Come sottolineato nelle pagine precedenti, la disciplina dell’accesso e dell’interconnessione disegna un’asimmetria tra le
imprese presenti nel settore delle comunicazioni elettroniche. Da una
parte vi sono i nuovi entranti, che pur gestendo reti e offrendo servizi
non esercitano alcun potere condizionante. Dall’altra parte si pongono
gli incumbents, detentori della maggior parte delle risorse
infrastrutturali e che soddisfano buona parte della domanda di servizi.
Tali imprese operando quindi sia nel mercato wholesale dei servizi
per gli operatori alternativi, che nel mercato retail per i servizi finali
147 G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1958. 148 Art. 2, comma 2 lett. a), 20/2002/CE.
149 M. Clarich, A. Boso Caretta, Il nuovo sistema delle autorizzazioni per le reti e i servizi
di comunicazione elettronica, cit.; A. Alì, Le autorizzazioni generali di reti e servizi di comunicazione elettronica, in M. Clarich e G. F. Cartei (a cura di), Il Codice delle Comunicazioni Elettroniche, 2004, p. 158 ss.
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all’utenza, possono influenzare entrambi i mercati mettendo in atto
politiche abusive150.
Tra le politiche utilizzate vi è quella dei sussidi incrociati, ovvero una situazione in cui un’impresa che detiene una posizione dominante
e che opera tramite una struttura verticalmente integrata, imputa i costi
di una sua attività svolta in un mercato all’attività svolta sul mercato di
un altro prodotto151.
Di conseguenza i controlli sui servizi al dettaglio sono limitati ai casi in cui le misure all’ingrosso non raggiungono gli obiettivi di
garantire la concorrenza effettiva152.
Sugli incumbents gravano degli obblighi, strumenti con cui
mimare una concorrenza dinamica153, finalizzati a riequilibrare il
mercato. In questa circostanza utili sono i rimedi asimmetrici, ovvero
vincoli pubblicistici che gravano solo su una parte degli organismi
presenti sul mercato154.
150 A. Gavosto, La definizione dei mercati rilevanti nella telefonia fissa, in R. Perez (a cura di), Il nuovo ordinamento delle comunicazioni elettroniche, op. cit., pag. 69.
151 M. B. Pieraccini, Le c.d. cross-subsidizations: profili giuridici e disciplina
nell'ordinamento comunitario e interno, in Il diritto dell’Unione Europea, IV, 1996.
152 Art. 67, D. Lgs. n. 259/2003.
153 G. Nava, L'evoluzione della regolamentazione ex ante nelle comunicazioni elettroniche:
il ruolo della Commissione e dei Regolatori nazionali tra diritto della concorrenza e politica industriale, cit.
154 L. Saltari, Accesso e interconnessione. La regolazione delle reti di comunicazione elettronica, op. cit., p. 34.
85
L’Agcom, identificata un’impresa come dominante e notificata
alla Commissione, esercita le proprie funzioni applicando rimedi tipici
in rispetto della libertà di impresa e della esigenza di certezza del
diritto155.
Nella scelta dei rimedi da applicare, le autorità nazionali hanno la
facoltà di scegliere quelli più appropriati, in base alle specifiche
condizioni concorrenziali del mercato.
Tra i rimedi applicabili, il primo utilizzabile è il controllo dei
prezzi, che si esplica o nell’imposizione di prezzi regolati ex ante dal
regolatore, oppure in un obbligo di attenersi al principio dell’orientamento al costo.
Un principio questo non facile da concretizzare in cifre, perché
prevede che il prezzo dell’input offerto nel mercato all’ingrosso deve essere pari a quello offerto dall’incumbent nel mercato retail. Altri
modelli più sofisticati per il calcolo dei costi all’accesso sono il top
down156, che si ispira ai costi dell’operatore dominante esistente; o il
bottom up, prezzo che riflette i costi di un’ideale operatore efficiente157.
155 M. Clarich, R. Cassano, L’imposizione degli obblighi ex ante nel nuovo quadro
normativo delle comunicazioni elettroniche, cit., p. 29.
156 Costituisce una delle tecniche di stima più utilizzate nelle fasi iniziali quando ancora non si hanno informazioni sufficientemente dettagliate. Il metodo top down prevede la valutazione e la stima dei costi per analogia rispetto a precedenti progetti o, come in questo caso, rispetto ai costi dell’incumbent.
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Metodo popolare tra i regolatori è il network cap, una programmazione pluriennale dei prezzi che l’impresa è autorizzata ad
applicare. Il percorso prevede un arco di riduzione temporale dei prezzi, obbligando l’impresa a raggiungere un livello di efficienza per non
subire perdite. Se da un lato tale strumento dà agli operatori alternativi maggiore certezza riguardo all’andamento delle tariffe di accesso e
interconnessione, dall’altro il difetto maggiore è la possibilità che
l’impresa obbligata, invece di ridurre i costi per non perdere i profitti,
degradi la qualità del servizio158.
Dopo il controllo dei prezzi, altro rimedio è la trasparenza, obbligo imposto all’operatore dominante di presentare offerte di riferimento
disaggregate, distinguendo quindi voce per voce, sui prodotti e servizi che vende all’ingrosso159.
È un adempimento indispensabile per verificare che i prezzi siano effettivamente orientati al costo, o per controllare che l’incumbent non
effettui sussidi incrociati per compensare quelli non competitivi con
altri positivi, facendo pagare il conto della differenza ai concorrenti.
158 C. Cambini, P. Ravazzi, T. Valletti, Il mercato delle telecomunicazioni elettroniche, op. cit., p. 151.
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Connesso alla trasparenza, è l’obbligo di non discriminazione160.
L’operatore dominante deve gestire i propri concorrenti, che dipendono
dalla sua rete, nello stesso modo in cui si rivolge alle proprie divisioni
commerciali. L’applicazione dell’obbligo di non discriminazione nella
fornitura dei servizi, da parte dell’impresa dominante, ha portato all’affermazione di una regola che rispecchia la scala degli
investimenti, cioè che il prezzo per l’accesso disaggregato deve essere
minore del prezzo al dettaglio del servizio offerto all’utenza161. Si ha
così un rimedio utile a controllare possibili price squeeze, la compressione dei prezzi. L’operatore dominante aumenta il costo dei
servizi all’ingrosso abbattendo i prezzi delle proprie offerte ai clienti
finali, così da ridurre i margini di profitto che i concorrenti possono
conseguire nei mercati al dettaglio.
Il principio della trasparenza gestionale delle società operanti nel
settore delle comunicazioni è un cardine dell'apertura del mercato alla
concorrenza, realizzabile attraverso la previsione del rimedio della
separazione contabile o, in casi eccezionali, della separazione
funzionale delle attività di rete dalla fornitura di servizi retail162.
160 Art. 47, D. Lgs. n. 259/2003.
161 E. Gallo, E. Pontarollo, Modelli alternativi di concorrenza nelle telecomunicazioni:
l’approccio italiano, cit., p. 531.
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La separazione contabile riguarda un criterio di imputazione dei
dati di bilancio. L’effettiva applicazione del principio della non
discriminazione e quindi della parità di trattamento è indispensabile per
gli altri operatori per competere ad armi pari con l’operatore
dominante163. Quest’ultimo è perciò obbligato a gestire le scritture
contabili come se fossero elementi analitici di informazione, in maniera
tale da identificare separatamente i costi e i ricavi di ciascun ramo di
attività164, e quindi a rendere trasparenti i propri prezzi all’ingrosso.165
Finalità importante è l’iscrizione contabile delle attività di
installazione e gestione dell’infrastruttura in forma separata da quella
di fornitura del servizio166, necessaria per verificare l’insussistenza di sussidi incrociati e di pratiche discriminatorie.
La contabilità è ovviamente certificata da soggetti terzi
indipendenti, il che facilita l’autorità a vigilare sulla congruenza delle condizioni all’ingrosso con quelle al dettaglio, vigilando quindi su
possibili discriminazioni167.
163 L. Saltari, Accesso e interconnessione, La regolazione delle reti di comunicazione elettronica, op. cit., p. 102.
164 H. Caroli Casavola, Il principio di separazione contabile, societaria e proprietaria nei
servizi pubblici, in Mercato Concorrenza Regole, III, 2001, p. 470.
165 Art. 48, D. Lgs. n. 259/2003. 166 Art. 8, L. 249/1997.
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In circostanza eccezionali, l’autorità può imporre, su
autorizzazione della Commissione, il rimedio della separazione
funzionale della rete di accesso168, strumento utilizzato come risposta
alla domanda di concorrenza infrastrutturale169.
Migliori condizioni di accesso alla rete unica possono
disincentivare gli operatori alternativi a sopportare i costi per la
realizzazione di una propria rete, trovando più economico utilizzare quella dell’incumbent. Per tale motivo circostanza eccezionale per
l’imposizione della separazione è l’impossibilità di sviluppare
infrastrutture alternative170.
Con la separazione funzionale, si conferiscono ad un’entità
commerciale indipendente tutte le attività connesse alla gestione della
rete di accesso, creando una separazione tra la divisione che offre l’accesso alla rete e il ramo commerciale. Lo scopo è raggiunto con la
creazione di una divisone caratterizzata dalla presenza di un board di
vigilanza indipendente; guidata da un management distinto con
obiettivi diversi rispetto a quelli del ramo opposto, e da un brand
proprio171.
168 Art. 13 bis e ter, 2002/19/CE, e art. 50 bis e ter, D. Lgs. n. 259/2003. 169 S. Frova, Il declino delle TLC italiane, cit., p. 287.
170 F. Marini Balestra, Manuale di diritto europeo e nazionale delle comunicazioni
elettroniche, op. cit., p. 185 ss.
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La separazione funzionale segue il principio della non
discriminazione, non solo sul prezzo, sulla qualità e sulla tempistica
nella fornitura, ma soprattutto sulla creazione di una muraglia cinese
informativa172, che comporta la creazione di diverse strutture aziendali a sé stanti, impedendo così la comunicazione di notizie commerciali
lesive del libero gioco della concorrenza.
In più, favorisce, la concorrenza nel settore, perché simula
meccanismi di mercato nei casi in cui era escluso, operando come rimedio correttivo alle residue posizioni di forza all’interno del
mercato173.
La separazione funzionale ridisegna i processi aziendali interni per
assicurare la non discriminazione all’accesso dei servizi di rete. Infatti da un’unica impresa verticalmente integrata, si passa ad un’impresa
composta da più divisioni indipendenti con differenti processi
produttivi e di fornitura174.
172 S. Mannoni, La regolazione delle comunicazioni elettroniche, op. cit., p. 131.
173 H. Caroli Casavola, Il principio di separazione contabile, societaria e proprietaria nei
servizi pubblici, cit., p. 489ss.
174 F. Marini Balestra, Manuale di diritto europeo e nazionale delle comunicazioni
elettroniche, op. cit., p. 192. La divisione funzionale prevista da Ofcom mira
all’equivalence of input, British Telecom acquista il medesimo servizio di rete che
acquistano gli operatori alternativi, alle stesse condizioni e con le stesse procedure. Questo il modello ratificato a livello normativo, art. 50 bis, comma 2, D. Lgs. 1° agosto 2003 n. 259.
91
L’istituto giuridico che permette la nascita di queste soluzioni e
che ha permesso nel caso italiano la creazione di Open Access, è quello
degli impegni175.
Non diversamente, Open Access nasce da obblighi assunti da
Telecom Italia a fronte di procedimenti che avrebbero potuto chiudersi
con sanzioni176.
Istituita nel 2008, la divisione si occupa dello sviluppo e
manutenzione delle infrastrutture di rete, della gestione dei processi
produttivi e della fornitura dei servizi di accesso nonché dell’assistenza
tecnica relativa ai predetti servizi.
Fino al 2015 non si interfacciava direttamente con gli operatori
alternativi, i quali invece si rivolgevano alla divisione wholesale che
veicolava le richieste alla stessa open access, dando vita a diverse
procedure di fornitura di servizi, in una logica di parità177.
175 M. Clarich, R. Cassano, L’imposizione degli obblighi ex ante nel nuovo quadro
normativo delle comunicazioni elettroniche, cit., p. 30. Sono strumenti del diritto antitrust,
che comportano l’assunzione di obblighi da parte delle imprese destinatarie di procedimenti. Le imprese in questo modo, non vedono accertata la propria responsabilità, evitando sia l’irrogazione di una sanzione, che gli effetti negativi connessi all’accertamento di un illecito.
176 AGCOM delibera n. 718/08/CONS.
177 F. Marini Balestra, Manuale di diritto europeo e nazionale delle comunicazioni
92
Da novembre 2015, allo scopo di rafforzare le garanzie di parità di
trattamento178 tra le direzioni commerciali retail di TIM e gli altri
operatori, è stata costituita la Direzione Unica. Nel nuovo modello TIM
retail viene equiparato ad un operatore alternativo infrastrutturato, che
acquista i servizi di accesso di base e le correlate prestazioni di
manutenzione attraverso la medesima organizzazione, cioè la Direzione
Wholesale.
La separazione funzionale è quindi già realtà sulla rete Tim con
Open Access, che garantisce la parità di trattamento per l’accesso,
sempre sotto la supervisione di un organo di vigilanza nominato da
Agcom.
Inoltre, una delle prospettive avanzate per il futuro della rete
potrebbe essere la societarizzazione dell’infrastruttura, includendola in
una società ad hoc per consentire la piena trasparenza contabile della
rete, ma che in ogni caso rimarrebbe sotto il controllo dell’operatore.
Ad ogni modo la separazione risulta uno strumento essenziale per
garantire un livello di concorrenza tale da limitare il potere
178 L’istruttoria dell’AGCM n. A428, ha evidenziato che gli impegni di open access non hanno garantito agli operatori alternativi, nel periodo 2009-2011, condizioni efficienti e non discriminatorie di accesso ai servizi.
93
dell’incumbent, tuttora in condizione di porre in essere pratiche
anticoncorrenziali179.
179 A. Castaldo, Innovazione tecnologica e criticità regolatorie nel settore delle
telecomunicazioni, in A. Castaldo, S. da Empoli, A. Nicita, (a cura di), La tripla convergenza, Carrocci editore, Roma, 2008, p. 33.
94
Capitolo III
La Convergenza e le reti di nuova generazione 1. La Convergenza mancata
Il termine comunicazione elettroniche si riferisce a qualsiasi forma
di diffusione di segnali di comunicazione, veicolabile su diverse
tipologie di infrastrutture quali reti fisse e mobili, rete satellitare, in
fibra ottica o basate sullo sfruttamento delle radiofrequenze. Ma non
solo, perché include anche la diffusione dei programmi sonori e
televisivi, e i relativi sistemi di trasporto sulle reti. Ne discende, quindi,
che in applicazione del fenomeno della convergenza delle tecnologie il
telefono, la televisione e Internet utilizzano ora le stesse piattaforme
tecnologiche1.
La convergenza viene definita per la prima volta nel Libro Verde
del 19972, dal quale si evince che questa consiste nella capacità di
differenti piattaforme di rete di gestire gli stessi servizi.
Il fine del Libro è di adeguare la disciplina di settore (ormai
obsoleta in quanto contrappone le telecomunicazioni3 alla
1 L. G. Radicati di Bronzolo, Il nuovo quadro delle comunicazioni elettroniche.
Convergenza, concorrenza, regolazione e asimmetria, cit.
2 COM (97) 623 del 3 dicembre 1997.
95
radiodiffusione4) alla nuova possibilità di utilizzare qualsiasi rete per il trasporto del medesimo servizio5.
Questa possibilità è nata con l’avvento di innovazioni
tecnologiche quali la telematica e il passaggio dal sistema analogico a
quello digitale, che hanno reso possibile la conversione di molti tipi di
dati, suoni e immagini in messaggi binari, successivamente
immagazzinati, manipolati e trasmessi su ogni rete6. Quest’ultima innovazione ha poi permesso di trasmettere su una singola frequenza
quattro o cinque programmi televisivi, anziché uno soltanto, ottimizzando così l’uso della risorsa radio frequenziale e
moltiplicandone la capacità di trasporto7.
L’impiego del digitale terrestre ha permesso, quindi, alla
televisione di parlare la stessa lingua del computer e dei cellulari8.
Il progresso nel campo della tecnica ha inciso fortemente nel
settore economico come in quello normativo. Con la convergenza si ha
una modifica delle strategie di business degli operatori, che ha
4 Attività destinate alla diffusione di messaggi audio-video. 5 Considerando n.5, direttiva 2002/ 21/ CE.
6 L. Solimene, Dal manufacturing ai servizi. Gli effetti della convergenza nelle
telecomunicazioni, in Economia dei servizi, II, 2008, p. 183.
7 Per il passaggio alla tecnologia del digitale nel campo delle radiofrequenze, si rimanda al Capitolo II, p. 71 ss.
8 V. Basili, Timidi segnali di convergenza. La Rai forse muove verso l’Iptv. Sarà la volta
96
comportato un’espansione dell’operatività nei settori contigui a quello
originale9, dando vita ad un nuovo mercato integrato.
I fornitori di reti e servizi di comunicazione si sono posti lungo
tutta la filiera, producendo, distribuendo e diffondendo contenuti
televisivi attraverso proprie IPTV10, così da permettere alle tradizionali
compagnie telefoniche e televisive di integrarsi tra loro11, costituendo
specifiche joint ventures.
Emblematico è il caso del telefono cellulare che, da mezzo
tipicamente utilizzato per la comunicazione intersoggettiva, è ora in
grado di ricevere non solo suoni, ma anche immagini e video.
La nascita del nuovo mercato delle comunicazioni ha comportato
la produzione di un quadro normativo, introdotto con le Direttive del
200212, per la realizzazione della convergenza regolamentare. Il
legislatore ha così sostituito la vecchia regolazione verticale con una
9 A. Stazi, Mercati emergenti tra convergenza e concorrenza. Il caso della televisione in
mobilità, Milano, Giuffré, 2006, p. 6. Ad esempio le società telefoniche che offrono servizi
televisivi fruibili dal telefonino, o viceversa le imprese televisive che sviluppano propri servizi di broadcasting interattivo.
10 L. Solimene, Dal manufacturing ai servizi. Gli effetti della convergenza nelle
telecomunicazioni, op. cit., p. 184. Un esempio di iptv era la tv di Fastweb, lanciata nel
2001 e che necessitava di un decoder fornito direttamente dall’azienda. L’iptv non si propagava via etere e non necessitava di antenne per la ricezione del segnale, perché viaggiava sulle reti telefoniche. Dalla fruizione dei contenuti in modalità brodcast, tutti gli utenti ricevono lo stesso messaggio, si passò a quella unicast, personalizzazione dei palinsesti.
11 F. Graziadei, G. Rizzo, A. Stazi, Reti e contenuti nella prospettiva della convergenza:
scenari ed opzioni aperte dallo sviluppo del digitale, in Il diritto dell‘informazione e dell‘informatica, III, 2005.
97
orizzontale, applicabile a tutte le infrastrutture13. Corollario per una corretta regolazione delle reti è il principio della regolazione
tecnologicamente neutra14, come capacità del sistema di non
discriminare, favorire o danneggiare una determinata piattaforma ma di
applicare la medesima disciplina a tutte le reti e servizi,
indipendentemente dal supporto15.
I regolatori perseguono questo principio in due modi diversi. Con
un approccio che tende a massimizzare il benessere dei consumatori, intervenendo solo per proteggere l’utente finale, indipendentemente dal
numero di operatori o dallo standard tecnologico adottato16. O, al contrario, con uno che pone l’accento sul ruolo svolto dalla concorrenza
intesa come selezione competitiva, così da permettere allo standard
tecnologico più efficiente di affermarsi secondo le logiche del
mercato.17
13 D. Iello, L. Muselli, Concorrenza e regolazione nel nuovo codice delle comunicazioni
elettroniche, in Il Foro amministrativo T.A.R, VI, 2004, p. 1940 ss.
14 Art. 8, direttiva 2002/ 21/ CE, Art 4, comma 3, lett. h), D. Lgs. 1° agosto 2003 n. 259 15 M. Libertini, A. Nicita, Convergenza e Concorrenza nelle comunicazioni elettroniche:
la difficile transizione italiana, in A. Castaldo, S. da Empoli, A. Nicita, (a cura di), La tripla Convergenza, Roma, Carrocci Editore, 2008, p. 97. Ss.
16 M. Libertini, A. Nicita, Convergenza e Concorrenza nelle comunicazioni elettroniche:
la difficile transizione italiana, op. cit., p. 131.
17 A. Castaldo, Innovazione tecnologica e criticità regolatorie nel settore delle
telecomunicazioni, in A. Castaldo, S. da Empoli, A. Nicita, (a cura di), La tripla Convergenza, op. cit., p. 22 ss.
98
Entrambi presentano costi e benefici contrapposti, perché efficaci
a difendere le posizioni dei soggetti già presenti o al contrario, gli
investimenti dei nuovi entranti.
In secondo luogo, funzionale alla creazione del mercato integrato
è la convergenza dei titoli abilitativi che subordina tutti i servizi e le reti
di comunicazione, in maniera indipendente dalle tecnologie e dai supporti utilizzati, ad un’unica autorizzazione generale18.
Ebbene, nonostante la digitalizzazione abbia avvicinato realtà che
erano distanti, la convergenza non è completa e ancora oggi sussiste di
fatto una netta distinzione tra principi e regole in tema di comunicazioni
e di servizi media audiovisivi.
La presenza di due corpi normativi distinti, il Codice delle
Comunicazioni Elettroniche e il Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi, non consente l’applicazione di una disciplina unitaria dal
momento che sono fatte salve espressamente le norme speciali in
materia di reti, utilizzate per la diffusione circolare di programmi sonori
e televisivi19.
18 A. Valli, Profili legali e regolamentazione della convergenza di tecnologie e servizi nelle
comunicazioni elettroniche: l’impatto della nuova disciplina europea, in Diritto del commercio internazionale, III, 2002, p. 539 ss. Si rimanda al Capitolo II, p. 79 ss, per una
completa descrizione del fenomeno.
19 N. Rangone, Il Codice delle Comunicazioni Elettroniche, in Giornale di diritto
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Questo diverso trattamento dei contenuti in base alle piattaforme
risulta tuttavia incompatibile con la nozione di convergenza finora
descritta e soprattutto, anacronistico se si considera il controllo alquanto
superficiale o quasi assente dei servizi audio e video trasmessi sulla rete
Internet20.
Si pensi anche alle teorie secondo le quali la digitalizzazione dei
contenuti televisivi avrebbe spinto gli operatori di telecomunicazione a
offrire contenuti audiovisivi congiuntamente a servizi telefonici21, o che
i broadcasters avrebbero potuto offrire servizi di comunicazione come
nel mercato americano22.
I settori sono pertanto rimasti separati: nel campo televisivo non si
è mai raggiunto lo sviluppo del cavo coassiale, come possibile
alternativa allo strapotere degli incumbents23; i simmetrici tentativi
delle imprese telefoniche di dar vita a proprie tv su reti adsl, sono tutti
falliti24.
20 V. Zeno Zencovich, Presupposti ed equivoci della tripla convergenza, in A. Castaldo, S. da Empoli, A. Nicita, (a cura di) La tripla Convergenza, Roma, Carrocci Editore, 2008, p. 158.
21 M. Libertini, A. Nicita, Convergenza e concorrenza nelle comunicazioni elettroniche: la
difficile transizione italiana, op. cit., p. 125.
22 I. Volgelsang, The Endgame of telecommunications policy? A survey, in Review of
Economics, 2013.
23 L. Hou, P. Valcke, D. Stevens, Can open internet be imposed upon European CATV
networks?, in Telecommunications policy, 2013, p. 970 ss, e in F. Gobbo, Politiche