5. Scioglimento anticipato del vincolo contrattuale
5.3 Recesso, risoluzione e cessazione del contratto nel d.lgs. 50/2016, come
5.3.2 Recesso dall’appalto nel d.lgs. 50/2016 (art. 109)
Con la sentenza n. 14 del 20.6.2014, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ha esaminato la questione del rapporto tra revoca del provvedimento di aggiudicazione e recesso dal contratto stipulato per l’affidamento dell’appalto di lavori pubblici, a seguito della questione rimessa, dalla V sezione (Cons. St. ord. del 5.12.2013 n. 5786), relativa alla possibilità per la p.a. di esercitare il potere di revoca dell’aggiudicazione una volta intervenuta la stipula del contratto. L’Adunanza ha affermato il principio secondo cui «nel procedimento di affidamento di lavori pubblici le pubbliche amministrazioni se, stipulato il contratto di appalto, rinvengano sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione, ma devono esercitare il diritto potestativo regolato dall’art. 134 del d.lgs. n. 163 del 2006».
D’altronde una certa interscambiabilità tra revoca e recesso era stata già individuata nell’analisi dell’art. 11, L. 241/90 regolante il recesso dagli accordi amministrativi. In tale evenienza si era sottolineato come avendo tali accordi natura provvedimentale, più che contrattuale, il recesso era a ben vedere una revoca.
Nel contesto degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, l’amministrazione, una volta stipulato il contratto non può più ricorrere al potere di revoca sull’atto prodromico, ma deve utilizzare un rimedio contrattuale o meglio il recesso unilaterale.
Oggi tal diritto potestativo è regolato dall’art. 109, d.lgs. 50/2016 che dispone che la stazione appaltante possa recedere dal contratto di appalto in qualunque momento, previo il pagamento dei lavori eseguiti o delle prestazioni relative ai servizi e alle forniture eseguiti, nonché del valore dei materiali utili esistenti in cantiere nel caso di lavoro o in magazzino nel caso di servizi o forniture, oltre al
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decimo dell'importo delle opere, dei servizi o delle forniture non eseguite.
Il principio di diritto dell’Adunanza Plenaria 2014 è stato così confermato dalla giurisprudenza successiva. In particolare, il Consiglio di Stato, nel premettere che la revoca resta impraticabile dopo la stipula dell’appalto e che, al contrario, prima della stipulazione, l’aggiudicazione è pacificamente revocabile, almeno in astratto, ha ritenuto di dover precisare che, stante la peculiarità delle procedure di evidenza pubblica, le condizioni del valido esercizio della potestà di revoca, vanno definite secondo parametri ancora più stringenti. In tal senso, «l’aggiudicazione della gara a un’impresa che ha diligentemente confezionato la sua offerta in conformità alle prescrizioni della lex specialis può essere validamente rimossa, con lo strumento della revoca, solo nell’ipotesi eccezionale in cui una rinnovata (e, comunque, tardiva) istruttoria ha rivelato l’assoluta inidoneità della prestazione inizialmente richiesta dalla stessa Amministrazione (e, quindi, dovuta dall’aggiudicatario) a soddisfare i bisogni per i quali si era determinata a contrarre»224.
2.1.1. Risoluzione dell’appalto nel d.lgs. 50/2016 (artt. 108, 89)
Tanto l’Adunanza Plenaria n. 14/2014 che la successiva giurisprudenza225, hanno invece ritenuto che il potere di annullamento
d’ufficio dell’aggiudicazione possa essere esercitato
sull’aggiudicazione o su altro atto prodromico anche dopo la stipula del contratto, con inevitabile caducazione dello stesso; ciò, anche dopo l’adozione del nuovo codice dei contratti pubblici, d.lgs.
224 Cfr. Cons. St., sez. III, 10.11.2016, n. 5026.
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50/2016, che invece sembrava propendere verso la scelta di soli rimedi contrattuali.
Il legislatore italiano, nel recepire la direttiva appalti, che contempla espressamente la risoluzione, ha previsto per la stazione appaltante la possibilità di ricorre a tale rimedio contrattuale in presenza dei vizi individuati dalla Direttiva (art. 108, d.lgs. 50/2016, comma 1) e l’obbligo di risoluzione in altre ipotesi di cui al comma 2, della norma.
Nel rilevare che tra i vizi che possono portare alla risoluzione del contratto di appalto, compaiono anche delle ipotesi che rendono illegittima l’aggiudicazione, sorge il quesito circa il rapporto tra il potere di autotutela rectius di annullamento d’ufficio con conseguente caducazione dell’appalto e quello di risoluzione del contratto. Si potrebbe ipotizzare che la previsione del rimedio contrattuale possa sostituire il ricorso all’autotutela; così come l’Adunanza Plenaria aveva ritenuto che la previsione del recesso sostituisse il ricorso al potere di revoca sull’atto presupposto al contratto.
Tuttavia il legislatore, con l’adozione del correttivo del 19.4.2017, al codice dei contratti, ha preferito ribadire l’esistenza del potere di annullamento d’ufficio anche una volta che il contratto fosse concluso; sottraendo peraltro il potere di annullamento al termine di 18 mesi di decadenza, previsto dalla Legge Madia per i provvedimenti attributivi di vantaggi economici. E’ stato così inserito il comma 1 bis che statuisce: “Nelle ipotesi di cui al comma 1 non si applicano i termini previsti dall’articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n.241”.
Tale scelta tuttavia non pare essere stata compiuta in modo netto; la norma rinvia solo alle ipotesi di risoluzione facoltativa di cui
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al comma 1, mentre nulla dice per quelle di cui al comma 2, ove invece il legislatore prevede l’obbligo di risoluzione del contratto226.
Inoltre, negli altri commi, permane il riferimento alla risoluzione contrattuale che viene regolata similmente alla disciplina civilistica. Presuppone, infatti, un grave inadempimento dell’appaltatore ed è prevista, di diritto, nelle ipotesi di ritardo per negligenza dell’appaltatore, scaduto il termine di messa in mora. In tal caso, la risoluzione sembrerebbe non avere un effetto retroattivo poiché il legislatore stabilisce che all’appaltatore spetti soltanto il pagamento delle prestazioni relative ai lavori, servizi o forniture regolarmente eseguiti, decurtato degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto (comma 5).
5.3.3 Cessazione, risoluzione e revoca della concessione nel d.lgs.