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I. I L PANORAMA FOTOGRAFICO NELLA BRD TRA IL 1959 E IL

1. Renaissance di Walter Benjamin negli anni Sessanta

Su un fenomeno, in particolare, di questo periodo ci sembra innanzitutto necessario richiamare l‟attenzione, in quanto decisivo ai fini del nostro studio, vale a dire il processo di graduale cambiamento del concetto di fotografia: a partire dagli anni Sessanta, infatti, sembra inaugurarsi una nuova visione, uno sguardo nuovo sul medium fotografico.

Rivelatrici appaiono, a questo proposito, le parole dello storico dell‟arte e curatore tedesco Janos Frecot, che ricorda, a trent‟anni di distanza, come negli anni ‟60 “iniz[i] a svilupparsi la consapevolezza che la fotografia potesse essere qualcosa di più di un passatempo per amatori che si entusiasmano per la tecnica fotografica e per i capolavori convenzionali”77. Facendo invece riferimento al panorama culturale tedesco della fine degli anni Cinquanta, Frecot lamenta la mancanza di occasioni di scambio e condivisione – limitate a pochissimi specialisti – per coloro che iniziavano a interessarsi alla fotografia come medium artistico dotato di una propria storia; l‟assenza di spazi culturali dedicati all‟insegnamento e all‟esposizione della fotografia; e la penuria di libri e riviste specializzate78. A partire dagli anni Sessanta, stando alle dichiarazioni di Frecot, sarebbe invece aumentata la diffusione di alcune riviste fotografiche inclini ad affrontare gli aspetti teorici79 del mezzo –

76 Una fotografia di McBride, in particolare, è stata etichettata come “l‟immagine scandalo del decennio”: lo scatto della moglie Barbara incinta, colta di profilo e con i jeans aperti. Ibidem.

77 J. Frecot, vom Föderalen Foto-Förderungs-Biotop, in Zeitgenössische Deutsche Fotografie. Stipendiaten der Alfried Krupp von Bohlen und Halbach-Stiftung 1982-2002, a c. di U. Eskildsen, catalogo della mostra, Museum Folkwang Essen, 09.12.1993–23.01.1994, Galerie Robert Doisneau, Centre André Malraux, Vandoeuvre-les-Nancy, 22.03.–30.04.1994, Steidl, Göttingen 2003 (1993), p. 30.

78 Frecot cita soltanto la rivista “Foto-Prisma”, appesa nei chioschi accanto ai giornali per nudisti. Cfr. ibidem, p. 31.

79 Le riviste fotografiche più comuni (tra le quali “Foto-Prisma”) trattavano invece esclusivamente degli aspetti meramente tecnici legati al medium fotografico e dei nuovi strumenti tecnici presenti sul mercato.

come “Camera” e “Du” –, e di scritti sulla fotografia80 – quelli di Siegfried Kracauer e Walter Benjamin in primis.

Gli anni Sessanta sembrano inaugurare un nuovo modo di rapportarsi alla fotografia e alla sua storia, come ben si evince anche dal testo dello studioso tedesco Rolf H. Krauss, Walter Benjamin und die neue Blick auf die Photographie81 (1998). Krauss intende qui dimostrare come, nella Germania degli anni ‟60 e ‟70, la ricezione degli scritti sulla fotografia del filosofo tedesco Walter Benjamin, risalenti agli anni ‟30, abbia giocato un ruolo decisivo nel passaggio da una concezione della fotografia come mero mestiere, come pratica artigianale, a una concezione incline ad accogliere gli aspetti teorici, estetici, politici e sociali del medium fotografico. In realtà, i fattori che concorrono a questo cambiamento di visione tra anni Sessanta e Settanta sono molteplici e, come illustra perfettamente anche Krauss, non si limitano alla renaissance degli scritti benjaminiani.

Innanzitutto, si registrano negli anni Sessanta le prime iniziative, intraprese da direttori di istituzioni e musei, consistenti nell‟acquisto di collezioni fotografiche private che costituiranno successivamente la base dei più importanti musei di fotografia tedeschi82. L‟impulso a radunare intere collezioni fotografiche si accompagna alla nascita di aste dedicate alla fotografia – con vendita sia di apparecchi fotografici che di immagini –, e di un nuovo tipo di collezionista allettato dal potenziale guadagno economico conseguibile grazie a un materiale che iniziava soltanto allora ad affacciarsi sul mercato. Tutto ciò, è bene precisarlo, accadeva in risposta a un pubblico sempre più attento, curioso, interessato e attratto dal medium fotografico e dalla sua storia.

80 Nello specifico, Frecot menziona gli scritti pubblicati dalla casa editrice Suhrkamp, che per il critico rappresentava un punto di riferimento nel campo della letteratura fotografica. Nel 1963 Suhrkamp pubblica il saggio di Siegfried Kracauer Das Ornament der Masse, e nel 1966 Angelus Novus di Benjamin (contenente la Kleine Geschichte der Fotografie) e Mythen des Alltags di Roland Barthes. Accanto a queste opere capitali, Frecot cita i libri di Karl Pawek, Totale Fotografie – Die Optik des neuen Realismus (1960) e di Otto Stelzer, Kunst und Photographie – Kontakte, Einflüsse, Wirkungen (1966). Cfr. ibidem.

81 R.H. Krauss, Walter Benjamin und der neue Blick auf der Photographie, Cantz, Ostfildern 1998.

82 Krauss cita alcuni casi specifici: la collezione del medico Rudolf Loher, acquistata nel 1961 e dal 1963 pubblicamente accessibile come museo fotografico presso lo Stadtmuseum di München; la vasta collezione del chimico Erich Stenger, comprendente apparecchi fotografici, accessori e libri sulla fotografia, acquistata dalla ditta Afga e divenuta dal 1974 Afga Foto-Historama, prima a Leverkusen, e dal 1985 al Museum Ludwig di Köln; la collezione di Helmut Gernsheim, confluita nel 1964 a Austin (Texas), oggi uno dei più importanti centri di ricerca internazionali sulla storia della fotografia insieme all‟International Museum of Photography and Film presso la George Eastman House di New York. Cfr. ibidem, pp. 50-51.

A ben guardare, e come documenta l‟attenta analisi di Krauss, la spinta a un graduale cambiamento di visione nei confronti della fotografia in Germania proveniva soprattutto dall‟America: le prime aste e le prime gallerie fotografiche, la diffusione di pubblicazioni sulla fotografia, i primi corsi universitari dedicati alla storia del medium e i primi dipartimenti fotografici nei musei sono infatti istituiti prima negli Stati Uniti (si pensi soltanto al Museum of Modern Art di New York), e in seguito altrove83. L‟America mantiene dunque un ruolo precursore e trainante nei confronti della Germania. Il critico e fotografo americano Vince Leo, per esempio, ricorda la situazione ancora lacunosa nella Germania degli anni Settanta – rispetto a quella statunitense –, prendendo spunto dall‟esperienza personale di un suo caro amico, il fotografo tedesco Joachim Brohm:

La prima volta che Joachim ci ha fatto visita nel nostro appartamento negli Stati Uniti, ha speso un‟ora esaminando la mia collezione di libri fotografici. Mi ci è voluto del tempo, ma presto ho scoperto che questo ragazzo andava pazzo per i libri e parte del suo soggiorno in America sarebbe stato dedicato a scoprire e acquistare libri. Non mi sono reso conto che Joachim non era un caso isolato fino a quando sono andato nella Germania Ovest e ho visto le librerie di altri fotografi. Poiché pochissime gallerie trattano fotografie e, eccetto il Folkwang Museum di Essen, non molti musei allestiscono mostre fotografiche, i libri sono diventati il mezzo principale, per i fotografi della Germania Ovest, per entrare a contatto con il loro passato fotografico, con altre culture fotografiche (specialmente quella americana), e persino con l‟attività fotografica contemporanea del loro stesso paese.84

Un fattore soltanto, però, tra i numerosi che hanno concorso a plasmare una nuova concezione della fotografia nella Germania degli anni ‟60 e ‟70, si lascia ricondurre esclusivamente al milieu tedesco, vale a dire la ricezione degli scritti di Walter Benjamin sulla fotografia85. Due celebri testi benjaminiani trattano di

83 Ibidem, pp. 53-57.

84 T. Weski, Too old to rock‟n roll: too young to die. Eine subjektive Betrachtung deutscher Fotografie in den letzten beiden Dekaden, in Rautert, Timm (a c. di), Joachim Brohm. Kray, Plitt, Oberhausen 1995, p. 109.

85 Per un approfondimento sulla ricezione di Benjamin e sul suo rapporto con le arti, si veda Schrift, Bilder, Denken. Walter Benjamin und die Künste, a c. di D. Schöttker, catalogo della mostra, Haus am Waldsee, Berlin, 29.10.2004–31.01.2005, Suhrkamp, Frankfurt am Main 2004; in particolare, all‟interno del catalogo, cfr. il saggio di B. Stiegler, Benjamin und die Photographie. Zum historischen Index der Bilder, pp. 128-183.

fotografia: Kleine Geschichte der Photographie (Piccola storia della fotografia), apparso nel 1930 nella rivista “Die literarische Welt”; e Das Kunstwerk im Zeitalter

seiner technischen Reproduzierbarkeit (L‟opera d‟arte all‟epoca della sua riproducibilità tecnica), pubblicato nel 1936 nella rivista “Zeitschrift für

Sozialforschung”. Entrambi sono usciti inizialmente in tiratura limitata (il primo in lingua tedesca, il secondo invece in traduzione francese, a cura di Pierre Klossowski): forse anche per questo motivo non hanno registrato un immediato successo editoriale o una diffusione degna di nota.

Il tema fotografico è affrontato da Benjamin anche in tre scritti più brevi86: 1. Exposé zum Passagen-Werk (I “passages” di Parigi), scritto nel 1935; la seconda lettera parigina con sottotitolo Malerei und Photographie (Pittura e fotografia) che risale al 1936; e infine la recensione alla tesi di dottorato di Gisèle Freund87 del 1937. I due maggiori testi del filosofo tedesco sulla fotografia sono pubblicati nuovamente nel 1963, in edizione tascabile, mentre gli altri tre scritti trovano accesso nelle Opere complete (Gesammelte Schriften) edite in sette volumi tra il 1972 e il 1989: si determina così, nel corso degli anni Sessanta e Settanta, un vero e proprio fenomeno di renaissance delle idee benjaminiane sulla fotografia.

L‟uscita del libro tascabile nel 1963, contenente la Piccola storia della fotografia e il saggio su L‟opera d‟arte all‟epoca della sua riproducibilità tecnica, “assume il carattere di una bomba”88, riprendendo l‟espressione usata da Krauss, in quanto si allontanava dall‟orizzonte di attese dell‟epoca. Ciò nonostante, l‟attualità degli scritti di Benjamin negli anni Sessanta e Settanta sarà tale da lasciare traccia anche in articoli apparsi sui quotidiani, come quello di Karl Heinz Bohrer89, apparso nel 1972 nella “Frankfurter Allgemeine Zeitung” e significativamente intitolato Walter

Benjamins Aktualität. Zwischen Mystik und historischem Materialismus (L‟attualità

Si veda inoltre il testo di J. Nitsche, Walter Benjamins Gebrauch der Fotografie, Kulturverlag Kadmos, Berlin 2011.

86 Anche la recensione di Urformen der Kunst di Blossfeldt, intitolata Novità sui fiori, è di primaria importanza per comprendere la teoria della fotografia di Benjamin. Cfr. W. Benjamin, Novità sui fiori (1928), ibidem, pp. 221-224.

87 Tesi di dottorato che sarà poi pubblicata nel 1968 con il titolo: Photographie und bürgerliche Gesellschaft. Cfr. G. Freund, Photographie und bürgerliche Gesellschaft: eine kunstsoziologische Studie, Rogner & Bernhard, München 1968.

88 R.H. Krauss, Walter Benjamin und der neue Blick auf der Photographie, cit., p. 85.

89 K.H. Bohrer, Walter Benjamins Aktualität. Zwischen Mystik und historischem Materialismus, “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, 3 luglio 1972.

di Walter Benjamin. Tra mistica e materialismo storico). Di questa attualità benjaminiana daranno conto anche numerosi testi che, in modo più o meno esplicito, riprenderanno, varieranno, svilupperanno, trasmetteranno un pensiero, quello benjaminiano, che all‟epoca era nell‟aria90.

Le riflessioni di Benjamin sui protagonisti della Neue Sachlichkeit e sul francese Eugène Atget contenute nella Piccola Storia della fotografia hanno contribuito in modo determinante a quel processo di riscoperta di alcuni nomi che, fino agli anni Cinquanta, erano perlopiù passati sotto silenzio in Germania a causa della censura nazista. Un caso emblematico di questa riscoperta tramite gli scritti benjaminiani è quello dei galleristi, collezionisti ed editori tedeschi Ann e Jürgen Wilde, che hanno confessato di essere venuti a conoscenza dell‟opera di Karl Blossfeldt all‟inizio degli anni Settanta proprio grazie agli scritti del filosofo tedesco91.