Pianificazione e riforma (1959-1969)
2.5 Le reazioni alla riforma Gui
Più di due anni di vita di un tale progetto di riforma non si possono spiegare soltanto con lo studio del dibattito parlamentare, per comprendere il complesso intreccio di spinte e controspinte determinatosi sul disegno di legge n. 2.314 è necessario volgere lo sguardo dietro le quinte dei lavori delle istituzioni, dentro le stanze dei partiti, delle associazioni di categoria, dei gruppi che a vario titolo esercitarono una pressione in un senso o in un altro. Non si può ovviamente non cominciare dalle forze promotrici del d.l., in special modo dalla Democrazia Cristiana.
Per il decennio che avrebbe dovuto essere delle riforme e dei piani economici di lungo respiro, la DC aveva cominciato ad attrezzarsi, come si è visto nel paragrafo precedente, con convegni di studio e conferenze come quello di San Pellegrino Terme del 1961. Nel maggio 1965, grazie all’impegno del deputato Rosati, era nata una sezione “università” all’interno della consulta del partito dedicata ai temi scolastici, sezione di cui fecero parte tutte le componenti e i posizionamenti della DC sulla riforma, dai docenti cattolici all’Intesa
363 Circolare n.1 3 gennaio 1968, protocollo n. 145842/705/Ministro Luigi Gui, Informazioni sulle modifiche
all’ordinamento universitario.
364 Circolare n. 1.231 del 18 marzo 1968 della Direzione Generale per l’Istruzione Universitaria, diretta ai Rettori delle Università e ai Direttori degli Istituti di Istruzione Superiore, Possibilità di sviluppo dell’autonomia
Universitaria (diretta da Ugo Trivellato), considerati da Sensini i due estremi dei posizionamenti interni alla DC365.
Ne abbiamo notizia da un appunto indirizzato alla direzione DC proprio da Rosati, che descriveva così i lavori, la composizione e soprattutto le conclusioni di quei mesi di lavoro che, in teoria, avrebbero dovuto essere quelli della sistematizzazione delle idee democristiane di riforma dell’università366.
Sul tema dei tre livelli di studio e relativi titoli prevalevano, nelle considerazioni dell’esponente DC esperto di tematiche scolastiche, le stesse preoccupazioni (sulla pari dignità scientifica che i corsi avrebbero dovuto avere) che poi sarebbero state delle opposizioni, e si avverte un certo scetticismo verso quel complesso di previsioni dettagliate sulla composizione della forza lavoro del futuro che imporrebbe riforme dell’istruzione di questa natura: in questo documento la proposta è chiaramente quella di tenere i corsi di diplomi interni alle facoltà e creare gli istituti aggregati solo in casi eccezionali, come si è visto, le linee direttive di Gui avrebbero proposto tutt’altro367.
Il dipartimento era inteso come la “struttura armonicamente integrata ed essenzialmente necessaria all’ordinamento universitario”, ma con la consapevolezza della necessaria gradualità per la loro introduzione. Anche sulla rappresentanza interna delle categorie le proposte erano quelle emerse come le più progressiste (del fronte della maggioranza) nel corso del dibattito, prevedendo partecipazioni studentesche (con poteri consultivi) e comitati più ampi da affiancare agli organi principali, proposta quest’ultima che sarebbe emersa solo in VII Commissione della Camera. Sulla docenza non si rilevano sostanziali differenze con le proposte di Gui e, specie sull’incompatibilità con gli incarichi parlamentari, risulta ancora più fuori luogo la resistenza interna al partito di governo su una proposta che, per l’appunto, circolava in termini ufficiali dentro al partito da due anni.
Su queste posizioni il segretario DC si preoccupò di dare indicazioni ai capigruppo del partito al Senato e alla Camera, indicazioni che conservavano però un margine talmente ampio di
365 “E’ un fatto: il mondo cattolico è condannato dal suo pluralismo interno, dalla molteplicità delle sue componenti ad evitare una scelta precisa di politica scolastica in senso qualitativo”. Alberto Sensini, La riforma
universitaria, Sansoni, Torino, 1966, p. 65. Le opinioni del gruppo giovanile dell’Intesa Universitaria furono
raccolte in Considerazioni e proposte dell’Intesa universitaria sul piano Gui, Roma gennaio 1965.
366 Lettera dell’on. Luigi Rosati alla Direzione Nazionale del partito della Democrazia Cristiana, Roma, 12 ottobre 1966. ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Gabinetto – Affari Generali, b. 28.
367 “Le necessità di soddisfare talune esigenze professionali dello sviluppo economico, delle quali, comunque, non può essere tracciato fin d’ora un quadro sufficientemente preciso e circostanziato, non deve far porre in secondo piano l’indeclinabile garanzia di dignità universitaria di tali corsi che non possono avere un carattere meramente professionale, ma debbono necessariamente porsi su un piani di preparazione fondamentalmente culturale”, Ivi.
interpretazione che ebbero scarsa efficacia nell’orientare le opinioni dei parlamentari democristiani368.
Alle incertezze interne alla DC, si sarebbero presto sommate le resistenze degli alleati di governo, e in particolar modo di Codignola e dei Repubblicani che, stando alle lamentele di Gui interne al partito, dopo aver collaborato alla redazione della Relazione della Commissione d’indagine, stavano avanzando proposte in contraddizione sia con le linee Gui che con lo stesso programma di governo369.
Durante tutto il 1967, anche se la riforma arrivò in aula solo a dicembre, si registrano numerosi solleciti formali, rivolti ai parlamentari democristiani, per approvare la riforma e lo stesso congresso nazionale del novembre ’67 avrebbe confermato una generale preoccupazione per l’allungamento dei tempi dell’approvazione, seppur con sfumature diverse370.
Fra il dicembre ’67 e il febbraio ’68, con il d.l. finalmente in aula, si tennero due importanti vertici fra i partiti di maggioranza: dal primo (dopo che su queste tematiche si discuteva da quattro anni) Gui dichiarò di avere delineato un accordo definitivo fra DC, PSU e PRI sui temi degli istituti aggregati, del tempo pieno e dell’incompatibilità e un relativo accordo di massima per i primi 10 art. (accordo che non ci sarebbe stato vista la presentazione dei tanti emendamenti, fra tutti quelli di Codignola sugli istituti aggregati);371 il secondo a pochissimi
mesi dalla fine della legislatura e con pochissimi articoli approvati dall’aula, delineò una
368 Inviato anche al ministro Gui il 9 dicembre 1966. La scarsa incisività è dimostrata da passaggi come quello sull’incompatibilità incarichi/insegnamento su cui si rilevava una “obbiettiva difficoltà di conciliarli”e sul tempo pieno: “opportunità di stabilire modo appropriati con cui garantire la continuità del rapporto del docente politicamente impegnato con l’Università e di garantire il reinserimento all’atto in cui cessi l’impegno parlamentare”. Ivi.
369 “Dai contatti di Rosati con Codignola e Finocchiaro (e per altro verso dagli articoli sempre meno tollerabili della Voce Repubblicana) risulta confermato quanto avevo avuto modo di far presente, che cioè PSU e PRI disattendono completamente l’accordo sul testo della legge formulato insieme con noi e ne chiedono una revisione radicale. Come si può controllare facilmente, le loro proposte prescindono ora completamente dalle conclusioni della Commissione d’indagine, che sono invece la base dell’accordo e del programma di Governo. Quest’atteggiamento rimette pertanto in discussione la stessa esistenza del Governo su questo punto […]Io in particolare, non soltanto non posso avventurarmi da solo su questo nuovo terreno né provocare le annunciate dimissioni in massa dei Rettori, ma non potrei mai sottoscrivere norme che sottraessero del tutto le Università da un legame organico con la sovranità popolare (attraverso il Governo e il Parlamento) e prevedessero la legalizzazione del caos permanente al loro interno. Il meno che se ne possa ricavare è che Codignola e PRI mirino ad impedire l’approvazione della legge”. Lettera del ministro Gui al Presidente del Consiglio Moro, al segretario della Democrazia Cristiana Rumor e al dirigente dell’ufficio scuola DC Rosati, Roma, 28 febbraio 1967, ivi.
370 Più volte il segretario Rumor ricordò, nel corso del Congresso, l’importanza e la necessità dell’immediata approvazione e tutte e tre le mozioni (amici di Taviani, Base e Sindacati e quella di Maggioranza) fecero propri queste pulsioni con diversi livelli di critica per come era stata condotto il lavoro parlamentare fino a quel momento. Atti del X Congresso Nazionale della Democrazia Cristiana, 23 – 26 novembre 1967, Milano, in Atti e
documento della Democrazia Cristiana, da p. 2.190.
371 Vertice di maggioranza del 19 dicembre 1967 fra i parlamentari Zaccagnini, Ferri, La Malfa, Codignola, Rosati, Ermini, Gui, Moro, e riunione dei responsabili scuola di PSU, DC e PRI del 21 dicembre. Ivi, pp. 2282 – 2284.
strategia a dir poco ottimistica e complessa, che confidava nell’approvazione del d.l. alla Camera prima della fine del mandato e una contemporanea modifica al regolamento parlamentare (illusione o vera e propria falsa promessa che rivedremo in merito al progetto di riforma successivo) per fare in modo di potere riproporre il testo approvato da un ramo del Parlamento nell’altro ma nella legislatura seguente. Inutile dire che niente di tutto ciò fu anche soltanto tentato dalle forze di maggioranza372.
Un ultimo passaggio da sottolineare per quanto riguarda la Democrazia Cristiana, rappresentativo delle sue contraddizioni interne è quello relativo al posizionamento dei giovani del partito, testimoniato da un documento del movimento giovanile DC dell’8 febbraio 1968: alla preoccupazione per i ritardi accumulati si accompagnava l’auspicio di una rapida approvazione di una riforma che “se emendata in taluni punti, potrebbe essere in grado di costituire un primo passo […] si individuano tali punti nella soppressione totale degli istituti aggregati, nell’aumento del numero delle facoltà necessarie per istituire una Università, nella strutturazione dei titoli di studio in serie e non in parallelo, nella istituzione obbligatoria dei dipartimenti, in una più accentuata autonomia degli ordinamenti didattici”. Come tutto ciò potesse essere compatibile con il dibattito parlamentare precedentemente descritto e, si suppone, a conoscenza dei giovani DC, è oggettivamente difficile da comprendere373.
Le difficoltà della maggioranza non sono però attribuibili al complicato quadro interno alla Democrazia Cristiana.
Il Partito Socialista Italiano (che dal 1966 al 1969 si era riunito ai social-‐democratici di Saragat nel Partito Socialista Unitario) scontava un’arretratezza di ragionamento in merito all’università, specie se paragonata all’impegno e alle riflessioni spese per la scuola materna, per la scuola media e in generale per i temi della pedagogia, dell’educazione professionale, per la lotta all’analfabetismo e per la laicità della scuola. Ne sono prova le due conferenze del partito sulle tematiche scolastiche, quasi esclusivamente incentrate sui gradi di studio inferiori all’università374.
Inoltre, come fece rilevare Felice Froio375, l’atteggiamento socialista nei confronti delle
proposte del ministro nel 1965 era condizionato dal fatto di avere causato già per due volte la
372 Vertice da Moro per l’universitaria, in l’”Avanti!”, 29 febbraio 1968.
373 Lettera del delegato nazionale del movimento giovanile della Democrazia Cristiana, Giliberto Bonalumi, e dell’incaricato dell’ufficio scuola Gianfranco Astori al Presidente del Consiglio Moro, al segretario politico Rumor, al ministro Gui, al dirigente dell’ufficio scuola Rosati, a tutti i deputati e senatori dei gruppi DC di Camera e Senato. Roma, 8 febbraio 1968, ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Gabinetto – Affari Generali, b. 30.
374 Partito Socialista Italiano, Convegno nazionale sulla scuola, Roma 14-‐15 gennaio 1961 e Roma 26-‐27 maggio 1962.
caduta del governo, sostenuto sulla carta, proprio sulle tematiche scolastiche: il secondo governo Moro era per l’appunto caduto nel luglio ’64 sull’approvazione del capitolo 88 del bilancio del ministero, che prevedeva l’erogazione di meno di 150 milioni all’istruzione privata, cosa che aveva fatto saltare i termini previsti per la presentazione dei progetti di riforma da parte del ministro secondo i tempi stabiliti dalla l. 1.073/62, o per lo meno questo era un argomento molto valido della DC per giustificare i ritardi e tenere adesso più sotto controllo gli alleati socialisti. I socialisti non erano più quindi nelle condizioni di condurre strenue battaglie interne alla maggioranza, a costo di non mettere definitivamente in discussione tutto l’impianto strategico proprio di una forza di governo.
Come rilevavano gli osservatori dell’epoca376, analizzare le posizioni del PSI su scuola o
università, coincideva con il seguire i ragionamenti di una persona sola, Tristano Codignola: come si è potuto vedere fino ad adesso, non c’è stata relazione fra i partiti di governo, posizionamento pubblico dei socialisti, trattativa con i soggetti esterni al parlamento, in cui il deputato socialista non abbia rappresentato in forma esclusiva il suo partito. Per molti un tale isolamento fu una delle cause della scarsa incisività dei socialisti sul tema universitario: da un lato le trattative interne alla maggioranza (e non a caso le lamentele del ministro Gui parlavano sempre e soltanto di una persona sola, Codignola), dall’altro la difesa pubblica del d.l.377 e le relazioni costanti con le associazioni di categoria che ne chiedevano la modifica, su
tutte l’UNAU degli assistenti, il cui presidente Giunio Luzzatto, era considerato uno dei più stretti collaboratori del deputato socialista378.
Il posizionamento di Codignola (e quindi del suo partito) in merito agli istituti aggregati è emblematico delle difficoltà del ruolo che il deputato socialista ricopriva: al momento della presentazione del d.l. Codignola rivendicò pienamente la necessità di differenziazione dei percorsi universitari, giudicando corretta l’intuizione di creare degli appositi strumenti istituzionali per una formazione a metà tra il professionale e lo scientifico (quella dei corsi di
376 Luigi Berlinguer, Una riforma a pezzi, in “Riforma della Scuola”, n. 5-‐6 1965: “Il metodo è ormai quello vecchio: si incapsula il compagno Codignola fra quattro, lo si isola dal movimento e dalla sua base, e si inizia una estenuante trattativa, fatta di parole, di virgole, di sottili equilibri, ma sostanzialmente di un’inesorabile erosione dei principi e di contini ma inevitabili arretramenti. Il fatto però era già stato consumato all’inizio, nel momento in cui ci si è seduti a quel tavolo, in quelle condizioni, totalmente isolati ed indifesi di fronte all’intransigenza di Gui, all’astuzia di Ermini”.
377 Tristano Codignola in merito alle proteste negli atenei sull’”Avanti!” del 2 dicembre 1967, “Occorre dare all’università rimedi concreti. Spero che il provvedimento possa essere approvato sollecitamente dall’assemblea di Montecitorio ed essere quindi inviato al Senato per l’approvazione definitiva”.
378 Proprio Luzzatto descrisse anni dopo questa ambivalenza di Codignola, ricordando un dibattito televisivo in cui la sua difesa del d.l. fu nettissima, seguita però nei mesi dopo dagli sforzi per comprendere le ragioni di un’opposizione tanto netta quanto variegata. Giunio Luzzatto, a cura di, Tristano Codignola e la politica scolastica
diploma) ma, con l’eco montante delle proteste di cui Codignola era senza dubbio il più ricettivo fra i membri della maggioranza, affermava la necessità che tali istituti si concepissero come vere e proprie sezioni delle facoltà379; meno di tre anni dopo, nel corso del breve lavoro
parlamentare in aula del d.l., proprio Codignola si sarebbe fatto promotore dei numerosi emendamenti già citati tesi ad eliminare del tutto la presenza degli istituti dal testo della riforma.
Su questi aspetti, sul ruolo interno al suo partito e l’isolamento che subì nelle trattative interne alla maggioranza, è esplicativo il convegno di Genova dell’aprile ’82, curato anche da Luzzatto e dedicato appunto alla memoria di Tristano Codignola380. Dai ricordi e dagli
interventi dello stesso Luzzatto, di Carlo Pucci (allora assistente dell’UNAU), di Beniamino Placido (ex funzionario della Camera per la VIII Commissione) emerge un ruolo determinante di Codignola (e, secondo Pucci, anche di Luzzatto) nella scrittura originaria del d.l. 2314 di concerto con il ministro Gui, nonché una ferrea volontà di portare a termine l’approvazione della “migliore delle riforme possibili”381.
Questo ruolo di mediazione fra associazioni e maggioranza, assunto da Codignola, è confermato da una lettera a Gui del 2 ottobre ’67, in cui il deputato socialista sollecitava a rivedere di concerto il testo del d.l. con le osservazioni di UNAU e ANPUR (non si citava l’UNURI) che si riteneva necessario mantenere dalla propria parte per facilitare l’approvazione.
379 “Non si tratta di fare tutti dottori, ma di consentire la preparazione professionale a gradi professionali diversi, (senza preclusioni né nelle ammissioni né negli sbocchi) nell’ambito di una visione culturale e scientifica generale. La soluzione di questo difficile problema consiste nell’attribuire alla Università, e non ad altri una molteplicità di compiti: dalla preparazione professionale di alto livello, alla specializzazione scientifica, entro un quadro unitario. Mi pare che a questi fini la creazione degli Istituti aggregati come vere e proprie articolazioni delle facoltà e non come istituzioni parauniversitarie autonome, sia la soluzione più convincente, anche se non ci siano da nascondere i pericoli che possano derivarne se mancherà la vigilanza e l’impegno delle forze universitarie più coscienti e responsabili nella fase di attuazione”. Dall’”Avanti!” del 28 aprile 1965.
380 Racconta Beniamino Placido: “Poi un giorno Codignola venne su in commissione e mi disse Sai, ho proprio
l’impressione che non passi, che non ce la facciamo più. Perché? Il tempo c’è. (Eravamo ancora relativamente
lontani dalla fine della legislatura). Non è il tempo che manca. E’ che tutti, tutti i deputati che sono anche professori
universitari (tutti, anche i nostri compagni) mi hanno vivamente raccomandato, con le lacrime agli occhi, o pressappoco, di non insistere su questa incompatibilità fra mandato politico-parlamentare e cattedra universitaria. Loro fanno la politica, sono deputati, sono ministri o presidenti del consiglio. Non possono farne a meno, devono servire il paese. Ma la cosa a cui più tengono, a cui veramente tengono, che è la loro vita è la cattedra”. Ivi, p. 105.
381 Non a caso anche l’organizzazione degli assistenti, l’UNAU, era l’unica delle tre componenti del Comitato Universitario che auspicava l’approvazione della riforma anche nel 1967, come dimostra la lettera ai deputati Le
attese degli Universitari impegnati per la riforma in merito al d.d.l. 2314 (soppressione degli istituti, maggiore
presenza di tutti i rappresentanti delle categorie inferiori ai docenti di ruolo in tutti gli organi, più potere di voto negli organi, richieste specifiche su full time e premio di operosità da allargare ad assistenti e incaricati esterni), (in ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Gabinetto – Affari Generali, riforma dell’ordinamento universitario, b. 26) e la serie di colloqui avuti con il ministro Gui in quei mesi (e in merito ai quali è lecito supporre un attivo ruolo di Codignola).
Rispetto al quadro appena descritto, assunse un ruolo del tutto politico di posizionamento la presentazione da parte di Codignola, Rosati e La Malfa (quindi di tutte le forze di maggioranza) a poche settimane dalla fine della legislatura di un disegno di legge sulla sperimentazione didattica e scientifica nelle facoltà. Con esso: s’indicava alle facoltà la necessità di sperimentare “nuovi organismi interfacoltà per la realizzazione di forme di organizzazione interdisciplinare di insegnamento e di ricerca”, vale a dire i dipartimenti; si stimolavano sperimentazioni simili sugli esami e sulle modifiche da potere attuare agli ordinamenti didattici; si sollecitava l’ampliamento della composizione degli organi di governo locali, si istituiva un comitato nazionale con tutte le categorie universitarie per coordinare la suddetta sperimentazione382.
Ovviamente un simile progetto non riuscì neanche ad essere debitamente esaminato dal Parlamento e rispondeva unicamente alla necessità di dimostrare una volontà riformistica per le forze di governo, a pochi giorni dal fallimento del d.l. 2.314 e nel pieno della contestazione studentesca.
Della strategia e delle risposte del Partito Comunista Italiano al d.l. 2.314 si è avuto modo di dire precedentemente. Basta qui ricordare che l’opposizione al piano Gui rappresentò per il PCI una sorta di momento costitutivo delle riflessioni sul tema dell’università, sul rapporto scienza/tecnica/professioni e questo è testimoniato dalla presenza sempre più costante del tema sulle pagine delle due riviste comuniste, “Riforma della Scuola” e la più generale “Rinascita”383. A partire dal già citato convegno del ’64 organizzato dalla sezione cultura
(“Scuola, Stato, Società”), l’elaborazione fu permanente e ciò fu in parte determinato dall’attivismo dei giovani comunisti dentro le università e in particolar modo dentro le due principali organizzazioni studentesche nazionali fino all’esplosione piena del movimento studentesco, l’UNURI e l’UGI384.
Il partito decise infatti di applicare uno schema duplice per acquisire credito su un terreno, quello della riforma dell’università, su cui da un lato si percepiva la debolezza del governo e dall’altro i comunisti avevano un disperato bisogno di recuperare in radicamento sociale ed
382 AP, IV Legislatura, Camera dei Deputati, proposta di legge n. 4999, Disposizioni per la sperimentazione
didattica e scientifica nelle università, d’iniziativa dei deputati Codignola, Rosati, La Malfa, presentato il 17 marzo
1968.
383 Particolarmente rilevante il n. 10 1965 del supplemento di “Rinascita”, “Il Contemporaneo”, interamente dedicato alla riforma dell’università e al confronto fra i progetti, in cui si riprendono i temi di critica e proposta della relazione Rossanda e del progetto comunista, con articoli di Luigi Berlinguer, Le basi per una riforma, Claudio Petruccioli, Sviluppi produttivi e istruzione superiore e ovviamente Rossana Rossanda, L’università in