fondo a un pozzo. Un’ellisse fa balzare il racconto ad alcuni anni dopo. La vicenda subisce una sensibile accelerazione che vede il susseguirsi di vari eventi. Un giorno l’uomo del Male scopre che nel pozzo dove aveva gettato la testa dell’amico è nata una vite, dalla quale taglierà un grappolo per farne omaggio all’emiro. Non appena il sultano mette la mano nel sacco che custodiva il grappolo di straordinaria grandezza, ne estrae una testa ancora calda e grondante di sangue.

Il narratore, che fino a questo punto della narrazione aveva mantenuto il suo carattere di non-intrusività, interviene per fornire, in modo didascalico, alcune informazioni riguardo agli eventi presentati: “Les émirs de cette époque étaient

habitués aux plus cruels spectacles. C’est pourquoi celui-ci tint longuement, par les cheveux, la tête coupée [...], cherchant vainement une explication à cette étrange situation.”TPF

108 FPT

La conclusione spetta all’emiro, ovvero il principe della Terra, il quale ristabilisce una sorta di giustizia divina facendo condannare l’uomo del Male al taglio della testa. La morale, se vogliamo un po’ scontata, del “chi di spada ferisce di spada perisce”, sottende questo breve racconto la cui affrettata e netta conclusione – “Et il <l’émir> appela les gardes”TPF

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FPT – mima quella che è l’azione finale: il sipario cala in

concomitanza con la condanna alla decapitazione e il Bene, alla fine, trionfa ancora una volta sul Male.

La vague et le rocher di Hélé Béji

La casa editrice tunisina Elyzad pubblica nel 2005 Dernières nouvelles de l’été, un’opera che raccoglie cinque racconti di cinque autori per i quali la Tunisia rappresenta la propria terra natale o il luogo in cui hanno deciso di vivere. Ali Bécheur, Hélé Béji, Tahar Bekri, Colette Fellous e Alain Nadaud si sono cimentati nella prosa breve scegliendo come parola chiave, o come pretesto, l’estate. Dalle Terme di Antonino alla spiaggia della Marsa, dai palmeti di Gabès al cielo di Parigi, da Dakar ai tramonti norvegesi, i cinque scrittori celebrano il ricordo di un passato carico di emozioni. Ognuno contribuisce ad arricchire quest’opera con la qualità e la diversità della scrittura e dei generi fra i quali la favola, il racconto allegorico e di viaggio. Tra questi testi analizzeremo La vague et le rocher di Hélé Béji.

Si tratta di un breve racconto allegorico che presenta gli stilemi della fiaba. I protagonisti sono infatti uno scoglio e un’onda, i quali, pur essendo creature inanimate, sono tuttavia dotate di parola; il tempo è sospeso in un’estate di un passato

TP 108 PT Ibid., pp. 150-151 109

indeterminato – “il y avait un jour”.TPF 110

FPT La trama ruota attorno alla sventurata sorte

dello scoglio, il quale è costretto, per volere di una natura malevola, a vivere tra cielo e mare nella più assoluta immobilità e insensibilità: “je ne sens rien, je suis une malformation de la Nature, je suis un déshérité du ciel!”TPF

111 FPT

Lo straziante lamento dello scoglio suscita pietà e commozione nell’onda – “Rocher, poverello, comme tu es à plaindre!”TPF

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FPT – la quale, dal canto suo, può solo sperare in qualche prodigioso

intervento della Natura affinché rimedi il torto compiuto ai danni dell’amico roccioso. A una prima parte in mimesi che vede un dialogo serrato tra lo scoglio e l’onda, segue una diegesi in cui il narratore eterodiegetico, ricorrendo alle strategie del racconto orale, interviene ponendo una domanda sulla vicenda appena narrata: “Quel dialogue peut-il y avoir entre un récif abrupt et un flot impétueux?”TPF

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FPT La chiave di

lettura della storia narrata viene fornita dalla risposta dello stesso narratore, il quale suggerisce di vedervi il paradigma dell’incomunicabilità tra due nature diverse, ovvero la metafora del rapporto uomo-donna: “L’un est sombre et l’autre est clair. Imaginez le contraste [...] vous aurez tout le malentendu de l’homme et de la femme sur la terre.”TPF

114 FPT

L’intersezione di alcune frasi formulate come un discorso diretto libero da parte dello scoglio – “Ah! Que je suis malheureux!”TPF

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FPT e “je ne bouge pas, je ne bouge pas,

je ne bouge jamais”TPF 116

FPT – segnano il passaggio ad un momento di calma sospetta

nell’ambiente che circonda i due personaggi in cui tutto sembra diventare inanimato. Il narratore autoconsapevoleTPF

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FPT prende nuovamente la parola come se si rivolgesse a

un uditorio presente che intende coinvolgere nel processo narrativo: “Notre rocher

TP

110

PT

H. Béji, La vague et le rocher, in Dernières nouvelles de l’été cit., p. 39.

TP 111 PT Ibid. TP 112 PT Ibid., p. 40. TP 113 PT Ibid., p. 43. TP 114 PT Ibid. TP 115 PT Ibid., p. 44. TP 116 PT Ibid., p. 45. TP 117 PT

recevait sans broncher cette lumière identique [...].”TPF 118

FPT E ancora: “Croyons-nous que

nous soyons les seules créatures sur terre, nous humains, à connaître les aiguillons de l’amour propre?”TPF

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FPT La focalizzazione risulta pertanto doppia : da un lato il lettore

apprende i fatti dalla posizione percettiva del protagonista; dall’altro la voce narrante, attraverso strategie che sollecitano continuamente il lettore provocandone la messa in discussione dei fatti narrati, insinua costantemente il dubbio che oltre alla realtà raccontata vi sia qualche dettaglio che sfugge alla percezione. Ne è un chiaro esempio la domanda rivolta al lettore circa la presenza che lo scoglio avverte sulla propria superficie: “Quel est ce grand poisson bizarre?”TPF

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FPT L’incertezza sulla natura di tale

creatura, che poi scopriremo essere una sirena, viene rafforzata da ulteriori interventi che rivelano a poco a poco la celata onniscienza del narratore: “Non, le poisson ne soupçonnait rien de cet être qui ne bougeait et ne parlait pas.”TPF

121 FPT

La comparsa della mitica creatura marina sul corpo dello scoglio non rappresenterà nessun tipo di svolta né nella trama, né nella vicenda dello sfortunato scoglio, il quale si dimostrerà infastidito da tale presenza e si lamenterà più che mai della propria sorte che lo ha costretto all’immobilità. Un ultimo sforzo per tentare di ribellarsi lo paralizzerà ancor più nella sua posizione.

Nel corso della narrazione al lettore vengono offerti alcuni spunti di riflessione sulla complessità della natura, umana e non, e su quanto talvolta risulti vano opporvisi. Se lo scoglio avesse accettato la propria natura sarebbe riuscito anche ad apprezzare la gradevole presenza della sirena, spesso associata ad un universo magico e benigno.

TP

118

PT

H. Béji, La vague et le rocher cit., p. 46.

TP 119 PT Ibid., p. 47. TP 120 PT Ibid., p. 46. 121

Indépendamment de ce qui arrive, n’arrive pas, c’est l’attente qui est magnifique.

André Breton, L’amour fou