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La responsive evaluation di Stake

CAPITOLO III Principi teorici

3.2 Gli approcci e i modelli principali

3.2.4 Alcuni modelli in profondità

3.2.4.3 La responsive evaluation di Stake

Muovendo dalla teoria di Tyler ai modelli di Scriven e Stufflebeam, attraverso un progressivo aumento della complessità dell‟oggetto valutato e dell‟ottica valutativa, si giunge alla prospettiva, certamente meno preordinata e

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Gli standard cui ci si riferisce sono quelli stabiliti dal Joint Committee on Standards for Educational Evaluation, un comitato nato nel 1975, che ha sede presso l‟Evaluation Centre della Western Michigan University, e riunisce le principali associazioni che si occupano di qualità della valutazione. Il sito web è: http://www.wmich.edu/evalctr/jc/

strutturata, di Robert Stake, Direttore del Centre for Instructional Research and Curriculum Evaluation (CIRCE) presso l‟Università dell‟Illinois (Urbana- Champaign).

La sua è una teoria valutativa che fa riferimento ad una epistemologia costruttivista, che annulla quindi la valutazione intesa come corrispondenza rispetto a standard esterni, e ne propone una concezione pluralista e relativista. Secondo Stake, la valutazione si sviluppa a partire dalle esigenze e dalle questioni poste dagli stakeholders, emerge dal contesto, secondo un approccio che si potrebbe definire bottom-up, e si evolve attraverso i significati attribuiti al programma stesso dagli stakeholders 171.

Letteralmente responsive evaluation si traduce con “valutazione rispondente”, e Stake spiega il significato del termine quando afferma che: “an evaluation is responsive evaluation if it orients more directly to program activities than to program intents, if it responds to audience requirements for information, and if the different value perspectives of the people at hand are referred to in reporting the success and failure of the program”172.

Stake propone la figura sottostante per rappresentare gli eventi fondamentali di una responsive evaluation e li pone in maniera circolare, come su di un orologio (gli eventi sono dodici), per sottolineare che sono eventi che ritornano (recurring), nel senso che il valutatore ritorna su ciascuno di essi molte volte prima che il percorso valutativo arrivi ad una conclusione.

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Stake R., Program Evaluation, particularly Responsive evaluation, in W. B. Dockrell, D. Hamilton (Eds.), Rethinking educational research, Hodder and Stoughton, London, pp. 72-87, 1980.

Stake R., Program Evaluation, particularly Responsive evaluation, in G. F. Madaus, M. Scriven, D. Stufflebeam, Evaluation models: viewpoints on educational and human services evaluation, Kluwer-Nijhoff Publishing, Boston, pp. 287-310, 1983.

Stake R., Standards-based & Responsive evaluation, Sage Publications, Thousand Oaks, California, 2004.

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Fig. 1 Gli eventi fondamentali di una responsive evaluation173

Il valutatore inizia con l‟individuazione del programma e delle sue finalità generali, la sua portata complessiva, per poi ricavarsi una visione d‟insieme sulle attività previste, proseguire con la scoperta delle questioni principali su cui si fonda il programma, e con la loro successiva concettualizzazione. Si passa poi all‟identificazione dei dati necessari per trattare le questioni emerse in precedenza, si selezionano gli osservatori, i giudici e i diversi strumenti, si procede con l‟osservazione di eventuali antecedenti rilevanti percomprendere il programma, delle transazioni e dei risultati. Il passo successivo è rappresentato dalla preparazione di profili e dalla realizzazione di studi di caso; in seguito si cerca di confermare o meno quanto è emerso (attraverso la negoziazione continua con gli stakeholders, il cui punto di vista è in primo piano in tutto il processo valutativo);

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Stake R., Program Evaluation, particularly Responsive evaluation, in G. F. Madaus, M. Scriven, D. Stufflebeam, Evaluation models: viewpoints on educational and human services evaluation, Kluwer-Nijhoff Publishing, Boston, 1983, p. 298.

infine, si adattano i risultati ad uso del pubblico, si preparano report formali di sintesi del lavoro svolto, e si discute con il cliente, con gli stakeholders e con il pubblico in generale.

L‟autore precisa che questo non rappresenta un percorso lineare in cui ogni evento segue necessariamente un altro evento (infatti non vengono definite “fasi”), ma ci si può muovere dall‟uno all‟altro passaggio anche più volte, tenendo sempre presente che l‟osservazione e il feedback rimangono per tutta la durata del processo gli aspetti più importanti.

Si potrebbe allora affermare che le parole chiave della responsive evaluation sono tre: attività, stakeholders e pluralità. Il primo sta a significare che al centro dell‟azione valutativa vi sono le attività proprie del programma da valutare ed è su quelle che bisogna riflettere e dalle quali nascono le questioni rilevanti da trattare; significa anche che la valutazione in questo modo è rivolta ai processi e alla realizzazione, non agli obiettivi, per cui non si tratta di vedere se il programma raggiunge o meno gli obiettivi prefissati quanto far emergere dai soggetti coinvolti le esperienze, i significati e in ultima analisi le valutazioni. Da ciò si deduce che la seconda parola chiave, stakeholders, implica un‟attenzione particolare per tutti coloro che a vario titolo sono coinvolti nel programma da valutare, tanto che la valutazione è al loro servizio, non è orientata a soddisfare nessun‟altra esigenza se non quella di informarli e di renderli consapevoli dei significati personali e molteplici che l‟evento assume nella loro esperienza. In questo modo il valutatore assume un ruolo di guida e di sostegno nell‟aiutare i partecipanti a riconoscere i significati che attribuiscono al programma e quindi a giungere ad una sua valutazione (o valutazioni) attraverso la negoziazione e la continua richiesta di un feedback. Ciò a cui si arriva è dunque una raccolta di giudizi, plurimi e diversificati, che provengono dal dialogo e dall‟esplicitazione dei punti di vista; in questa prospettiva non esiste uno standard esterno in base al quale confrontare i risultati e decidere se il programma è valido o meno, perché i giudizi sono interni al programma e derivano da una interpretazione personale del programma da parte di coloro che operano al suo interno. La pluralità è quindi la terza parola chiave di questo modello valutativo che rompe in modo netto con il passato,

epistemologicamente e metodologicamente, facendo spazio alla comprensione collettiva che nasce dalla collettività stessa.