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Il reward crowdfunding consiste nella raccolta di finanziamenti via internet a fronte di una ricompensa proporzionale all’importo investito dal sostenitore. Si tratta di una pratica che ha origini molto remote, tradizionalmente si identifica la nascita di questo modello di crowdfunding con la costruzione della Statua della Libertà: nel 1880 il magnate dell’editoria Joseph Pulitzer lanciò una pubblica sottoscrizione tramite i suoi giornali per raccogliere i 250.000 dollari che servivano per completare il basamento, come ricompensa offrì la menzione dei sottoscrittori che avrebbero contribuito.

Oggi sulla base della tipologia di ricompensa è possibile classificare i vari tipi di reward crowdfunding in tre categorie omogenee, ciascuna soggetta ad una specifica disciplina dell’ordinamento giuridico italiano.

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A) Regalo o riconoscimento.

Il proponente offre ai finanziatori una menzione o un piccolo regalo di modico valore. Il tipo di crowdfunding in esame rientra nel paradigma della donazione modale, prevista e regolamentata dall’art. 793 del Codice Civile. La ricompensa è un obbligo che grava sul donatario ed il cui eventuale inadempimento potrebbe avere un effetto decisamente deleterio: la revoca della donazione. È dunque necessario che chi propone una reward crowdfunding di questo tipo accantoni sufficienti risorse per eseguire quanto promesso.

B) Pre-ordine.

Prevede la possibilità di prenotare un bene non ancora prodotto, versando anticipatamente o promettendo di versarne il prezzo. In genere, chi finanzia ha un ruolo determinante anche nello stabilire le caratteristiche del futuro prodotto/servizio. Dal punto di vista legale si tratta a tutti gli effetti di una compravendita con la particolarità che il bene non è ancora esistente e che l’acquisto verrà perfezionato soltanto se si raggiunge l’importo necessario per andare in produzione. A tal proposito è frequente il modello Threshold Pledge System, detto anche modello “all or nothing”: il proponente chiarisce ai potenziali sottoscrittori che l’acquisto del bene diviene efficace solamente se si raggiunge un finanziamento minimo, necessario per remunerare i fattori della produzione. Laddove il pagamento venga effettuato all’ordine, il denaro viene conservato in escrow ed utilizzato solo dopo il raggiungimento dell’obiettivo. Trattandosi a tutti gli effetti di una compravendita, questo tipo di reward crowdfunding è sottoposto alla normativa sull’e-commerce ed alla protezione dei consumatori nei contratti a distanza.

C) Revenue sharing

Consiste in un’associazione in partecipazione, disciplinata dagli articoli 2549ss. del Codice Civile. Si tratta di un’associazione agli utili ed alle perdite, nei limiti del conferimento effettuato dall’investitore. L’associato in partecipazione non ha i diritti del socio, ma ha poteri di controllo definiti contrattualmente e che in genere si limitano all’analisi del rendiconto. L’aspetto più problematico del revenue sharing è l’indeducibilità fiscale degli utili attribuiti agli associati in

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partecipazione, che finisce per pesare notevolmente sulla redditività netta del progetto imprenditoriale.

3.3

.1 Eppela

Eppela è una tra le principali piattaforme di reward crowdfunding in Italia e specializzata in progetti di arte, tecnologia, cinema, musica, fumetto, innovazione sociale, scrittura, moda, no-profit. È stata fondata nel 2011 a Lucca da Nicola Lencioni e Chiara Spinelli e ad oggi ha finanziato più di 3000 progetti raccogliendo più di 20 milioni di offerte27. Gli

utenti registrati hanno superato la soglia dei 200.000 e tra questi sono presenti anche enti pubblici come il Comune di Milano e la Regione Piemonte mentre il contributo medio è di 50 euro.

Come funziona

Il suo funzionamento è piuttosto semplice: ci si iscrive gratuitamente, si invia una breve sintesi del progetto indicando anche il periodo in cui si vuole rimanere online (tra i 30 ed i 120 giorni) e l’ammontare del finanziamento richiesto. Sulla piattaforma si aggiungono infine i riconoscimenti previsti per coloro che sosterranno economicamente il progetto. Gli utenti che saranno interessati, potranno donare il proprio contributo tramite Paypal ed il passaggio di denaro avverrà solamente se il budget sarà raggiunto entro la scadenza (se non viene raggiunto, i contribuenti riceveranno indietro le somme). Qualora i contributi raggiungano, prima della scadenza, l’obiettivo prefissato la campagna non si ferma ma continua fino al termine del periodo stabilito permettendo così anche un eventuale overfunding. In caso di successo della campagna, Eppela tratterrà il 5% della somma raccolta.

Su alcuni progetti è prevista la possibilità, qualora non venga raggiunto il budget prefissato ma sia superata la soglia del 50%, di un cofinanziamento della parte restante per raggiungere la soglia prefissata. Questo grazie alle partnership che Eppela ha instaurato con importanti aziende ed istituti di credito come Poste Italiane, Fastweb ed Unipol. Ad oggi il totale dei cofinanziamenti ha superato i 3.500.000 milioni di euro. Eppela effettua una selezione dei progetti che vengono presentati alla piattaforma e secondo quanto riportato dall’azienda, solo il 10% va online. Tra i criteri principali che

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vengono presi in considerazione oltre alla fattibilità del progetto, è prevista la presenza del soggetto richiedente sui social network ed in generale sulla rete internet, essendo un fattore importante per la diffusione della campagna.

3.4 L’equity crowdfunding

L’equity crowdfunding consiste nella raccolta di capitale attraverso la sottoscrizione diretta sul web di titoli partecipativi del capitale di una società: in tal caso la “ricompensa” per il finanziamento è rappresentata dal complesso di diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell’impresa.

Rispetto agli altri segmenti del crowdinvesting, l’equity crowdfunding è partito di fatto in ritardo per motivi di natura regolamentare; tuttavia pur essendo ancora ridotto in termini di capitali raccolti, è in fortissima ascesa.

In USA l’apertura dell’equity crowdfunding a tutto il “crowd” e non solo agli investitori istituzionali accreditati (chi guadagna almeno 200mila dollari all’anno o ha un patrimonio disponibile di almeno un milione di dollari) è stata lanciata solo nel maggio 2016 con l’introduzione del cosiddetto “Reg CF”. L’introduzione del nuovo regolamento ha avuto effetti dirompenti, basti pensare che gli investimenti in equity crowdfunding, prima riservati a circa 8 milioni di investitori, sono stati resi disponibili a 240 milioni di persone. Questo ha permesso alle piattaforme USA di raccogliere solo nel primo anno dall’introduzione del Reg CF, 40 milioni di dollari e di finanziare ben 144 piccole imprese.

I volumi del mercato italiano dell’equity crowdfunding sono ancora una piccolissima frazione rispetto a quelli dei mercati più sviluppati, basti pensare che il totale ad oggi raccolto nel settore ammonta a 12,5 milioni di euro mentre la ex startup Seedrs, piattaforma leader del mercato UK, ha raccolto in cinque anni di attività 210 milioni di sterline e finanziato oltre 500 aziende.

Nonostante il ritardo accumulato, il mercato italiano dal 2016 sembra aver cambiato marcia e come vedremo nei prossimi paragrafi, le sue potenzialità di crescita sono enormi.

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Il quadro normativo in Italia

L’Italia è stato il primo Paese europeo a dotarsi di una normativa ad hoc per l’equity crowdfunding, introdotta con il D.L 179/2012 (“Decreto Sviluppo bis”) convertito nella legge 221/2012. L’intento della policy è stato espressamente quello di introdurre la raccolta di capitale di rischio attraverso internet con il fine di favorire la nascita e lo sviluppo di imprese e startup innovative.

Il D.L 179/2012 poneva alcuni vincoli specifici per l’equity crowdfunding:

1. La raccolta deve essere effettuata attraverso portali internet gestiti da imprese di investimento e banche autorizzate ai relativi servizi di investimento che abbiano comunicato alla CONSOB, prima dell’avvio dell’operatività, lo svolgimento dell’attività di gestione di un portale nonchè da soggetti autorizzati in base a determinati requisiti e iscritti in un apposito elenco tenuto dalla CONSOB. 2. Le campagne di raccolta devono essere proposte da imprese che si qualifichino

come startup innovative e devono riguardare titoli partecipativi del capitale. 3. L’ammontare dell’offerta non deve superare i limiti stabiliti (art. 100 comma 1

del TUF), ovvero nel caso specifico 5 milioni di euro.

La legge demandava poi alla CONSOB il compito di definire modalità operative specifiche. Dopo una consultazione avviata con gli stakeholder del sistema a inizio 2013, il regolamento CONSOB è stato pubblicato nel giugno 2013 ed elencava alcuni principi rilevanti:

1. I requisiti di onorabilità e professionalità dei gestori dei portali autorizzati. 2. Il processo autorizzativo e sanzionatorio.

3. Le regole di condotta dei gestori dei portali e l’informativa minima da fornire agli investitori potenziali, soprattutto sui possibili rischi.

4. Il requisito che una quota almeno pari al 5% degli strumenti finanziari offerti sia sottoscritta da investitori “professionali” ovvero da fondazioni bancarie, società finanziarie per l’innovazione e lo sviluppo, incubatori di startup innovative, con l’obiettivo di fornire ai piccoli investitori un segnale sulla qualità dell’emittente. 5. Prevedere l’obbligo per le emittenti di inserire nei propri statuti o atti costitutivi

misure idonee a garantire all’investitore una wayout nel caso i cui soggetti controllanti cedano il controllo dell’azienda.

6. Il diritto di revoca dell’ordine di sottoscrizione per gli investitori, nel caso di fatti nuovi avvenuti durante il periodo di offerta, da esercitarsi entro 7 giorni.

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La legge di riferimento è stata poi modificata dal D.L 3/2015 (“Decreto Investiment Compact”) e da altri provvedimenti che hanno esteso l’opportunità dell’equity crowdfunding alla nuova categoria delle “PMI innovative”, agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) e alle società di capitali che investono prevalentemente in startup innovative e in PMI innovative.

A fronte di queste innovazioni e facendo tesoro dell’esperienza raccolta nei primi mesi di attività delle piattaforme, CONSOB ha quindi ritenuto opportuno rivedere il Regolamento esistente pubblicando un nuovo regolamento nel 2016 che introduceva rilevanti modifiche.

1. Innanzi tutto si estendeva il novero degli investitori professionali, rendendo più facile per le imprese rispondere al requisito della quota minima del 5% dell’offerta; inoltre si considerava ammissibile nel computo del 5% anche la parte sottoscritta da investitori seriali (quali ad esempio i business angels) o persone fisiche con esperienza di amministratori di startup o PMI innovative.

2. Si introduceva l’obbligo di inizio delle attività da parte dei portali entro 6 mesi dall’autorizzazione, pena la decadenza dell’autorizzazione stessa.

Infine, la Legge di Stabilità del 2017 (Legge232/2016) ha introdotto altre novità importanti come l’estensione della possibilità di ricorrere all’equity crowdfunding a tutte le PMI e l’innalzamento al 30% delle aliquote per le detrazioni fiscali (persone fisiche) e delle deduzioni (persone giuridiche) a favore di che investe, sotto le condizioni descritte dal Decreto MEF del 30/01/2014, nel capitale di rischio di startup e PMI innovative.

Nel primo semestre del 2017 la CONSOB non aveva ancora adeguato il regolamento alle disposizioni sopra citate, per cui nei fatti anche per il primo semestre del 2017 la raccolta di capitale di rischio sui portali è stata appannaggio esclusivo di startup e PMI innovative.

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I portali attivi in Italia

In Italia i portali di equity crowdfunding autorizzati da CONSOB sono 19. Il numero di campagne totali presentate fino al 30 giungo 2017 dalle piattaforme autorizzate è pari a 109 di cui 61 negli ultimi 12 mesi. La piattaforma che ha pubblicato più campagne in assoluto è StarsUp (24 progetti, pari al 22% del totale) seguita da Crowfundme (19 progetti, pari al 17,4%) e da Mamacrowd (12 campagne, 11%).

Figura: numero di campagne presentate dai portali autorizzati di equity crowdfunding in Italia, alla data del 30 giugno 2017: valore cumulato e flusso degli ultimi 12 mesi

Fonte: Osservatorio Crowdfunding del Politecnico di Milano “2o Report Italiano sul Crowdfunding”

Considerando il totale del capitale di rischio raccolto attraverso Internet, la piattaforma StarsUp è sempre al primo posto (con 2,916 milioni di euro raccolti) seguita da Crowdfunding (1,939 milioni di euro) e Mamacrowd (1,896 milioni di euro). Limitando l’attenzione agli ultimi 12 mesi, si nota però che la piattaforma che ha raccolto più denaro è stata Mamacrowd (tutta la sua raccolta è relativa a campagne chiuse dal 1/07/2016) che supera di pochissimo Crowdfundme.

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Figura: Capitale raccolto fino al 30/06/2017 dai portali italiani di equity crowdfunding autorizzati da CONSOB. Valori in milioni di euro.

Fonte: Osservatorio Crowdfunding del Politecnico di Milano “2o Report Italiano sul Crowdfunding”

In totale il capitale effettivamente raccolto in Italia fino al 30 giugno 2017 attraverso l’equity crowdfunding ammonta a 12,5 milioni di euro (con un incremento complessivo nell’ultimo anno pari a +123%). Secondo le stime di alcuni studiosi, il totale cumulato potrebbe arrivare nei prossimi 12 mesi fra 20 e 25 milioni di euro.

Le offerte presentate

Le campagne di equity crowdfunding presentate nel primo semestre del 2017 sono state 55, registrando un forte incremento rispetto al 2016 quando il numero totale delle offerte si era fermato a 28. Di queste 55, in data 30 giungo 2017, 20 progetti erano ancora in corso, 12 hanno chiuso senza successo e 23 con successo raccogliendo quest’ultime un totale di 5 milioni di euro, più di quanto raccolto in tutto il 2016 (4,3 milioni di euro per 19 società finanziate).

In secondo luogo si evidenzia come dal 2016 sia notevolmente migliorato il tasso di successo delle campagne di raccolta, oggi ben superiore al 50% rispetto a quelle chiuse, segno di una progressiva maturazione e selettività del mercato. Nel 2017 è rilevabile un

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aumento anche dei casi di overfunding tant’è che delle 23 campagne chiuse con successo, 20 hanno raccolto più del loro obiettivo minimo28.

Il target di raccolta medio per le 109 campagne censite è stato pari a 246.158 euro, se consideriamo però le sole offerte pubblicate nel 2017, il valore medio scende a 178.081. Si può pensare che, rispetto all’entusiasmo iniziale, il mercato abbia capito che non è scontato completare con successo la raccolta e quindi le ambizioni siano state ridimensionate.

Per quanto riguarda la tipologia delle quote di capitale oggetto delle campagne, nel corso degli ultimi 12 mesi si è rafforzata la pratica di offrire quote con diritti differenziati rispetto a quelli dei fondatori. In 60 campagne (pari al 55% del campione totale) l’offerta riguardava quote ordinarie (con diritti patrimoniali e di voto del tutto identici a quelle dei soci fondatori), mentre abbiamo 11 casi di offerta di quote senza diritti di voto (il 10%) e altre 32 offerte miste (29%) in cui le quote erano non votanti per chi investiva importi ridotti e votanti per chi investiva di più. Negli altri casi troviamo situazioni più specifiche come l’offerta di titoli votanti, ma con caratteristiche di privilegio diverse rispetto alle ordinarie o con diritto di voto limitato. La tendenza degli ultimi mesi è il deciso aumento delle offerte miste (ben il 42%).

Le campagne hanno una durata molto variabile, che va da pochi giorni fino a molti mesi, spesso con estensioni del periodo utile. In genere l’estensione della scadenza viene decisa o per completare la raccolta di una campagna molto vicina al target o per dare più tempo agli investitori nel caso di campagne partite con poche adesioni.

Prima dell’apertura ufficiale della campagna, ormai è prassi comune organizzare un’attività di pre-marketing presso un selezionato pubblico di possibili investitori in modo da avere già un certo numero di sottoscrittori informati e pronti al momento della pubblicazione ufficiale sul portale. Se un’offerta riscuote diverse adesioni già nelle prime ore, l’effetto di “segnale” presso gli investitori dubbiosi può essere molto efficace.

28 https://www.economyup.it/startup/lequity-crowdfunding-riparte-nei-primi-6-mesi-del-2017-superata- la-raccolta-del-2016/

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Le imprese protagoniste

Le imprese protagoniste delle 109 campagne, sono in realtà 106 perché due aziende hanno condotto più offerte su portali diversi e si dividono fra:

 97 startup innovative (pari al 91,5%) di cui 93 Srl e 4 Spa.

 7 PMI innovative (pari al 6,6%) di cui 6 Srl ed 1 Spa.

 2 OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio)

Facendo riferimento alle sole imprese finanziate nel primo semestre del 2017, la composizione non cambia, infatti, delle 23 società, 19 sono startup innovative, 2 sono PMI innovative ed 1 OICR.

Riguardo la distribuzione geografica delle emittenti, la Lombardia fa da padrona con 43 imprese (pari al 40,6%) seguono Lazio a quota 12 e Toscana a quota 8, infine la Sardegna a quota 6 imprese e la Puglia a 5.

I settori più rappresentati sono quelli dei servizi sviluppati attraverso social network o sharing (28 casi), dell’ICT (25 casi) e dei servizi professionali (14 casi). Crescono l’agroalimentare e la green economy con 9 ed 8 imprese rispettivamente.

Il fatturato medio delle imprese protagoniste è pari a 114.065 euro e 42 aziende erano al loro primo anno di attività nel momento della presentazione della campagna (a conferma del fatto che si tratti di uno strumento utilizzato soprattutto da startup). Quest’ultimo dato incide anche sul fatto che su 106 imprese, quelle con utile di bilancio positivo sono poche (meno della metà) a seguito, possiamo pensare, degli elevati investimenti iniziali necessari per dar vita al progetto e di una attività commerciale ancora tutta da sviluppare.

Rischi ed opportunità per le imprese

L’equity crowdfunding rappresenta una fonte di finanziamento alternativa che assume particolare rilevanza per quelle imprese che tipicamente sono escluse dal mercato del credito per l’assenza di un track record significativo o per la non disponibilità di asset tangibili da porre a garanzia oppure semplicemente perché troppo piccole e rischiose. A fronte di questo vantaggio significativo, bisogna però riscontrare il rischio di una diluizione eccessiva del capitale per i soci esistenti: in media l’offerta relativa al target di raccolta prevede l’assegnazione di una quota minoritaria del capitale pari a circa il 23% ma si sono verificati anche casi dove a causa dell’overfunding la quota capitale ha superato il 50%.

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Gli investitori

Nel primo semestre del 2017 sono stati registrati in media 63 investitori per ciascuna campagna, con un investimento medio di 3.300 euro. Nel 2016 gli investitori per singola campagna sono stati 39 con un importo investito medio pari a 5800 euro. Questi dati evidenziano che gli investitori retail stanno conoscendo sempre di più lo strumento e pur investendo relativamente (e oculatamente) poco, lo fanno sempre di più e sempre più spesso. D’altra parte, se nel 2016, il numero totale degli investitori in tutto l’anno era stato pari a 747, nel primo semestre di quest’anno il numero è già più che raddoppiato con 1955 individui (a lordo di chi ha investito più di una volta).

Riguardo gli investitori persone fisiche, l’85% è di sesso maschile e di età compresa tra i 36 ed i 49 anni con un valore medio pari a 43,3 anni. Nel leggere tali statistiche dobbiamo considerare che il contributo dei più giovani è meno rilevante a causa delle minori disponibilità economiche mentre per i più senior, il fattore limitante è di tipo culturale e relativo ad una minore predisposizione verso le tecnologie informatiche ed in particolare all’investimento online. Riguardo la residenza geografica degli investitori (persone fisiche), sono i lombardi a fare da padroni con il 21,2%, seguono i marchigiani ed i sardi. Stessa distribuzione geografica anche per le persone giuridiche: in gran parte hanno sede in Lombardia, poi Marche, Umbria e Lazio.

Rischi ed opportunità per gli investitori

Tra le opportunità principali che l’equity crowdfunding offre agli investitori abbiamo sicuramente l’elevato potenziale di rendimento. Inoltre, le persone fisiche possono godere di una detrazione fiscale pari al 30% di quanto investito (investimento annuo max 1 milione di euro) mentre le persone giuridiche possono beneficiare di una deduzione dei ricavi pari al 30% dell’investimento (investimento annuo max 1,8 milioni di euro). A fronte di queste opportunità bisogna però considerare anche i rischi connessi a questa tipologia di investimento. Uno dei rischi principali è la perdita del capitale, nel caso non improbabile in cui il progetto della startup non vada in porto. Per questo gli esperti consigliano di investire somme di cui si può sostenere l’eventuale perdita e di differenziare il più possibile gli investimenti. Va considerato, poi, che la normativa vigente in Italia in materia di equity crowdfunding pone il divieto di distribuzione di utili per tutto il periodo in cui la società mantiene i requisiti di startup innovativa e cioè per un massimo di 4 anni dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese. Gli

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eventuali utili, in questo caso, devono essere reinvestiti nella società. Un ulteriore rischio riguarda il fatto che questi strumenti finanziari sono molto illiquidi perché, al momento, non possono essere negoziati su mercati secondari e le compravendite avvengono tra privati.

3.4.

1 StarsUp

StarsUp è stata la prima piattaforma di equity crowdfunding in Italia ad aver ottenuto l’iscrizione al registro dei portali online per la raccolta di capitale di rischio da parte di startup e PMI innovative, istituito dalla Consob. StarsUp è stata costituita a Livorno nel luglio 2013 da Carlo Piras, Matteo Piras ed Alessandro Scutti (quest’ultimi due provenienti dall’Università di Pisa) e ad oggi ha finanziato progetti per un volume totale superiore ai 2,9 milioni di euro (prima piattaforma in Italia) grazie a 347 investitori (306 persone fisiche e 41 persone giuridiche).

Secondo le infografiche presentate dalla stessa startup e relative al 2016, il 37% degli investimenti hanno avuto un importo compreso tra i 250 ed i 500 euro, il 26% tra i 1000 e i 5000 euro e solo il 2,7% ha avuto un importo superiore ai 50mila euro. Questi dati sono confermati dal fatto che il 79% degli investitori sono rappresentati da presone fisiche