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La ratio delle misure anticorruzione

La lotta alla corruzione impone, come visto, quello che può considerarsi un approccio integrale, volto a combinare insieme un metodo funzionale, in cui la riforma del sistema amministrativo sta nel cambiamento di attività, di motivazioni e di condotte, e un criterio istituzionale, per cui si dà prevalenza agli edifici e alla formulazione di modelli strutturali. Parallelamente si rafforzano i rimedi repressivi, si introducono e si potenziano gli strumenti di prevenzione, si adegua l‘assetto organizzativo, si diffonde la cultura della legalità.

Si tratta, purtuttavia, di un approccio settoriale, il quale non sembra tenere in adeguata considerazione le cause che sono alla base dei rischi di corruzione per intervenire direttamente su quelle. Molte sono, infatti, le ragioni che consentono al fenomeno corruttivo di stabilizzarsi e di moltiplicare le occasioni di abuso dei ruoli e delle risorse al fine di ottenere vantaggi personali, dato che «l‘amministrazione è ‗‗captive‘‘, perché non ha al suo interno le risorse per decidere» (295). Si pensi alla ―fuga dall‘amministrazione‖ dei corpi tecnici — come ingegneri, geometri, topografi, statistici, architetti — realizzata allorquando emerse che, per accedere alle funzioni direttive, occorreva quasi unicamente un sapere

(294) Cfr. Relazione annuale 2014 ANAC, cit.

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giuridico (296). Attualmente l‘assenza di quelle che possono essere chiamate, con un‘espressione felice, le ―burocrazie non burocratiche‖ pesa molto, perché implica la necessità di ricorrere ossessivamente al mercato, alla pratica dell‘outsourcing, «con il risultato che, in molti settori vitali, lo Stato è privo di occhi per vedere e di mani per intervenire, in balia dei grandi interessi privati coi quali entra in contatto, esposto persino alla minaccia tangibile di un coinvolgimento sempre più rilevante nella corruzione» (297).

Quanto ai mezzi delle politiche di contrasto all‘illegalità occorre sottolineare quantomeno tre profili che molto ci dicono sulla logica complessiva del sistema e sulle leve che si pretende di azionare per arginare il fenomeno corruttivo. In primo luogo, si registra un evidente processo di imitazione della disciplina della responsabilità delle persone giuridiche. Ciò anche se, da un lato, le relative fattispecie non sembrano pienamente assimilabili, dall‘altro, non sempre può dirsi che il regime di responsabilità delle persone giuridiche abbia avuto riscontri positivi in termini di effettivo contrasto ai fenomeni di corruzione (298).

(296) Come emerge da un rapporto del 2013, realizzato da Price&Water-house per l‘Olaf, l‘agenzia antifrode europea — consegnato al Parlamento europeo come contributo per un‘audizione sui costi della corruzione nelle gare di appalto — «in molti Stati i funzionari pubblici non sono specificamente addestrati per assicurare la trasparenza» e, in Italia, «la mancanza di capacità nella pubblica amministrazione nella gestione di strutture altamente complesse crea spazio per frodi e corruzione»: la frequente presenza di consulenti esterni in un quadro di ridotta managerialità è facilmente una scintilla di possibile corruzione. In particolare, «soprattutto dove potenti cartelli privati e organizzazioni criminali possono influenzare il processo di decisione politica».

(297) G. MELIS, La fuga dall‘amministrazione. Ascesa e declino dei tecnici

nell‘amministrazione dell‘Italia unita, in Riv. trim. dir. pubbl., 2013, p. 478.

(298) Sui modelli anticorruzione delle società relativi agli assetti organizzativi e ai controlli interni per evitare o attenuare possibili responsabilità per reati di corruzione commessi dai propri esponenti, P.IELO, Compliance Programs: natura e funzione del

sistema della responsabilità degli enti. Modelli organizzativi e d.lgs. 231/2001, in Rivista 231, 2006, pp. 101 ss.; nonché A. MUSELLA, Corruzione internazionale,

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In secondo luogo, molti dei rimedi sopra esaminati si fondano sul dato reputazionale, venendo così ad assomigliare nel funzionamento alle tecniche di soft law (299). Si fondano sull‘ammonimento e non sulla coercizione o sull‘obbedienza, imponendo un forte disagio legato alla violazione della legge. La valuta del sistema diventa, quindi, il disprezzo sociale, in grado di accendere un fire alarm, un campanello d‘allarme sui pericoli ai quali si può andare incontro, più efficiente della combinazione di divieti e controlli. Con il metro del giudizio di disvalore, gettando discredito su chi è coinvolto in fatti di corruzione, si pretende di innalzarne il costo e di eliminare le fratture tra costumi sociali e comportamenti individuali.

Ciò è coerente, in particolare, con il fatto che il rispetto delle regole difficilmente si impone solo per legge, poiché esso affonda le radici nella cultura ed è lì, in primis, che occorrerebbe, per l‘appunto, intervenire. Occorre tuttavia rilevare che nella società italiana si registra una scarsa sensibilità allo scandalo e, laddove manca un alto costo morale della corruzione, i meccanismi fondati sul dato reputazionale e sul disvalore sociale non possono funzionare nel migliore dei modi.

In terzo luogo, è chiaro come il sistema, nel suo complesso, suggerisca l‘elaborazione di regole etiche (o morali), nel senso di precetti

responsabilità delle società e modelli organizzativi di prevenzione del reato, in Le Società, 2013, pp. 1206 ss.

(299) Sugli strumenti di compliance in ambito internazionale che prediligono l‘ammonimento alla coercizione si v., in particolare, A. CHAYES, A.H. CHAYES, On

compliance, in 47 International Organization, 1993, pp. 175 ss.; D. SHELTON, Commitment and compliance: the role of non-binding norms in the international legal system, 2000; N. BAYNE, Hard Law and Soft Law in International Institutions:

Complements, not Alternatives, in Hard Choices, Soft Law: Voluntary Standards in Global Trade, Environment and Social Governance, edito da J.J. KIRTON, M.J. TREBILCOCK, New York-London, 2004. Sul meccanismo di name and shame quale

sanzione alternativa, D.M. KAHAN, What Do Alternative Sanctions Mean?, in 63 University of Chicago Law Review, 1996, pp. 591 ss.

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che non sono giuridicamente obbligatori, pur avendo l‘inosservanza delle stesse, tuttavia, riflessi sul piano della responsabilità disciplinare. Si pensi, ad esempio, al noto divieto di accettare regali se non di modico valore (300). Sul punto, le considerazioni possono essere almeno due: per un verso, attraverso un siffatto operare si pretende di combattere la corruzione dall‘interno delle organizzazioni pubbliche, puntando sui meccanismi disciplinari di autocorrezione, il che non appare il metodo più adatto (301), se non altri considerando i mali che tradizionalmente affliggono le amministrazioni, come, ad esempio, la resistenza al cambiamento, il formalismo o l‘indifferenza all‘efficienza; per altro verso, viene a realizzarsi una eterogenesi dei mezzi, nel senso che il rimedio nasce come preventivo, ma calato nel sistema disciplinare diventa di fatto sanzionatorio.

6. Applicazione delle misure anticorruzione e principio di