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Lo studio guilleniano su Luis de Góngora, anticipatore del celebre tributo al poeta del 1927, è costituito da innumerevoli saggi e paragrafi resi indipendenti da una sequenza numerica. Le riflessioni lucide ed a tratti informali ricordano le coetanee Inquisiciones di Borges. Il paragone oltre che per la brevità degli interventi è sostenibile anche per la risolutezza con cui le affermazioni critiche vengono proposte al lettore. Così infatti Guillén espone le sue considerazioni circa il realismo e il lirismo nella poesia gongorina. A tal proposito ad essere analizzata è la celebre letrilla Ándeme yo caliente:

Ándeme yo caliente y ríase la gente. Traten otros del gobierno del mundo y sus monarquías,

mientras gobiernan mis días mantequillas y pan tierno; y las mañanas de invierno naranjada y aguardiente,

y ríase la gente. Coma en dorada vajilla el Príncipe mil cuidados,

como píldoras dorados; que yo en mi pobre mesilla

quiero más una morcilla

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que en el asador reviente, y ríase la gente […]42.

I versi che compongono le strofe della letrilla esprimono il topico del

Beatus ille: il disprezzo per la vita agiata e i vani cuidados dei prestigiosi

incarichi. Sottolinea Guillén la presenza dei personaggi che rendono satirico il componimento e che si contrappongono all’epicureismo introdotto dal pronome

Yo. Ma chiarisce subito l’equivoco spiegando che il pronome di per sé non

costituisce un’occasione di puro lirismo. All’ardente protagonista si affianca subito una natura morta descritta con la plasticità di altre forme d’arte. Il testo è paragonato ad un bodegón dove Guillén individua una delle muse di Góngora: la natura in tutta la sua bellezza. Tale bellezza è data proprio dalla presenza nei versi di una realtà intima e quotidiana.

Guillén giunge così a definire il realismo lirico di Góngora. Un lirismo complesso e di difficile interpretazione. A tal proposito viene infatti notato il

deficit amoroso di Góngora. L’assenza della materia amorosa di certo può essere spiegata con gli incarichi ecclesiastici, seppur controversi, ricoperti da don Luis. Ma le questioni amorose non sono le uniche passioni ad essere celate.È necessaria a questo punto una comparazione con i brevi Estudios gongorinos entrati a far parte della raccolta Hacia Cántico. Escritos de los años 20. Guillén affronta il problema della difficoltà di delineare la figura storica di don Luis per la scarsità di dati biografici soprattutto nella sua opera:

Su poesía [la de Góngora], sobre todo en sus piezas mayores, nada personal nos descubre. Si hay un polo antirromántico, en todos los sentidos lo ocupa Góngora más que ningún lírico. La ausencia del “yo” histórico, absoluta y de rigor en los poemas serios, no tiene más excepciones que alguna mención de los festivos43.

Già nelle Notas Guillén aveva dimostrato di conoscere Charles Augustin de Sainte-Beuve. Il poeta e critico francese del XVIII secolo riteneva fondamentali i dati biografici di un autore al fine di comprenderne correttamente le opere. La stessa idea deve aver affascinato il giovane Guillén che nei suoi

42 GUILLÉN, Jorge, Notas para una edición comentada de Góngora, cit., pp. 45-47.

43 GUILLÉN, Jorge, (1980), Hacia Cántico. Escritos de los años 20. Recopilación y prólogo de. K. M. Sibbald, Editorial Ariel, Barcelona, p. 321.

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appunti degli anni ’20 lamenta la concomitanza di una scarna biografia e la quasi assenza di un “io” storico-letterario di don Luis de Góngora.

L’eliminazione dell’intimità spirituale, l’abolizione quasi assoluta dell’io allontana Góngora da tutti i poeti che si soffermano sulle passioni più umane ed intime. La figura di don Luis sembra dissolversi tra la sua vita poco conosciuta e la sua opera alacremente depurata dalla fisicità dell’uomo. Guillén si interroga così sull’anima del poeta e si chiede dove risiedano gli affanni e le passioni di don Luis. L’unica risposta, sebbene non esaustiva, la trova nel romance costumbrista e popolare Hermana Marica:

Hermana Marica, Mañana, que es fiesta,

No irás tú a la amiga Ni yo iré a la escuela. Pondraste el corpiño Y la saya buena, Cabezón labrado, Toca y albanega; Y a mí me podrán Mi camisa nueva, Sayo de palmilla, Media de estameña; Y si hace bueno Trairé la montera Que me dio la Pascua

Mi señora abuela, Y el estadal rojo Con lo que le cuelga,

Que trajo el vecino Cuando fue a la feria[…]44.

All’interno del romance, tra la lunga enumerazione di cosas familiari si scorgono pallide emozioni scaturite dai ricordi d’infanzia. Ma proprio nella ricerca fallimentare di queste emozioni lo sguardo critico di Guillén intuisce l’innovativa tecnica poetica utilizzata da Góngora: Hermana Marica può rappresentare il vertice della poesia popolare gongorina perché costituita soltanto da pure ed intuibili imágenes. Il critico di Valladolid argomenta così un passaggio importante che dai componimenti di circostanza porta verso la più alta poesia di

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Góngora riscattata pochi anni dopo dai giovani intellettuali della Generación

del‘27.

6.3 I sonetti

Nell’analisi dei sonetti gongorini realizzata da Guillén come premessa alle sue Notas al Polifemo è particolarmente rilevante quella del celeberrimo Mientras

por competir con tu cabello. Il sonetto del 1582 è un capolavoro del giovane

Góngora. Il tema affrontato è quello topico del Carpe diem e dell’altro imperativo

Collige, virgo, rosas idealmente rivolti ad una giovane per ricordarle in tempo il

valore della sua giovinezza. Nel sonetto la bellezza della fanciulla viene presentata attraverso elementi fisici, quasi materici come i capelli, le labbra, il collo, la fronte. Su questi elementi una natura competitiva proietta le sue qualità rimanendone sconfitta. Sull’umana bellezza vincitrice però si abbattono le tinte oscure della morte nell’ultima quartina. A proposito del sonetto Guillén sottolinea il carattere concreto prettamente gongorino dei termini: humo, polvo, tierra. Simili nella concretezza sono gli aggettivi all’interno delle quartine. Si evince di contro il grado minimo d’astrazione della poesia. Guillén nella concretezza delle

cosas, materiali della poesia come già in Hermana Marica, vede il genio creativo

di don Luis. Decodifica a partire dal testo la tecnica della depurazione della poesia. El acto gongorino puro, come lo definisce, consiste nella costruzione di un verso che possa contenere un’emozione anche privandolo della sua funzionalità logica all’interno del sonetto. Pure ed evocative imágenes, ancora una volta, portatrici di spirito ma create con solidi materiali. Proprio i corpi solidi, immobili sono quelli prediletti da don Luis per la costruzione di una poesia autonoma dove per l’io non sembra esservi più posto; « El gongorismo va a consistir en una creciente objetivación de la Poesía»45.

Risiede qui, secondo Guillén, la chiave del classicismo sapientemente riscoperta da Góngora: a parlare è la poesia, non il poeta.

La prima opera critica di Jorge Guillén è particolarmente importante per lo studio delle basi dello stesso pensiero guilleniano. I metodi di ricerca utilizzati dal

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critico rivelano gli interessi e le attenzioni del poeta. Dalle Notas para una edición

comentada de Góngora si evince uno spiccato interesse per il testo nella sua

concretezza. Il testo poetico è la solida base su cui poggia ogni ragionamento critico di Guillén; frequenti citazioni, interi versi e strofe sono riportati fedelmente dal critico per spiegare il complesso edificio gongorino.

Edificio è il primo termine che Guillén utilizza per indicare l’opera omnia

di don Luis. Sempre dal campo semantico dell’architettura attingerà allo stesso scopo termini per i successivi saggi per affermare che Góngora è un poeta

monumental. La sua opera è il risultato di uno sforzo di monumentalización

dell’arte. Monumento è ad esempio il tempio su cui sono trasferiti i pregi di una dama del sonetto De pura honestidad templo sagrado. Tra i sonetti funebri lo stesso fenomeno è presente nella forma di un sepolcro o di un’urna o nelle venature del marmo. Ad essere analizzati in quest’ottica sono tutti i materiali tipici del gusto dell’epoca come l’alabastro, la madreperla ed insieme a questi i colori e la luce che Guillén, con pathos quasi poetico, ci invita ad esperire: «Llegad, palpad la fragrancia en este mármol» 46.

Le possibilità di fruizione della poesia di Góngora offerte da Guillén sono riassunte in una riflessione particolarmente illuminante per il lettore di oggi che, a posteriori, può applicarla alla poesia dello stesso Guillén:

Esta unidad irrompible de la palabra-idea, imagen, sonido, […] este colmo de todos los valores verbales, está señalando una meta: La Poesía pura. […] Poesía desembarazada de todo lo que no es ella misma47.

La tesi di Jorge Guillén nell’ultima parte della sua prima metà è particolarmente frammentaria, telegrafica. Ad unire i brevi paragrafi è la tematica pastorale. Con brevi riferimenti anche a Garcilaso de la Vega e a Fernando de Herrera Guillén passa in rassegna la poesia bucolica di don Luis. L’eccessiva suddivisione del testo nel rapporto di quasi un titolo per pagina mal si presta ad una confutazione o ad una analisi di maggiore estensione. Probabilmente tale forma è dovuta ad una semplice attinenza alle regole di redazione per una tesi nell’ateneo madrileno degli anni’20. Tuttavia è da notare che Guillén concepisce e

46 Ibidem, p. 84.

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tratta l’opera di Luis de Góngora come un continuum. La tradizionale periodizzazione dell’opera di don Luis in due fasi non è infatti tenuta in considerazione. L’idea di Guillén è quella dell’evoluzione costante del pensiero gongorino; una mera maturazione che si riflette nelle tematiche di tutte le opere di Góngora e che prevede una straordinaria crescita tecnica talvolta travisata. L’esplorazione guilleniana del grande edificio gongorino continua, anch’essa senza scansioni cronologiche nette, nella raccolta di lezioni accademiche di

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7. Il linguaggio prosaico: Góngora

I princìpi appena spiegati saranno la guida per una corretta lettura delle lezioni di Lenguaje y poesía. La prima di esse ad essere analizzata è quella relativa a Don Luis de Góngora e che ha come titolo: Lenguaje prosaico. All’interno della raccolta la lezione è la seconda delle cinque presenti ma viene qui collocata al primo posto per sottolinearne la continuità e la coerenza con quanto desunto dalle Notas para una edición comentada de Góngora. Guillén si interroga su cosa sia la poesia per il maestro del Siglo de oro e quali siano le sue peculiarità. La risposta infatti si articola per dieci brevi punti che offrono al lettore un’attenta sezione dell’oggetto poetico gongorino.

Ricordiamo che don Jorge concepisce la poesia come un oggetto con una solidità pari a quella di una scultura. Perché sono spesso gli oggetti, le cosas più quotidiane che l’artista della parola, con il rigore di un artigiano, riesce ad accostare per creare una realtà altra, letteraria. Il lettore di Lenguaje y poesía, fin dalle prime pagine, è portato a problematizzare: un gatto, dice Guillén, non è di per sé né poetico né antipoetico ed una tale distinzione sarebbe da applicarsi solo in relazione ad un testo letterario. Qualsiasi cosa ha la possibilità di elevarsi e diventare parte di una composizione, liberandosi del valore che ha nella realtà. Il principio può essere ulteriormente chiarito prendendo come esempio la celebre

Testa di toro di Pablo Picasso. Nell’opera l’artista di Malaga riesce a magnificare,

a dare un valore artistico a due oggetti d’uso comune: il sellino ed il manubrio di una bicicletta. Questi pur rimanendo riconoscibili e familiari sono uniti dall’intelletto dell’artista che con metaforico artificio li sublima istituendo un’altra realtà. Un oggetto poetico (Guillén dice anche composición discursiva) eccellente è quello elaborato appunto da Luis de Góngora. Gli esemplari artifici del grande poeta del‘600 fanno sì che in Lenguaje y poesía ci si riferisca a lui come all’arquitecto della letteratura.

Il suo edificio de palabras viene definito sin da subito come enigmatico ma realizzato sempre con estremo rigore. A tal proposito infatti vediamo come il rigore, e mai il caos, sia presente anche nella poesia dal tono burlesco e popolare. Accettiamo innanzitutto il punto di vista guilleniano su una questione

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fondamentale: non esiste un primo Góngora né di conseguenza un secondo diverso e incomprensibile. La tradizione, abbandonata da più studiosi lungo il corso del ‘900, voleva infatti un Góngora paladino della luce totalmente scisso da un suo alter ego, misconosciuto per un imperdonabile pregiudizio, e avvolto nelle tenebre. In termini non metaforici il primo Góngora corrisponderebbe, riprendendo quanto già detto nelle Notas, al poeta di circostanza.

Non si può certamente negare che buona parte dei versi del poeta soprattutto nei capolavori quali le Soledades si mostrino proverbialmente involuti e di difficile comprensione. Le più svariate ipotesi a riguardo, tra cui anche quella di un curioso caso di bipolarismo letterario, hanno infatti riempito pagine di critica per molto tempo ma senza mai dare il giusto peso alle opere in questione. Con la decisiva svolta, determinata dal riscatto voluto dalla generazione del ’27, ciò non denota più ufficialmente alcun turbamento nell’equilibrio psichico del poeta, ma solo una diversa e più intensa maniera di percepire la poesia. Magistrale analisi a supporto di questa tesi è La lengua poética de Góngora di Dámaso Alonso.

La duplicità gongorina per Alonso si iscriverebbe perfettamente nel più ampio dualismo caratteristico di tutto il rinascimento spagnolo. Nella sua opera, sostiene Alonso, il poeta cordovano si immerge profondamente nella realtà degli uomini e da questa dunque si allontana con aristocratico distacco contemplando valori più alti con capolavori di rara bellezza. La letteratura del siglo de oro in effetti è popolata dai personaggi più disparati inseriti nei contesti più diversi. Góngora, con il suo quasi mezzo secolo di attività letteraria, esplora i campi più diversi della letteratura del suo tempo divenendo quasi inintelligibile. La tradizionale idea di due Góngora nettamente separati può essere sostituita, seguendo Alonso, con l’idea di due esperienze ovvero manifestazioni artistiche compresenti in uno stesso poeta. La celebre critica, con il rigore scientifico delle statistiche, inquadra all’interno di diverse sezioni tutti i fenomeni caratteristici della poesia gongorina. Prima il lessico, considerato fino ad allora inutilmente astruso, e a seguire un’attenta rassegna di tutte le strutture delle frasi. Con molti versi e lunghi elenchi di vocaboli sapientemente disposti viene confutata dal poeta

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madrileno la tradizionale divisione trasversale dell’opera gongorina per concludere che:

si el poeta escribe desde 1580 a 1626 una serie de composiciones a ras de tierra, y otras de poesías elevadas de tono y de concepto, y si las primeras son tan fáciles o tan difíciles lo mismo al principio que al final, y las segundas tan difíciles o tan fáciles lo mismo al final que al princípio, ¿no habrá motivos suficientes para arrinconar la división transversal (la de las dos épocas) y sustituirla por una longitudinal que admita dos maneras consustanciales al escritor y que le acompañan a lo largo de toda su vida poética?48

Nella lezione di Guillén la risposta alla domanda di Alonso è affermativa e viene assunta come un’incontestabile verità. Bisogna tuttavia ricordare che la concezione dell’opera gongorina come unicum era già presente nella tesi di dottorato di don Jorge. In Lenguaje y poesía Guillén non dissimula un doveroso riconoscimento al grande accademico e poeta Dámaso Alonso rivolgendosi ai suoi scritti come ad una vera auctoritas.

L’obsoleta divisione verticale presupponeva come fattore di divisione il tempo. L’intuizione geniale di Alonso sta proprio nell’aver individuato la materia del nuovo, trasversale fattore determinante: il rigore. L’arte di Góngora si sarebbe continuamente adattata a diversi gradi di rigore. Ci troviamo però di fronte ad un rigore flessibile che non determina la qualità delle opere. Nell’analizzare il linguaggio poetico di Don Luis Alonso si sofferma sulle opere considerate oscure perché su di esse, le più analizzate, è stata commessa la maggior parte degli errori. Le altre, definite per una mera distinzione jocosas, vengono prese in considerazione solo incidentalmente. Una precisazione però dà a queste ultime il giusto riconoscimento. Alonso ne spiega la mancata analisi imputandola soltanto alla mole di lavoro che sarebbe scaturita dalla loro inclusione evidenziandone indirettamente il valore, il rigore.

Ai diversi livelli d’espressione dell’opera di Góngora sono anche dedicate le prime battute del breve saggio guilleniano. La penna del poeta del siglo de oro, alla luce della cronologia dal manoscritto Chacón che prova l’alternarsi (e non sostituirsi) in lui delle muse più diverse, sembra esser stata modulabile come uno

48ALONSO, Dámaso, (1950), La lengua poética de Góngora, Librería Aguirre, Madrid,

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strumento musicale. Guillén ne esalta la flessibilità parlando infatti di clavijas poiché come con i piroli per un violino così l’opera del cordovano si adatta nel tempo alle materie più diverse. Talvolta la sua musa è un demonio burlón che porta con sé elementi comici e grotteschi, ma questo non sembra pregiudicare in nessun caso il valore dell’artista. Guillén mette a parte il lettore del suo moderno punto di vista sulla questione prendendo le distanze dalle vecchie interpretazioni. Lungi dal denigrare don Luis per l’insolita alternanza argomentativa e di genere in cui si cimentò finisce invece per identificare lo gongorino proprio con tale varietà di stile. In Lenguaje y poesía è evidente la scelta di non approfondire la questione de “los dos Góngora” rimandando il lettore più interessato alle opere di Alonso.

Vi è poi un singolare accenno nell’incipit ad un ideale mondo di parole fluttuanti molto simile a quello cui si riferiscono talvolta i critici dello stesso Guillén. Proprio come avviene per quell’universo evanescente scorto con fatica dal poeta di Valladolid, in Lenguaje y poesía si allude ad una miniera inesauribile di parole da cui don Luis avrebbe estratto alacremente le sue opere migliori. Da questo spunto è possibile estrapolare un elemento comune ai due grandi poeti. Vediamo che per entrambi si parla di ricerca poetica come di uno sforzo, un impegno serissimo e costante. Per quanto concerne don luis, dice Guillén, il risultato del faticoso lavorio è il linguaggio stesso. Esso è la meta maravillosa cui ambiva il poeta delle Soledades. Nella concezione del suo tempo infatti la poesia era costituita da un linguaggio specifico, esclusivo e riservato a pochi. Lessico, accezioni, grafie e sintassi erano diverse dalla lingua comune. Góngora, come molti dei suoi contemporanei, dimostra nelle sue opere di avere ben chiara tale necessità. Riflettendo sulla questione Guillén tradisce la sua ferma opposizione ideologica: ricordiamo che a scrivere, in alcuni passi, è don Jorge il poeta.

Ci vorranno un paio di secoli prima che la poesia riesca ad inglobare termini e costrutti d’uso comune. Guillén, ottimo interprete di questo gusto del novecento, sostiene nei suoi corsi che la lingua comune è già di per sé un fenomeno estetico e che il valore artistico di essa deriva da un’adeguata proiezione (si legga disposizione) delle parole. Riportiamo da Lenguaje y poesía la seguente frase conferendole l’enfasi di un postulato: «No es cuestión de

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vocabulario sino de modo49». Tenendo a mente questa personale scelta artistica di Guillén ci accingiamo ora ad analizzare quella diametralmente opposta operata da don luis.

A lungo si è dibattuto sul fenomeno del cultismo gongorino. Ci si riferisce così, con un’accezione negativa assodata, al linguaggio complesso e ricercato del poeta. Con persistenti toni di condanna infatti si è descritto il suo lessico e quello ancor più marcato dei suoi imitatori appartenenti alla successiva scuola. I detrattori consideravano stravaganti ed astrusi i latinismi e le involuzioni dei suoi periodi. Il proverbiale cultismo di Góngora venne scambiato com’è noto per un