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Jorge Guillen: riflessi della critica nell'opera poetica

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

Corso di Laurea Magistrale in

Lingue e Letterature Moderne Euroamericane

TESI DI LAUREA

Jorge Guillén: riflessi della critica nell’opera poetica

CANDIDATO RELATORE

Roberto Cacciatore Prof.ssa Giulia Poggi

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1 Introduzione

Il concetto di “generazione” ormai universalmente accettato per riferirsi agli intellettuali spagnoli nati tra l’ultimo decennio del XIX secolo e i primi anni del XX appare in certa misura controverso. Ciò a partire dalle vicissitudini e dai percorsi artistici indipendenti intrapresi da ogni singolo membro del gruppo. All’interno di tale grande dibattito questa tesi si propone di approfondire in particolare l’opera di Jorge Guillén.

Sebbene la pubblicazione della prima raccolta dell’autore sia del 1928, anno in cui il poeta ha già 35 anni, la sua attività in campo letterario risale ad anni ancora precedenti. Questa infatti ha inizio in alcune riviste e periodici dei primi anni venti quali El norte de Castilla, La libertad e La pluma dove, solo in un secondo momento, cominciarono ad apparire timidamente i suoi primi componimenti. Gli articoli di quegli anni, grazie ai quali Guillén sembra essersi solidamente formato, cederanno progressivamente il passo ad un’intensa produzione poetica. A partire da questo dato si comincia già a delineare l’importanza delle diverse attività portate avanti da don Jorge nell’ambito della critica letteraria.

Come sottolineato dalla maggior parte dei critici dell’opera guilleniana quali Kathleen Sibbald1 dell’università canadese di Montreal, questa è da intendersi come l’inscindibile commistione di vita (ovvero l’esaltazione di essa), ricerca letteraria e poesia. La principale caratteristica riscontrata infatti nelle opere del poeta di Valladolid è quella dell’impeccabile coerenza di pensiero nel perseguire gli stessi obbiettivi teorici dagli appunti risalenti agli anni universitari fino agli ultimi versi di Final nel 1981. Ma quali erano gli obbiettivi di Guillén?

La poetica dell’autore di Cántico, scavalcando l’eccesso di sentimentalismi dell’esperienza romantica e la volgarità ed il caos delle avanguardie, trova il suo fondamento in un elaborato concetto di armonia tra l’uomo ed il mondo che lo circonda. La difficile conquista di questa appagante

1 GUILLÉN, Jorge, (1980), Hacia Cántico. Escritos de los años 20, Recopilación y prólogo de. K. M. Sibbald, Editorial Ariel, Barcelona, pp. 7-20.

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serenità si spiega poeticamente con una ricerca di luce e sinergia con la materia, simboli della positiva affermazione del ser.

Per meglio comprendere, si tratta di una poetica della comunione, del dialogo sensoriale ed emotivo con le meraviglie concrete della quotidianità. L’artista vuole dar prova dell’esistenza di un filo conduttore tra l’uomo e le cose che lo circondano. L’intuizione di tale connessione servirebbe ad affermare la presenza dell’uomo stesso nel mondo vivificando al contempo la materia. Così inteso l’uomo non necessita quindi d’altro che della propria intelligenza, della propria sensibilità, per scorgere nelle piccole cose e nella luce che le illumina l’ordine e la perfezione dell’universo di cui fa parte. Nella normalità di ogni giorno e sempre nei limiti del visibile, il sistema guilleniano offre la possibilità di riscoprire la gioia di vivere. Il lettore è portato a percepire, a provare la stessa emozione vissuta dal poeta attraverso una dimensione temporale semplice, ridotta ad un presente immediato e sempre fruibile.

Se la volontà di Guillén è dunque quella di ripristinare quell’interazione tra spirito e materia che permetterebbe proprio all’anima di materializzarsi, l’unico strumento a sua disposizione è la poesia. La nuova realtà creata attraverso le parole si istituisce quindi come un atto di meditazione, di profonda concentrazione per risvegliare i sensi sopiti, per tornare a sentire il battito vitale coperto dai rumori caotici del mondo.

Gli ambiziosi obbiettivi appena riassunti, come ribadito anche da Giorgio Chiarini, sono stati sempre così ben saldi nella mente di Guillén da non permettere una lettura dei suoi saggi che ne escluda la poetica.

Al terminar la lectura, la exposición entera parece, […] encaminada hacia este testimonio, centrada e inspirada por un interés primario en la problemática del artista que conviene tener presente al evaluar los resultados. Concluido el examen, la crítica de Jorge Guillén se revela profundamente condicionada y felizmente fecundada de la presencia estimuladora del poeta. Su fruto jugoso es un discurso de vitalidad y agudeza poco comunes […]. Un discurso que en el contacto inmediato y asiduo con los textos transcurre límpidamente desde una pericia atentísima […] hacia una diagnosis siempre bien motivada racionalmente impecable y que participa humanamente en el hecho poético2.

2 CHIARINI, Giorgio, (1975), La crítica literaria de Jorge Guillén, in Jorge Guillén. El escritor y la crítica, Edición de Biruté Ciplijauskaité, Madrid, Taurus, pp. 178-179.

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Si cercherà allora di ricostruire e di dimostrare l’effettivo legame tra le diverse attività del poeta, il valore della continuità tra la sua critica letteraria ed i suoi versi nato in virtù della costruzione di un linguaggio adatto a rappresentare quegli obbiettivi.

Si esporranno nell’ordine le vicende biografiche dell’artista ed il contesto storico-letterario in cui ebbe ad operare per poi passare all’analisi dei passi principali delle Notas para una edición comentada de Góngora fino alle lezioni di

Lenguaje y poesía. Allo studio dei saggi si affiancheranno costanti riferimenti ai

componimenti delle raccolte poetiche più importanti.

Lungi dalla formulazione di teorie basate su una gratuita accettazione della tanto acclamata continuità del pensiero guilleniano negli ambiti e nei tempi più diversi si procederà ad una verifica il più possibile aderente ai testi. Con il metodo dei passi paralleli, si lascerà all’autore e alla sua parola la possibità di dimostrare detta coerenza confidando pienamente nella sua assoluta fede nel linguaggio.

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2. Vita e opere

Jorge Guillén Álvarez, primo di cinque figli, nacque il 18 gennaio 1893 a Valladolid dai castigliani Julio Guillén ed Esperanza Álvarez. I suoi primi anni, fino all’adolescenza, trascorsero felicemente nella città natale interrotti soltanto da un temporaneo trasferimento a Friburgo, in Svizzera, dal 1909 al 1911. La sua formazione ebbe inizio a Valladolid e si divise poi tra le università di Madrid, presso la celebre Residencia de Estudiantes, e di Granada dove si laureò in Lettere e Filosofia nel 1913. Fu in Germania l’anno successivo per poi passare a Parigi dove risiedette dal 1917 al 1923 come successore dell’amico Pedro Salinas nell’incarico di lettore di lingua spagnola presso la Sorbona. Una testimonianza del legame di amicizia con Salinas, altro poeta professore, può leggersi in questa lirica compresa in Cántico:

Para mi amigo PEDRO SALINAS,

Amigo perfecto, que entre tantas vicisitudes, ha querido y sabido iluminar

con su atención la marcha de esta obra,

siempre con rumbo a ese lector posible que será amigo nuestro:

hombre como nosotros ávido

de compartir la vida como fuente de consumar la plenitud del ser en la fiel plenitud de las palabra3.

Proprio durante gli anni francesi il giovane Guillén, già corrispondente del quotidiano La libertad, iniziò a comporre le prime liriche della celebre raccolta

3 GUILLÉN, Jorge, (1977), Aire Nuestro, Barral editores, Barcelona. La raccolta è composta da: Cántico, (1977), Barral editores, Barcelona.

Clamor, (1977), Barral editores, Barcelona. Homenaje, (1978), Barral editores, Barcelona.

Salvo dove diversamente indicato, i componimenti di Guillén saranno citati da questa edizione. A seguire, ove non all’interno del testo, verrà specificata in nota la raccolta attraverso una sigla (rispettivamente C. Cl. ed H.) e il titolo dell’eventuale sezione. In questo caso, ad esempio: C., dedicatoria final, p. 537.

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Cántico entrando in contatto con i moderni ambienti letterari francesi4. A Tregastel, in Bretagna, ebbe inizio la stesura dei primi componimenti della raccolta. Dal 1920 le sue liriche furono pubblicate sulle più celebri riviste letterarie come Litoral e La pluma5. Cántico verrà pubblicato per la prima volta a Madrid sulla Revista de Occidente nel 1928 in una versione da 75 componimenti e sarà poi rimaneggiata ed ampliata dall’autore nell’arco di tre decenni. Le successive edizioni uscirono nel 1936 con l’aggiunta di 50 nuovi componimenti e di nuovo nel 1945 con 270 poesie ed il nuovo sottotitolo: Fe de vida. L’ultima e definitiva edizione uscì nel 1950 a Buenos Aires con 334 titoli suddivisi nelle cinque sezioni: Al aire de tu vuelo, Las horas situadas, El pájaro en la mano, Aquí mismo e Pleno ser.

Si legò inoltre alla giovane francese Germaine Cahen, sua ispiratrice e moglie dal 1921, dalla quale ebbe i figli Teresa e Claudio. Nel 1923 morì la madre. A lei è dedicata la prima lirica dell’edizione definitiva di Cántico:

A mi madre en su cielo

A ella

que mi ser, mi vivir y mi lenguaje me regaló,

el lenguaje que dice ahora

con qué voluntad placentera consiento en mi vivir,

con qué fidelidad de criatura humilde acorde me siento ser,

4 Guillén entrò in contatto con gli ambienti d’avanguardia francesi attraverso la conoscenza di Paul Valéry, di cui tradusse Cimitiére marin nel 1930, e delle opere di Jean Cassou e Jules Supervielle da cui sarà influenzato.

5 Tra il 1920 ed il 1923 Guillén partecipa alla realizzazione di quasi tutti i numeri di La pluma. I suoi interventi nella maggior parte dei casi sono in versi. I temi trattati sono: l’amicizia (La amistad firme en los mares caóticos, 1920, I); il sogno e la luce (El insomnio de una noche de verano, 1921, III; Barcarola, Vaho liento, 1922, IV). I componimenti non sono stati inseriti nelle raccolte degli anni successivi, tuttavia le tematiche diverranno delle costanti della poetica guilleniana. L’unico testo in prosa della rivista (1923, VI) è una pagina dedicata dal poeta a Ramón del Valle-Inclán: Ramón del Valle-Inclán es, tal vez, el único escritor de la generación del ’98 que no ha escrito nada sobre «El problema Nacional». Declarémoslo sin empacho: esa nave ausente asume una de las más firmes bellezas de la gran fábrica erigida por el gran constructor. […] ¡El problema de España! ¡Qué cansancio, qué fastidio! […] Pero ya Valle-Inclán, entonces, el único entonces, levantaba sus casas de prosa y tendía sus puentes de verso dentro de su ideal España perenne. Por lo que escribió y por lo que no lo escribió, vítor, vítor al poeta puro de la generación del ‘98.

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a ella,

que afirmándose ya en amor y admiración descubrió mi destino, invocan las palabras de este cántico6.

Al ritorno da Parigi nel 1925 Guillén concluse gli studi con una tesi di dottorato su don Luis de Góngora e si assicurò una relativa stabilità economica con un nuovo incarico presso l’Università di Murcia. A partire da questi anni, alla personale attività di poeta, Guillén accostò una costante ricerca filologica sulla letteratura spagnola che fece di lui uno dei celebri poeti-professori. Nel 1927 fondò insieme a Juan Guerrero Ruiz la rivista Verso y prosa e partecipò al felice omaggio a don Luis de Góngora nel tricentenario della sua morte. Sebbene indifferente alle istituzioni, nell’Ateneo di Siviglia si celebrò la ricorrenza con la realizzazione di saggi critici, conferenze e poesie. Per l’occasione si riunì il gruppo di giovani poeti, astri nascenti della letteratura spagnola del novecento, oggi ricordati come la Generación del ‘27. Formavano il gruppo tra gli altri:

Rafael Alberti, Federico García Lorca, Pedro Salinas, Dámaso Alonso, Gerardo Diego, Luis Cernuda, Vicente Aleixandre, Manuel Altolaguirre, Emilio Prados, Jorge Guillén. Fatta eccezione per il giovane García Lorca, barbaramente ucciso, la maggior parte di questi poeti ebbe un comune destino d’esilio causato dalla guerra civile. Comune a tutti fu inoltre il bisogno di ricercare un linguaggio poetico nuovo che ben si adattasse allo spirito novecentesco. Pur percorrendo strade diverse nella vita e nella sperimentazione artistica, quei giovani rimasero sempre legati da una profonda amicizia:

Unos amigos

Un recuerdo de viaje Queda en nuestras memorias.

Nos fuimos a Sevilla. ¿Quienes? Unos amigos.

Por contactos casuales, Un buen azar que resultó destino:

Relaciones felices Entre quienes, aun mozos Se descubrieron gustos, preferencias

En su raíz comunes

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¡Poesía!7.

Dal 1929 al 1931 Guillén lavorò per l’Università di Oxford e poi di nuovo in Spagna presso l’Università di Siviglia fino al 1938. Di idee liberali, fu vittima del clima ostile degli anni della guerra civile e finì con l’essere imprigionato per giorni nel carcere politico di Pamplona, insieme alla giovane moglie, nel settembre del 1938. Tornato in libertà, ma in una Spagna franchista, scelse insieme alla famiglia l’esilio volontario. Scrive ancora in Final:

(1938-1968)

A pie salí de España por un puente hace ya…¿Cuántos años? Treinta. ¡Treinta

de emigración! […] Fiel destino sigue el caminante, a cuesta con su España fatalmente8.

Si trasferì in America dove insegnò letteratura spagnola al College Vermont di Middleburg, poi in Canada a Montreal quindi nelle università di Berkeley e di Yale. Fu inoltre titolare della cattedra di poesia Charles Eliot Norton ad Harvard. Il secondo volume dell’autore fu Clamor. L’opera uscì suddivisa in tre parti: Maremagnum nel 1957, Que van a dar en la mar nel 1960 ed infine A la

altura de la circunstancia nel 1963. A partire dagli ‘50 gli vennero tributati

diversi premi tra cui il Premio dell’Accademia dei Lincei e il Premio Etna-Taormina nel 1959. Rimasto vedovo nel 1947 si risposò nel 1961 a Bogotá con l’italiana Irene Mochi Sismondi. Da sempre legato all’Italia e ai suoi ambienti letterari attraverso i sodalizi con Eugenio Montale, Ungaretti, Luzi, Caproni, pubblicò a Milano nel 1967 la sua terza raccolta: Homenaje. Reunión de vidas. L’opera, che conta 613 poesie, è suddivisa al suo interno nelle cinque sezioni: Al

margen, Atenciones, El centro, Variaciones e Alrededor. Le prime tre opere dell’autore, Cántico, Clamor e Homenaje, confluirono nel 1968 nella silloge Aire

Nuestro. Del 1970 e del 1973 sono rispettivamente Guirnalda civil e Y otros poemas. Fu inoltre il primo ad aggiudicarsi il Premio Cervantes nel 1976 e fu

7 GUILLÉN, Jorge, (1993), Aire nuestro. Y otros poemas, Anaya y Mario Muchnik, Madrid, pp. 491-493.

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insignito appena due anni dopo del titolo di Académico de honor dalla Real Academia Española. Ristabilitosi in patria negli anni della maturità non perdette l’ispirazione che lo portò alla pubblicazione di Final nel 1981.

Meno estesa ma non meno importante è l’opera saggistica di Guillén costituita dal saggio Federico en persona (1959) divenuto un magistrale prologo all’opera di García Lorca e da Lenguaje y poesía: algunos casos españoles (1962), ovvero un’accurata selezione di sei lezioni universitarie. El argumento de

la obra del 1969 è invece una raccolta in prosa di materiali dell’autore che

costituisce una chiara riflessione sulla sua stessa poesia. Dello stesso anno è il breve epistolario En torno a Gabriel Miró. Gli scritti giovanili uscirono nel 1980 con il titolo: Hacia Cántico. Escritos de los años veinte. Trascorse gli ultimi anni nella città di Málaga dove vennero festeggiati pubblicamente i suoi novanta anni. Morì l’anno successivo il 6 febbraio 1984.

Dal

1992 la Fundación Jorge Guillén di Valladolid si occupa dello studio e della diffusione dell’opera del poeta.

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3. L’opera in prosa

Sebbene siano unanimemente considerate inscindibili dalla poesia, le opere in prosa di Jorge Guillén hanno sempre ricevuto una minore attenzione. Ad onor del vero i titoli che si contano non sono molti e nella maggior parte dei casi si tratta di un prologo, una prefazione o un breve articolo. A partire dal 1936, con il prologo ad un’edizione del Cantar de los cantares di Luis de León, Guillén continua questa attività per diversi anni introducendo alcuni componimenti dell’amico Pedro Salinas, o l’opera completa di García Lorca9. Altri scritti non

molto estesi e che riguardano la sua stessa opera sono raccolti, come già evidenziato, in El argumento de la obra. Proprio lì nel breve capitolo finale,

Poesía integral, Guillén palesa la sua preferenza per le opere in versi:

Es difícil para un poeta laureatus valerse de la palabra en prosa –prosa discursiva- como sería embarazoso para un bailarín reducirse a un paso de andadura y sólo andar en una escena de un teatro. «¡La temible prosa!», decía con su voz grave nuestro caro Jules Supervielle. Y el discurso es aún más temible bajo la pesadumbre del laurel10.

Le opere critiche di Guillén, concepite ed organizzate come tali ed abbastanza estese da costituire un testo indipendente sono pertanto: Notas para

una edición comentada de Góngora del 1925, Lenguaje y poesía, El argumento de la obra ed En torno a Gabriel Miró11. Se si escludono gli ultimi due testi citati,

per essere il primo un’opera di autoesegesi ed il secondo un epistolario, l’ammontare dei saggi guilleniani rivolti all’opera di altri autori si riduce ulteriormente.

I due testi più rilevanti secondo questo criterio di selezione sono quindi la tesi discussa nell’ateneo sivigliano e Lenguaje y poesía; nati rispettivamente da

9 Le introduzioni realizzate da Guillén si possono trovare anteposte a Poemas escogidos di Pedro Salinas edito da Espasa Calpe (Madrid, 1991) e alle Obras completas di Federico García Lorca di Aguilar (Madrid, 1969).

10 GUILLÉN, Jorge, (1969), El argumento de la obra, Llibres de sinera, Madrid, p. 99.

11 L’opera ripropone lo stesso testo di Lenguaje y poesía relativo a Gabriel Miró per introdurne una raccolta epistolare.

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una necessità accademica e, come si vedrà, dalla volontà di riflettere a posteriori sull’irripetibile generación del 1927.

In linea con l’obbiettivo della presente tesi, cioè quello di riscoprire nei versi del poeta i riflessi della sua opera critica, sembra infatti il capitolo conclusivo che Guillén ebbe ad inserire in Lenguaje y poesía. In Lenguaje de

poema: una generación l’autore di Cántico, attraverso l’espediente di dover

soddisfare un’apposita richiesta, mette infatti in relazione le proprie considerazioni critiche con la generazione di poeti cui appartenne.

Las páginas finales, que evocan con emoción controlada a protagonistas, situaciones y problemas, de aquel Siglo de Oro del que Guillén mismo es sumo vértice (no sólo en cuanto a pericia técnica), incluyen una firme reivindicación de la destacada originalidad y plena autonomía de formación y de orientación en cada voz importante de la generación del 27: originalidad y autonomía que desmienten y vuelven vanas todas las agrupaciones superficiales en movimientos supuestos que en realidad no existieron […] 12.

Con modestia Guillén scelse però di non parlare esclusivamente di sé e della sua opera bensì di quella degli artisti a lui vicini negli anni della gioventù:

Para evitar el yo protagonista, «le moi haïssable», hablemos de nosotros: el grupo de poetas que, con lo rasgos de una generación, vivió y escribió en España entre 1920 y 193613.

Bisogna a questo punto chiarire il motivo che ha spinto don Jorge a concludere la sua riflessione sui grandi poeti del passato con un capitolo sulla sua dibattuta generación.

3.1 Lenguaje y poesía: chiavi di lettura

Al centro delle riflessioni di Guillén, tanto nel critico quanto nel poeta, c’è il linguaggio; il linguaggio da analizzare nelle sue funzioni e potenzialità ed in particolare nella sua manifestazione poetica.

12 CHIARINI, Giorgio, La critica literaria de Jorge Guillén, cit, p. 178.

13 GUILLÉN, Jorge, (1962), Lenguaje y poesía, Algunos casos españoles, Revista de Occidente, Madrid, p. 235.

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La linguistica del XIX secolo aveva indagato il rapporto tra i linguaggi e la realtà finendo con l’affermare che i vocaboli in genere, fatta eccezione per le parole onomatopeiche, sono del tutto arbitrari e privi di un vero legame con il mondo reale. Tuttavia la regola dell’arbitrarietà del segno non ha avuto un’approvazione universale. Ad opporsi ad esempio è Dámaso Alonso secondo cui il linguaggio, inteso alla maniera saussuriana, sarebbe piatto o bidimensionale. Per Alonso la realtà idiomatica è invece tridimensionale come lo è la realtà in cui siamo immersi. Per lui ogni parola (definita imagen acústica) oltre che dai concetti assodati ed incontestabili di significante e significato è composta da una carica psichica e sensoriale percepibile da ogni individuo. La parola, nello specifico il suo significante, può essere portatrice di esperienze sinestesiche, visive, tattili o semplicemente emotive anche solo per una sillaba dalle tinte particolarmente fosche. Vi è inoltre un caso in cui tutto il potere evocativo delle parole, seppur arbitrario di per sé, viene utilizzato ed applicato intenzionalmente per veicolare significati perfettamente aderenti al significante e dunque alla realtà. Il caso è quello del linguaggio impiegato in poesia. Una variante speciale dell’uso della parola che permetterebbe di aggiungere una postilla alle leggi formulate da De Saussure.

La relazione tra il mondo empirico e la poesia è indispensabile per una corretta comprensione del sistema guilleniano. Costante è nell’opera del poeta-professore la ricerca sulla vera natura del linguaggio poetico e la sua presunta differenza con l’uso della lingua in tutti gli altri ambiti. La risoluzione della questione di certo rimane ideale e da essa non scaturisce che una serie di nuovi quesiti circa la maniera migliore di far poesia. Ma anche su questi Guillén ha meditato a lungo e lo si evince quanto mai nella raccolta, dal titolo ora giustificato, Lenguaje y poesía.

La riflessione sul linguaggio poetico appena introdotta è articolata e sapientemente distribuita tra le cinque lezioni che compongono l’opera. Tenutesi all’Università di Harvard per la cattedra di poesia Charles Eliot Norton nell’anno accademico 1957-58, esse furono pubblicate in un primo momento in lingua inglese con il titolo Language and Poetry: Some Poets of Spain nel 1961 ed in lingua spagnola come Lenguaje y poesía. Algunos casos españoles nel 1962. In

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ognuna di esse viene analizzata la poesia e dunque le scelte linguistiche di alcuni tra i più importanti autori della tradizione letteraria della penisola. I poeti oggetto delle brevi conferenze sono Gonzalo de Berceo, Luis de Góngora, San Juan de la Cruz, Gustavo Adolfo Bécquer e Gabriel Miró. Sebbene la raccolta non segua un ordine cronologico la prima lezione è dedicata al chierico di Berceo e ai suoi felici versi, tra i primi ad essere composti in lingua spagnola. Il linguaggio di Gonzalo de Berceo viene definito prosastico e, sempre con estrema attenzione ai testi, se ne sottolinea la semplicità. La materia religiosa infatti, nella riservatezza del monastero di San Millán de la Cogolla, diventa in Gonzalo semplice e familiare. Agli antipodi di questa esperienza letteraria c’è quella di Luis de Góngora, protagonista della seconda lezione di Guillén. A cavallo tra il XVI ed il XVII secolo si svolge l’imponente opera di costruzione del linguaggio gongorino. Costruzione invero, poiché nella lezione i componimenti del poeta del siglo de

oro sono descritti come dei veri e propri edificios de palabras. La terza tipologia

di linguaggio poetico è quella insuficiente de lo inefable mistico utilizzato da San Juan de la Cruz. Attraverso l’analisi di tre opere del santo (Noche oscura del

alma, Llama de amor viva, Cántico espiritual) Guillén si addentra nel difficile

ambito dell’inadeguatezza delle parole rispetto alle più profonde esperienze umane. La visione onirica e profana costituiscono invece l’argomento per affrontare il quarto poeta di Lenguaje y poesía: Gustavo Adolfo Bécquer. Lo

inefable soñado appunto, esperienza caratteristica del romanticismo tedesco e che

rende Bécquer, agli occhi di Guillén, un innovativo poeta precorritore di nuovi orizzonti. L’ultima delle cinque conferenze trascritte affronta infine il tema del

lenguaje suficiente attraverso l’opera dell’unico autore dei cinque ad aver vissuto

negli stessi anni di Guillén: Gabriel Miró. Il suo linguaggio è descritto come

suficiente per l’importante valore che viene attribuito alla parola. Per Miró essa costituirebbe la consapevolezza umana delle cose; e proprio per questa sua essenzialità essa è il fondamento di un moderno linguaggio affine, come vedremo, all’ideale poetico guilleniano. Da qui la breve ma intensa analisi procede spiegando gli interessi di Miró per la natura e il rapporto che l’uomo ha con essa. Il suo linguaggio pullula infatti di nomi di luoghi, piante, animali ed il suo sguardo, nota Guillén, è rivolto al cielo e alla sua luce primordiale.

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Con la breve sinossi di Lenguaje y poesía si è cercato di evidenziare l’importanza e l’influenza dei classici nell’attività di Jorge Guillén e nella sua personale riflessione sul linguaggio della poesia. A riprova di ciò si ricorda che a chiudere il ciclo di lezioni è una conclusione sull’esperienza dei giovani della

Generación del ’27.

Ora, la ricerca filologica particolarmente florida negli atenei della penisola di quel periodo è giustamente ricordata da Francisco Florit Durán in Jorge Guillén y

su Homenaje a los clásicos del Siglo de Oro:

La idea de que la literatura clásica española costituía una preciosa heredad fue asumida por los escritores de la generación del ‘27 a lo largo de su andadura literaria. La consecuencia lógica del reconocimiento de esa herencia, de saberse pertenecientes a una familia común, cabe encontrarla en el exhaustivo proceso de recuperación que de los clásicos áureos llevaron a cabo tales escritores, animados por el clima editorial y filológico de la España de los años veinte14.

La maggior parte degli scritti sulla generazione del ’27 si concentra sul rapporto di questa con il poeta che essa volle omaggiare in quell’occasione da cui non a caso finì per prendere il nome. Innumerevoli articoli e saggi infatti trattano principalmente di Góngora e i giovani poeti del primo novecento. È necessario ricordare invece quanto più complesso sia in realtà il rapporto della generación con i maestri del passato.

No se ha roto con la tradición, y las novedades de Ruben Darío y de sus continuadores van a ser ampliadas por estos poetas que, si ponen sordina en las innovaciones, no se circunscriben a las formas empleadas por los maestros remotos o inmediatos. La ruptura con el pasado fue mucho mayor en las generaciones contemporáneas de otros países. A la herencia española no se renunció, y esta herencia no coartó el espíritu original. […] por eso es tan rico el repertorio formal de esta generación que rehuyó el voto de pobreza exigido por la modernidad a muchos de sus secuaces15.

È necessaria qui una breve precisazione. Il primo quarto del XX secolo spicca nella storia della letteratura spagnola come Edad de plata. Per l’esattezza

14 FLORIT DURÁN, Francisco, (1994), Jorge Guillén y su Homenaje a los clásicos del Siglo de oro, in AA. VV, La claridad en el aire. Estudios sobre Jorge Guillén, Ed. de Francisco Javier Díez de Revenga y Mariano de Paco, CajaMurcia. Obra Cultural, Murcia, pp. 175-189.

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gli anni che delimitano questo periodo sono quelli compresi tra il 1898 e il 1936. In esso sono dunque compresi i capolavori dei membri della generazione precedenti a quella di Jorge Guillén quali quelli di Unamuno, Juan Ramón Jiménez, Antonio Machado. Tuttavia, tra le due generazioni si registra una sostanziale differenza soprattutto in relazione al modo di guardare al passato. Un atteggiamento critico nei confronti del barocco è quello mostrato ad esempio da Antonio Machado. Come sottolinea Martinengo16 tale presa di posizione nei confronti del secentismo (ovvero per una poesia fatta di sole immagini e l’abuso di metafore), si risolve nel poeta sivigliano nella conseguente estraneità verso gli intellettuali che avevano intrapreso una generale rivalutazione del barocco. La generazione del ’27 infatti, oltre a prodigarsi nel rendere i giusti meriti a Luis de Góngora, studiava con passione tutti i poeti della tradizione:

Ahora se airea todo el Siglo de Oro lírico, y no solamente a Góngora. Entre Garcilaso y Quevedo reaparecen los admirables segundones: Figueroa, Aldana, Medina Medinilla, Medrano, Espinosa, Villamediana, Soto de Rojas…Y si se vindica al gran don Luis cordobés se da valor actual a Gil Vicente, a fray Luis de León, a San Juan de la Cruz, a Lope, a Quevedo. […] Tantos retornos a la poesía antigua son obra de poetas en cuanto poetas. Y como todos ellos propugnan la expresión más rigurosa, los antiguos y modernos textos son admirados si favorecen la autenticidad de la poesía17.

Degno erede della tradizione letteraria spagnola è anche e soprattutto Jorge Guillén, uno dei meno giovani della sua generazione. L’influenza dei grandi poeti del passato proviene, come già evidenziato, dalla sua lunga carriera di docente di letteratura spagnola e si riflette nella sua opera poetica dove affiorano echi di San Juan de la Cruz, Fray Luis de León e Góngora. A riprova di ciò è sufficiente sfogliare le pagine della sezione Al margen in Homenaje, che esprimono più di ogni altro testo la forte volontà di Guillén di omaggiare gli artisti del passato come dice anche Oreste Macrì: «El estilo de Al margen es el de la glosa hispánica, es decir, el de variar autores y poesías ya existentes»18.

16 MARTINENGO, Alessandro, (1968), Il problema del barocco nelle riflessioni di Antonio Machado sulla poetica, Editrice Giardini, Pisa, pp. 5-35.

17 GUILLÉN, Jorge, Lenguaje y poesía, cit, pp. 237-238.

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Guillén tuvo, desde el principio hasta el final de su vida, el hondo sentimiento de ser heredero y depositario del caudal literario de sus mayores, en cuyo número entran los escritores españoles, de los siglos XVI y XVII19.

La tecnica maggiormente utilizzata da Guillén per celebrare le opere di altri autori e sentirsi parte di esse (è molto eloquente l’immagine del caudal

literario suggerita da Florit Duran) è quella della citazione. Quasi tutti i

componimenti di Homenaje e un buon numero di quelli delle altre raccolte sono anticipati dai versi di un altro poeta.

Genette20 definisce la transtestualità come la relazione di compresenza tra

due o più testi. I più importanti ed espliciti esempi di questo fenomeno sono proprio quelli cui Guillén ricorre più spesso: la citazione diretta posta in esergo ed il “plagio”. L’ultimo termine, sebbene oggi abbia assunto un’accezione quasi esclusivamente negativa, è quello che Genette impiega per definire la trascrizione letterale di una parte di un testo di cui non viene data informazione alcuna. Considerazioni molto simili sono quelle espresse da Antoine Compagnon che ripercorrendo la storia della citazione dalle letterature più antiche la definisce come la relation interdiscursive primitive21.

Se l’obbiettivo primario della citazione è quello di rimandare ad un testo o ad un preciso elemento di esso, diversi possono essere invece gli intenti sottesi ad ogni rimando. Chi cita un testo può farlo ad esempio con l’intenzione di opporre ad esso le proprie idee; può altresì farne una compiaciuta dimostrazione d’erudizione. Qual è dunque lo scopo dei frequenti rimandi di don Jorge ad altri testi?

In relazione a quanto detto circa la consapevolezza di Guillén di appartenere ad una delle più antiche tradizioni umane è possibile affermare che lo scopo delle innumerevoli citazioni di cui fa uso è quello di rendere omaggio agli altri autori. Il titolo più rilevante in questo senso è certamente Homenaje. Dai testi sacri, dalla letteratura latina, inglese e soprattutto francese Guillén prende in prestito singole parole o versi per indirizzare velocemente il lettore verso una corretta interpretazione dei suoi componimenti. La raccolta è dedicata per questo

19 FLORIT DURÁN, Francisco, cit, p. 177.

20 GENETTE, Gerard, (1997), Palinsesti, Einaudi, Torino, pp. 3-5. 21 COMPAGNON, Antoine, (1979), La seconde main, Seuil, Paris, p. 54.

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motivo “a tutte le muse” ma queste certamente non sono quelle mitologiche. Nei frequenti ricorsi alla citazione si trova un importante indizio del modo in cui don Jorge concepiva il suo ruolo di poeta all’interno di una tradizione.

Se da un lato la vita di Guillén è scandita dallo studio attento dei maestri del passato dall’altro, bisogna ricordarlo, è caratterizzata da un moderno ed indipendente cammino letterario. Sarebbe un grave errore a tal proposito trascurare il rapporto del poeta con la letteratura del suo tempo:

Todos, castellanos y andaluces, resultan sin habérselo propuesto muy contemporáneos de sus contemporáneos en Europa, en América. Aquellos líricos se sienten a tono con la atmósfera general de los años veinte 20, aunque posean acentos que sólo responden a una tradición española22.

In questo passo tratto da Lenguaje y poesía, il poeta allude alla sua generazione. Tuttavia è noto come l’ampio respiro culturale della sua lunga carriera accademica nelle università del nuovo e del vecchio continente fece soprattutto di lui un eccezionale lettore e interprete del presente.

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4. Guillén e i poeti italiani

L’attività poetica di Guillén si estende per quasi tutto il XX secolo. La sensibilità dell’artista viene messa ben presto a dura prova dalla guerra civile. Guillén ritornerà in Spagna solo alla fine degli anni ‘70 dopo la morte del dittatore Francisco Franco.

Durante i lunghi anni trascorsi lontano dalla sua Spagna il poeta ebbe modo di acquisire una profonda conoscenza dell’identità culturale di diversi paesi. Tra questi, il legame più forte sembra essere quello instaurato con l’Italia.

Nell’esperienza letteraria di Guillén è infatti molto importante il rapporto con i colleghi italiani tra cui il premio Nobel Eugenio Montale ed il poeta soldato Giuseppe Ungaretti che come lui ebbero un destino segnato dalla guerra. Una testimonianza di questo rapporto sono le loro brillanti traduzioni dal castigliano, oltre a quelle di Mario Luzi, Piero Bigongiari e Andrea Zanzotto, di diverse opere del poeta di Valladolid. Queste traduzioni si possono leggere nella raccolta curata da Camilla Zapponi Amici così, per grazia di lettura23 e dimostrano la sintonia di

Guillén con i letterati dei circoli di Firenze, Roma e del resto dell’amata Italia da cui provengono anche la moglie Irene ed il futuro critico Oreste Macrì.

Nei primi decenni del novecento in Spagna e in Italia si vivono esperienze letterarie relativamente simili. Fiorisce in quegli anni una serie di avanguardie e movimenti artistici ed in certa misura anche politici mossi dal bisogno di rinnovare il linguaggio dell’arte. Un principio comune alla maggior parte degli “ismi” del XX secolo è proprio l’esplicita volontà di operare in piena rottura con il passato e la tradizione. I giovani artisti europei vivono l’alba del nuovo secolo come una nuova era piena di novità e realtà mai viste prima. A questo spirito si adeguano oltre alla letteratura tutte le forme d’arte, che con grande fermento ed entusiasmo si rinnovano per esprimere i sentimenti della nuova epoca.

Tuttavia le avanguardie italiane e dell’Europa centrale sembrano aver avuto un impatto culturale ed una produzione artistica più rilevanti rispetto a quelle di

23 Nella postfazione di Amici così, per grazia di lettura (Donzelli editore, Roma, (2013), p. 93) Camilla Zapponi ricorda che Montale definì don Jorge «il vate castigliano».

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Spagna come, tra gli altri, il futurismo milanese o il dadaismo svizzero. Ad evidenziarlo è lo stesso Guillén:

[…] desde el siglo xix han pululado las teorías y los «ismos». No en España. […] «ismos» no hubo más que dos, después del ultraísmo preliminar: el creacionismo […] y el superrealismo, que no llegó a cuajar en capilla24

È opportuno ricordare, con una breve digressione, che la penisola usciva sconfitta ed impoverita dal desastre del ’98 perdendo in parte il suo ruolo di prestigio nel vecchio continente. Gravi danni si contavano anche a livello culturale; la perdita delle colonie d’oltreoceano aveva generato un grande pessimismo e una triste consapevolezza negli intellettuali di fine secolo. Lo spirito critico nei confronti dell’attualità aveva spinto la Generación del ’98 a volgere lo sguardo verso la tradizione. Tuttavia Juan Cano Ballesta sostiene che la letteratura del passato abbia fatto sentire il suo peso anche all’interno di quel movimento che si proponeva di svecchiare la letteratura spagnola: l’ultraismo.

A proposito di questa breve esperienza e del suo manifesto programmatico egli afferma però che il desiderio di rinnovamento si sia risolto nell’elaborazione di un lirismo con alcune caratteristiche che possiamo considerare in parte simili a quelle della generazione di Jorge Guillén:

[…] el manifiesto ultraísta de Guillermo de Torre (Madrid, 1920) supera ya el estadio del simple deseo de renovación y desciende a una formulación de lo lírico, que habrá de ser edificado sobre la base de sus elementos más puros y eternos (la metáfora) tras la eliminación de todo lo que le sea extraño y parásito: lo anecdótico, narrativo y retórico. Guillermo de Torre proclamaba también que uno de los objetivos ultraístas era “sincronizar la literatura española con las demás europeas […]”. Se hablaba de “rehabilitar la autonomía de las artes” reduciéndolas a su esencia. La pintura y la escultura debían convertirse en plástica pura, la música en pura armonía, y del mismo modo debía la lírica reducirse a sus elementos esenciales. El corolario era lógico: supresión de todo lo narrativo, anecdótico, descriptivo. La imagen quedaba en pie como elemento esencial.25

24 GUILLÉN, Jorge, Lenguaje y poesía, cit, pp. 244-251.

25 CANO BALLESTA, Juan, (1972), La poesía española entre pureza y revolución, Editorial Gredos, Madrid, pp. 13-14.

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Tramontata in breve tempo l’esperienza ultraista, il testimone sembra essere passato subito dopo alla generazione di Jorge Guillén. Secondo Cano Ballesta infatti, a raccogliere l’eredità della tradizione e a rimettere la Spagna al passo con il resto d’Europa saranno di fatto gli intellettuali della Generación

del’27 grazie alla doppia valenza di alcuni di essi di sperimentatori di linguaggi

nuovi e di sagaci critici.

Alla luce dei presupposti artistici e del rapporto con la realtà culturale dei membri del celebre gruppo del ’27 risulta più chiara l’intesa di Guillén con i poeti italiani ed in particolare con gli ermetici. La poesia di questi autori successiva anch’essa agli estremismi delle avanguardie perseguiva, seppur con delle differenze sul piano filosofico dovute ad una disillusione nei confronti dell’uomo e della storia, l’obbiettivo di creare una “poesia pura” basata sul potere evocativo della parola.

Negli anni in cui Guillén frequenta l’Italia, anni di cui rimane una dettagliata testimonianza nella fitta corrispondenza con i suoi intellettuali si affermava il gusto per una poesia rinnovata soprattutto nel linguaggio. Ciò proveniva da una certa insofferenza verso le espressioni poetiche del passato ritenute inadeguate a rappresentare gli stati d’animo turbati dalla guerra. La nuova poesia si configurava appunto come “depurata” tanto da ornamenti magniloquenti quanto dalle eccentricità delle avanguardie ed orientata a cogliere l'autentica, pura essenza dell’esistenza dell’uomo senza fini etici o didascalici.

Ante las novísimas extravagancias de hoy, el lector sensato se ríe tal vez, indígnase de seguro, se encoge, de hombros al fin, y concluye: ¡ Tonterías! Acierta así, sin sospecharlo, con la interpretación, que más debería halagar a los nuevos díscolos. Estos, si no columbran, como verdaderos creadores […] quizá se nieguen a cobijarse en categoría tan desprestigiada. Se equivocan. ¿A qué tienden con sus ensayos, en último término, sino a ensanchar el arte con la elasticidad de infinita de la tontería? El lector sensato acierta: “eso” es una tontería. […] Lanzar a la oreja del oyente o a los ojos del lector la A y la B sueltas y revoloteantes, es una falta de respeto al lector y al oyente26.

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La parola poetica veniva così ridotta da Guillén e dai poeti ermetici ad uno stato di essenzialità per costruire componimenti di grande concentrazione tematica ma utili ad esprimere i sentimenti più intimi dell’uomo.

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5. La poesia di Jorge Guillén: la purezza della creación

Jorge Guillén, poeta di luce e claridad, già conoscitore della tradizione poetica italiana, era anche affascinato dall’ideale di poesia pura degli italiani del suo tempo. Particolarmente eloquente a tal proposito è una lettera spedita da Valladolid a Fernando Vela. In alcuni passi della breve lettera il poeta sintetizza magistralmente alcuni aspetti della sua visione della letteratura e soprattutto del processo creativo:

No hay más poesía que la realizada en el poema- y de ningún modo puede oponerse al poema un estado inefable que se corrompe al realizarse, y que por milagro atraviesa el cuerpo poemático […]. Poesía pura es matemática y es química, y nada más […]. Poesía pura es todo lo que permanece en el poema después de haber eliminado todo lo que no es poesía. Pura es igual a simple, químicamente. Lo cual implica, pues, una definición esencial: y aquí surgen las variaciones. Puede ser este concepto aplicable a la poesía ya hecha, y cabría una historia de la poesía española, determinando la cantidad […] de elementos simples poéticos […]. Es el propósito que guía, por ejemplo, a un Gerardo Diego y a mí también. Pero cabe asimismo la fabricación – la creación – de un poema compuesto únicamente de elementos poéticos […]. Es lo que propone, por ejemplo, nuestro amigo Gerardo Diego en sus obras creacionistas27.

La lettera in questione riporta la data del 1926; Guillén avrebbe pubblicato il primo nucleo di Cántico soltanto due anni dopo. Nonostante la giovane età e una carriera ancora da realizzare sembrano però molto chiare nel poeta le linee essenziali da seguire per dare concretezza al suo talento. Analizzando il passo si evince prima di tutto che l’esperienza, ovvero il vissuto dall’artista nella poetica di Guillén ha una relativa importanza. La stessa idea, come si vedrà, è sostenuta nelle sue Notas para edición comentada de Góngora ed in Lenguaje y poesía.

Sebbene il poeta si soffermi a riflettere sulle cose, a contemplare gli oggetti traendone ispirazione, nella concezione guilleniana la poesia più autentica deve essere indipendente dal mondo empirico: essa pertanto non è mai descrizione.

27 GUILLÉN, Jorge, (1999), Obra en prosa. Jorge Guillén; edición de Francisco J. Díaz de Castro, Tusquets, Barcelona, p. 741.

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Dalla contemplazione del reale secondo Guillén il poeta deve invece distillare, con grande sforzo, una realtà più ricca dell’esperienza vissuta. Tale realtà infine verrà resa solida con le giuste dosi di parole nella forma e nello spazio di un poema.

[…] los materiales brutos se presentan recreados en creación, trasformados en forma, encarnados en carne verbal28.

Seguendo questa trafila, fino a qui forse un po’ astratta, è facile giungere alla formulazione di tre principi guilleniani fondamentali:

-La poesia costituisce una realtà altra e superiore rispetto al vissuto di chi la compone.

-Essa si identifica con la creazione. (Questa è intesa da Guillén come il risultato di una contemplazione profonda e rivelatrice).

-Il risultato dello sforzo del poeta è una piccola realtà autonoma e nuova data dal corretto “dosaggio” e dalla distribuzione degli elementi che la compongono.

Il primo dei tre punti ci riporta alla questione del rapporto tra la realtà e la poesia. La realtà è qui intesa come il vissuto del poeta, la sua esperienza all’interno della società e la sua formazione. Gli eventi biografici di un artista costituiscono nel sistema guilleniano un valore certamente non trascurabile ma che non deve essere in alcun modo identificato con la genesi dell’opera. È noto come tra i suoi versi, da quelli giovanili del primo Cántico a quelli di Final, sia difficile rintracciare la presenza di un io storico ben definito. La stessa idea sembra riflettersi nel suo studio dei grandi poeti del passato. Nella lettera sopracitata infatti è palesata l’intenzione di uno studio diacronico volto alla ricerca degli elementi poetici più puri attraverso l’opera dei maestri della tradizione. Con ogni certezza l’idea è quella che darà il titolo di Lenguaje y poesía ben tre decenni dopo. E, come si evincerà da quanto sostenuto a proposito di don Luis de Góngora

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e della presenza di elementi storici riconoscibili nei suoi primi componimenti, è la stessa delle Notas dei primi anni ‘20.

Affermare che la poesia sia creazione può apparire banale o ovvio se si pensa all’etimologia della parola stessa. Ma nell’opera di Guillén e in particolare nella celebre raccolta di lezioni degli anni ’60 lo stesso etimo, lungi dall’essere gratuitamente assunto, sarà analizzato e spiegato con chiarezza. Per chiarire il secondo punto, cioè quello relativo al concetto di creación, è indispensabile prima di tutto sottolinearne il carattere principale: la compiutezza. Creazione è infatti ciò che rimane, diremmo staticamente, dopo un laborioso processo di osservazione e contemplazione della realtà da cui l’occhio del poeta è in grado di cogliere realtà nuove, diverse. La sintesi della realtà osservabile e dei significati nuovi scorti in essa istituisce per Guillén una realtà nuova (una totalidad) divenendo così, per definizione, creación.

[…] esta «creación» será, quiéralo o no, segunda respecto a la del primer creador del Génesis. Todos los poetas son «poètes du dimanche», del domingo que sigue al sábado en que descansó Jehová29.

Si penserà a questo punto come sia possibile definire nuova tale realtà, la poesia, data la sua fenomenologia umana e per nulla trascendentale: le parole. Lo stesso Guillén in Lenguaje y poesía è il primo ad ammettere, con una domanda retorica, l’impossibilità filosofica di realizzare un’opera completamente scevra dalla personalità dell’artista:

Si hay poesía tendrá que ser humana. ¿ y cómo podría no serlo? Poesía inhumana o sobrehumana quizás ha existido. […] un poema «deshumano» constituye una imposibilidad física y metafísica30.

Si giunge così all’ultimo dei tre punti. I termini in esso impiegati, e più specificamente “dosaggio”, “distribuzione” ed “elementi” sono stati scelti appositamente dal campo semantico della chimica per alludere a quanto espresso nella carta a Fernando Vela. La poesia è per Guillén uno spazio da riempire. Un

29 GUILLÉN, Jorge, Lenguaje y poesía, cit, p. 243. 30 Ibidem, p. 245.

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piccolo universo cui egli, non a caso, si riferisce parlando di totalidad. Al suo interno vigono leggi precise e gli elementi in esso contenuti vibrano sotto una luce nuova. Il compito del poeta è quello di dare un nuovo ordine alle cose, anche le più piccole, dopo aver scorto in esse una vibrazione, la palpitazione vitale di un cosmo. Il poeta (con il suo ruolo di creatore) ha il potere di dare una forma artisticamente valida a tutto ciò che osserva cercando di staccarsi dalla sua opera. Di questa sensibilità Guillén è uno dei pionieri. Il suo sereno rapporto con il mondo e l’universo intero è magistralmente racchiuso nella natura e negli oggetti da lui cantati. Il lettore di Cántico ad esempio è portato a percepire gli oggetti come rivelatori di un universo intero. Tuttavia quella scintilla rivelatrice, lo squarcio nella realtà come in una tela di Fontana, è offerta al lettore attraverso una corretta disposizione delle parole-idee nel testo.

Dalla posizione di un vocabolo dipendono poi il metro, i suoni e la forma stessa di quel macro-significante che è l’opera nel suo insieme.

La poesía no requiere ningún especial lenguaje poético: ninguna palabra está de antemano excluída; cualquier giro puede configurar la frase. Todo depende […] del contexto. Sólo importa la situación de cada componente dentro del conjunto, y este valor funcional es decisivo. […] sólo es poético el uso, o sea, la acción efectiva de la palabra del poema: único organismo real. No hay más que lenguaje de poema: palabras situadas en un conjunto31.

I segni assumono significati nuovi, veicolano sensazioni al di sopra della loro autonomia proprio perché accostati con rigore chimico nella speciale catena sintattica della poesia. Il risalto degli elementi poetici nasce inoltre, come per la poesia di Ungaretti, da una purificazione laboriosa e dall’eliminazione, pur sempre ideale, di quegli elementi che non producono una reazione emotiva significativa.

Lenguaje de poema, modulado en gradaciones de intensidad y nunca puro. ¿Qué sería esa pureza, mero fantasma concebido por abstracción? La poesía existe atravesando, iluminando toda suerte de materiales brutos. Y esos materiales exigen sus nombres a diversos niveles de recreación32.

31 GUILLÉN, Jorge, Lenguaje y poesía, cit, p. 252. 32 Ibidem, p. 253.

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6. La circostanza

Il grande poeta del siglo de oro don Luis de Góngora con il suo complesso linguaggio ha da sempre destato l’interesse di commentatori ed esegeti che, sin dalla sua stessa epoca, hanno tentato di comprenderne ed analizzarne le opere. Tra gli studiosi che si sono interrogati sul poeta cordovese si annovera anche il giovane Jorge Guillén con la sua tesi di dottorato discussa presso l’Università di Madridagli inizi del XX secolo33.

La tesi, una delle prime prove delle capacità analitiche di Guillén, rimase nell’oblio per decenni salvo qualche sporadico riferimento da parte di altri studiosi come Alfonso Reyes nelle Cuestiones Gongorinas e Dámaso Alonso in

Góngora y la literatura contemporánea. Il testo dopo lunghe ricerche è stato

ritrovato e pubblicato nel 2002 ad opera della Fundación Jorge Guillén con il titolo Notas para una edición comentada de Góngora.

La dissertazione di Guillén su don Luis è articolata in due parti: la prima è una riflessione su diversi componimenti del poeta suddivisa a sua volta nei tre capitoli: Obras, Genio e Tema Central. Segue poi un’edizione del celebre

Polifemo ovvero un ingente apparato di note su di esso. Guillén introduce la sua

tesi scrivendo:

El nuevo comentarista de Góngora deberá ante todo colegir, conpulsar y espurgar los antiguos, que tanto ayudan a la inteligencia de los textos. Si desatienden la interpretación estética, persiguen el sentido estricto34.

Sin dall’introduzione Guillén sottolinea l’importanza delle sue fonti e della stratificazione diacronica del pensiero critico per la realizzazione di una valida critica letteraria. Discrepanze, errori e felici interpretazioni dei critici del XVII secolo sono quindi parimenti rilevanti anche nell’analisi dell’opera di don Luis de Góngora. Tra i commentatori antichi citati da Guillén si annoverano Pedro Díaz de Ribas, D. García de Salcedo Coronel, José Pellicer ed Andrés Cuesta.

33 Si legga a tal proposito B. Ciplijauskaité, “Un comentarista moderno: Guillén y su contexto”, in Da Góngora a Góngora, a cura di Giulia Poggi, Edizioni Ets, Pisa, pp. 253-269.

34 GUILLÉN, Jorge, (2002), Notas para una edición comentada de Góngora, edición, notas y acotaciones de Antonio Piedra y Juan Bravo, Fundación Jorge Guillén, Valladolid, p. 21.

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La prima parte dell’analisi è dedicata alle varie forme classiche e tradizionali letrillas, sonetti, romances, décimas e madrigali. Il criterio adottato da Guillén per la selezione è infatti quello del movente. Il primo tema affrontato, che dà nome al primo punto della tesi, è quello della circunstancia ed il valore che essa ha nella poesia. Ad essere messa in discussione è un’affermazione di Goethe secondo cui tutta la poesia è necessariamente poesia di circostanza. Guillén riflette sull’affermazione di Goethe ammettendo che per qualsiasi componimento è sempre possibile rintracciare una circostanza originaria. Tuttavia, a quella che di primo acchito può sembrare un’accusa di tautologia, il giovane poeta di Valladolid aggiunge una lucida riflessione ma sulla stessa linea argomentativa. Guillén propone una sua definizione del valore dicircunstancia:

En el principio existe –inmediata, lejana, […] en bruto o irrecognoscible- una huella sobre la memoria: por esa huella se enlaza el arte a cuanto, aquende y allende el arte, lo corrobora y vivifica35.

Il poeta di Valladolid conferisce il valore più importante all’impulso primordiale dato dalla circostanza definendolo con le parole del tanto ammirato Paul Valery: feliz sorpresa. Secondo Guillén il fattore della circunstancia è rintracciabile anche nella poesia di Góngora e in occasioni diverse. Alcuni versi del poeta cordovano sono spesso portatori di un elemento ripercorribile ed identificabile con una circostanza reale. Tali elementi secondo Guillén graverebbero come un corpo morto su buona parte della poesia di Góngora. L’attualità o il commento aneddotico di eventi reali nei versi gongorini lo portano infatti ad affermare che:

Góngora parece entonces, como muchos ingenios de su época, un periodista36.

Il Góngora definito da Guillén nelle prime pagine delle Notas ha il valore di un satirico gacetero. Un poeta pronto a versificare per occasioni precise come certi rimatori del XIV secolo come sarebbe avvenuto per il mecenatico Panegírico

35 GUILLÉN, Jorge, Notas para una edición comentada de Góngora, cit., p. 29. 36 Ibidem, p. 32.

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al Duque de Lerma e soprattutto per le décimas. Sara Pezzini affronta questo

aspetto del poeta rimandando alle considerazioni di Guillén:

Si intuisce […] che la décima gongorina si specializza lentamente in senso mondano, come se la sua vocazione a rappresentare il contingente […] finisse per raggiungere la piena maturazione proprio grazie alle sollecitazioni che gli offriva la corte. Da qui la scelta di scrivere di un Góngora “opinionista”, termine anacronistico per l’epoca del poeta e che tuttavia mi permette di insistere sul rapporto del tutto peculiare […] che nelle décimas Góngora istituisce tra poesia e, come dice Guillén, «singularidad de la circunstancia histórica»37.

Il problema principale per Guillén sembra essere infatti quello dell’allusione storica e aneddotica all’interno della poesia. Questa, affiancata alla parola poetica, ne appesantirebbe la lettura relegando la poesia stessa nel limbo del verso prosaico. Il fruitore delle Notas di Guillén viene sagacemente spinto a scandalizzarsi e ad evocare la sublimità raggiunta dai versi gongorini per ammettere cheil Góngora più vicino alla circunstancia storica sia soltanto:

[…] El Góngora menos gongorino: el Góngora de más difícil lectura: en la jerarquía poética, el peor Góngora38.

A soffermarsi su questa affermazione di Guillén è ancora Sara Pezzini a proposito dello storico pregiudizio su di un “Góngora minore”: le parole di don Jorge sarebbero un retaggio della teoria dell’esistenza di diverse personalità in don Luis. Al di là di ogni possibile incoerenza imputabile a don Jorge39, è da notare come egli si soffermi a riflettere sulla realtà storica per prenderne le distanze. Questa, nella forma più concreta della società, venne inserita da Góngora nella poesia satirica dal tono burlesco o popolare; le numerose décimas del poeta dipingono scorci e scene abitati da diversi tipi umani e da personaggi dotati di nomi propri. Tali elementi, di cui le Notas non dissimulano la prosaicità, costituiscono per Guillén persino lo stato embrionale di un possibile romanzo.

37 PEZZINI, Sara, (2003), “Góngora opinionista: le décimas dal 1617 al 1625”, in La edad del Genio: España e Italia en tiempos de Góngora, Ets, Pisa, pp. 359-374.

38 GUILLÉN, Jorge, Notas para una edición comentada de Góngora, cit., p. 34.

39 Guillén, sulla falsariga di Alonso, fu sempre contrario alla tradizionale divisione de “Los dos Góngora”. Questo tema sarà comunque affrontato nelle pagine a seguire.

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6.1 I suoni

Una particolare attenzione è rivolta alla tecnica ed alla metrica come prove del valore del grande poeta barocco. Il ritmo e la musicalità delle parole di cui Góngora si serve sono per Guillén un sano retaggio della cultura popolare. Il popolo, dice alludendo ad un’essenziale primitività, trasferisce alle lettere del canto i passi della danza. Questo, sostiene, è un principio di dissoluzione verbale. Un nichilismo poetico che ha affascinato altri artisti europei, contemporanei di Guillén come Apollinaire e che si ritrova anche nella purezza istintiva del jazz di quei ruggenti anni venti.

La tesi, come già detto, venne discussa nel 1925. Jorge Guillén era poco più che trentenne e non aveva ancora pubblicato la prima edizione di Cántico. Tuttavia sin dalle prime battute delle Notas si evince che a scrivere la tesi era un appassionato dottorando, ma soprattutto un sensibile artista agli albori della sua carriera alla ricerca di un ideale poesia pura.

L’analisi della poesia di Góngora prosegue attraverso una riflessione sul suo valore satirico e sui meccanismi utilizzati per produrre la comicità. La breve rassegna delle differenti strategie comincia con quella dell’estribillo. Il ritornello, nonostante la sua natura giocosa, viene apprezzato da Guillén per essere una dinamica combinazione di parole poeticamente evocativa. A questo antico artificio si aggiunge poi la comicità fonetica insita nelle singole parole. Guillén, tra gli innumerevoli e brevi punti della sua tesi, sfiora qui uno dei punti essenziali del dibattito critico del suo tempo: la corretta fruizione di un testo poetico basata su livelli di analisi ulteriori a quello del significato delle parole. Le recenti teorie di Ferdinand de Saussure circa l’arbitrarietà del segno avevano dimostrato un effettivo scollamento tra significante e significato. Una possibilità diversa però non è preclusa al linguaggio poetico. A sostenerlo ad esempio è Dámaso Alonso40 il quale sottolinea che i significanti oltre ai significati possono trasmettere sfumature e associazioni sinestesiche. Guillén, sulla falsariga di Alonso, amplierà e sosterrà questo concetto nei saggi di Lenguaje y poesía degli anni’60. Tuttavia

40 ALONSO, Dámaso, (1950), Poesía española: ensayo de métodos y límites estilisticos, Gredos, Madrid, pp. 19-29.

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già tra le pagine di Notas para una edición comentada de Góngora elogia la modernità di don Luis e la sua abilità nel concertare i suoni con i significati delle parole. Il suono di ogni vocabolo partecipa all’interno del verso gongorino come in una piccola orchestra. Il fenomeno, che viene descritto come una sobre-rima, è in grado di veicolare contenuti genuinamente poetici. L’insieme dei suoni della

sobre-rima e le più evidenti e impeccabili rime contribuiscono così a definire le

immagini del Góngora satirico. Nella stessa arte, precisa Guillén, i maggiori onori sono da tributare a Francisco de Quevedo ma aggiunge che il Góngora satirico dei versi burleschi è ancora una volta soltanto uno dei Góngora menores41.

6.2 Realismo e lirismo.

Lo studio guilleniano su Luis de Góngora, anticipatore del celebre tributo al poeta del 1927, è costituito da innumerevoli saggi e paragrafi resi indipendenti da una sequenza numerica. Le riflessioni lucide ed a tratti informali ricordano le coetanee Inquisiciones di Borges. Il paragone oltre che per la brevità degli interventi è sostenibile anche per la risolutezza con cui le affermazioni critiche vengono proposte al lettore. Così infatti Guillén espone le sue considerazioni circa il realismo e il lirismo nella poesia gongorina. A tal proposito ad essere analizzata è la celebre letrilla Ándeme yo caliente:

Ándeme yo caliente y ríase la gente. Traten otros del gobierno del mundo y sus monarquías,

mientras gobiernan mis días mantequillas y pan tierno; y las mañanas de invierno naranjada y aguardiente,

y ríase la gente. Coma en dorada vajilla el Príncipe mil cuidados,

como píldoras dorados; que yo en mi pobre mesilla

quiero más una morcilla

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que en el asador reviente, y ríase la gente […]42.

I versi che compongono le strofe della letrilla esprimono il topico del

Beatus ille: il disprezzo per la vita agiata e i vani cuidados dei prestigiosi

incarichi. Sottolinea Guillén la presenza dei personaggi che rendono satirico il componimento e che si contrappongono all’epicureismo introdotto dal pronome

Yo. Ma chiarisce subito l’equivoco spiegando che il pronome di per sé non

costituisce un’occasione di puro lirismo. All’ardente protagonista si affianca subito una natura morta descritta con la plasticità di altre forme d’arte. Il testo è paragonato ad un bodegón dove Guillén individua una delle muse di Góngora: la natura in tutta la sua bellezza. Tale bellezza è data proprio dalla presenza nei versi di una realtà intima e quotidiana.

Guillén giunge così a definire il realismo lirico di Góngora. Un lirismo complesso e di difficile interpretazione. A tal proposito viene infatti notato il

deficit amoroso di Góngora. L’assenza della materia amorosa di certo può essere spiegata con gli incarichi ecclesiastici, seppur controversi, ricoperti da don Luis. Ma le questioni amorose non sono le uniche passioni ad essere celate.È necessaria a questo punto una comparazione con i brevi Estudios gongorinos entrati a far parte della raccolta Hacia Cántico. Escritos de los años 20. Guillén affronta il problema della difficoltà di delineare la figura storica di don Luis per la scarsità di dati biografici soprattutto nella sua opera:

Su poesía [la de Góngora], sobre todo en sus piezas mayores, nada personal nos descubre. Si hay un polo antirromántico, en todos los sentidos lo ocupa Góngora más que ningún lírico. La ausencia del “yo” histórico, absoluta y de rigor en los poemas serios, no tiene más excepciones que alguna mención de los festivos43.

Già nelle Notas Guillén aveva dimostrato di conoscere Charles Augustin de Sainte-Beuve. Il poeta e critico francese del XVIII secolo riteneva fondamentali i dati biografici di un autore al fine di comprenderne correttamente le opere. La stessa idea deve aver affascinato il giovane Guillén che nei suoi

42 GUILLÉN, Jorge, Notas para una edición comentada de Góngora, cit., pp. 45-47.

43 GUILLÉN, Jorge, (1980), Hacia Cántico. Escritos de los años 20. Recopilación y prólogo de. K. M. Sibbald, Editorial Ariel, Barcelona, p. 321.

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appunti degli anni ’20 lamenta la concomitanza di una scarna biografia e la quasi assenza di un “io” storico-letterario di don Luis de Góngora.

L’eliminazione dell’intimità spirituale, l’abolizione quasi assoluta dell’io allontana Góngora da tutti i poeti che si soffermano sulle passioni più umane ed intime. La figura di don Luis sembra dissolversi tra la sua vita poco conosciuta e la sua opera alacremente depurata dalla fisicità dell’uomo. Guillén si interroga così sull’anima del poeta e si chiede dove risiedano gli affanni e le passioni di don Luis. L’unica risposta, sebbene non esaustiva, la trova nel romance costumbrista e popolare Hermana Marica:

Hermana Marica, Mañana, que es fiesta,

No irás tú a la amiga Ni yo iré a la escuela. Pondraste el corpiño Y la saya buena, Cabezón labrado, Toca y albanega; Y a mí me podrán Mi camisa nueva, Sayo de palmilla, Media de estameña; Y si hace bueno Trairé la montera Que me dio la Pascua

Mi señora abuela, Y el estadal rojo Con lo que le cuelga,

Que trajo el vecino Cuando fue a la feria[…]44.

All’interno del romance, tra la lunga enumerazione di cosas familiari si scorgono pallide emozioni scaturite dai ricordi d’infanzia. Ma proprio nella ricerca fallimentare di queste emozioni lo sguardo critico di Guillén intuisce l’innovativa tecnica poetica utilizzata da Góngora: Hermana Marica può rappresentare il vertice della poesia popolare gongorina perché costituita soltanto da pure ed intuibili imágenes. Il critico di Valladolid argomenta così un passaggio importante che dai componimenti di circostanza porta verso la più alta poesia di

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1971-1985: pubblica altri romanzi: Io e lui; La vita interiore; 1934; L’uomo che guarda; Il viaggio a Roma. E pubblica altre raccolte

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