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RECESSO DEL DATORE DI LAVORO: FATTISPECIE E RIMED

Nel documento Il controllo giudiziale sui licenziamenti (pagine 74-78)

Il datore di lavoro è dotato di potere di recesso, soggetto tuttavia al sindacato giudiziale. Il licenziamento conseguente al notevole inadempimento degli obblighi del lavoratore corrisponde e, secondo i più, riassorbe170, in ambito

giuslavoristico, la risoluzione giudiziale per inadempimento dei contratti sinallagmatici, ma rappresenta, in relazione alle garanzie procedimentali di cui all’art. 7 st. lav., solo un equivalente funzionale del potere disciplinare171. I due

poteri, pur essendo entrambi di natura contrattuale, restano strutturalmente, e dal punto di vista causale, distinti come ben ha affermato Corte cost. n. 586/1989172. Il primo è, infatti, strumentale alla predisposizione del substrato

aziendale che consente al lavoratore di adempiere alla sua obbligazione principale e si esprime, perciò, anzitutto, nella formazione del codice disciplinare. Il potere di licenziamento per giustificato motivo soggettivo e per giusta causa salvaguarda, invece, la possibilità della parte fedele a mettere in discussione la sopravvivenza del contratto in caso d’inadempimento degli obblighi fissati nel regolamento contrattuale e prescinde, pertanto, dal contenuto del codice disciplinare.

170 MAZZOTTA,Il recesso, la giustificazione del licenziamento, la tutela reale, Milano, Giuffrè, 2005, 62; se non fosse totalmente irrealistico per la deformazione dei tempi processuale, si dovrebbe però dar ragione a MANCINI,Il recesso unilaterale ed i rapporti di lavoro, Milano,Giuffrè, 1965, 77

secondo il quale sul punto sono state scritte «molte cose inesatte». Se si ragiona nell’ottica dei contratti di durata, il parametro dell’art. 3, l. n. 604 del 1966 e quello di diritto comune sono, infatti, equivalenti tra loro (MONTUSCHI 1973, Potere disciplinare e rapporto di lavoro, Milano, Giuffré, 1973, 28 e ss.; TULLINI, Contributo alla teoria dei licenziamenti per giusta causa, Milano, Giuffré, 1994, 200 ss.).

171 Contra, invece, ICHINO,Il contratto di lavoro,Milano, Giuffré, 2003, 474, che propende per una piena riconduzione del licenziamento al potere disciplinare.

La comunanza tra i due poteri, che giustifica l’applicazione ad entrambi del principio audiatur et altera pars, non risiede nel carattere sanzionatorio, che è inesistente in quello risolutorio per inadempimento173 ma va, piuttosto, cercata

nel comune presupposto dell’inadempimento nonché nel fatto che i due poteri vengono esercitati in via stragiudiziale174. Trattandosi di provvedimenti idonei a

riverberarsi sulla «personalità stessa del lavoratore» al quale viene imputato di aver violato la legge contrattuale175, è necessario, come affermato in dottrina176,

che il legislatore preveda specifici accorgimenti protettivi che devono essere assolti prima dell’esercizio dei poteri stessi177.

Come si sa, è recentemente intervenuta la riforma Fornero, per molti considerata ‘epocale’, che ha modificato sensibilmente la disciplina sui licenziamenti ed in particolare il loro apparato sanzionatorio. La prima cosa da dire a proposito della nuova disciplina dei licenziamenti è quello che la riforma non fa. La riforma non incide sui requisiti sostanziali di validità del licenziamento, che restano identici a prima. La regola generale che stabilisce i limiti alla facoltà di recesso del datore di lavoro è contenuta nella legge sui licenziamenti individuali, la 604/1966, che all’articolo 1 dispone: «Nel rapporto

di lavoro a tempo indeterminato, intercorrente con datori di lavoro privati o con enti pubblici, ove la stabilità non sia assicurata da norme di legge, di regolamento e di contratto collettivo o individuale, il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell’articolo2119 del Codice civile o per giustificato motivo».

Si può quindi affermare che i criteri in base ai quali i giudici decidono se un licenziamento è valido o meno, come elaborati in oltre 40 anni dalla giurisprudenza, continueranno a essere gli stessi. Rimane integra la garanzia del

173 MOSCO,La risoluzione del contratto per inadempimento, Napoli, Jovene, 1950, 18 ss.. 174 NAPOLI,Stabilità reale del rapporto di lavoro,Milano, Franco Angeli,1980, 144 ss..

175 Così, in relazione alla giusta causa, Cass., S.U. n. 4844/1994, in Giust. civ. Mass. 1994, 676. 176 NAPOLI, op. cit,, 1980, 227.

lavoratore a essere licenziato solo per un motivo giustificato, così come rimane il fatto che, in presenza di una giusta causa o un giustificato motivo, nulla spetta al lavoratore licenziato, salvo il preavviso in caso di giustificato motivo.

La riforma dell’art. 18 St. Lav. va calata nel contesto normativo generale nel quale molte cose sono rimaste inalterate e alcune sono cambiate. Qui di seguito le modifiche più significative apportate dalla recente riforma:

- l’ art. 2 L. 604/66 che prevede la comunicazione contestuale dei motivi del licenziamento “Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve

comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato. Il licenziamento intimato senza l'osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace” (art 2 L. 604/66);

- l’art 1 c. 41 L. 92/2012 che fa retroagire gli effetti del licenziamento alla data della contestazione disciplinare: «Il licenziamento intimato all'esito del

procedimento disciplinare di cui all'articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, oppure all'esito del procedimento di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dal comma 40 del presente articolo, produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo e' stato avviato, salvo l'eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennita' sostitutiva; e' fatto salvo, in ogni caso, l'effetto sospensivo disposto dalle norme del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela della maternita' e della paternita', di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Gli effetti rimangono altresi' sospesi in caso di impedimento derivante da infortunio occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato»;

- l’art 18 c. 10 L. 300/70 che permette la revoca del licenziamento superando l’orientamento giurisprudenziale che ritenendo il licenziamento un atto unilaterale recettizio non riteneva revocabile unilateralmente una volta comunicato al lavoratore con diritto comunque per il lavoratore al risarcimento

del danno178 «Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purche' effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo»179.

Il resto del quadro normativo rimane immutato180.

Si può quindi afffermare che le nozioni di giusta causa e giustificato motivo sebbene non toccate formalmente dalla riforma lo sono surrettiziamente.

SEZ.1).-NELLACONDOTTADELLAVORATORE

Il licenziamento per motivi inerenti alla condotta del lavoratore, ovvero disciplinare, può essere intimato in presenza di una giusta causa (art. 2119 cod.

178 Cass. Civ., sez. lav., 26 ottobre 1984, n. 5474, in Riv. it. dir. lav. 1985, II,478; Cass. Civ., sez. lav., 12 ottobre 1993, n. 10085, Giust. civ. Mass. 1993, 1464 (s.m.), Mass. giur. lav. 1993, 667.

179La revoca deve avere forma scritta (VALLEBONA A., op. cit., 2012). La disciplina della revoca si applica solo ai licenziamenti in tutela reale (VALLEBONA A., op. cit., 2012).

180 Rimangono immutati:

-l’art. 2 L. 604/66 che prevede la forma scritta del licenziamento e la comunicazione dei motivi (che oggi deve avvenire contestualmente al licenziamento);

-l’art. 2119 c.c. e l’art. 3 L. 604/66 non sono mutati nella definizione del licenziamento per giusta causa e giustificato motivo soggettivo come “notevole inadempimento”;

-l’art. 5 L. 604/66 non è mutato in punto di onere della prova della legittimità del licenziamento; -l’art. 2106 c.c. non è mutato in punto di requisito di proporzionalità per la legittimità della sanzione;

-l’art. 7 St. Lav. non è mutato ed anzi sul punto è opportuno chiarire che pacificamente: -le procedure previste dall’art. 7 c. 1- 3 hanno tutela costituzionale dalle sentenze:

1. Corte Cost 204/’82 che ha chiarito come «Una volta introdotta con i commi secondo e terzo

l'osservanza del contraddittorio tra datore e lavoratore quale indefettibile regola di formazione delle misure disciplinari, l'escluderne il licenziamento disciplinare sol perché la sua normativa non richiama l'art. 7 suona offesa dell'art. 3 Cost. pur a prescindere dalla maggiore gravità del licenziamento rispetto alle altre misure disciplinari»;

2. Corte Cass. S.U. 3965/’94 recependo le indicazioni della Corte Cost. ha ulteriormente chiarito che «Il licenziamento intimato a motivo di una colpevole condotta del prestatore di lavoro, sia pur

essa idonea a configurare la giusta causa di cui all'art. 2119 c.c., ha natura "ontologicamente" disciplinare ed implica, per tale ragione, la previa osservanza delle garanzie procedimentali di irrogazione stabilite dall'art. 7 della l. 20 maggio 1970, n. 300, la cui violazione, tuttavia, non comporta nullità dell'atto di recesso, ma lo rende ingiustificato».

civ.), vale a dire una condotta del lavoratore di tale gravità da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro, o di un giustificato motivo soggettivo (art. 3, legge 604/1966), vale a dire un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore.

Una volta esercitato il potere di recesso da parte del datore di lavoro, resta la possibilità per il lavoratore di rivolgersi al sindacato giudiziale, che può essere chiamato a valutarne la legittimità. Subentrano quindi problematiche processuali, quali la distribuzione dell’onere della prova181 che in materia di

licenziamento individuale è regolata dall’art. 5, L. n. 604/1966, secondo il quale l’onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro.

Il licenziamento ingiustificato può quindi conservare alla stregua dell’art. 8 la propria efficacia risolutiva, nel regime della L. 604/1966, da cui quindi deve dirsi salvaguardato il potere del datore di lavoro di estinguere anche immotivatamente il rapporto, salva l’efficacia dissuasiva dell’onere economico182.

Diverse sono solo le ipotesi che possono indurre il datore di lavoro a comminare il licenziamento al lavoratore a causa della sua condotta, da cui quindi le diverse ipotesi che ne definiscono i tratti peculiari e segnano i confini della legittimità dell’operato del datore.

§ a). - Le conseguenze dell'accertata illegittimità del

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