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PARTE I. WELFARE, EDUCAZIONE, LAVORO: COSTRUIRE UN DIALOGO PER

CAPITOLO 2. WELFARE ED EDUCAZIONE: DAL TRADE-OFF ALL’INTEGRAZIONE PER

3.5. Rescaling: la rilevanza dei contesti locali

Come visto nel primo capitolo, i cambiamenti strutturali che dalla fine degli anni ’70 hanno interessato le società occidentali, hanno imposto una crescente pressione sui sistemi di welfare e sul funzionamento delle relative istituzioni (Ferrera, 1998). Ne è risultato un disallineamento tra un repertorio di politiche sociali sviluppatosi in un contesto di crescita economica, piena occupazione, disponibilità di risorse e bisogni relativamente stabili; e mutate condizioni caratterizzate da conflitti emergenti, disoccupazione, stagnazione o crisi economiche, nuove costellazioni di rischi sociali (Kazepov & Carbone, 2006; Ascoli & Paci, 2011). La crisi fiscale del welfare state ha aperto la strada a un periodo di riforme differenziato e tutt’ora dibattuto nella sua interpretazione (Ferrera, 2008; Boeri, 2001), ma caratterizzato da un duplice processo svoltosi:

 sull’asse della sussidiarietà verticale, riguardante la riorganizzazione territoriale dei poteri regolativi e delle rispettive competenze tra livelli istituzionali. Può comportare forme di

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livelli territoriali) o esplicito (riforme che assegnano potere regolatorio a altri livelli) (Ferrera, 2006).

 sull’asse della sussidiarietà orizzontale, riguardante la moltiplicazione degli attori coinvolti nella progettazione, gestione e implementazione delle politiche sociali (Ranci, 2006). Ciò può essere dovuto alle limitate risorse a disposizione dell’attore pubblico, così come alla convinzione che un coinvolgimento di attori privati o corpi intermedi nella gestione delle politiche sociali possa consentire una maggior efficacia ed efficienza di tali interventi (come affermato, ad esempio, nell’ambito della letteratura sulla collective skill formation, si veda Busemeyer & Trampusch, 2012).

L’effetto combinato di tali tendenze è stato definito come un processo di sussidiarizzazione delle politiche sociali, finalizzato alla promozione di complesse configurazioni di governance multilivello, secondo le quali differenti attori a differenti livelli scalari interagiscono e negoziano tra loro (Kazepov, 2014).

Concentrandosi sulla dimensione territoriale, si può affermare che durante l’età dell’oro del welfare state, le politiche di welfare fossero caratterizzate dalla gestione collettiva di rischi individuali standardizzati, all’interno di una cornice di riferimento prettamente nazionale. La rottura di questo equilibrio e il successivo processo di cambiamento istituzionale ha visto invece progressivamente aumentare la rilevanza di attori sovra-nazionali e sub-nazionali. Nel campo delle politiche sociali, questi ultimi, e in particolare regioni e città, hanno assunto un ruolo sempre più prominente: ne risulta uno scenario in cui tutti i livelli di policy coesistono (Le Galès, 2002). Retoricamente, è stata enfatizzata l’accresciuta prossimità di questi processi con la società civile e con i bisogni effettivi dei cittadini. Spesso si è tuttavia sottovalutato il rischio che la mancanza di standard, diritti comuni e competenze di controllo, possa avere invece come esito un aumento delle disparità e disuguaglianze tra gli individui (Kazepov, 2010; per un’analisi specifica sul caso italiano si veda Kazepov & Barberis, 2013). La prospettiva del social investment non si è mostrata immune a questa corrente retorica, considerando l’ambito locale come livello scalare più adatto per il disegno e l’implementazione di politiche che rispondano alle esigenze dei cittadini (Morel et al., 2012). Viceversa, i critici del social investment hanno sottolineato come le strategie di investimento tendano a sottovalutare complesse dinamiche di innesto degli interventi su strutture di stratificazione preesistenti (con possibile verificarsi di perversi

Matthew effects, si veda ad esempio Cantillion, 2011), tra cui occorre quindi considerare, alla luce di

quanto affermato, la dimensione territoriale e scalare delle politiche sociali.

Secondo Kazepov (2014), l’accresciuto coinvolgimento di attori non pubblici rende la dimensione locale il livello ideale di implementazione delle politiche sociali, in quanto luogo in cui si congiungono l’asse verticale e orizzontale della sussidiarietà. Tuttavia, ancora una volta, questo trend comune tra paesi non sfocia nell’istituzionalizzazione di modelli di governance convergenti, producendo invece una diversificazione territorialmente strutturata nei modelli di governance multilivello. Questi ultimi

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variano infatti a seconda del contesto socio-economico e della configurazione istituzionale in cui sono inseriti o, per dirla con Di Gaetano e Strom (2003), dello specifico milieu istituzionale, inteso come sistema di attori e strutture che può essere considerato solo attraverso le loro e mutue interazioni, che definiscono specifiche condizioni territoriali non riproducibili in altri contesti. I processi di riforma e di implementazione delle politiche, insomma, sono fortemente radicati nelle configurazioni istituzionali dei singoli paesi e i modelli di governance mostrano forti tratti di path dependance e risultano ampiamente radicati nei rispettivi sistemi di welfare nazionali. Alla luce dei legami documentati tra livello nazionale e locale, lo stato nazionale continua ad assumere una decisiva rilevanza (Jessop, 2002; Kazepov, 2010). La rilevanza del livello nazionale riporta ad importanti risonanze con la prospettiva del SI, che investe di nuova significatività positiva il ruolo dello stato. In una letteratura concentrata soprattutto sulla spesa e sull’attività redistributiva di risorse tuttavia, la rilevanza del welfare state nazionale come agente di coordinamento tra diversi attori, pubblici e non, coinvolti nella gestione degli interventi di policy, ha spesso assunto una posizione secondaria nel dibattito. Nel presente contributo, il welfare state è declinato innanzitutto come attore di coordinamento nell’ambito delle politiche di welfare che influiscono sulla transizione scuola-lavoro (principalmente politiche educative e del lavoro), anche rispetto all’interazione tra livelli istituzionali e attori che trovano nella dimensione locale contesto privilegiato di osservazione. L’adozione di una prospettiva di SI consente dunque di proseguire nella direzione dell’analisi degli effetti sinergici tra settori di policy che interagiscono a differenti livelli territoriali, laddove le differenze intra-nazionali sono considerate dimensioni-chiave per comprendere l’impatto dei cambiamenti (Kazepov, 2014). Nel presente elaborato, la connessione tra dimensione nazionale e locale si rende evidente nel collegamento tra la seconda e terza parte del testo. La seconda parte è infatti dedicata alla comparazione istituzionale tra Italia e Germania (livello nazionale), e si fonda sull’analisi di dati secondari provenienti da fonti statistiche ufficiali; sulla desk analysis di documentazione e background papers rilevanti rispetto alla struttura della transizione scuola-lavoro; e sulle interviste ad esperti provenienti dai due paesi. La terza parte è invece dedicata a una comparazione istituzionale di livello meso tra i due contesti urbani di Padova e Bonn, ed è finalizzata all’analisi dell’articolazione territoriale della transizione dall’occupazione al lavoro derivante dall’ interazione tra mercato del lavoro, sistema di istruzione e welfare locale (nel quadro nazionale): l’analisi dei meccanismi di transizione viene radicata nel contesto locale per studiare il funzionamento concreto dei nessi istituzionali precedentemente individuati. Nel dettaglio sono stati intervistati stakeholder quali operatori, membri di associazioni categoriali, policy maker specificamente coinvolti a livello locale, per ricostruire aspetti legati al coordinamento tra stato, mercato del lavoro, sistema di istruzione, innesto del contesto urbano nel rispettivo framework nazionale. La comparazione riguarda il piano istituzionale e, in quanto connessa alle fasi precedenti, sarà specificamente focalizzata sulle aree di policy di interesse della ricerca. Non si tratta quindi di casi studio intensivi sulle città considerate,

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quanto piuttosto di casi studio che partono dal contesto locale e si propongono di evidenziare connessioni tra istituzioni, attori, e livelli istituzionali che influiscono nello strutturare il sistema di transizione scuola-lavoro nel contesto locale, evidenziandone continuità e differenze rispetto a quanto accade a livello nazionale.

Riassumendo, la corrente configurazione dei sistemi di welfare comporta un mix di competenze e politiche di livello centrale e sub-nazionale. Se il livello centrale mantiene un ruolo primario nella definizione di framework e allocazione di risorse nei vari ambiti di politica sociale, la rilevanza del welfare locale si sostanzia invece nella specifica configurazione attraverso cui le misure di policy sono pianificate, finanziate e implementate a livello locale (Andreotti et al., 2012). Da un lato, ciò appare cruciale rispetto alla capacità di sperimentazione e risposta immediata ai bisogni maggiormente situati, come evidenziato anche dalla letteratura sull’investimento sociale (Morel et al., 2012). Dall’altro, le dinamiche di rescaling che hanno interessato i recenti sviluppi dei sistemi di welfare ripropongono il ruolo dello stato centrale e degli attori subnazionali in tema di coordinamento e ripartizione delle competenze. Tuttavia, in un contesto localmente frammentato come quello italiano, tali dinamiche possono tradursi in sfide alla coesione sociale date dall’aumento di disuguaglianze e segmentazione (Kazepov & Barberis, 2013), nonché in ostacoli alla diffusione e istituzionalizzazione di buone pratiche localizzate.

Anche la Germania dopo la riunificazione ha dovuto affrontare forti difficoltà dovute alle differenze socio-economiche tra le regioni dell’Ovest e dell’Est, nonché alla volontà di trasferire le istituzioni della Germania Ovest ai neo-annessi Länder orientali (Bosch, 2015a). Il governo federale comporta una divisione e attribuzione di competenze che rendono i livelli sub-nazionali protagonisti negli interventi di policies (soprattutto a livello di Länder), mentre un tratto caratteristico del paese tedesco, in quanto esempio emblematico del modello di welfare corporativo, è il fatto che il relativo modello di governance sia fondato sull’interazione tra organizzazioni di stampo corporativo e sulla negoziazione tra corpi intermedi e autorità pubbliche.

3.6. Conclusioni: sistemi di transizione scuola-lavoro in una prospettiva di investimento